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domenica 13 maggio 2012

BIOGRAFIA MOSTRUOSA DI KARL RAHNER


















Karl Rahner

Editrice Civiltà - Brescia
















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25123 Brescia - Via Galileo Galilei, 121
Tel. e Fax: 030 37.00.00.3
sac. dott. Luigi  Villa



Karl Rahner








Operaie di Maria Immacolata
Editrice Civiltà
Via Galileo Galilei, 121 - 25125 Brescia (Italia) Tel. e Fax: 030 37.00.00.3





«Di tutti i doveri inerenti al Cristianesimo, il primo e più sacro
è quello di mantenere
la purezza del suo messaggio, che non è quello dell’uomo per l’uomo, ma quello
della salvezza che viene  da Dio».
(Etienne  Gilson)






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BIOGRAFIA







Nacque, a Friburgo, il 5 marzo 1904, il quarto dei figli di Karl Rahner e Kuise Tresche. Dei primi anni di scuola si sa ben poco.
Nell’autunno del 1913 passò al ginnasio di Friburgo. Nel 1921-1922 conseguì il diploma di maturità. ll 20 aprile 1922, entrò nel noviziato dei Gesuiti a Feldkirch-Tisis. Pronunciò i “Voti” nel- l’aprile del 1924. Concluse i suoi studi filosofici a Pullsch. Nell’autunno del 1929 iniziò gli studi teolo- gici presso la facoltà olandese di Valkenburg. Tra il

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16 e il 18 marzo 1939, a Valkenburg, Karl Rahner ricevette la tonsura e pronunciò i quattro “Voti” minori. Il 9 e 10 marzo 1932 fu consacrato suddia- cono e diacono da Hermann Josef Aträter, vescovo ausiliare di Colonia. L’ordinazione sacerdotale l’eb- be nella chiesa di S. Michele, a Monaco di Baviera, per mano del cardinale Faulhaber, arcivescovo di Monaco e Frisinga. La prima Messa la celebrò a Friburgo, il 31 luglio 1932.
Si laureò nel 1936, a Innsbruchk in teologia. L’anno seguente ottiene la libera docenza in teologia dogmatica e Storia dei dogmi all’Università di Innsbruchk.
Nel 1967 fu Ordinario di Dogmatica all’Univer- sità di Muenster.
I suoi spostamenti, ora, sono tanti e vari. Nel
1934-1936 a Friburgo. Poi, a Innsbruchk dal 1934 al 1939; dal 1938 al 1945 in Svizzera; dal 1936 al
1944 a Vienna; poi, ancora a Innsbruchk; infine, dal
1962  al  1965,  va  al  Concilio Vaticano  II  come
“perito” del cardinale Frings.
Dopo il Vaticano II, da Monaco (1981-1984) passerà ancora a Innsbruchk, dove concluderà la sua vita. Morì verso la mezzanotte del 30 marzo 1984.


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INTRODUZIONE







Molto si è detto e scritto su questo tedesco pro- fessore della “Nuova Teologia”, chiamandolo persi- no “costruttore della Chiesa dell’avvenire” e primo  dei  teologi.  Tuttavia,  non  furono  né  sono anche oggi che scrivono criticandolo. Ne cito alme- no qualcuno di ben superiore intelligenza se commi- surata con quella di Rahner. Ad esempio: il prof. B. Lakebrink che scrisse: “La metafisica classica. Un confronto con l’Antropocentrica Esistenziale”. Il prof. Cornelio Fabbro: “La svolta antropologica di Karl Rahner”. Il prof. Giorgio May, che criticò

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i primi 9 volumi degli “scritti teologici” di Rahner. Il card. Giuseppe Siri: Gethsemani: “Riflessioni sul movimento Teologico contemporaneo”, subito tradotto anche in tedesco. Il prof. Leo Scheffczyck: “Il cristianesimo quale immediatezza verso Dio”. Riflessioni su “Corso fondamentale della Fede” di Karl Rahner. Il prof. Ermecke: “Apice a fine di un pensiero”, in Deutsche Tagespost. E via dicendo.
Il pensiero di fondo di Rahner, oltre lo storici- smo, si compendia nell’antropologia trascendenta- le, che sviluppò su Kant, Heidegger, Marechal.
Si legga questo suo brano: “Il tipo originale del conoscere è la reale identità del conoscere e del- l’essere conosciuto: il conoscere è l’“essere con sé dell’essere”1.
Questa “Weltanschauung” c’è anche nel suo secondo libro filosofico: “Höhrer des Wortes” (Ascoltatore della Parola). Se ne ha subito l’idea nebulosa della sua dottrina filosofica-teologica, che manipola apertamente i testi tomistici fondamentali.
La sua contaminazione e depravazione ermeneu- tica del tomismo lo faceva per imporre al tomismo il metodo trascendentale kantiano.

1 Cfr. “Geist in Welt”, I.
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Si potrebbe dire, comunque, che Rahner non ammetteva che lo si contraddicesse, né ha mai preso in considerazione alcuna critica, e neppure riserva, ai suoi scritti-fiume che lui presenta sempre come asso- lutamente dogmatici. Le sue idee trascendentali, per- ciò, hanno influenzato non pochi trattati teologici, specie di cristologia, come ad esempio: la sua opera “Grundkurs des Glaubens” (Corso fondamentale della Fede).
Se vogliamo accennare anche alla teologia trini- taria di Rahner, ci verrebbe da domandarsi quale sia stata la sua fede nella SS. Trinità, se per Lui le Tre Persone Divine sono solo tre modi (Weisen) del- l’apparizione dell’Uno Dio nel mondo ed econo- mia della salvezza. Il Dio-Creatore è semplice- mente Dio, mentre le altre due Persone sono sol- tanto “modi occasionali” (Gegeben-holysweisen) che sono da chiamarsi Persone.
Ma è inutile che continui nelle righe di “Introduzione” quelle sue balorde opinioni eterodos- se, che pur lo fecero (inaudibile dictu!) il leader del Vaticano II lasciando da riflettere seriamente i nostri lettori!



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«Non credere che in sè, non obbedire che a sè;
ecco la più feconda  sorgente di errori e di miseria».
(Père Philippe)








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CAPITOLO I


Un esempio critico
del “pensiero” di Karl Rahner



Su PubliK dell’8 gennaio 1971, sotto il titolo: “Nessuno è sposato”, col sottotitolo: “Il Sinodo mantiene la sua libertà nell’elezione del vicepresi- dente”, scritto da Peter Hertel, il quale principia con la constatazione: “Il Sinodo generale delle Diocesi della Germania occidentale ha eletto quattro vicepresidenti che rappresentano un corso aperto”, ma non dice cosa significhi. Invece, fa sapere, a riguardo della dott. Hanna-Renata Lauriende che “si serviva poche volte del microfono, sicura di poter
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contare sull’applauso e sul consenso della mag- gioranza”. E gli altri? Ma allora non sono più i punti di vista oggettivi a decidere ma il numero degli elet- tori, come vuole il modernismo?
La Deutzche Tagespost del 6 gennaio 1971, col titolo: “Si può cambiare lo Statuto del Sinodo”, osservava: “L’Osservatore constatò che una serie di proposte, esaminate dall’assemblea, erano già state discusse e formulate durante una conferenza della “AGS”1, tenutasi la vigilia nella “Thomas - Morus - Burse”.
L’articolo di Publik, già citato, parla, poi, dei “candidati di rango vescovile”. Chi appariva “troppo conservatore” non era considerato. Al con- trario, era preso in considerazione “un Vescovo capace di dialogo”. Karl Rahner prese pubblica- mente posizione contro il direttore del Comitato Centrale dei cattolici tedeschi, il professore di teolo- gia fondamentale, Klaus Hemmerle, perché lo giu- dicava  troppo  “ideologo  del  sistema”. Allora,  fu eletto il dott. Henry Fischer. Publik affermò che «la decisione a favore di Fischer, fu assicurata allorché un moto di Karl Rahner ebbe fatto il giro dell’as-

1 AGS = gruppo di pressione progressista assai attivo.

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semblea: “Darei la voce a Werners, sebbene apprez- zi anche Fischer, che è un mio discepolo, ma, prima, devo sapere chi ha le maggiori possibilità”». Il pro- fessore di dogmatica di Münster restrinse le sue riflessioni in questa formula breve: “La virtù della prudenza, in quest’ora, s’impone”! ma Karl Rahner ha proprio avuto la parte che Publik gli aveva dato, o, invece, gli è stata affibbiata? Il suo comportamento, poco dopo, verso il professore Flatten, ne è stata una conseguenza, voluta o no!
La “Deutshhe Tagespost” (Cfr. mercoledì 6 gen- naio 1971) informò che nella serata di domenica (8 gennaio 1971) nella cattedrale di San Kilian, il pro- fessore Flatten di Bon si dichiarò soddisfatto perché si era messa sotto esame una discussione onde evita- re che qualche membro del Sinodo venisse sospetta- to o accusato di falsificazione. Per questo, egli ricor- dò certe parole del cardinale Hoeffer, che avevano destato attenzione, perché precisavano che chi dice- va  di  non  poter  più  credere  che  Gesù  Cristo  era Figlio di Dio, che era risorto, che era nato da una Vergine e che il matrimonio cristiano era indissolu- bile se validamente celebrato e compiuto, ed era di diritto divino e non solo una meta da raggiungere per cui non apparteneva più alla fede cattolica, Flatten sottolineò che il cardinale Hoeffner aveva detto di

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rispettare, sì, simili opinioni, ma chiedeva lo stesso rispetto all’insegnamento della Chiesa, della quale non poteva più dirsi membro chi lo negava, se era onesto.
Rispondendo a queste parole, il professore Rahner disse testualmente: «Il mio spirito (Gemüt, in tedesco) e, forse, anche la mia coscienza mi ordi- nano di fare alcune osservazioni in risposta al voto del collega Flatten. Non avrei menzionato il tema, se non se ne fosse già parlato. Confesso onestamente che penso che il voto del sig. Flatten è troppo sem- plice per servire d’orientamento per le nostre discus- sioni. Credo - se posso parlare in modo così poco modesto! - di non aver lasciato dubbio, nel corso della mia carriera teologica, che esiste un dogma cat- tolico che è assolutamente obbligatorio, anche per un Sinodo come questo. Ma, detto questo, le difficoltà non fanno che cominciare; per esempio: non trovo che i problemi concreti che si presentano oggi, riguardo l’indissolubilità del matrimonio, possano nascondersi, come l’ha velato, or ora, il voto del sig. Flatten. Direi che la cosa non è tanto semplice» (applausi). «Se la Commissione preparatoria - di cui non ho fatto parte - ha chiaramente menzionato la necessità di esaminare le premesse antropologiche dell’indissolubilità del matrimonio, ciò vuol dire che

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si tratta di un problema di cui il Sinodo deve occu- parsene; un tema che, un semplice appello alle costi- tuzioni del Concilio Tridentino, non può, a priori, relegare “sotto la tavola”. Non è cosa tanto semplice. Lo stesso vale per altri problemi. Naturalmente, chi non riconosce, in Gesù di Nazareth il nostro Signore e Salvatore, non ha diritto a un posto in que- sto Sinodo, come membro con diritto di voto. Ciò si comprende da sé. Ma se io dico: Gesù è Dio, allora, oggi come oggi, devo prima riflettere bene che cosa voglio dire e chiedermi se molte persone compren- dono questo detto in un modo che non corrisponda al dogma cattolico. Si presentano anche qui degli inter- rogativi che non sono così facili da risolvere, come sembra - almeno al mio spirito! (Gemüt) - che, inve- ce, lo voglia fare con la sua dichiarazione il sig. Flatten. E vorrei ricordare, inoltre, che, secondo il Concilio Vaticano, esiste ovviamente una Gerarchia delle verità, per cui l’enumerazione di “quei dogmi indiscutibili”, fatta dal signor Flatten non sembra ne abbia tenuto abbastanza conto».
Fin qui, il discorso di Rahner; ma siccome del discorso del prof. Flatten ho fatto solo un breve rias- sunto, metto in rilievo quello che egli aveva detto:
«È giusto - disse - che si stabilisca una seconda norma in cui anche la TV di quella domenica non ne

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tenne conto. Il monito di scansare l’accusa di eresia e l’affrettata ed ingiusta accusa di falsificare la Fede, non deve chiuderci gli occhi davanti a una falsifica- zione della Fede che in realtà esiste e che bisogna chiaramente dire col suo giusto nome. Ci vuole coraggio per schierarsi dalla parte dell’arcivescovo di Colonia, il cardinale Hoeffer, che dichiarò che chi dice: non credo che Gesù Cristo è vero Dio, e dice che non crede che Gesù Cristo è concepito dallo Spirito Santo, e che dice: non credo che Gesù Cristo è risorto dai morti, non fa più parte della comunio- ne della Chiesa cattolica… ma rispetti anch’egli la Fede della Chiesa e sia tanto onesto da uscire pub- blicamente dalla Chiesa cattolica, che non è più la sua Chiesa»2.
L’“AGS”, invece, applaudì il prof. Rahner3 per il
suo discorso contro il prof. Flatten.
In una lettera aperta, il cardinale Hoeffner scrive:
«Professando che Gesù Cristo è Dio, professo non una cosa qualunque, ma la Fede della Chiesa nel Figlio Unigenito, il quale è “Dio da Dio”, “Luce da Luce”, “vero Dio da vero Dio, generato, non crea-


2 Cfr. Deutsche Tagespost, 13 gennaio 1971.
3 Cfr. Deutsche Tagespost, 6 gennaio 1971, p. 3.
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to, consustanziale al Padre”. “Lei, Signor Padre (Rahner)  ha  dichiarato  davanti  al  Sinodo:  “Se  io dico: Gesù è Dio, devo, oggi, come oggi, prima riflettere bene che cosa voglio dire”. Ma io rispondo: la mia Chiesa mi dice che cosa intende facendomi professare Gesù Cristo “Dio vero da Dio vero”. Essa annuncia, cioè, mediante il suo Magistero, il Vangelo di Cristo e lo interpreta. La Sacra Scrittura testimo- nia che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché viviamo per Lui4  e “chi confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in Lui e lui in Dio”5.
Inoltre, Lei ha detto: “Chi non professa che Gesù di Nazareth è il nostro Signore e Salvatore, non ha diritto al suo posto in questo Sinodo come membro con diritto di voto”. Io domando, però: se chiama Gesù Cristo il suo Signore e Salvatore, non deve prima riflettere bene che cosa ciò voglia dire in real- tà?.. perché ai tempi di Gesù Cristo, anche gli impe- ratori romani si facevano chiamare “Signore e Salvatore”. Malgrado la sua partecipazione alla dis- cussione, io ripeto: chi non crede che Gesù Cristo


4 Cfr. I Giov. IV, 9.
5 Cfr. I Giov. IV, 15.
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è vero Dio, non appartiene alla comunione della
Chiesa».
Con ciò il Cardinale ha rilevato con chiarezza la contraddizione esistente nelle parole di Rahner.
Qui, vorrei notare che la fede intima di Rahner fu quasi sempre confusa e tumultuaria, per cui quel- l’intervento di Rahner gli sia stato dettato dal voler difendere certi suoi discepoli, come Shillebeeckx, la cui ortodossia, su questo punto, è più che dubbia.
Ma Rahner insiste spesse volte per difenderli ad ogni costo.
In questo che abbiamo qui trattato, sembra che Rahner non tenga in alcun conto la risposta del car- dinale Hoeffer, perché è in una lettera, e quindi non obbligante. Infatti, Rahner disse subito: «Il suo appello (del cardinale) al Magistero della Chiesa non giova al cristiano medio, perché tali delucida- zioni dettagliate dal Magistero non lo raggiungo- no». Ma le sue spiegazioni sono quasi sempre incomprensibili, e non solo per il cristiano medio!





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Karl Rahner.
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«Non c’è
una doppia  Verità».
(Walter   Dirks)







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CAPITOLO II



Rahner contro il dogma



In una arringa a favore di Suenens, Rahner si è messo dalla sua parte contro Roma. Il Papa reagì, con dolorosa sorpresa, contro quell’intervista del Primate del Belgio1.
Per lavorare per il “Sinodo Nazionale”, si dimi- se persino dalla carica universitaria a Münster. Di questo Sinodo già abbiamo scritto nel nostro prece-


1 Cfr. Publik, 12-VI-1970.
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dente articolo: un esempio di critica del pensiero di K. Rahner, quando entrò in un accesa discussione col professore di Diritto canonico Flatten di Bonn, alla quale seguì una discussione col cardinale Hoeffner, che difese Flatten, spiegando con chia- rezza qual era la dottrina irrefutabile della dottrina cattolica.
In  quell’occasione,  Rahner  non  ripeté  la  sua frase della “torre d’avorio dell’ortodossia” che esi- stette fino a Pio XII, ma si pronunciò energicamente
- sulla falsa riga di Luenens - per il “diritto ad una vasta indipendenza delle chiese particolari” di fronte a Roma.
Detto questo, è facile non ingannarsi se si dice che spingere Rahner a quella discussione sia stata la sua intima, invincibile avversione contro i dogmi. Il Bollettino del “Bedakreis”, citò una “giaculato- ria” che Rahner disse durante il Vaticano II: «Che lo Spirito Santo guidi la Chiesa in modo che rinunci ai dogmi e alle condanne; allora, i teologi potrebbero, col tempo, trovare ciò che è giusto»!
Il suo orgoglio è grande, tanto da domandare al cardinale Höeffner: «dove hanno imparato la loro teologia i Vescovi?». La risposta del Cardinale fu immediata: «Dai teologi!», che Rahner mette al di

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sopra dell’episcopato. Ma Rahner insiste di conti- nuo che “le frasi più fondamentali ed i valori della Fede devono essere messe in questione nella maniera più radicale”2. Così spiega la sua reazione agli interventi al Sinodo. Ma i più, nella sua animo- sità alla frase: “Gesù è Dio”, una negazione, o una non piena accettazione della divinità di Gesù Cristo, specie dopo la sua calda difesa del suo discepolo Schillebeeckx.
Con Schillebeeckx e con altri teologi della medesima tendenza, prese parte anche al Congresso teologico di Bruxelles, ove fu ricusata all’unisono, contro il parere dei teologi romani, che, invece, sostenevano tutti, la divinità di Cristo, mentre Rahner, sotto l’influsso dell’esistenzialismo, specie heideggeriano, non aveva fiducia del Dio metafisico che Heidegger non prendeva in considerazione.
Questo mi fa ricordare che è stato Rahner a introdurre nella teologia l’anti-metafisica e lo storici- smo. Ha avuto ragione, in questo, Küng quando scrisse3 che tutti gli scritti di Rahner sfociano nella


2 È una frase che ripeté anche al secondo programma della TV
tedesca.
3 Cfr. “Siimmen der Zeit”, gennaio 1971.
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dottrina che il dogma va compreso in senso stori- co e non assoluto.
Per molti ha meravigliato la focosa critica di Rahner al libro “Infallibile” di Küng, come pure si meravigliò lo stesso Küng, dopo la stretta collabora- zione, quali “periti”, durante il Vaticano II; dopo la fondazione e la partecipazione al Consiglio direttivo di “Concilium”; dopo di avere firmato assieme la vibrata protesta dei teologi; dopo essersi trovati con- cordi a fare la relazione “Messaggio cristiano” al summenzionato Congresso di Bruxelles… ed ora quell’improvviso “lampo a ciel sereno” con tuoni!.. Forse che Rahner s’era spaventato a constatare fin dove arrivavano i suoi discepoli? Ma chi aveva colpa? Küng professò di essersi sempre sentito discepolo di Rahner e considerato sempre quale suo maestro in teologia, anche per avergli dato una nuova comprensione del dogma.
Ora, Küng accusa due parti, diametralmente diverse, nello studio di Rahner. E non a torto. Anch’io ebbi la medesima impressione. La prima parte contiene la critica; nella seconda c’è, invece, il “maestro” che sprona ad approfondire il concetto di “errore”. Comunque, nella prima parte, Rahner prescinde da ogni punto di rilievo, come “il primato

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del Papa nel corso della Storia, e se lo si può appog- giare al Nuovo Testamento, e quale sia la prova bibli- ca in favore dell’episcopato”, aggiungendo la frase: “l’identità continua di Chiesa e dottrina nella Storia autentica, è un problema sul quale gli avversari di Küng non hanno abbastanza riflettuto finora”.
Anche alla posizione di Küng relativamente alla Sacra Scrittura, cui “negherebbe l’infallibilità e l’indifettibilità”, come pure al Magistero, al Papa e ai Concili, Rahner aveva chiesto la più ampia liber- tà per gli esegeti. E in Publik del 30 maggio 1969, aveva scritto che: «Il problema del godimento lette- rario che danno le storie dell’infanzia di Gesù, pone una domanda aperta ed oscura (sic), atta ad inquie- tare anche i cristiani pii, ma non si può tralasciare di farla».
Questa è la vera “mens” di Rahner sui dogmi.
Lo si può rilevare anche da quanto disse che «vi è un gran numero di dottrine, insegnate nella prassi e credute vere, ma erronee, le quali non furono mai definite sotto forma di dogma», oppu- re che «una verità di fede è data quando il Magistero ordinario non la presenta soltanto come cosa generalmente non contestata, ma nep- pure come assentimento pieno di fede, ma quale rivelazione divina in modo univoco, sicché non

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può sussistere alcun dubbio serio, anche riguardo alla qualità specifica della definizione».
E Rahner ha pur detto4: «Ogni teologo ha il dovere, per quanto lo concerne, di stare con la sua teoria all’interno della dottrina obbligatoria della Chiesa; ma può essere materia di discussione, tra i teologi, quando e se è dato in un caso concreto».
Ora, con questa frase, Rahner mette tutto in dubbio,  anche  il  dovere  “di  stare  nell’interno della dottrina della Chiesa”.
Nella critica che Rahner ha fatto a Küng, scrive che esistono delle “sentenze” che bisogna assoluta- mente affermare, senonché, sviluppando questa teo- ria, le toglie, in fine, ogni vigore.
Per questo, Rahner arriva a chiedere a Küng di mettere a fuoco la “teoria dell’errore”; una teoria che terrebbe conto tanto della grande vicinanza quanto della distanza delle formulazioni teologiche dall’errore, e dovrebbe includere probabilmente anche il fatto che ogni annuncio dal Magistero impli- ca il momento di un regolamento linguistico per la comunità ecclesiale...


4 Cfr. “Antwort der Theologan” – risposta dei teologi – Patos – Verlag, Dusseldorf, 1968.
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Ma qui, abbiamo la torre di Babele, ossia una caotica confusione perché, l’abbandono del latino toglie ogni chiarezza anche tra i teologi, i quali dovrebbero conoscere tutte le lingue dei colleghi per potersi veramente capire. Le definizioni del dogma, tradotte in effimere lingue parlate, possono, così, assumere facilmente quella storicità dalla quale non “si salvano mai”. Lo afferma lo stesso Rahner: «La Storia dell’interpretazione, anche della più infallibile sentenza, deve continuare, e una nuova interpretazio- ne può essere tacciata di “Enternierung”5, in quel- lo, cioè, che rimane della Chiesa e la ritiene nella verità».
Küng stesso dice: «La Chiesa, come insieme, rimane indeffettibilmente nella verità; il dogma erra in quanto è verità difettibile definita». E Rahner, allora, è come spinto a dargli ragione: «Küng - scri- ve - secondo il mio parere, avrebbe tranquillamente potuto partire dalla distinzione di un rimanere fonda- mentale nella verità, e l’avere delle sentenze erro- nee». Ma soggiunge: «Egli avrebbe potuto porre l’in-


5 È una parola di sapore heideggeriano che non esiste nella lin- gua comunemente parlata.

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terrogativo in quale senso, in quale grado, sotto quali condizioni e sotto quali riserve le sentenze del Magistero, presentate quali dogmi infallibili e che sembrano, nondimeno, essere lontanissimi dalla verità reale, posseggano quel rapporto con la realtà autentica originale che è la premessa la cagione della loro “infallibilità”. Poiché i dogmi presentano, senza dubbio, dei problemi che non fanno parte della sostanza del cristianesimo, e non sarà possibile dare una soluzione, facendo semplicemente appello all’Autorità formale del solo Magistero. Sarebbe necessario, qui, una riflessione teologica paziente ed esatta sui “dogmi di periferia”, che non è possibile negare semplicemente…», e che «non sono tutti egualmente vicini alla base della fede cristiana.., ma in una esatta interpretazione avranno probabilmente sempre un senso che non vieta all’autentica fede di crederli infallibili».
Rahner ne deduce «che il dovere per il Magistero di esaminare, in futuro, che la definizione di tali sentenze si faccia in modo da metterle in rela- zione così stretta con la sostanza della fede che si possa chiedere ai fedeli normali di affermarle». «Ma
- continua Rahner - la teologia dovrebbe riflettere più che non fa sul fatto, che vi è sempre stato molto errore nella Chiesa e nella sua teologia, e persiste

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tuttora. Non bisogna negare l’importanza di questo dato… L’errore è strettamente unito con la verità e con i dogmi della Chiesa. L’errore non riguarda sol- tanto problemi laterali… ma penetra in molti modi, e con una quasi invincibile tenacia nella vita concreta dei cristiani».
Rahner, quindi, ritiene indispensabile una rein- terpretazione “continua” del dogma per esclude- re l’errore… ma «non vogliamo dire che tutti gli interrogativi e difficoltà teologici abbiano già trova- to una risposta adeguata».
Altrove,6  Rahner aveva annoverato tra i dogmi che preoccupavano certi teologi moderni che non li ammettevano più: il dogma della transustanziazio- ne, del peccato originale, del sacerdozio…
Come si vede, anche Rahner fu un autentico denigratore del Concilio Tridentino. Comunque, è innegabile che dando l’avvio all’esame critico dei dogmi, non è più prevedibile dove si fermeranno quei teologi moderni, tanto più che il loro “mae- stro” Rahner asserisce che non si ottiene l’afferma- zione di un dogma mediante “l’esercizio dell’obbe- dienza all’autorità formale”.


6 Cfr. “Publik” del 30 maggio 1969.
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Concludendo, possiamo dire che anche Rahner, con la sua notissima tesi: “ciascuno è cristiano”, mette la Chiesa in contorni affatto appariscenti. Quella sua “tesi” che estende la Redenzione indi- stintamente a tutti gli uomini, non è conforme al Vangelo e ai suoi imperativi.
Come Küng non tollera affatto le definizioni dogmatiche obbligatorie, Rahner, col suo insistere sulla storicità dei dogmi, è fuori dall’insegnamento della Chiesa.
Leggiamo con attenzione le ultime parole della sua “Critica”, dove sostiene che bisogna esamina- re il problema se tutte le sentenze di fede, dalla Chiesa dichiarate “indefettibili”, in virtù della sua autorità formale, meritano di essere annoverate certe.
Concludendo, possiamo dire che le tesi antidog- matiche lo facciano un autentico eretico della Fede cristiana!






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Karl Rahner in compagnia di .....
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«Un uomo
in balìa della ragione
non comprende le cose dello
Spirito di Dio».

(1 Cor. 2, 14)








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CAPITOLO III



Rahner contro Roma





Il suo “odio” (se non disamore!) contro Roma è palese in tutte le sue opere, forse perché si era accorto che Roma o tace o si piega, e anche per mostrarsi più che all’avanguardia dei suoi discepoli dalle opinioni più che spinte.
Comunque, Rahner fu sempre maestro anche nell’esprimersi in maniera ambigua, per poter rispondere:  “non  mi  avete  inteso!”  o  addirittura

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negare di aver detto o scritto quella o quelle frasi da lui dette.
Per questo, ha sempre sostenuto o lodato il “plu- ralismo” in tutto: nella liturgia, nelle credenze, nei dogmi, difendendolo anche ad oltranza, nonostante le moltissime proteste che si ebbero, lui, il super-teo- logo, come si credeva!
Nell’Accademia cattolica bavarese, per esempio, tenne una conferenza su “Manipolazione e Libertà”1 scagliandosi contro le manipolazioni in uso  nella  tirannica  Chiesa  di  Roma.  Disse:
«Questa manipolazione nella Chiesa è data come manipolazione innocente, inevitabile, e come mani- polazione peccaminosa gnoseologica, in quanto anche “kerygma” e la teologia chiesali sono dati in un “pluralismo di verità” che non si può giammai integrare in un solo sistema positivamente trasparen- te, e perciò l’insegnamento di fatto (falktische Lehverkündigung) e la teologia della Chiesa sono sempre condizionati da un orgoglio teologico che è peccato». È chiaro, qui, che Rahner non conosce (o non vuole conoscere!) l’inconfutabile verità divina, che non può, certo, essere “pluralistica”!


1 Cfr. “Publik” del 20 marzo 1970.
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Un’altra sua frase è  «… che tutto quanto è isti- tuzionale, significa una determinazione e circoscri- zione dello spazio della libertà nella Chiesa, sicché non v’è bisogno di spiegare che si tratta, per lo meno, di una manipolazione innocente».
Quindi, Rahner trova giusto manipolare anche il Papa, togliendogli la libertà di prendere decisio- ni. Forse, qui, Rahner non aveva presente la “liber- tà” da peccato.
Per Lui, la vera libertà “è quella religiosa”, nella quale avviene la salvezza, per cui “urge dare una nuova spinta alla libertà e alla manipolazione, che occorre, anzi, “istituzionare” questa verso una maggiore libertà; insomma, facendo della stessa manipolazione uno strumento di libertà».
Ma allora, si può anche riconoscere di separarsi dalla Chiesa chi non accetta più la “dottrina del Magistero”.  E  oggi,  siamo  arrivati  al  punto  che molti vorrebbero costringere il Magistero ad accetta- re le loro private opinioni. È una conseguenza impli- cita di quello che ha precisato Rahner, che «di fron- te al dogma, non si potrebbe costringere nessuno alla Fede, come non sarebbe lecito punire l’incre- dulità a mezzo di pressioni sociali, fatte dalla Chiesa».
In parte non avrebbe torto quando ci sono profes-

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sori su cattedre cattoliche che non insegnano più le verità che insegna la Chiesa. E questo avviene non solo nelle Università, ma anche in tanti Seminari! Quali responsabilità di tanti Vescovi che hanno dimenticato che coloro che non accettano più i dogmi, non sono più cattolici!
Ma Rahner va anche più avanti, domandando “una nuova interpretazione dell’autorità cattolica e dell’ufficio”.
In parole povere, Rahner si mette nel coro di quelli che tendono ad abolire il sacerdozio consa- crato (Amtpriestertum), usando gli slogans del feu- dalismo e del paternalismo per “un’interpretazione funzionale del sacerdozio” che sfocerebbe nell’eli- minazione del suo carattere sacro. Per questo, egli trova giusto formare dei “gruppi di base”, così da esercitare la pressione dal basso. Per lui, la “funzio- nalità della carica” è una “funzione di servizio” per cui può benissimo essere di durata limitata, a cominciare dal Papa. Un “sacerdozio”, quindi “per un tempo limitato”, un “sacerdote” cioè, da “week-end”. Perciò, Rahner vorrebbe che si faces- se la creazione di “istanze di controllo gli insigniti dell’ufficio” (Vescovi e preti), il che sarebbe come dei “consigli rivoluzionari”, tipo “soviets”, per un “arbitro imparziale”. E incalza: «Avremo final-

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mente un “Sinodo nazionale” che potrà fare delle decisioni obbligatorie “juris Humani”»!
Nessuna  meraviglia,  ora,  se  Rahner,  della
“Congregazione della Fede” (ex Sant-Uffizio) dice:
«La sua storia è quella delle occasioni perdute. Non ha contatti con le correnti della teologia moderna. La giovane generazione dei chierici non riconosce più una verità teorica… né una autori- tà puramente formale. Considera inammissibile sottoporsi ai decreti romani. La teologia, quale penetrazione scientifica della fede, ha premesse filosofiche e culturali che cambiano. La Congregazione della Fede non può più supporre l’unito della teologia». Egli vorrebbe “una esegesi storico-critica alla quale bisogna concedere piena libertà”.
Potremmo continuare a citare molte altre frasi nebulose di questo istrione teologo tedesco che vole- va che la Chiesa accettasse tutte le sue balorde opi- nioni eterodosse, ammantate di precisazioni e affer- mazioni sospese nell’aria che hanno creato solo dubbi e angosce nella mente dei lettori. E chissà perché e come fu eletto “perito” del Vaticano II, pur sapendo dell’impegno che sempre ebbe nella distruzione della Fede, sfogando quelle sue specu- lazioni  pseudo-filosofiche,  pseudo-teologiche  e

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pseudo-esegetiche, la cui funzionalità, assieme ai suoi seguaci, ha dato quegli effetti disastrosi di cui ancor oggi la Chiesa cattolica soffre!

















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Karl Rahner nel suo studio.
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«Nei suoi presupposti dottrinali il progressismo
porta al dissolvimento totale della Fede,
quindi anche all’ateismo, al materialismo,
alla secolarizzazione  totale».








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CAPITOLO IV



Documentazione critica
del pensiero di Karl Rahner


Dovrei iniziare dando alcuni presupposti filosofi- ci, anche se il lavoro che intraprendo non potrà esse- re completo, perché troppo ristretto è lo spazio da dare a tutte le sue firme, dai suoi libri e dai moltissi- mi manifesti che sono stati esposti al culto della sua persona, ciò che ci allontanerebbe dall’esposizione della sua dottrina e dal suo atteggiamento pluralisti- co, come vedremo.
Parlare di pluralismo, oggi, è divenuto una spe-

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cie di slogan. Rahner scrive: «Molte cose si realiz- zano non perché previste, ma perché furono pre- dette come “utopia” del futuro, come un nuovo ideale che spiega una forza reclamistica che ha spin- to gli uomini a metterle in pratica. In questo caso, non fu predetta una cosa dell’avvenire, ma una cosa che si verifica perché fu predetta. Il “Profeta”, per esempio, non predisse il futuro, ma ha additato agli uomini una nuova meta da raggiungere, e qualche volta, avvisandoli del pericolo di quel futuro, perché è noto che il diavolo arriva quando lo si nomina; e molti cristiani d’oggi, che si compiacciono di fare prognostici tetri e di recitare la parte di Geremia, dovrebbero tenerlo presente»1.
Fino a pochi anni fa, ad esempio, il pluralismo a
riguardo della visione del mondo, lasciava da parte la teologia; oggi, invece, quella pluralità e quei contra- sti sono stati inseriti anche nell’area teologica; da diversi anni, anzi, lo stesso Rahner si fece l’avvoca- to di un “insuperabile pluralismo delle teologie”2.


1 Cfr. Karl Rahner: “Visioni e profezie”, Friburgo, Br. 1960, p.
98 ss.
2 Cfr. Kral Rahner: “Lo scisma nella Chiesa cattolica?”, in
“Stimmen der Zeit”, luglio 1968 p. 28.
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Non è possibile rendersene conto, quindi, e non preoccuparsene, perché la varietà, la ricchezza e la differenza nei vari punti di vista, non vogliono dire pluralismo. Troppo facilmente il “pluralismo” significa, invece, contrario, arbitrio, soggettività incontrollabile, squilibrio, incertezza personale, ed altro.
Nel mensile “Hochhhland”, Richard Seewald pubblicò un articolo sulla “Crisi nella Chiesa catto- lica”3.
Egli racconta di aver partecipato a una Sessione
della “Accademia cattolica di Baviera”, ove ascol- tò tre conferenze. Scrive: «Ognuno che ha letto il mio lamento sul volto sfigurato della Chiesa, com- prenderà facilmente la mia tensione nell’aspettare il discorso del prof. Rahner sulla “immagine nuova della Chiesa”, il quale disse che questa “nuova immagine” la vedeva delinearsi in un breve comma della Costituzione della Chiesa, fatto inserire da un piccolo gruppo di padri Conciliari, senza rapporto col contesto. Ma il dire di Rahner non è mai facil-


3 Cfr. Hochland, anno 59, 1966; Richard seewald: “La crisi nella Chiesa cattolica”.
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mente comprensivo, perché ha fatto sua la termino- logia  del  filosofo  tedesco  Heidegger,  il  quale  ha detto che la filosofia non ha il compito di rispondere agli interrogativi, ma di farne.
Rahner disse, poi, che la Chiesa, tutta la Chiesa, sarebbe ovunque. Cristo è presente nella comunità, la quale celebra, in modo valido, la Cena locale; poi, farebbero parte non solo tutti i presenti, corde et cor- pore, ma anche tutti coloro che fossero cristiani sol- tanto “corde”; ma Rahner intendeva tutta l’uma- nità! Egli si appellò a un unico carisma: l’amore, anche senza l’unione con la Chiesa universale: Da notare, comunque, che Rahner sostituiva sempre la parola “Messa” con la parola “Cena”. E in un fascicolo di “Geist und Leben”, Rahner aveva scritto: « si aspetta, certo, che la Chiesa sarà, in un tempo più o meno prevedibile, in tal maniera per cui la società possa essere, effettivamente, la Chiesa di tutti».
Qui, non si può non pensare che anche la Teologia  non  deve  fare  solo  delle  domande,  ma anche dare una risposta ad esse, perché i fedeli atten- dono delle risposte alle loro domande chiare e che non abbisognano di essere più volte ritoccate!
Quel testone di Rahner, però, continuava a scri-

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vere: «Noi non possiamo esplicare, qui, le ragioni spirituali e storico-ecclesiali del crescente plurali- smo: ma i tempi di una fissa e immutabile Filosofia e Teologia sono ormai tramontati per la Chiesa. All’interno dell’unica Chiesa, con la sua professione di una fede che obbliga, evidentemente, parecchie teologie dalle formulazioni diverse, secondo le loro tradizioni spirituali, i loro presupposti linguistici e filosofici e la loro situazione spirituale concreta, dia- loganti con la filosofia, alla quale sono tenuti a rispondere…». Ora, questo vuole dire, per Rahner, “che non è possibile che teologie evolute sotto diver- si climi spirituali e diverse mentalità, possono com- prendersi mediante una riflessione positiva che con- duca verso una sintesi più alta di una stessa ed unica Teologia. Ma per Rahner non esisteva neppure una evoluzione della Teologia, come non esiste più, ormai, neppure una Teologia omogenea4.




4  Cfr. Karl Rahner: “La libertà dell’indagine teologica nella
Chiesa”, in “Stimmen der Zeit”, fasc. 8 agosto 1969, pag. 81.
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«I sacerdoti perversi
sono divenuti inciampo d’iniquità per la casa d’Israele».
(Os. 3,1 )








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CAPITOLO V



Il vero volto di Karl Rahner




Chi ha letto e seguito gli scritti di Karl Rahner non può non aver notato che furono gli scritti che maggiormente, forse, hanno influenzato la teologia contemporanea, l’insegnamento nei Seminari e la formazione del Clero giovane (ma anche gran parte del Clero più anziano!). Noi, però, vogliamo suona- re di nuovo il campanello d’allarme su questo teolo- go gesuita che fu un vero nemico del Cattolicesimo e dell’autorità papale.

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La sua tattica e il suo stile fu sempre quello di dare il colpo alla botte e un altro al cerchio, di affer- mare i principii e poi negarne gli aspetti intrinseci; di dare una certa importanza al Magistero, per la ricer- ca teologica, e poi farne limitazioni, e molti “ma” e “se”. Uno stile, insomma, insidioso, pericoloso, fumoso, ambiguo.
Per esempio: parlando del Papa, dice: «Il Papa non può soltanto parlare della collegialità dell’e- piscopato con Lui, ma deve anche trarre realmen- te le conseguenze di ciò». Del celibato afferma di non capire perchè «nel contesto culturale dell’Africa, il celibato del prete secolare debba continuare ad essere un elemento di carattere obbligatorio».
Sulla    “ordinazione    delle    donne”,    dice:
«Allorché uscì la dichiarazione romana, secondo cui anche in futuro le donne non possono essere ordina- te, in un articolo per la rivista “Stimmen der Zeit” scrissi che questa dichiarazione (che naturalmente, non è affatto una dichiarazione infallibile!) non risul- tava convincente. La mia opinione è che in questo caso, Roma si chiuda a certi sviluppi che andrebbero tranquillamente considerati come aperti. (…) Qualora lo sviluppo dei rapporti tra uomo e donna, che rimane aperto e il cui esito sui tempi lunghi non

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è prevedibile, arrivasse ad essere tale che, ad esem- pio, nel Nord-America (e non posso né voglio qui giudicare una simile evoluzione), in base a conside- razioni umane, l’ordinazione di una donna fosse del tutto normale e non presentasse nessuna difficoltà, in questo caso si potrebbe tranquillamente lasciare agli americani la decisione».
Un altro esempio: sulla “Humanae Vitae”, scri- ve: «Certe tesi ed anche alcune norme contenute nella Humanae Vitae, pur con tutto il rispetto, non le ritengo giuste e per me rimane ancora un problema aperto se sia valida o meno la dottrina romana per cui le donne non possono essere ordi- nate».
E potrei continuare a lungo su questo stile rahne- riano di critica alla Chiesa e al suo Magistero, che rivelano le gravità delle affermazioni di questo ammirato teologo gesuita, specie durante il Vaticano II, nonostante il suo continuo duplice gioco, fatto con spirito anti-tomismo, avvertito da pochi.
Ma per capire chi è veramente Rahner, bisogna leggere, almeno, alcune opere di seri e intelligenti scrittori, quali: Card. G. Siri: “Getsemani”; Mons. Landucci: “Miti e realtà”; e dello stesso: “La teolo- gia di Karl Rahner” in “Studi Cattolici”; D. Von

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Ildebrand: “Il cavallo di Troia nella Città di Dio”.
Continuando ancora su Rahner nei suoi scritti, penso sia necessario accennare almeno alle aberra- zioni del triste teologo tedesco sull’ateismo, che, in un suo articolo dal titolo: “Come la Chiesa affron- ta il fenomeno dell’ateismo”, scrive: «Per realizza- re il dialogo con gli atei, la Chiesa deve, soprat- tutto, aggiornare il suo ateismo»… perché «la dot- trina su Dio va proposta entro l’orizzonte del pen- siero moderno»… «Ci possono essere atei “incon- sapevoli”. Anche per gli atei vale il principio degli uomini di buona volontà, nei quali la grazia di Dio opera in modo invisibile e per strade che solo Dio conosce… La Chiesa, almeno dal Vaticano II in poi, è giunta al convincimento che ci sono atei “inconsapevoli” che si trovano in grazia di Dio»…
«Questa lotta contro l’ateismo è anche e anzitutto una lotta contro la concezione di Dio che mette in pericolo l’immagine incomprensibile del vero Dio e rischia di sostituirlo con quella di un idolo».
Basta questa citazione per comprendere chi sia quel teologo tedesco eversore della Fede!
Lo dimostra anche la sua concezione del soprannaturale necessariamente legato alla natura umana, come lo presenta nella sua tesi “Geist im Welt”. Se talvolta sembra che Rahner rigetti le tesi

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del  Padre  de  Lubac,  in  realtà  Rahner non  solo segue lo stesso pensiero del de Lubac, ma anzi lo supera, sviluppandolo ampiamente in molti suoi trat- tati. È il solito doppista che, mentre da un lato sposa il principio dialettico hegeliano, dall’altro lato usa un procedimento che lo rende più fluido e inafferrabile. Sono le solite contraddizioni delle sue posizioni. È certo che molti suoi testi contengono espressioni e definizioni che permettono al lettore un qualunque orientamento del pensiero. Ma è una polivalenza di espressioni che coprono un’antropologia fondamen- tale che non solo concorda col pensiero di de Lubac, ma lo supera, creando una nuova teologia che tra- sforma anche articoli di fede, come quelli dell’Incarnazione e dell’Immacolata Concezione.
Anche la sua affermazione a proposito dell’Incarnazione e della Unione ipostatica ci porta ad accusarlo di panteismo, in quanto dichia- ra che l’essenza di Dio e in noi è la stessa. Dice, infatti: «Quando il Logos si fa uomo… questo uomo, in quanto uomo, è precisamente la auto- manifestazione di Dio nella sua auto-espressione». È chiaro, qui, che Dio e l’uomo hanno la stessa essenza, e che noi - secondo Rahner - la chiamiamo semplicemente “natura umana”.
Se non è, questo, panteismo, è almeno panantro-

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pismo, perché non insegna mai chiaramente la dot- trina della Chiesa sull’Incarnazione e la Creazione.
Citiamo qualche sua proposizione sconcertante:
«Si potrebbe definire l’uomo come ciò che sorge allorché l’auto-espressione di Dio, la sua Parola, viene lanciata per amore nel vuoto del nulla senza Dio… Se Dio vuol essere non-Dio, sorge l’uomo, proprio lui e null’altro, potremmo dire». «Di Dio che noi professiamo in Cristo, bisogna dire che egli è precisamente dove noi siamo e solo lì lo possiamo trovare».
Ed ecco come Rahner scrive parlando dell’unio- ne ipostatica: «Il compito, imposto alla teologia dalla formula di Calcedonia e da essa non ancora assolto, è proprio quello di spiegare, senza evidente- mente eliminare il mistero, perché e in quale modo che si spoglia di sé non solo rimane ciò che era, ma, per di più, confermato definitivamente e perfetta- mente nel suo stato, diventa nel senso più radicale quel che è: una realtà umana. Ciò, però, è possibile solo se si dimostrasse come la tendenza ad annien- tarsi consegnandosi al Dio assoluto, in senso ontolo- gico e non puramente morale, è uno dei costitutivi più fondamentali della essenza umana».
A questo brano, certamente Rahner si riferisce al

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testo dell’epistola ai Filippesi, il quale, però, ha ben altro senso, ossia: Colui che si è spogliato, essendo nella condizione di Dio, per aggiungersi la natura umana, si è spogliato della gloria per prendere la forma di schiavo. Questo è il significato di S. Paolo, mentre nel testo di Rahner, è l’uomo che si spoglia per offrirsi a Dio. San Paolo scrive, sì, si spoglia, ma dice “di sé”.
Per Rahner, dunque, l’unione ipostatica sareb- be, invece, il risultato della perfezione nella vita spirituale di un uomo, mentre, invece, la dottrina della Chiesa cattolica, l’Incarnazione e l’Unione Ipostatica in Cristo Gesù hanno dato all’uomo la perfezione, per cui l’unione ipostatica sarebbe avvenuta “nella e per la coscienza umana”.
Ma, Rahner scrive: «L’immediata ed effettiva visione di Dio null’altro è fuorché l’originaria consapevolezza di essere il Figlio di Dio; tale con- sapevolezza si dà per il solo fatto che essa è l’u- nione ipostatica».
Così è chiaro che Rahner altera radicalmente il pensiero e la Fede della Chiesa con un atteggiamen- to assai temerario verso i misteri di Dio!



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«I problemi della Fede vanno anteposti a tutti gli altri, perché la Fede
è la sostanza  e il fondamento della religione  cristiana».
(S. Pio V)









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CONCLUSIONE







Quest’altro opuscolo che presentiamo ai nostri lettori su Karl Rahner, tanto apprezzato dai moder- nisti, vuol dare un risalto alla sua enigmatica figura di “teologo dilettante”, come si riteneva lui stesso. Mai nessuno ha fatto sapere che la sua tesi per il dottorato in teologia fu respinto dagli esaminato- ri, proprio perché non conforme alla dottrina della Chiesa. Avanzando negli anni, egli si allontanò sem- pre di più dalla Fede cattolica come lo dimostra lui stesso nel suo ultimo libro, pubblicato insieme con Friens.

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La sua abilità fu sempre di lasciare aperta una “uscita di sicurezza” per non essere accusato di “eresia”. Ciò che, invece, la Chiesa lo doveva fare, come suo dovere di combattere le falsità; dovere ritenuto indispensabile anche dall’apostolo San Giovanni evangelista, l’apostolo dell’amore! Difatti, come si può avere carità verso il prossimo se non lo si preserva dall’errore e non si difende la Verità?..
E allora, perché Rahner sosteneva, prima, una tesi e poi la revocava, sì da lasciare sempre dubbi sul suo pensiero? E perché mancarono le critiche della Chiesa, quasi non volesse più difendere la Verità, che non è sua, ma di Cristo; eppure Rahner mostrava chiaramente la sua ignoranza di Dio col suo “moda- lismo trinitario”. Nella sua “teologia dilettante” non voleva conoscere Dio né le eresie sulla natura di Dio! Avendo in odio il dogma, Rahner voleva vestir- lo di una nuova definizione, che lo avrebbe cambia- to definitivamente!





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Karl Rahner in compagnia di Joseph Ratzinger:
la mente e il braccio.
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«Non temo per la barca di Pietro che ha, a suo vantaggio,\
la promessa  specifica del Salvatore; ma Egli non ha detto che tutti quelli che viaggiano
in essa saranno salvi».
(Pio IX)






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APPENDICE



Rahner e la “sua” Luise




Rahner fu detto “il maestro delle eresie moder- ne”, eppure fu tanto stimato e seguito da Vescovi , preti, teologi di questo disastroso Vaticano II.
Ma adesso il “divo” del Concilio è crollato dopo il carteggio pubblicato, in Germania, dall’editrice Kosel di Monaco, dal titolo: “Briefe der Freu- unschaff an Kark Rahner” (= Camminare sul filo del rasoio: lettere d’amicizia a Karl Rahner).
L’autrice del libro è la scrittrice Luise Rinser, la

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Simone  de  Baeuvoir  della  cultura  tedesca,  già moglie del musicista Karl Orff.
Il libro contiene parecchie lettere, tra le altre numerose, scritte negli anni Sessanta, al notissimo teologo gesuita Karl Rahner, che Lei conobbe quando Rahner era docente all’Università di Innsbruck.
Da quel giorno di febbraio 1962, cominciarono a scriversi lettere sempre più roventi e appassiona- te, “sino a cinque lettere al giorno”. Quelle lettere denunciano un’amicizia spinta fino all’erotismo, piene di “pesciolino mio”, “mio caro pesce”, “mi spaventa che tu mi ami con questa passione”, “non mangiare troppo, altrimenti ingrassi e poi non mi piaci più!”… E questo avveniva anche se la scrittrice fosse già legata, anima e corpo, a un altro importante Abate benedettino e bavarese, M.A.
Anche Ranher, nelle sue 1.800 lettere che le scrisse, (proprio quand’era “perito” al Vaticano II!) chiamava l’amante: “coccolina”, “ricciolina”… Naturalmente, le lettere di Rahner furono bloccate dai suoi Superiori, per ovvie ragioni. Ma questo non fa meraviglia per chi conssce i suoi astrusi libri di teologia e della sua manifesta contestazione sul- l’obbligo del celibato sacerdotale!..

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Luise Rinser ex moglie del musicista Karl Orff e amante
di Karl Rahner, il quale le scrisse ben 1.800 lettere sempre più roventi e appassionate.

INDICE


BIOGRAFIA                                                                            5
INTRODUZIONE                                                                    7
CAPITOLO I
Un esempio critico del “pensiero” di Karl Rahner      11
CAPITOLO II
Rahner contro il dogma                                                      21
CAPITOLO III
Rahner contro Roma                                                           33
CAPITOLO IV
Documentazione critica del pensiero di Karl Rahner 41
CAPITOLO V
Il vero volto di Karl Rahner                                              47
CONCLUSIONE                                                                    55
APPENDICE                                                                          59











Finito di stampare in Dicembre 2007
presso la Tipografia Com. & Print di Brescia (Italia)








«Gli uomni  della Chiesa non sono la Chiesa».
(Santa Giovanna d’Arco)









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