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martedì 28 maggio 2013

alcune considerazioni di P. SEVESO

Editoriale Sodalitium numero 66

da Piergiorgio Seveso (Note) Giovedì 23 maggio 2013 alle ore 11.49
Centro studi Giuseppe Federici - Peruna nuova insorgenza
Comunicato n. 51/13 del 23 maggio 2013,San Giovanni Battista de' Rossi
 
Amare la Chiesa, combattere l'errore
 
Segnaliamo l'editoriale del n. 66 della rivista Sodalitium.

Dopopiù di un anno, ritorna Sodalitium nelle vostre case. Nel frattempo, lasituazione, nella Chiesa come nella società, si è ulteriormente aggravata.Joseph Ratzinger, come sapete, ha annunciato la sua rinuncia all’elezione l’11febbraio 2013: troverete in questo numero un comunicato che esprime il pensierodi questa rivista e dell’Istituto Mater Boni Consilii al proposito. Lasuccessiva elezione di Jorge Mario Bergoglio, il 14 marzo, ha aggravato ancorpiù, se mai fosse possibile, la situazione. Già candidato dell’ala “martiniana”durante il conclave del 2005, il nuovo “vescovo di Roma” che non ha volutodenominarsi Papa, è stato entusiasticamente acclamato dall’esponente dellaTeologia della Liberazione, Leonardo Boff, dal teologo eretico Hans Küng, dalGrand’Oriente d’Italia e, soprattutto, da quella speciale massoneria ebraicanota come B’nai B’rith (Figli dell’Alleanza) con la quale Bergoglio hacollaborato strettamente in Argentina, fino al punto di realizzare, assieme aisuddetti, delle cerimonie liturgiche ebraiche o interreligiose nelle chiesecattoliche e finanche nella cattedrale di Buenos Aires, e questo fino alloscorso anno. Anche il movimento ecumenico è stato favorito da Bergoglio coniniziative spettacolari, come quando, in ginocchio, ha voluto farsi imporre lemani e benedire dai pastori protestanti da lui appositamente convocati a BuenosAires, il 19 giugno 2006. Amico dei nemici di Cristo e della Chiesa, si èdimostrato decisamente ostile ai suoi diocesani che chiedevano, ingenuamente,l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Èfacile prevedere che il disprezzo di Jorge Bergoglio per la tradizione e laliturgia della Chiesa si manifesterà anche a Roma e nella Chiesa universale, avantaggio della chiarezza, a fine dell’ambiguità, e a delusione di chi volevaconciliare (è il caso di dirlo) il Vaticano II e la liturgia tradizionale.Naturalmente, non conosciamo il futuro, ma se il buongiorno si vede dalmattino, i primi atti del nuovo eletto manifestano che egli, come i suoipredecessori, non intende affatto accettare il Pontificato Romano ed il compitodi Vicario di Cristo, per la gloria di Dio, la salvezza delle anime, lasalvaguardia della fede, del Sacrificio della Messa e dei sacramenti, lacondanna dell’eresia, ma intenda il suo nuovo ufficio come ordinato alladiffusione di una nuova dottrina, di un nuovo vangelo, di una nuova liturgia, primusinter pares con gli altri fratelli “vescovi” (Bergoglio è stato “ordinato”e “consacrato” con il nuovo rito riformato); egli intende essere, vuole esserequello che è: un esponente del modernismo agnostico.
L’articoloannunciato nello scorso numero di Sodalitium sull’agnosticismo nelpensiero di Joseph Ratzinger e che potrete leggere in questo numero, pertanto,non ha perso la sua attualità: giacché l’agnosticismo è parte essenziale delModernismo e non solo del pensiero di Ratzinger.
Difronte ad un male così profondo, la Fraternità San Pio X sembra ripetere inpiccolo quello che accadde in tutta la Chiesa negli anni ’60. La lettera diMons. Fellay, inviata il 15 aprile 2012, alla Congregazione per la Dottrinadella Fede (diffusa solo a marzo di quest’anno da dissidenti interni allaFraternità) contiene gravissimi cedimenti dottrinali: accettazione delladottrina della collegialità episcopale insegnata da Lumen Gentium,accettazione della legittimità della riforma liturgica (Messa eSacramenti) e del nuovo codice di diritto canonico, accettazione del Concilio(e dell’insegnamento successivo) come magistero della Chiesa che puòesplicitare e dirimere il magistero precedente, accettazione anche per i testi“difficilmente” conciliabili con la dottrina tradizionale di una possibileinterpretazione cattolica. È vero, tutte queste affermazioni sonoimplicitamente contenute nel riconoscere, anche da parte di Mons. Lefebvre, lalegittimità dei Pontefici che hanno promulgato il Vaticano II e le riformesuccessive; ma implicano anche il rinnegamento di quella condanna (incontraddizione, è vero, col riconoscimento dell’autorità di Paolo VI esuccessori) che Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer fecero pubblicamentedegli errori conciliari. Si capisce meglio ancora quindi il tenore dellalettera inviata da Mons. Felley e dai suoi assistenti agli altri tre vescovidella Fraternità, il giorno precedente, 14 aprile, che ha portato, per ora,all’espulsione di uno dei tre suddetti Vescovi. Il dialogo “ecumenico” tra laFraternità San Pio X ed i Modernisti, presente fin dalla fondazione, ma cheriprese vigore nel 2000, preparato però nell’ombra dalle riunioni del GREC (cfPère Michel Lelong, Pour la nécessaire réconciliation. Le Groupe deRéflexion Entre Catholiques (GREC), NEL, Paris2011) e da chissàquali altre entità, ha portato i suoi frutti di divisione e distruzione di ogniresistenza all’eresia.
Ai battezzati ancoralegati, nell’intimo della loro coscienza, alla fede cattolica e alla tradizionedella Chiesa, specialmente a chi occupa dei posti di responsabilità (uomini cheDio solo conosce o può suscitare), chiediamo di aprire gli occhi prima che siatroppo tardi, di rinnegare gli errori modernisti, di professare la fedecattolica anche se ciò dovesse costare loro la persecuzione del mondo e persinola morte; stessa cosa chiediamo ai quei “tradizionalisti”, vescovi, sacerdoti,fedeli, che seguendo Mons. Lefebvre hanno trovato gli argomenti per opporsiagli errori conciliari, ma non quelli per giustificare questa salutareopposizione: la Provvidenza ci fornisce – nella tesi teologica di Mons. Guérarddes Lauriers o. p. – le armi intellettuali per opporci al modernismo senzacadere nella disperazione o nel falso misticismo. Oggi, più che mai, è ilmomento di confessare integralmente la Fede, di condannare radicalmentel’errore.

http://www.sodalitium.biz/index.php?ind=news&op=news_show_single&ide=214

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http://www.centrostudifederici.org/



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Non un passo indietro (editoriale de "Il Guelfo Nero" numero 3, ottobre 2008)

da Piergiorgio Seveso (Note) Domenica 1 novembre 2009 alle ore 2.14
Non un passo indietro

Anche quest'anno cedo alle benevole insistenze di Daniele Gandi, presidente del Centro Studi Papa Leone X, per scrivere qualche riga d'editoriale a questo battagliero foglio fiorentino. Il tutto in un clima informale e discorsivo, per non appesantire una rivista come questa, agile quanto ricca di contenuti. A proposito de “Il Guelfo nero”, ricordo ai nostri lettori che questa rivista, proprio perchè redatta da laici (e per di più giovani), non può avere né la scienza, né la dottrina, né la ponderazione di “Sodalitium”e di altri belle riviste, vergate con passione, studio e acribia da valenti rappresentanti della milizia clericale.
E' una rivista appunto giovanile e guelfa nera, animosa e polemica, diretta e ficcante che vorrebbe dare a chi ci legge spunti di approndimento e qualche felice suggestione culturale. Questo numero de “Il Guelfo Nero” mostra ad abundantiam quali siano le nostre posizioni, quale sia il nostro attaccamento al Cattolicesimo Integrale, al Trono di Pietro proprio in questo cinquantenario di vacanza della Sede Apostolica. Nell'anniversario della morte di Papa Pio XII tre possono essere gli atteggiamenti esiziali: negare l'evidenza della crisi che sta vivendo la Chiesa, farsi schiacchiare da essa, affrontarla con leggerezza e senza piena consapevolezza.
Il primo errore è quello di un sedeplenismo della volontà o dell'interesse, del ventre o dell'arroganza gallicana che purtroppo vediamo diffusissimo in molti ambienti “tradizionalisti” e l'abbiamo ampiamente analizzato, in tutte le sue impressionanti sfaccettature, nell'editoriale dello scorso anno.
Il secondo atteggiamento è quello di un rassegnato e solipsistico ripiegamento, ombroso e querulo su tutto ciò che “abbiamo perduto”, come se la Chiesa fosse finita, come se davvero il Cattolicesimo romano integrale non avesse più nulla da dire a questa società, tanto devastata dalla dittatura dell'incredulità e dalla piaga di una quotidiana e spesso impercettibile apostasia, come se in fondo le promesse di Cristo, suo Divin Fondatore, fossero state ingannevoli (absit!)
Certamente non è “tutto come prima” e probabilmente nulla sarà più come prima: nel senso che davvero bisogna avere chiara la percezione della (ormai cinquantennale) vacanza della Sede Apostolica, della mancanza in atto di un vero magistero pontificio, di una privazione reale e concreta della Somma Autorità, di uno svuotamento generale della Gerarchia (non solo riguardo la giurisdizione ma soprattutto riguardo l'Ordine sacro). Questa cessazione in atto (temporanea) del Primato Petrino ha delle conseguenze pratiche evidenti: spezzetta, sbriciola, frantuma la Realtà ecclesiale in tante piccole microrealtà che, pur nella comune Fede e nella comune pratica sacramentale, non possono rifarsi ad una Autorità comune e spesso nemmeno organizzarsi in maniera sinergica.
Vuoi per l’oggettiva difficoltà di coordinare realtà differenti, vuoi per le pur legittime differenze dottrinali (in Necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus Charitas), vuoi per più o meno comprensibili divergenze umane. Questa diversificazione delle realtà cattoliche integrali, se saggia e responsabile, può essere però un’occasione per rendere variegato ed efficace l’apostolato dottrinale e la diffusione delle buone idee (anche negli ambienti più lontani e non ancora toccati dai Grandi Veri della Fede). Iddio saprà trarre e già sta traendo, anche da questi anni di confusione, scisma e obnubilamento generale, nuovi eroismi, nuove santità, nuove intelligenze, magari nuove Milizie sociali per servire Cristo Re nell’ordine temporale, pur tra battaglie e persecuzioni. Il primo pegno di questa Restaurazione della Chiesa è stato, a sommesso parere di chi scrive, la Tesi di Cassiciacum, elaborata dal domenicano Monsignor Guerard des Lauriers, vero difensore del Papato romano. Alla sua memoria e a quella di Papa Pacelli, questo numero de “Il Guelfo Nero” è dedicato.

Piergiorgio Seveso


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Eucaristia e politica (da "Il Guelfo nero" numero 4 - ottobre 2009)

da Piergiorgio Seveso (Note) Sabato 10 ottobre 2009 alle ore 0.48
Eucaristia e politica

Ringrazio come sempre Daniele Gandi, presidente del centro studi “Leone X”, che anche per quest’annata mi consente di scrivere qualche riga d’editoriale ad una rivista gradevole come “Il Guelfo Nero”. A costo di ripetermi, continuo a ricordare che questa piccola pubblicazione, antimodernista, antimassonica, antirivoluzionaria, clericale e papalina (e quindi sedevacantista) è redatta esclusivamente da giovani laici, quindi per sua natura ha un respiro più battagliero e pugnace, meno incline ai giri di parole e a quelle garbate ciance che lasciano sulle sfondo le abissali differenze, in nome di una “unione sacra”, tra i c.d. “tradizionalisti”. Ed i suoi redattori non possono, su queste misere pagine, sviscerare con tutta quella ponderazione e quella soda dottrina le capitalissime questioni teologiche e morali che invece i nostri ottimi sacerdoti affrontano su ”Sodalitium” o su “Opportune importune”. Ben lontani dalla tutta umana “bonomia” roncalliana, qui cerchiamo, semplicemente, non quello che ci unisce ma quello che ci divide, perché solo in questo marcare la differenza ci può essere quella chiarezza dottrinale ed ecclesiologica, unico e sicuro pegno di una vera Restaurazione della Chiesa. Ci sforziamo di essere quello che DOVREBBE essere una rivista giovanile cattolica, se la Chiesa cattolica avesse oggi un Papa e fosse quindi in ordine e non “in stato di privazione”, come invece drammaticamente si trova ad essere. Tra le conseguenze del Vulnus montiniano inferto al Corpo mistico il 30 novembre 1969, non possiamo ignorare le conseguenze sociali e politiche del tentativo di abolizione del rito cattolico della Santa Messa in tutto il mondo. Come in una dispersione babelica, il laicato cattolico è scivolato per i mille rivoli di una politica lontana dal cattolicesimo romano: l’illusione rivoluzionaria marxista e la “teologia della liberazione”, il socialismo aconfessionale e poi laicista, l’americanismo dell’ipocrisia liberale e conservatrice, il sottile inganno demoniaco delle “democrazie cristiane”, l’incatenamento neoghibellino del cattolicesimo ai nazionalismi e ai cesarismi novecenteschi e da l’ultimo la pericolosa deriva neoconservatrice.
Eppure basterebbe ricordare che la nostra società non si salva con un’opzione semplicemente partitica, con un frenetico agire politico e solo con iniziative meramente umane.
La nostra società non si salva senza cattolicesimo romano integralmente creduto e praticato, senza una vera e intima vita cristiana, senza preghiera, senza la pratica sacramentale. Nessun impegno, nessuna lotta, nessuna organizzazione temporale può pensare di portare frutti duraturi se si colloca al di fuori di questa prospettiva. Altro che visione laica della politica e della vita! Altro che distinzioni fraudolente e subdole tra “pubblico” e “privato”! Altro che “religione confinata nell’intimo della coscienza dei singoli”! Altro che “credente ma non praticante”! Altro che “Cristo sì ma Chiesa no”! Altro che ridurre il cattolicesimo a mero segno di “civilizzazione” e cultura e a mero segno di appartenenza identitaria, sia pure “tradizionale” e “popolare”.
Un talentuoso teologo e filosofo tomista, monsignor Andrea Cappellazzi, all’inizio del secolo scorso scrisse un bel trattato sugli aspetti sociali e politici del culto eucaristico, asserendo che non vi potesse essere una vera attività politica che non passasse attraverso il culto della Regalità sociale di Gesù Eucaristico. Verità sostanziali, certo scomodissime e lontane dal sentire di oggi ma sostanziali. Ecco perché in fondo la Santa Messa (di San Pio V, giova ribadirlo) è il vertice di ogni agire sociale, è e deve essere l’Alpha e l’Omega di ogni azione politica, ecco perchè è il centro della Civiltà. Ora se questo centro si oscura QUASI ovunque per molti decenni e poi riappare più o meno marginalmente, coperto dai cascami dell’estetismo, del ritualismo o della banalizzazione ideologica, oppure separato dal Corpo dottrinale bi-millenario del Depositum Fidei , è come un capo mozzato e non bastano le ciprie ed i belletti di sontuose liturgie a renderlo meno orribile e più “vivo”. A voi, cari lettori, le debite conclusioni e gli ulteriori approfondimenti.


Piergiorgio Seveso





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