Translate

giovedì 18 ottobre 2012

Cattolicesimo contro sovversione in Marcel De Corte

Frecce numero 6: Cattolicesimo contro sovversione in Marcel De Corte

Essere nella verità significa conformare la propria intelligenza a una realtà che l’intelligenza non ha né costruita, né sognata, e che a lei si impone. Fare il bene non vuol dire abbandonarsi agli istinti, agli impulsi affettivi e alla volontà propria, ma ordinare e subordinare le proprie attività alle leggi prescritte dalla natura e dalla Divinità che la intelligenza scopre nella sua instancabile ricerca della felicità.

(L’intelligenza in pericolo di morte, Volpe, Roma 1973).

Sradicata dal nostro essere, la nostra nuova condizione è sradicata dall’essere: di fronte a noi c’è ora un mondo tetro, incomprensibile, nemico, che ci pone di fronte ostacoli che dobbiamo piegare. In realtà, noi rimaniamo senza un vero mondo intorno a noi: priva d’ogni rapporto con l’uomo reale solidale con il mondo reale, la nostra libertà è inesorabilmente condannata a costruire un mondo nuovo che le sia conforme, e che si sostituisca al mondo umano, progressivamente annientato. Ecco come nascono, sotto i nostri occhi, i mondi artificiali: quello del funzionario, quello dell’intellettuale, quello del politico, dell’uomo “di mondo”, dello scienziato, e così via, nei quali invano cerchiamo il mondo dell’uomo. Questi mondi che ci lasciano continuamente con la nostra fame e la nostra sete – se abbiamo conservato in noi qualche scintilla d’anima – sono le pelli gonfiate dallo spirito umano disincarnato, che ha optato segretamente per se stesso, ad esclusione di tutto il resto.

(Fenomenologia dell’autodistruttore, Borla, Torino, 1967)

Il carattere proprio della SOVVERSIONE è infatti, come dice il suo stesso nome, di porre in basso ciò che nell’uomo sta in alto, e viceversa. L’intelligenza non è più, per lei, quella facoltà la cui funzione prima è di conoscere la verità sottomettendosi umilmente alla realtà; la funzione seconda di agire subordinando docilmente tutte le azioni umane al loro Fine Supremo, che è Dio; la terza di fare o produrre oggetti esteriori che sono utili all’uomo; ma la facoltà la cui funzione è di disfare continuamente la creazione e disfarsi o liberarsi del suo status di creatura per rifare il mondo e rifare l’uomo. Che l’uomo sia rifatto, deriso, ingannato, mistificato dalla SOVVERSIONE al termine dell’avventura, siamo forse ormai ben pochi a scorgerlo. (…) Dal peccato originale in poi, l’uomo è fin troppo disposto ad aspettare quella ingannevole esperienza di giungere un giorno ad una radicale autonomia: “Eritis sicut dei”, sarete come dei. Quale più grave violenza fatta alla natura umana, della costrizione a diventare ciò che essa non è e non può essere? L’essere dell’uomo si dissolve allora in un divenire senza fine, poiché la promessa di liberazione non verrà mai mantenuta. Divenire è trasformarsi, passare da una forma a un’altra, indefinitamente; è dunque non avere alcuna forma propria, non esser altro che una sorta di materia amorfa, plastica, malleabile, e, in tale stato di estrema debolezza, offrirsi preda alle volontà di potenza di coloro che propongono di liberare l’uomo per meglio asservirlo. La società scomparsa cede il posto all’ergastolo, e le arterie che nutrono a catene che paralizzano.

(Forza e violenza, Volpe, Roma 1973)

Che cos’è l’apertura al mondo se non il compromesso e la conciliazione della Fede cattolica con lo spirito della modernità, nelle sue quattro caratteristiche messe a nudo dall’Enciclica Pascendi? Cioè il soggettivismo, l’evoluzionismo, il relativismo e l’immanentismo? (…) L’identificazione del cristianesimo con la religione dell’uomo; la fusione dell’eresia coll’ortodossia; la negazione del principio d’identità… Costruire una società reale con pietre immaginarie è un compito assurdo. Il crollo della “chiesa delle nuvole” è fatale.

(La grande eresia, Volpe, Roma, 1970)

Citazioni a cura di Marco Massignan



                                  **********************************************

Frecce numero 5: la guerra all’ideale cristiano

L’ora che stiamo vivendo… è tutt’altro che esito di deterministiche evoluzioni sociali, quanto piuttosto frutto maturo di precisi assunti filosofici miranti a ridurre ogni trascendenza ad una dimensione meramente immanentista e antropocentrica. Quando Jean-Jacques Rousseau, novello apportatore di lumi, pretendeva di mostrare ai suoi simili “l’uomo in tutta la verità della natura”, invitandolo ad abbandonarsi agli istinti e al sentimento, si trovò coerentemente a dover dichiarare che “lo stato di riflessione è uno stato
contro natura, “che l’uomo che medita è un animale depravato”. (…)
Un programma specchiato nell’“Emilio”… dove il pensatore ginevrino aveva affrontato il problema pedagogico postulando una formazione del giovane “secondo natura”, vale a dire come processo spontaneo di apprendimento governato solamente dalla sua ragione, assolutamente svincolata da ogni rivelazione o norma trascendente, dove il ruolo dell’educatore fosse semplicemente passivo, limitato alla rimozione degli ostacoli che eventualmente si fossero frapposti al libero sviluppo del giovane che gli veniva affidato. Un po’ come lasciar crescere una pianta da frutto rigorosamente allo stato selvaggio, vigilando affinché non venga potata, concimata, vincolata ad un sostegno o liberata dalle erbacce che la soffocano sottraendole alimento. (…)
Una volta istituzionalizzato come vero ed efficace il noto assioma rousseauiano della bontà primitiva dell’uomo, era evidente che la Civiltà cristiana, e con essa, inscindibile, il pensiero ontologico che l’aveva fondata e sostenuta, dovevano essere catalogati fra le cause della corruzione dalle nuove dottrine e, in quanto tali, fieramente combattuti. (…)
E’ invero piuttosto agevole individuare alcune linee “operative” del più generale processo di inversione che ha condotto a chiamare bene ciò che è male e col nome di virtù il peccato, e viceversa. Senza tema di esaurire l’argomento ne presentiamo qualcuna:
– Si è operato in modo da distorcere o sopprimere ogni ideale potenzialmente ostile ai fini di controllo perseguiti, particolarmente quello religioso, come hanno insegnato ad abundantiam i regimi comunisti.
– Grandi risorse e ogni attenzione sono state dedicate alla soppressione dei meccanismi di controllo su se stessi, che si manifestano nel senso del dovere, nella pratica di una vita fondata sulla preghiera, per sostituirli con direttive di origine esterna, vale a dire con una presenza capillare di costrizioni stabilite dai novelli costumi e dalle leggi, che contribuisca ad esercitare una pressione costante in direzione di un’uniformità ideologica più perfetta possibile.
– Non si è persa l’occasione di gettare il disprezzo o il ridicolo sulla vera religione e sulla pratica degli atti ad essa conformi, alimentando con cura i sentimenti di rispetto umano e di timore di apparire diversi dal tipo umano oggi dominante, fino a conseguire lo strepitoso successo di una stretta vigilanza esercitata dal singolo sui suoi stessi pensieri sì che – gendarme di sé stesso – possa censurare, come gravemente fuori luogo e di cattivo gusto, la citazione dei novissimi o la semplice pronuncia di nomi come Gesù, destino eterno, ecc.
– Si è fatta leva sul gregarismo… per qualsiasi azione o decisione che il singolo intenda affrontare, presentando in luce negativa ogni iniziativa personale disgiunta da quella del gruppo. Si è inoltre puntato fortemente sulla manipolazione del senso comune – il noto “buon senso” – variando progressivamente verso il basso la soglia del pudore e della moralità, condizione quest’ultima indispensabile per introdurre ulteriori note di devianza e di abbrutimento nel singolo, ormai quasi sradicato dal
suo naturale humus cristiano.
– Si è imposto con progressività e determinazione implacabili un controllo esterno delle idee che si affacciano all’ingresso delle coscienze, scopo elettivo – manifestamente – dei mezzi di comunicazione di massa, destinati a formare la cosiddetta “opinione pubblica”. I reggitori sono infatti perfettamente al corrente che una persona fondata nella fede, dalla forte personalità spirituale, non è di massima permeabile a idee, proposte e pressioni dell’ambiente esterno che la possano far divergere dai suoi principi. L’esempio dei musulmani ai nostri giorni è paradigmatico: pur seguaci di una religione che non possiede di certo la Verità, per il solo fatto di aderire fortemente al loro credo, rappresentano un durissimo ostacolo all’avanzata della Repubblica Universale. Si immagini di converso lo splendore e la fioritura spirituale di un Occidente che, invece di annacquare progressivamente la propria fede in Cristo, si fosse strettamente arroccato entro le mura della Sua Verità totale.
I punti sopraelencati potrebbero venire condensati tutti nel seguente programma: non più ideali, e perciò non più idee forti, bensì sviluppo e coltivazione intensiva di coscienze deboli, da mantenere ben affollate con una moltitudine di idee ad alto contenuto dissipativo, vale a dire sensitive ed animalizzanti . Togliete l’ideale – infatti – e avrete tolto la tensione verso l’alto e la volontà, lasciando spazio a coscienzeintorpidite e annebbiate e ad atti conseguenti.
Fonte: Epiphanius, prefazione a Walter Salin, Il canto di Satana, Edizioni Stella, 2004, pp. 9-14.
A cura di Marco Massignan

Nessun commento:

Posta un commento