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giovedì 18 luglio 2013

Don Floriano:«Concilio Vaticano II un’eresia»

 




 
Il capo dei lefebvriani del Nordest, don Floriano Abrahamowicz, attacca il Concilio Vaticano II, definendolo «peggio di un’eresia», all’indomani della nota con cui la segreteria di Stato vaticana ha chiarito come «il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II» sia «condizione indispensabile» «per il futuro riconoscimento della Fraternità Pio X». Don Floriano Abrahamowicz aveva detto nei giorni scorsi, commentando le affermazioni negazioniste del vescovo Richard Williamson, che le camere a gas nei campi di sterminio esistevano «almeno per disinfettare».
Per don Floriano Abrahamowicz, «il Concilio Vaticano II è stato peggio di un’eresia, perché l’eresia significa prendere una parte della verità, renderla assoluta e negare il resto». Parlando nel corso di un programma dell’emittente televisiva Canale Italia, Abrahamowicz ha detto che «San Pio X ci spiega che il modernismo è la `cloaca maxima´ delle eresie e non si capisce niente in questo modernismo: una pagina dice la verità, giri la pagina c’è l’errore. In questo senso dico che il Concilio Vaticano II è una cloaca maxima». «Ecco perché - ha proseguito - i padri conciliari, tra i quali Lefebvre, facevano una fatica grande perché ad ogni pagina dovevano mettere una pezza». Nei giorni scorsi un altro Lefebvriano, Richard Williamson, aveva detto che «le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dire se abbiano fatto morti oppure no, perché non ho approfondito la questione». Oggi don Floriano afferma: «io non ho intenzione di abiurare rispetto a quanto detto, ci sono poi state delle rettifiche da parte di alcuni giornali». «Per me la Shoah è un genocidio, ma non è stato il solo, se guardiamo alla storia del `900 - ha concluso - sarebbe opportuno formare gli studenti un anno sul genocidio degli ebrei, un altro anno ad esempio farli studiare su cos’era il genocidio armeno, un altro anno studiamo il genocidio di Stalin».
Intanto, il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha ammesso, in una intervista al quotidiano cattolico francese La Croix in uscita domani, che la comunicazione interna sul decreto di remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani non ha funzionato come avrebbe dovuto. «Il problema di questo decreto - ha spiegato - è che è stato negoziato fino all’ultimo momento e che certi punti sono rimasti confusi». «Inoltre - ha aggiunto nell’intervista - trattandosi di un negoziato con terzi, il documento era già finito in mano a certi siti e giornali. Non avevamo in mano - ha concluso - la gestione di questa comunicazione». Riferendosi poi alla «concomitanza» tra la revoca della scomunica e la diffusione delle frasi negazioniste di mons. Williamson, Lombardi ipotizza che «le persone che hanno gestito la vicenda» non abbiamo avuto «coscienza della gravita» di quanto dettò’. «Ciò che è certo - ha ribadito - è che il Papa non ne sapeva nulla». «Se c’era uno che doveva esserne al corrente - ha aggiunto - era il cardinale Castrillon Hoyos», presidente della Commissione `Ecclesia Dei´, mediatore tra la Chiesa e gli ultra tradizionalisti.

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