Affrontiamo uno degli argomenti più
interessanti per noi cattolici, perché è un argomento utilizzato frequentemente
per negare l’esistenza di Dio, per negare che Dio lo ha creato il mondo, ha
creato l’uomo. Parleremo di ‘evoluzione’: un termine che sentiamo
spesso, un tema affrontato nei libri di scuola, trattato in molti programmi
televisivi (per esempio: nei documentari sulla natura, presentati da un noto
giornalista, si fa sempre cenno all’evoluzione, dandola per scontata). Insomma,
si tratta dì un termine entrato nel linguaggio comune.
Tracciamo subito le tappe della
conversazione .
In primo luogo, cercheremo di
capire che cosa si intende per evoluzione, per evoluzione biologica, per
evoluzione della specie.
In secondo luogo, vedremo perché
- posto che l’evoluzione biologica sia accertata, dato e non concesso che
l’evoluzione biologica sia stata dimostrata scientificamente - vedremo perché un
cattolico può rimanere cattolico e non essere contrario, per principio, alla
teoria evoluzionista. Posto che questa sia accertata, abbiamo detto; ma la cosa
è ancora tutta da dimostrare.
In terzo luogo, l’evoluzione ci
viene presentata, in tutti i libri di scuola, fin dalle elementari, come un
dato acquisito dalla scienza, come una conquista definitivamente raggiunta
dall’uomo, mentre - va detto subito a chiare lettere - l’evoluzione
soltanto una “ipotesi”, non una tesi. Quindi, è errato credere che oggi
l’evoluzione sia un dato scientificamente acquisito e che tutti gli studiosi
siano concordi su di essa.
L’evoluzione biologica,
l’evoluzione della specie non è una verità incontrovertibile; non è una
conquista definitiva del sapere scientifico: è soltanto una ipotesi, formulata
per spiegare l’origine della vita in generale, della vite umana in particolare.
Ma è una ipotesi proprio perché non spiega tutto e non risponde a tutti gli
interrogativi che l’ uomo si pone davanti al mistero della comparsa della
vita.
Prima di addentrarci in questa
conversazione, opportuno un chiarimento.
Noi parliamo di evoluzione, al
singolare. Ma gli studiosi hanno diverse teorie riguardanti l’evoluzione e
queste teorie sono spesso una in contrasto con l’altra. Segno, anche questo, che
tra gli esperti non vi è unanimità.
Tuttavia, solo per comodità,
tratteremo dell’evoluzione al singolare, senza affrontare nei dettagli le varie
teorie. Questo per tentare di farci comprendere anche da coloro che non hanno
mai approfondito questo tema.
Veniamo, dunque. al primo punto:
che cosa dobbiamo intendere per evoluzione?
In generale, possiamo rispondere
in questo modo: per “evoluzione” si intende il fatto che tutti gli esseri
viventi che noi vediamo oggi, tutte le specie (gli esseri viventi sono
classificati in “specie”) sarebbero il “prodotto” di un lungo, lunghissimo
processo di trasformazione.
Questo processo di
trasformazione avrebbe avuto inizio dalla materia, sarebbe passato dalla pura
materia alle prime forme di vita, forme molto semplici (in buona parte
scomparse) per arrivare, gradualmente, a forme di vita molto più complesse, come
quelle che esistono ai nostri giorni.
Questo è il significato di
evoluzione. In sintesi: passaggio dal meno al più, dalla materia alla
vita, e alla vita sempre più complessa.
Ora, ecco un
primo dato da tener presente: nessuno e ancora riuscito a spiegare come sia
avvenuto il passaggio dalla materia alla vita. Cioè, come sia stato possibile il
passaggio dalla materia “priva di vita” a qualche cosa che è vita. A meno che
non .si voglia ammettere che Dio abbia voluto questo passaggio, ma in questo
caso si dovrà riconoscere che Dio esiste. Verità che, invece, molti
evoluzionisti negano.
Qualche secolo fa, venne
formulata la teoria della “generazione spontanea” che oggi è ripresa in
questi termini: la vita sorge spontaneamente dalla materia inorganica. Facciamo
degli esempi: si pensava che le anguille potessero nascere dalla melma dei fiumi
le zanzare dalle paludi, le mosche dalla carne putrefatta.
Insomma, da materia inorganica
poteva sorgere spontaneamente la vita, la vita animale. L’evoluzione, in tal
modo, aveva trovato un fondamento nei fatti. Ma gli studi di Francesco Redì
(1626-1698), dell’abate Lazzaro Spallanzani (1729-1 799) e di Louis Pasteur
(1822-I 1193) hanno dimostrato inconfutabilmente che quella teoria era falsa e
che la vita nasce solo dalla vita. Per avere un essere vivente bisogna che prima
ci sia un altro essere vivente. Anche la vita di organismi semplicissimi ha
origine da altri organismi viventi semplicissimi, mai dalla
materia.
Allo stato attuale, dobbiamo
ricordare che resta ancora un mistero - che l’ evoluzionismo non sa spiegare -
il “come’ sia stato possibile l’avvento della vita a partire dalla materia senza
vita.
Vi è un altro punto da chiarire.
Senza aver risolto il problema di come sia apparsa la vita (a meno che non
vogliamo ipotizzare Dio), entriamo nel campo dei viventi: l’evoluzione non è in
grado di rispondere a un altra domanda: come possibile che dalla vita di un
animale - della scimmia, nel nostro caso - derivi l’uomo?
Darwin, che ha scritto nel 1859
il famosissimo “L’origine della specie”, affermava che come un allevatore
di cavalli o di cani, attraverso una selezione artificiale (cioè fatta
dall’allevatore) può rendere le razze animali sempre più adatte ai suoi scopi,
così anche la natura ha selezionato soltanto le razze più adatte.
Spieghiamoci meglio: nella
natura, gli esseri viventi lottano per la loro esistenza. Questa lotta, dura,
aspra. feroce, lascerebbe in vita soltanto gli individui più forti, quelli che
si adattano all’ambiente in cui vivono, mentre gli altri verrebbero
eliminati.
Ne risulta che animali e piante,
in questa lotta per l’esistenza, nel tentativo di adattarsi sempre meglio alla
natura dove vivono, tendono continuamente a diventare migliori, fino a
giungere alla situazione odierna, dove sì può osservare una enorme varietà
di specie perfezionatissime, ognuna adatta a vivere nel proprio
ambiente,
Questo era il pensiero di
Darwin, il quale, a ben pensare, con questa storia della selezione naturale non
ci ha spiegato come nascono nuove specie dalle vecchie: ci ha soltanto detto
come sopravvivono i più forti e si eliminano i più deboli all’ interno della
stessa specIe.
Bisognava dunque completare la
teoria di Darwin e ci ha pensato il cosiddetto
“neodarwinismo”.
Secondo questa teoria, le nuove
specie di esseri viventi nascono dal fatto che, nel corso della selezione
naturale, negli esseri viventi si registrano dei mutamenti, dei
cambiamenti. Questi cambiamenti avvengono nel DNA (praticamente è il nostro
codice genetico) e questi cambiamenti si trasmettono agli
eredi.
Cambiamento dopo cambiamento,
trasmissione ereditaria dopo trasmissione ereditaria, nel corso di miliardi di
anni ecco spiegata la situazione attuale.
Quindi, selezione
naturale (come diceva Darwin) e mutamenti genetici spiegherebbero la
variegata complessità di specie che vediamo ai nostri giorni.
Ora, facciamo subito due
osservazioni.
La prima: l’osservazione
scientifica (dunque i fatti, non le teorie) dimostra che in natura i
mutamenti sono molto rari, mentre per arrivare allo stadio attuale,
partendo dalle forme di vita più semplici, è necessario che siano avvenuti
innumerevoli mutamenti.
La seconda: l’osservazione
scientifica (i fatti, non le teorie) dimostra non solo che i mutamenti sono
rari, ma che quei pochi che avvengono, quando avvengono, nella stragrande
maggioranza dei casi non producono un progresso, un passaggio dal meno al
più, dall’imperfetto al più perfetto. Producono un fatto negativo,
addirittura, spesso, pericoloso per la vita della specie.
L’esempio dell’uomo è il più classico. Quando un uomo nasce con una
“diversità” (chiamiamola così) nel suo corredo cromosomico, di solito si ha a
che fare coli un individuo non normale, problematico. Non abbiamo mai visto un
passaggio inverso. Non abbiamo mai visto un uomo, con un mutamento cromosomico
importante. diventare più uomo.
Non solo. Posto che un mutamento
avvenga e che sia positivo, c’è poi da risolvere il problema di come questo
mutamento si trasmette agli eredi.
Fin da quando eravamo a scuola,
abbiamo sentito raccontare il classico episodio delle farfalle, utilizzato per
sostenere che i mutamenti si trasmettono a gli eredi. Riguarda un fatto
veramente accaduto, ma dal quale si trae una conclusione sbagliata
Sappiamo che nella società
Industrializzata l’inquinamento provoca l’annerimento progressivo dei tronchi
d’albero. Questi, a causa dello smog, diventano sempre più scuri,
più neri.
Ora, in un paese
industrializzato fu notato che in una popolazione di farfalle grigie
appare una farfalla nera. Questa, proprio a causa del suo colore, si
mimetizza con i tronchi d’albero meglio delle farfalle grigie e sfugge quindi
agli uccelli predatori.
Dopo un certo tempo, la
popolazione di farfalle grigie è diminuita mentre è aumentata quella di farfalle
nere, che vengono attaccate di meno, sono più sicure, sono più
mimetizzate.
Passando altro tempo, tutte le
farfalle grigie risultano scomparse e rimangono soltanto le farfalle nere Questo
fatto, effettivamente osservato, ci è stato presentato come la prova del
miglioramento della specie dovuto a mutazione. Mutazione che si trasmette agli
eredi.
Certamente un mutamento “nella”
specie c’è stato (dal colore grigio ai colore nero) ma non è mutata la
specie: le farfalle nere sono esattamente identiche a quelle grigie, anche
se queste sono scomparse.
Un evoluzionista risponderà: è
vero, però piccolo mutamento dopo piccolo mutamento, piccolo adattamento
all’ambiente dopo piccolo adattamento all’ambiente dopo milioni e milioni di
anni, ci deve essere stato anche un cambiamento radicale, un evoluzione vera e
propria.
Ma questo nessuno lo può
provare. Anzi, ci sono delle obiezioni contrarie. Ne segnalo due:
La prima: gli studiosi hanno
calcolato quanto tempo sarebbe stato necessario all’evoluzione perché si
giungesse alla situazione attuale, partendo dalle forme di vita più semplici. E
ci si accorge che per spiegare la -situazione attuale a partire dall’ evoluzione
progressiva, graduale, non basterebbe tutta l’età dell’universo (Cfr Giuseppe
Gerola, Il pregiudizio evoluzionista, in Studi Cattolici, n. 237, nov
1980, pp 741-2)
La seconda: se fosse vera
l’ipotesi evoluzionista, se tutte le spade che noi oggi vediamo fossero il
risultato di una evoluzione, di una progressione, se fosse vero che tutti gli
esseri viventi fossero comunque protagonisti - anche oggi - di un grande, lento
processo evolutivo, dovrebbe accadere un fatto, che invece non
osserviamo.
Il fatto è questo: dovremmo
trovare intorno a noi un grandissimo numero di specie abbozzate, incomplete,
che si stanno formando, cioè evolvendo, in ritardo rispetto alla specie finale,
alla specie finale perfetta, verso la quale si stanno dirigendo,
evolvendosi.
Invece, tutte le specie viventi
che noi conosciamo - tutte, ma proprio tutte - sono, nel loro grado ovviamente,
perfette, complete, adattate all’ambiente. Non esistono, non vediamo, non ci
sono, non conosciamo esseri viventi - ma anche specie - che siano incompleti,
quindi che si stiano evolvendo.
Piuttosto che negare le sue
dogmatiche convinzioni, qualche evoluzionista obbietterà: potrebbe essere che
tutte le specie che si stavano evolvendo siano giunte alla fine della loro
corsa, siano scomparse e oggi noi vediamo soltanto l’ultima tappa, quella
definitiva, del loro processo evolutivo.
Non ci faremo ingannare da una
risposta di questo genere. Se fosse vero (sì tratta di una affermazione
gratuita) queste specie incomplete, rudimentali, che si stavano evolvendo,
avrebbero almeno dovuto lasciare tracce, enormi quantità dì tracce tra i
resti fossili.
Parliamo di enormi quantità di
tracce perché per accettare che un mutamento genetìco si affermi si deve
ammettere che molti, molti di più, non si sono affermati. E di questi, dovremmo
avere tracce.
Bene, nemmeno nei fossili
troviamo traccia dell’evoluzione.
E qui è giunto il momento di
smascherare una enorme bugia che ci viene raccontata fin dalle scuole
elementari. Ho personalmente esaminato una dozzina di libri, che molte case
editrici preparano per gli alunni della terza classe elementare.
In tutti, nessuno escluso, era
disegnata l’immagine di quegli esseri che, secondo la teoria evoluzionista,
avrebbero preceduto l’uomo, i nostri progenitori: grandi animali, metà scimmia e
metà uomini, in posizione eretta ma talvolta curva, con lungo pelo, braccia
penzoloni, muso allungato.
Questi esseri - imparano i
nostri ignari bambini- pian piano si sono raddrizzati, hanno perso il pelo,
accorciato le braccia, fino a diventare simili a noi. Ora, va detto che questa è
una colossale menzogna. Non ci sono prove che l’uomo derivi dalla scimmia, dallo
scimpanzé, dal gorilla. Non ci sono prove che le ossa di esseri viventi,
presunti nostri antenati, quelle poche che sono state trovate, siano appartenute
ad esseri pelosi, ingobbiti, più simili alle scimmie che a noi.
Allo stato attuale si sa che
esistono, e sono esistiti, uomini completamente fatti e finiti ed
esistono, e sono esistite, scimmie fatte e finite.
Tuttavia, gli evoluzionisti
hanno tentato di tutto pur di accreditare l’idea che fosse esistita in passato
una specie “intermedia” a metà strada tra la scimmia e
l’uomo.
Infatti, per accreditare l’
evoluzionismo, è assolutamente necessario dimostrare che siano esistiti esseri
intermedi. Senza di questi, l’evoluzionismo è soltanto una ipotesi, non una tesi
scientifica. E per arrivare a questo non e mancato chi ha tentato perfino di
barare.
E' famosissimo il caso dell’
uomo di Piltdown. Intorno agli anni 1909-1915 vennero scoperti in
Inghilterra i resti di un essere vivente, vissuto circa 300.000 anni fa, che fu
chiamato “uomo dell’alba”. Era stato trovato finalmente - si disse - l’
essere a metà strada tra la scimmia e l’uomo, il famoso anello
mancante.
La prova era data da una calotta
cranica con capacità cerebrale superiore a quella di una scimmia, ma inferiore a
quella di un uomo moderno. Fu datata vecchia di 500.000 anni. Accanto alla
calotta cranica, fu trovata una mandibola: apparteneva certamente ad una scimmia
e tutti furono del parere che fosse stata ma volta attaccata alla calotta. Poi
furono trovati denti di ippopotamo, ossa di animali estinti e pietre rozzamente
lavorate.
Questi resti furono subito
accolti solennemente nel prestigioso Museo Britannico e in tutti i libri
anteriori al 1953 si scrisse che era stata trovata finalmente la prova che l’
uomo viene dalla scimmia.
Quale sorpresa quando, proprio
in quell’anno, si scoprì che sì trattava di una truffa. La mandibola
della scimmia non apparteneva a quel cranio. Questo cranio non aveva, i 500.000
anni che gli erano stati attribuiti.
Non solo: quei reperti
“rozzamente lavorati” ’ erano stati appositamente limati e verniciati.
Insomma, una vera truffa.
Dobbiamo ribadire che, allo
stato attuale delle ricerche scientifiche, la teoria evoluzionista non deve
essere considerata una tesi, una verità incontrovertibile. ma soltanto una
ipotesi.
Una ipotesi che ha bisogno, per
essere accreditata come vera, di altre prove. di altre ricerche, di altri
dati.
Ovviamente, chi crede In Dio non
è contrario per principio alla ipotesi evoluzionista. Nulla vieta di ipotizzare
che, nella suo infinita e insondabile sapienza, Dio abbia disposto le cose in
modo tale da evolversi.
Quello che è certo, in una
prospettiva di fede, è che per dare vita all’uomo (e per dare vita all’uomo è
necessario fare un salto, rispetto all’animale: ammettere l’anima), bene
per dare vita all’uomo Dio è intervenuto direttamente. E’ intervenuto
regalando all’uomo l’anina, anima che Dio ha creato direttamente, che non deriva
da nessun essere che ha preceduto l’uomo.
Non solo. Un credente non
esclude a priori che Dio abbia stabilito l’evoluzione (quindi, non potrà mai
accettare l’evoluzione spontanea) proprio come legge della natura e che
l’evoluzione sia accaduta secondo lo volontà di Dio.
Il fatto è che non abbiamo
ancora prove scientificamente incontrovertibili dell’evoluzione biologica. Il
parere degli scienziati su questo punto non è unanime. Antonino Zìchichi, nel
suo ultimo bel libro “Perché credo in Colui che ha fatto il mondo” , nega
addirittura all’evoluzione anche lo statuto di ipotesi
scientifica.
E' diversa la posizione, invece, di un evoluzionista che non crede in Dio. Questi
deve negare, a tutti i costi, che Dio esiste e quindi deve dire che l’evoluzione
è stata spontanea e casuale, cioè accaduta a caso. Il che, come si e
visto, è impossibile.
Credo che per ora possa
bastare. Grazie.
Giampaolo Barra.
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mercoledì 17 ottobre 2012
Evoluzionismo: la grande bugia
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