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venerdì 5 ottobre 2012

TESTIMONIANZA di ex adepti del satanismo :Lukas e Michela ,salvati da CRISTO

TESTIMONIANZA di ex adepti del satanismo :Lukas e Michela ,salvati da CRISTO

pubblicata da No al satanismo il giorno Mercoledì 16 novembre 2011 alle ore 22.27 ·
Testimonianza di ex-adepti,a cura di Don Alberto Abreu
Testimonianza di Lukas:
Il libro è: Lukas, Quattro anni all’inferno, TEA, 1999. Ve lo riporto perché è un libro attendibile, in quanto all’inizio e alla fine del libro è riportata la testimonianza di un sacerdote cattolico tedesco che ha conosciuto e seguito Lukas per un certo tempo, e quella della responsabile di un gruppo antisette internazionale e che ha una sede anche in Germania.
Lukas è il finto nome, di copertura, con cui si fa chiamare nel libro un ragazzo di 19 anni che ha fatto parte in Germania di una setta satanista potente e violenta. Quando scrive il libro ha 21 anni. È un ragazzo che aveva scelto di vivere in un riformatorio quando ancora era minorenne per allontanarsi dal suo patrigno che lo picchiava. Aveva una sorella, che durante i giorni liberi andava a trovare. Aveva anche una fidanzata e una vecchia amica.
Tutto comincia quando, a 15 anni, in una discoteca gli si accosta un suo vecchio amico di infanzia che non vedeva da tempo e che lo invita ad una seduta spiritica. Accetta, perché si stava annoiando. Ma non lo porterà a giocare con la tavoletta, ma in una riunione di una setta satanista. Era un capannone abbandonato nella periferia della sua città. C’era gente incappucciata, candele, un altare con simboli satanisti, una croce rovesciata e delle catene, per immobilizzare una persona. Ebbe paura, voleva fuggire. Ma quando il sacerdote-capo gli si accosto, gli ordinò di bere da un calice che conteneva sangue per purificare il suo essere cristiano. Era circondato da 4 guardie del corpo, che lo costrinsero a bere. Restò lì per ore a seguire la “messa” in latino, come gi altri, e alla fine il sacerdote minacciò di morte lui e i suoi familiari e amici se il sabato dopo non si fosse ripresentato. Lukas comincia così il suo calvario nella setta. Non trovando una via di uscita, accetta di adattarsi alla setta, non sapendo quello che avrebbe dovuto fare. Sapendo che le donne dei membri della setta dovevano necessariamente farne parte, decise di tagliare con la sua fidanzata, per non farla entrare nella setta. La umiliò, la insultò. E non si fece più sentire da lei.
La setta voleva renderlo totalmente dipendente, e voleva far scomparire in lui ogni sentimento, ogni forma di compassione, ogni traccia di bene, per poter diventare vero discepolo di Satana. Questo avvicinamento a Satana per la setta comportava 6 prove da superare. Man mano che si superavano si entrava a far parte di una cerchia più interna della setta, e si sarebbe anche potuto diventarne il capo.
La prima prova consistette nel picchiare a sangue uno sconosciuto. Lo fece. E durante la messa in cui fu esaltato davanti agli altri membri, dovette staccare a morsi al testa ad un criceto vivo ed ingoiarla. Ogni volta doveva vincere la repulsione per ciò che gli veniva ordinato di fare, perché sentiva di non avere altra scelta. Alla fine della Messa venne legato su dei binari. Restò lì circa un ora quando sentì i fischi del treno e vide in lontananza una luce avvicinarsi. Svenne. Al risveglio gli stavano tatuando del simboli satanici sul corpo e gli dicono che tutto era stato era un trucco psicologico per provare la resistenza dei nuovi adepti. In quel periodo dovette continuare a bere sangue, che comprava da un macellaio.
Durante una messa ricevettero la visita di un capo di una setta americana, che alla fine della celebrazione riuscì a “leggergli” nel pensiero la frase: “Io credo in Satana, sono un demonio” e poi il desiderio di scappare, e gli disse questa frase: “Se te ne vai morirai, ma fino alla morte conoscerai un’infelicità senza fine”. È una frase che, dice Lukas, gli ritornerà da allora spesso in mente.
La preparazione alla seconda prova consistette nel picchiare a sangue un amico. Lo fece, con gradissimo rimorso.
Neanche l’idea del suicidio era realizzabile, perché se l’avesse fatto un suo familiare o un suo amico sarebbe finito sull’altare dei sacrifici.
Il solstizio d’estate (il 24 giugno) era una delle date più importanti. Ci fu una messa nera, durante la quale molti sacerdoti venuti da fuori si unirono ad una donna incatenata all’altare. Alla fine fu uccisa. Ma durante la celebrazione Lukas e un altro non resistettero. Lukas girò lo sguardo e l’altro svenne. Per questo furono puniti in modo orribile. Un giorno fu punito con la morte un membro della setta che più volte aveva avuto rapporti con donne estranee alla setta e frequentato dei cristiani.
La seconda prova consistette nel picchiare a sangue la sua più cara amica, l’unica rimastagli dopo che aveva lasciato la fidanzata. Sotto gli occhi delle guardie del sacerdote, la picchiò ai fianchi e allo stomaco, fino a lasciarla per terra. Preso da fortissimi rimorsi, però, la cercò negli ospedali, ma lei shockata non volle più vederlo. Era incinta ed aveva perso il bambino e non poteva più averne. È il rimorso più grande che oggi lo perseguita ancora.
Per alcuni giorni fu inviato insieme a Peter in America seguire un corso di “istruzione” in un’altra setta. Per due settimane dovevano restare nell’albergo a studiare le regole del satanismo e partecipare la sera alla messa nera. In america ogni messa si concludeva con un sacrificio umano, di gente senza tetto o sbandati attirati con qualche scusa o persone conosciute in giro. Aveva solo due ore di libertà. Lì fece esperienza di quale forza possono avere i capi sui membri. Un giorno ebbe la visita del capo americano. Lo fece stendere su letto e cominciò a parlargli con calma, in inglese anche se lui non capiva. Erano passate alcune ore. Poi se ne andò. Quando Peter tornò gli mostro una foto che lo ritraeva mentre era con due donne. Gli aveva tolto la capacità di ricordare e gli aveva fatto fare ciò che voleva.
Al ritorno in Germania dovette superare la terza prova: uccidere un agnello durante un rito, estraendogli il cuore. Il sacerdote gli insegnò come farlo.
Intanto aveva conosciuto in una discoteca due ragazzi, un fratello e una sorella; erano diventati amici e con loro per la prima volta si era confidato. I due volevano aiutarlo, ma lui si rifiutava e non diceva loro delle minacce del sacerdote. Un giorno gli dissero che dovevano partire per l’America e che l’avrebbero portato con loro. Ma tre giorni prima il ragazzo viene trovato morto. Saprà che è stato punito dalla setta, ma alla sorella non lo dirà mai e non la rivedrà più, perché partirà da sola in America.
Il suo amico Peter gli confida che aveva tentato una volta di fuggire. Aveva cambiato città. Ma lo avevano trovato e lo avevano punito. Gli impressero dei segni sul corpo, simbolo del tradimento, ma non lo uccisero. Peter si era fermato alla terza prova perché non trovava il coraggio di uccidere una persona, il cognato, come il capo aveva scelto.
Dopo alcuni mesi viene rimandato in America per seguire un nuovo corso, su come uccidere un essere umano e torturarlo durante un rito. Lì in spiaggia conosce una ragazza: si innamorano, ma per non rischiare che fosse uccisa, la tiene lontana e riparte senza darle modo di rintracciarlo. Prima di partire assistette ad una messa in cui fu sacrificato un bambino.
Gli capiteranno altre volte gli episodi di vuoti di memoria come quello capitato in America, dopo i quali non ricorderà che cosa avesse fatto per un paio di ore.
Non riusciva a dormire e per farlo doveva bere spesso. Si svegliava di soprassalto, con la paura addosso, dopo aver fatto un incubo ricorrente: vedeva attorno a sé sangue, cadaveri e un uomo con un coltello che si avvicinava ad una donna e glielo infila tra le costole. Poi si guardava intorno, lo notava e gli si avvicinava alzando il coltello. A quel punto si svegliava.
Durante un messa nera si era accorto che un altro lo sta guardando. Lo riempì di pugni, perché avrebbe dovuto tenere lo sguardo fisso sul sacerdote. Ma venne punito ed escluso per tre settimane dagli incontri. Dovrà però guardarsi tutte le videocassette delle messe a cui no aveva partecipato.
Un giorno vengono a prenderlo: deve prepararsi alla quarta prova: uccidere una ragazza di sedici anni durante una messa. Nei giorni seguenti decide di farla finita con la setta: non poteva uccidere una persona. Rimase in casa per due settimane, ma alla terza lo presero per strada. Si giustificò dicendo che era ubriaco, e, solo perché era stato fino ad allora un discepolo perfetto, il sacerdote gli credette. Ma doveva vedere le videocassette delle messe saltate. Il videoregistratore era stato però confiscato dal responsabile dell’istituto. In quel caso le regole della setta prevedevano che ci si sarebbe dovuti punire quando qualcuno ti impedisce di far i tuoi doveri di satanista. E le guardie del sacerdote che lo tenevano d’occhio intorno all’istituto avrebbero dovuto vederlo. Si stese nudo su un letto di vetri rotti. Quando entrò il responsabile dell’istituto che aveva sentito i rumori, lo minaccio con una scheggia. Fu chiamata la polizia e per paura di finire in commissariato (dove la setta aveva un membro) cercò di mostrarsi di nuovo ragionevole. Lo rilasciarono.
Ma il giorno dopo i responsabili dell’istituto erano infuriati. Allora decise di confidarsi e di dire tutto. Fu difficile credergli, ma alla fine lo fecero e gli trovarono un’altra sistemazione, con la custodia di altri due assistenti. Gli imposero di liberarsi di tutto il materiale satanista che aveva in camera e frequentare un centro di consulenza per le vittime delle sette. All’inizio parlava molto poco con i consulenti, ma quando si tenne una riunione con altri ragazzi vittime di altre sette cominciò ad aprirsi.
Intanto quelli della setta avevano trovato la sua nuova casa. E per farglielo capire imbrattavano le pareti esterne con simboli satanici, o gli facevano recapitare un cuore o un topo morto.
Gli impiantarono una linea telefonica per poter chiamare la polizia. Si misero d’accordo per vegliarlo di notte a turno. Alla fine riusciva a prendere sonno solo con un coltello in mano. Ma cominciava a sentirsi un problema per tutti. Decise di suicidarsi, ma fu scoperto. Allora in cucina prese due coltelli e si precipitò fuori dove si appostavano le guardie del sacerdote. Ma fu bloccato dai responsabili dell’istituto che a quel punto gli proposero di farsi ricoverare in una clinica psichiatrica, sotto minaccia di farlo loro togliendogli la possibilità di uscire quando avrebbe voluto. Erano passati 5 mesi, ed altri 5 li trascorse in una clinica lontana. Lì conobbe una ragazza, la sua attuale compagna. Si trasferirono in un’altra città. Peter non l’ha più rivisto, ma ha voluto scoprire che fine avesse fatto. Si arrischiò a chiamare dalla sorella, che gli disse che se n’era andato senza lasciare traccia. È considerato uno scomparso.
Continuano a tormentarlo incubi e la paura di essere trovato. Non frequenta luoghi affollati, si è fatto cancellare i tatuaggi che la setta gli aveva fatto, ma moltissime cicatrici gli sono rimaste, perciò non frequenta piscine. In auto tiene una pistola e non esce mai senza un coltello, non per uccidere ma per uccidersi nel caso dovesse essere trovato. Nel sonno spesso cade in trance, parla in latino, si colpisce da solo, tenta di gettarsi dalla finestra, e nessuno riesce a svegliarlo. Il giorno dopo non ricorda niente. La ragazza dorme spesso per terra per non essere colpita. Ma soprattutto è perseguitato da senso di colpa per il male e le sofferenze che ha procurato.
Il libro si conclude con una nota di alcune righe, intitolata “Avvertimento ai miei ex confratelli” e dice: “Per motivi di sicurezza ho depositato presso vari notai tutti i nomi che conosco, tanto di vivi quanto di morti, oltre alle indicazioni di località Qualora a me, ai miei parenti o ai miei amici dovesse accadere qualcosa che possa sembrare una vendetta da parte dei seguaci di Satana, i notai hanno istruzioni di aprire le buste e di dare inizio alle indagini”. Nella postfazione parla la responsabile del centro di consulenza antisette tedesco, la quale dice che oggi Lukas fa da consulente lui stesso, testimoniando ad altre persone che è possibile venire fuori da una setta.
In Germania alcune grosse sette conosciute sono la Fraternitas Saturni e la Church of the Final Judgement che hanno sedi a Francoforte, Berlino, Amburgo, Monaco, Friburgo e Lubecca. La Church of the Final Judgement ha raccolto un grande numero di adepti soprattutto in California ed ha influenzato Charles Manson.
Testimonianza di Michela:
Il libro è: MICHELA, Fuggita da Satana. La mia lotta per scappare dall’inferno, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2007.
Quello di Michela è uno pseudonimo per non essere riconosciuta. Nel 2007 è uscito un libro in cui questa ragazza ha messo per iscritto la sua testimonianza, insieme alla comunità di cui fa parte. È una comunità italiana, nata a Roma circa 20 anni fa con Chiara Amirante, una donna che aveva cominciato ad occuparsi di persone di strada e che ancora oggi continua a farlo. La sua Comunità è stata riconosciuta dal Papa e continua ad occuparsi di queste persone. Michela aveva ricevuto l’ordine, dal capo della setta di cui faceva parte, di uccidere Chiara Amirante.
Il racconto comincia dalla fine, dagli ultimi 15 giorni di Michela nella setta, prima del tentativo dell’omicidio che avrebbe dovuto compiere. La vigilia di Natale del 1997, la setta compie in una grotta in campagna uno dei riti più importanti dell’anno e durante quel rito il capo avrebbe scelto, come ogni anno, una persona della setta che si era distinta dalle altre, per farle compiere un incarico particolare. Fu scelta lei.
La settimana prima gli era stato ordinato di andare a vivere nella casa di uno dei capi della setta, una donna chiamata “la dottoressa” (perché era una psicoterapeuta) per una settimana di preparazione prima dell’incarico che gli avrebbero affidato. Lei ancora non sapeva niente. Michela era totalmente dipendente dalle parole di questa donna. Felicissima di essere lì ha rapporti omosessuali con lei e ogni giorni si sottopone a due sedute di colloquio con lei, una sotto ipnosi e una no (per sapere in questa come condizionarla nell’ipnosi). Oltre a questo doveva vedere ogni giorno dei film o dei filmati con scene violente, crudeli: ad es. film molto violenti, campi di concentramento nazisti, persecuzioni contro gli ebrei, documentari su Hitler. Lei dice che dopo questi filmati le saliva dentro una rabbia, soprattutto contro i più deboli e in particolare i bambini. Si sentiva capace di distruggere qualsiasi nemico. Ancora oggi gli tornano in mente dei flash di quei filmati.
Ciò che la setta voleva instillarle era il potere ad ogni costo, raggiungerlo calpestando chiunque; ed anche l’esaltazione dell’omosessualità e della violenza, che secondo la setta erano il modo migliore per glorificare Satana e offendere Dio. E soprattutto l’obiettivo della setta era di portare alla dannazione quanta più gente possibile.
La notte del 24 dicembre il capo della setta le comunica che sarebbe potuta diventare il capo di un’altra setta e ottenere potere, se avesse fatto quello che le sarebbe stato ordinato: uccidere Chiara Amirante e distruggere la sua comunità, perché in quel periodo aveva aiutato circa 20 ragazzi che avevano a che fare col satanismo. Durante il rito il capo uccide con un pugnale un corvo nero; fa colare il sangue in un calice e intingendo la punta del pugnale comincia a sfregiare una foto di Chiara e poi la brucia. Dichiara di averle fatto un malefico agli organi genitali, perché è vergine. In quel periodo, alcuni giorni dopo, Chiara comincia ad avvertire forti dolori ai genitali e le scoprono una grave malattia. A Michela viene consegnato un pugnale per uccidere Chiara.
Inizia il piano per uccidere Chiara: le aveva telefonato dicendo che era una ragazza che voleva dedicarsi al volontariato. Prendono appuntamento per il 6 gennaio. Dalla sua città viaggia verso Roma: in treno sul sedile trova un giornale in cui si parla della comunità Nuovi Orizzonti. Una volta arrivata prende la metro. Lì le succede di incontrare una suora della congregazione di Madre Teresa di Calcutta che la guarda durante tutto il tragitto e le sorride.
Arrivata a Trigoria le apre Chiara che la abbraccia. Michela racconta che quell’abbraccio e quel sorriso l’hanno messa in crisi, perché non aveva mai sentito di essere amata in quel modo, un abbraccio come quello di una madre che le era mancato. Michela infatti era stata messa in un collegio a 4 anni perché erano 10 figli e la madre decise di farla adottare. Il padre era morto e la madre si era risposata. Racconta che in collegio una volta che fece ritardo ad arrivare in refettorio venne picchiata e le fecero l’elettroschock, lasciandola attaccata a un letto per alcuni giorni. Un’altra volta verrà abusata sessualmente. Spesso, lì, i bambini venivano legati ai letti per non farli correre e dare fastidio. Questo le ha procurato una fragilità dei legamenti.
A Trigoria eacconta la falsa storia a Chiara e resta due giorni lì, mettendosi d’accordo di ritornare dopo qualche tempo. Ma, dice, comincia a sentire l’esigenza di restare lì e vivere quella vita. In treno, incontra di nuovo la suora di Madre Teresa. Nella sua città torna a lavoro ma si sente dolorante dappertutto e torna a casa e si accorge che i piedi le sanguinano, anche se non ha ferite. Ha paura. Chiama Chiara dicendole tutto, anche se chiara aveva intuito quasi tutto. Si barrica in casa fino al 17 gennaio per non essere trovata dalla setta, quando torna a Roma.
Arrivata a Roma, cominciano i sintomi della possessione diabolica. Chiara lo aveva intuito e aveva chiesto consiglio al vescovo e ad un esorcista. Michela dice che dei giorni tra il 17 e il 27 gennaio ricorda ben poco, perché spesso era incosciente e posseduta: il corpo le si contorceva, lo sguardo diventata pieno di odio, cominciava a parlare con voce maschile, ad essere sollevata da terra e sbattuta contro i muri e gli spigoli. Anche i ragazzi della comunità faceva fatica a mantenerla. Dice che solo la preghiera di Chiara e degli altri che erano là riusciva ad evitare il peggio o che si scagliasse contro Chiara per ucciderla. Nei momenti di lucidità le dice che si era consacrata a Satana e chiedeva a Chiara di aiutarla. Le erano apparsi sul corpo dei graffi profondi.
Sapeva che la setta la stava cercando per ucciderla, racconta che desiderava confessarsi e comunicarsi, anche perché era l’unica possibilità per lei di non essere uccisa: la setta infatti sapeva che se l’avessero uccisa dopo essersi confessata e comunicata l’avrebbero spedita direttamente in Paradiso, cosa che non volevano. Chiara chiamò un sacerdote e per tre ore, prima che arrivasse il sacerdote furono momenti terribili: da qualcuno che nessuno vedeva fu alzata per aria e sbattuta molte volte in giro per la stanza, perché morisse. Ma Chiara e gli altri pregavano e questo lo impedì.
Arrivato il sacerdote si confessa, e tra le altre cose confessa di aver rubato e profanato delle ostie consacrate. Per essere assolta da questo peccato, però, c’era bisogno di un permesso scritto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il sacerdote scrive alla Congregazione, di cui era Prefetto J. Ratzinger ed il giorno dopo arriva la risposta: si può confessare e comunicare. Ma deve studiare per un anno il Catechismo ed essere seguita da un sacerdote. La lettera si conclude dicendo: «Oggi la Chiesa è il festa perché un figlio è tornato a casa».
Il giorno dopo incontra per la prima volta l’esorcista padre Raffaele. Appena lui la tocca lei sviene: si riprende e quando le dà la mano sviene di nuovo ed emergono i sintomi della possessione. Comincia ad incontrare l’esorcista quasi ogni girono.
Intanto in casa cominciano a verificarsi cose strane: rumori come di carri armati, luci dall’esterno, colpi alle inferriate, apparizioni di figure umane davanti alle finestre. A pregare in cappella per lei c’era in quel periodo anche uno che aveva fatto parte della banda della Magliana, ex spacciatori ed altri.
Il 22 gennaio Michela dice a Chiara che vuole consacrarsi nella sua comunità. E sempre quel giorno dice a Chiara una cosa che non poteva sapere ma che solo Chiara sapeva: «Stai perdendo sangue» (dai genitali) e non capisce come ha potuto dirglielo. E in effetti il giorno dopo Chiara si fa visitare da una ginecologa che le diagnostica un fibroma e diverse cisti ovariche. Doveva operarsi subito. Chiara le racconta quello che stava passando e la ginecologa le dice che anche se deve farlo subito, prima può chiedere una preghiera di benedizione a padre Raffaele. Appena la riceve, l’emorragia si ferma. Il giorno dopo un’ecografia constaterà che è tutto scomparso.
Per la gravità della sua possessione, il 23 gennaio viene trasferita in un’altra casa fuori Roma.
Ma come era entrata a far parte di quella setta satanista? Michela racconta la sua storia: viene adottata e anche in quella famiglia subisce diverse violenze. I genitori non le vogliono bene, la picchiano. A 18 anni scappa di casa e vive in una comunità di suore; poi la lascia e torna a casa. Litiga moltissimo con i genitori; comincia a lavorare in un ristorante. Impara così bene che diventa chef in un altro ristorante, comincia a girare il mondo e diventa abbastanza famosa. Comincia a sniffare. Il suo interesse per la religione cattolica diminuisce. Nel 1991 conosce un ragazzo di cui si innamora. È però sieropositivo. Decide di lasciarlo, ma lui le chiede di sposarla in ospedale, perché sta per morire. Morirà prima. È sempre più arrabbiata con Dio e il giorno del funerale pensa: «Dio, se tu esisti io ti distruggo, ma se tu non esisti passerò la mia vita a dire al mondo che tu non esisti».
Per alcuni mesi frequenta dei corsi per chef. È molto stressata e una ragazza che conosce in uno dei corsi le propone di insegnarle una tecnica di rilassamento (il reiki). Accetta. Si riuniscono in gruppi, a pagamento, con delle tecniche di massaggio reciproco, e alla fine viene coinvolta in un’orgia. La sua amica vedendola star male le propone di andare da una psicoterapeuta sua amica. Ci va. E conosce così quella che Michela chiamerà la Dottoressa, uno dei capi della setta, che la porterà a farne parte.
Cominciano le sedute di psicoterapia, con sempre più frequenza settimanale, tanto che la Dottoressa le propone di trovarle un nuovo lavoro in un ristorante migliore per poter essere più libera di andare alle sedute. I proprietari del ristorante erano in contatto con la setta. Ad un certo punto sono cominciate le sedute di ipnosi e la Dottoressa cominciava a calcare sulla sessualità e sull’omosessualità. Inoltre la spingeva a fare cose che, evidentemente assurde per una psicoterapia, servivano a rafforzare la dipendenza psicologica di Michela dalla Dottoressa. Pian piano ha cominciato a perdere tutte le amicizie e ad avere relazioni solo con la Dottoressa. Le instillava odio verso il suo passato e a reagire in maniera dura contro se stessa; in particolare a sopportare il dolore fisico e a trasformarlo in piacere. Tutto, era riuscito a fargli credere la Dottoressa, faceva parte della terapia. Inoltre la Dottoressa le aveva dato una boccettina con delle gocce che doveva prendere ogni giorno. Non sapeva che cosa ci fosse e la Dottoressa glielo faceva passare per un aiuto alla terapia. Probabilmente c’era della droga. E ha continuato a prenderle per tutto il tempo che è rimasta nella setta.
A giugno del 1995 la Dottoressa le chiede se vuole trascorrere con lei il fine settimana. Accetta. Il sabato la Dottoressa le chiede se vuole andare con lei ad un appuntamento. Lei accetta, ma deve essere bendata per non vedere dove la porta. Arrivano in una grotta. La Dottoressa ha una tunica e un cappuccio rosso; un’altra persona era vestita così, e altre tutte di nero. In seguito, quando andrà agli appuntamenti non avrà mai difficoltà a trovare i posti che di volta in volta cambiavano e lei lo spiega dicendo che probabilmente nell’ipnosi gli davano di volta in volta tutte le informazioni necessarie, anche di come comportarsi durante il rito.
Aveva preso alcool e droga. Comincia la messa nera. Un altare, con il sacerdote dietro e gli altri a semicerchio davanti a lui. Iniziarono con una specie di canto, con bestemmie e maledizioni contro Dio, la Madonna, i Santi, il Papa, con un crescendo che arrivava a delle urla fortissime e poi tornava piano per ricominciare. Il sacerdote parlava in latino e loro rispondevano leggendo su un libretto. Al posto del gloria cattolico c’era una esaltazione di Satana; al posto del credo il credo satanico; al posto della consacrazione la dissacrazione dell’ostia e in quel momento veniva sempre sgozzato un uccello nero il cui sangue veniva fatto sgocciolare in un calice. Il Padre Nostro era quello infernale; alla fine del rito si rendeva grazie a “Satana dio”. Al momento del sacrilegio della comunione il sacerdote poggiò sulla testa di partecipanti una croce e pronunciò una formula. Ognuno prendeva dal vassoio un’ostia, la intingeva nel calice e la mangiava. Alla fine del rito il sacerdote beveva ciò che rimaneva nel calice e bruciava in un braciere tutto ciò che era necessario far scomparire. Tutto durò due ore.
Da allora ogni sabato partecipava al rito della messa nera. Un giorno la Dottoressa le chiese se voleva diventare un vero membro della setta. Lei accettò e un giorno ci fu il rito della sua consacrazione a Satana, nella notte fra il 14 e il 15 agosto. Nei giorni prima era stata preparata dalla Dottoressa e indossava ogni giorno una veste bianca che avrebbe dovuto usare durante il rito e recitare l’atto di sottomissione al demonio. Durante il rito il sacerdote fece alcune domande di rito alla Dottoressa che la presentava (le faceva da garante). Poi cominciò il rito con cose orribili; ad un certo punto il sacerdote con la punta di una lama gli toccò la testa e la bocca, recitando un formula con la quale consacrava la sua intelligenza e volontà a Lucifero. Poi le incise col coltello sul braccio un simbolo satanico (che riconobbe su un cameriere del suo ristorante). Poi si ferì il polpastrello e fece gocciolare il suo sangue su quello di Michela. Poi consacrò la sua sessualità ad Asmodeo, incidendola nella parti intime. Dopo il sacerdote la violentò. Il rito continuò, con tutti i presenti che urlavano e sembravano impazziti. Le ostie furono dissacrate e mangiate, e lei bevve dal calice. Alla fine hanno preso un serpente e l’hanno poggiato su Michela. Ha strisciato e non l’ha morsa e questo era il segno che Satana aveva accettato il rito. Gli hanno dato una tunica nera e il sacerdote le ha detto: «Ora fai parte di noi». Si concluse con una recita di dieci comandamenti satanici. Altri brevi gesti rituali e alle 5 di mattina tutto era finito. Per alcuni giorni ebbe forti dolore all’utero. All’inizio del rito aveva consegnato una fototessera e questo per poter essere riconosciuta, mentre nessuno conosceva il volto degli altri. E da quel momento era la Dottoressa a fornirle i vestiti e a dirle cosa doveva indossare la notte del rito: in questo modo dalle scarpe o da qualche accessorio avrebbero probabilmente riconosciuti chi erano e se c’era infiltrati.
La convocazione ogni settimana per il rito avveniva in questo modo: ognuno aveva un cercapersone e quando ricevevano lo squillo doveva richiamarlo entro 5 minuti e una voce registrata avrebbe comunicato il luogo e l’ora dell’incontro.
Un giorno venne affidato a Michela il compito di rubare ostie consacrate.
Michela doveva comunicare tutto quello che faceva durante la giornata alla Dottoressa e se avesse conosciuto persone nuove, e sempre dopo le veniva ordinato di interrompere ogni rapporto. La Dottoressa le fece anche aprire un conto in banca intestato anche a lei: in questo modo la setta si procurava i soldi che le servivano. Ad ogni rito bisognava anche dare dei soldi, circa 500.000 lire, ma a Michela le veniva detratto il valore delle ostie che rubava: 50.000 lire se rubate i un semplice parrocchia, fino a 200.000 lire se in una cattedrale o in un santuario.
In quel periodo le sono capitati episodi che lei no riusciva a spiegarsi: capiva lingue straniere che non conosceva e a riusciva a parlarle; riusciva a fare alcune previsioni; sapere quale lavoro facessero le persone che incontrava; intuiva se i preti portavano con loro l’ostia consacrata; era a conoscenza di cose che non aveva mai letto o sentito. Questi episodi le davano pian piano la sensazione di un potere che stava acquisendo. Inoltre quando aveva bisogno di un avvocato o di un medico la Dottoressa la mandava da persone precise legate alla setta.
C’era anche un rito il 31 dicembre in cui si offrivano a Satana una ragazza vergine, come sfregio alla verginità della Madonna. Michela la descrive come «una nottata aberrante», «uno dei riti più cruenti a cu ho assistito». Era solo per pochi fidati. La ragazza veniva adescata, portata lì, drogata, imbavagliata, si bestemmiava la Madonna, tutti la violentavano, la torturavano.
Inoltre diverse volte durante i riti percepiva degli strani fenomeni, amplificati dalle droghe; voci di demoni e figure mostruose. I riti si svolgevano di sabato per dissacrare la domenica, ma anche nelle vigilie di molte feste cattoliche. L’appuntamento era a mezzanotte, ma il momento più importante erano le tre di notte, in contrapposizione alle tre del pomeriggio in cui era morto Cristo. Una particolare accanimento si aveva contro i santi che in vita avevano lottato col demonio: Gemma Galgani, padre Pio, Francesco d’Assisi, Benedetto da Norcia e molti altri. S. Benedetto era odiato in modo particolare per la medaglietta a forma di croce che prende il nome da lui: egli, quando era a Subiaco ha vissuto per molto tempo in una grotta e lì aveva subito spesso gli attacchi del demonio. Per questo egli disegnò sulla parete della grotta una croce con intorno alcune lettere, le iniziali di questa frase in latino: «Non sia il demonio il mio capo; allontanati Satana, non mi indurre in cose vane; sono cattive le tue bevande, bevi tu stesso i tuoi veleni». Secondo la tradizione, tramandata nei testi benedettini, la medaglia-croce «scaccia dai corpi umani ogni maleficio, legatura e qualunque opera diabolica; in qualunque luogo è collocata non vi si può accostare persona malefica; rende sicuri gli uomini vessati dall’astuzia e malizia del demonio; è un’arma potentissima contro ogni tentazione, principalmente per conservarsi la purezza del cuore e della mente».
Il periodo più intenso per i riti era quello della Settimana Santa, quando si svolgevano ogni notte e si ricorreva agli animali per cose orribili. Il culmine era il triduo Pasquale, che per i satanismi segnava la sconfitta di Cristo e la vittoria di Satana.
In altri riti si lanciavano maledizioni contro santi, papi, esorcisti e contro i fuoriusciti dalla setta. Lei stessa dice di averne sentito qualche effetto quando ha lasciato la setta, come dolori in tutto in corpo e nelle ossa o mobili che si spostavano da soli nella sua camera.
Durante i riti la setta spesso leggeva i nomi dei giovani morti di sabato sera e ad ogni nome c’era un boato da parte della setta, perché li consideravano dannati in quando morti spesso sotto l’effetto di droghe. Inoltre li consacravano a Satana, insieme a quelli che sarebbero morti quel sabato.
Durante i riti l’obiettivo era quello di dare e provare piacere totale. Ognuno poteva farti ciò che voleva e tu non potevi rifiutarti. E per questo potevano essere usati oggetti di ogni tipo. A volte il sacerdote sceglievano uno a caso e tutti gi facevano qualcosa. Il risultato finale era la distruzione fisica e psichica. L’eccitamento veniva aiutato anche da una musica martellante, allucinante, che aumentava di ritmo e di intensità, mischiata ad urla registrate. Michela dice che a loro quei ritmi frenetici provocavano una esaltazione così forte che se gli avessero dato in mano un coltello e gli avessero detto: «ucciditi», l’avrebbero fatto.
Per sopportare la fatica di quei riti in quei posti scomodi e freddi c’erano delle stufe, ma soprattutto si usava droga e alcool.
In quei periodi non mangiava né dormiva più regolarmente. Era diventata magrissima e un giorno fu ricoverata urgentemente con una diagnosi di anoressia. Dormiva un paio di ore per notte e a volte per niente. Questo le capita ancora oggi che è fuori dalla setta, e lei crede che questo sia stato ed è un effetto di una influenza diabolica, ed effettivamente può esserlo. Michela racconta che adesso che è suora e ha fatto voto di obbedienza alla sua superiora, quando non può dormire e la responsabile della sua comunità le chiede di dormire «per santa obbedienza» lei si addormenta subito.
Ma i ricordi che le fanno più male sono quelli dei rituali suoi bambini. Il peggio succedeva nelle vigilie delle feste dedicate agli angeli e ai bambini. Michela dice che l’incubo che si porterà dietro per tutta la vita sono gli occhi terrorizzati di quei bambini, e lei è sicura che alcune scene a cui ha assistito devono essere state così traumatiche per lei che probabilmente adesso neanche le ricorda. Quando quelle scene le ritornano in mente con qualche flash, dice di provare un dolore così forte che le sembra di impazzire. Lei crede che probabilmente quei bambini erano presi dalla strada, tra quelli che chiedevano l’elemosina ai semafori o dal giro della pedofilia.
Cominciava a convincersi di essere una vera “soldatessa” di Satana. E dice, anche l’inferno cominciava a sembrarle una cosa bellissima, perché i membri di quella setta credono che essere dannato significa tenere compagnia a Satana ed esserne servo e complice, nel senso che insieme a lui e agli altri demòni il satanista avrebbe tormentato che finiva all’inferno senza essersi sottomesso al diavolo.
Venne a sapere che della setta facevano parte alcuni ginecologi che in ospedale al momento del parto consacravano i bambini a Satana. Lei, dopo essere uscita dalla setta, ha conosciuto un bambino di 4 anni che non era stato battezzato e che probabilmente la momento della nascita era stato consacrato a Satana. Lei lo ha visto parlare benissimo varie lingue, avere una forza incredibile e non dormire per niente. Un giorno contattò p. Raffaele, l’esorcista che l’aveva liberata, e questo per telefono fece un esorcismo al bambino che ebbe una reazione violentissima, ma poi si calmò, e dopo alcuni esorcismi fu liberato.
Un giorno le fu ordinato di portare una nuova adepta che la setta le indicò, con una scusa, uno che aveva conosciuto al corso per chef. Iniziano un’amicizia, anche omosessuale, e lei le dava delle gocce che le forniva la Dottoressa. Doveva portarla al rito per la prima volta dopo l’uccisione di Chiara, ma poi le cose andarono diversamente e non la rivide più. La richiamò una sola volta dopo un mese da quando era a Trigoria e la ragazza le disse: «Mi hai rovinato la vita».
Ora, nei primi giorni che Michela era a Trigoria, torna nell’appartamento dove aveva le sue cose, con una macchina blindata e alcuni della comunità di Trigoria, per prendere le sue cose velocemente. Anche gli oggetti che avevano a che fare con la setta, che poi furono bruciati dopo essere stati benedetti. In particolare, la tunica nera usata per la sua consacrazione a Satana andò a fuoco e si ridusse in cenere appena l’esorcista la cosparse di acqua benedetta. Nel suo appartamento trovarono anche delle apparecchiature informatiche per tenerla sotto controllo.
Fu spostata in un altro appartamento segreto, con poche persone che garantivano la sua sicurezza, ed ogni giorno la accompagnavano da p. Raffaele, per gli esorcismi. Michela, infatti, subiva una influenza demonica da quando era entrata nella setta, e questa influenza era arrivata alla possessione. Durante gli esorcismi, racconta, manifestava una forza incredibile, tanto che a volte dovevano legarla ad un lettino. Lei non si rendeva conto di quanto duravano gli esorcismi, ma a volte anche 4-8 ore. Nei momenti in cui era lucida p. Raffaele le faceva ripetere preghiere per spezzare la sua consacrazione a Satana, soprattutto quella a S. Michele arcangelo, scritta da papa Leone XIII nel 1884 dopo aver avuto una visione di Satana che minacciava la Chiesa e S. Michele che la proteggeva e lo vinceva. E quando nominava Lucifero le prendevano dei forti mal di testa, o dolori ai genitali se nominava Asmodeo.
Riguardo a ciò che accadeva durante gli esorcismi, è riportata nel libro la testimonianza scritta di p. Raffaele, che la ha esorcizzata per diverso tempo finchè non è stata liberata.
Un giorno passando vicino al convento delle suore di Madre Teresa di Calcutta al Celio, raccontò la storia della suora al suo amico sacerdote e decisero di andarci. Alla superiora descrisse la suora e la superiora mandò a chiamare una suora che corrispondeva alla descrizione. Era proprio lei. Ma la suora disse di non aver preso la metro e il treno in quel periodo. Inoltre chiesero se aveva una toppa a forma di 7 che le aveva notato sulla metro ed effettivamente ce l’aveva. Pregarono un po’ insieme e finì tutto lì.
La prima grande liberazione con gli esorcismi avvenne tra il 26 e 27 gennaio. E siccome lei era ancora in pericolo di vita dato che c’erano stati dei segnali che la setta la stava cercando, la Congregazione per la Dottrina della fede aveva dato il permesso di fare la comunione e il vescovo le permise di pronunciare le promesse all’interno della comunità Nuovi Orizzonti.
Le preghiere di esorcismo sono durate un paio di anni: prima tutti i giorni e poi sono diminuite e in quel periodo a volte le veniva anche la tentazione del suicidio, soprattutto quando le tornavano in mente alcune scene di ciò che facevano ai bambini. Dopo 3 mesi nell’appartamento segreto, il 10 maggio 1997 si trasferisce a Trigoria nella comunità di Nuovi Orizzonti. Lì comincia a curarsi dalla dipendenza dall’alcool e dalla droga e a seguire una psicoterapia. Quando Chiara e p. Raffaele si accorsero che c’erano di nuovo segnali di pericolo per Michela, la trasferirono in un convento, dove rimase per un anno. Poi tornò a Trigoria. Da lì si spostò nel 2000 nel loro centro “Arcobaleno” vicino san Giovanni al Laterano, e nel 2003 in una nuova casa per ragazze aperta a Marino, “Casa Gioia”.
In quel periodo decide di cercare la sua madre naturale, per dirle solamente “grazie” di averla fatta nascere ed averle così dato la possibilità di arrivare a Dio e di aiutare altre persone ad arrivare a Lui. Riesce a trovarla, la madre acconsente e stabiliscono un incontro, che durò un paio d’ore, Michela le disse il suo “grazie” e alla fine la madre le disse: «Tu per me non sei esistita allora e non esisti oggi. Esci dalla mia vita». E non si sono più riviste.
Un giorno Chiara Amirante vedendo Michela un po’ stanca le consigliò di farsi un viaggio a Medjugorje, un luogo dove agli inizi degli anni ottanta sarebbe apparsa la Madonna ad alcuni bambini, ai quali ancora oggi appare. Non le andava molto, ma alla fine si convinse. Arrivata sul posto era molto scettica nei confronti delle apparizioni, e un giorno incontra per caso una delle veggenti, Marija, che la invita a pregare con lei all’ora in cui ogni giorno c’è l’apparizione. Lei non voleva, però ci va e quando Marija ha l’apparizione ha avvertito la sensazione di avere, come lei lo chiama un “trapianto di cuore” e di aver avvertito una pace incredibile. La veggente alla fine dell’apparizione le dice che la Madonna le aveva detto di dirle che conosceva il suo dolore e da ora in poi solo Lei, la Madonna, le avrebbe fatto da madre. Da quel giorno Michela si è sentita veramente cambiata. Ha capito che anche Maria aveva vissuto un dolore grandissimo alla perdita del figlio e aveva capito che doveva perdonare tutti coloro che la avevano fatta soffrire, la madre, quelli della setta, tutti. Ed anche per questo ha provato una pace indescrivibile. P. Raffaele le ha anche raccontato che nel periodo degli esorcismi molti conventi avevano pregato per lei ed oggi diversi monasteri hanno cominciato a fare ogni sabato notte una veglia di riparazione per gli oltraggi e i sacrilegi praticati dalle sètte. E conclude con una frase di Edith Stein, che ritiene la sintesi della sua vita: «Cercavo l’amore e ho incontrato Gesù».
Vi elenco adesso le caratteristiche di una pseudo-religione o setta o “culto distruttivo”, individuate dagli studiosi:

manipolazione del comportamento e del carattere di una persona;
leadership carismatica (con autoproclamata divinità o conoscenza suprema e richiesta di obbedienza incondizionata). La leadership può essere individuale o basata su un nucleo centrale all’interno della setta.
separazione degli adepti dalle famiglie, dagli amici e dalla società in generale.
visione del gruppo come una nuova famiglia con la quale stabilire un rapporto esclusivo.
forti e sempre crescenti richieste di denaro.
richiesta di firmare un testamento che nomini la setta o il suo leader come unico o prevalente erede.
richieste di attività e comportamenti sessuali devianti.

Come cambia il comportamento all’interno di una setta:

perdita della volontà individuale;
aumento della dipendenza e ritorno ad un comportamento quasi infantile;
perdita della spontaneità e del senso dell’umorismo;
incapacità di instaurare amicizie al di fuori del gruppo;
peggioramento delle condizioni fisiche;
deterioramento psicologico (tra le altre cose: allucinazioni, ansia, paranoia, disorientamento).

Per quanto riguarda invece i gruppi di aiuto antisette, in Italia ne esistono diversi. L’ambulatorio antisette dell’ICAA (International Crime Analysis Association) offre una consulenza assolutamente gratuita patrocinata dalla Regione Lazio a coloro che sono entrati all’interno di un culto distruttivo (o alle loro famiglie) e che vogliono cercare di uscirne. L’Ambulatorio mette a disposizione un’equipe di specialisti formata da un Medico, uno Psicologo ed un Legale che analizzano riservatamente il caso prospettato e forniscono dei consigli utili a chi chiede aiuto. Gli incontri avvengono su appuntamento presso una sede operativa dell’ICAA a Roma ed in altre città italiane. Tel.: 340-0703739 e-mail: antisette@icaa-italia.org Esiste anche in Italia dal 2002 a Roma l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha istituito in numero verde attivo 24 ore su 24 contro le sette occulte: 800228866. Secondo questa Associazione il primo contatto col mondo dell’occultismo avviene a scuola tra amici e a volte sotto la spinta implicita di alcuni insegnanti che lo praticano.


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