Centro Studi Federici

La Voce della Verità

Scheda relativa alla testata romana La Voce della Verità, che fu fondata nel 1871 a difesa del potere temporale dei Papi. Fu l’espressione della Società primaria romana per gli interessi cattolici, una delle primissime associazioni intransigenti nate dopo il 20 settembre 1870.Fu capofila delle testate intransigenti Giugno 1871: la Società primaria romana per gli interessi cattolici, l’associazione romana presieduta da Mario Chigi, nata all’indomani della breccia di Porta Pia, raccoglie 27.161 firme in omaggio al Pontefice, come risposta cattolica al plebiscito del 2 ottobre 1870, che ha sanzionato l’unione di Roma all’Italia. L’associazione, nata proprio per difendere le ragioni di una Chiesa “offesa” e “umiliata” dal nuovo Stato, tenta con questa iniziativa di dimostrare la sua forza e il suo attaccamento al Pontefice, forte dell’appoggio di larghi strati del mondo aristocratico ed ecclesiastico romano e del contributo di un suo organo ufficiale, il quotidiano La Voce della Verità, nato poche settimane prima (8 aprile 1871) per iniziativa del principe Lancellotti, di padre Carlo Maria Curci e di monsignor Francesco Nardi.Contro il principio della libertà Proprio il Nardi s’incarica di dirigere per primo il giornale, precedendo altri nomi prestigiosi del mondo cattolico dell’epoca, come Filippo Gioazzini, Pietro Pacelli, Enrico Mastracchi, Giuseppe Sacchetti, Lorenzo Bottini e monsignor Umberto Benigni. La Voce della Verità si presenta sin dall’inizio come il capofila di quella vasta e agguerrita flottiglia di testate intransigenti romane, di cui fa parte anche il giornale “politico-morale” La Frusta, postesi a strenua difesa del legittimismo e del temporalismo, ricolme di rimpianti per una Roma papalina travolta dal processo di piemontesizzazione forzata. In realtà essa non manca di manifestare qualche timida apertura, prospettando ad esempio una certa partecipazione dei cattolici alle consultazioni amministrative e politiche, per meglio contrastare l’egemonia dei liberali.
A partire dal 1875, preso atto di quanto sterile rischiasse di diventare la lotta di molti intransigenti contro lo Stato liberale (il giudizio è viziato dall’impostazione ideologica dell’autore, ndr), essa tenterà anche di dimostrarsi propositiva su alcune questioni rilevanti per i cattolici, come il rinnovamento della scuola e dello Stato in senso favorevole alla religione. Ma si tratterà solo di iniziative momentanee e prive di reale seguito, se pur sufficienti ad arrecare al giornale qualche preoccupazione (in particolare, un richiamo della Santa Sede e una polemica con l’Osservatore Romano).Nel 1879 il giornale si fonde con il Messaggero di Firenze, mantenendo inalterato il nome originario. In linea con il diverso approccio verso lo Stato liberale adottato da papa Leone XIII, (interpretazione dei liberali che cercavano di contrapporre il pontificato di Leone XIII a quello di Pio IX, ndr) anch’esso perde in questo periodo una parte della proverbiale vis polemica e dell’intransigenza, per poi riacquistarla in coincidenza con l’approdo alla sua guida, all’inizio degli anni ’90, di Giuseppe Sacchetti, uno degli esponenti più agguerriti dell’intransigenza cattolica.
Sacchetti è infatti l’uomo che, nel 1870 (a soli venticinque anni), aveva manifestato il desiderio di offrire la vita per il Papa, arruolandosi, al profilarsi dello scontro decisivo, nel Corpo dei Volontari pontifici della riserva; ma soprattutto è l’uomo che, al Congresso cattolico di Firenze del 1875, aveva senza mezzi termini dichiarato: «Non siavi alcuno in Italia che sospetti voler noi (…) adottare e seguire il principio della libertà, come è inteso e predicato dai moderni dottori del liberalismo». Anche la direzione di Sacchetti ha tuttavia breve durata (tre anni e mezzo in tutto), mentre il suo successore, il marchese Lorenzo Bottini, sembra intenzionato a portare il giornale nuovamente su una linea meno conflittuale verso lo Stato liberale, anche se pur sempre di fiera intransigenza.
Contro liberali e conciliatoristi
La Voce della Verità non mancherà, in altre parole, anche in questo periodo, di attaccare i liberali e soprattutto i cattolici conciliatoristi, i quali a suo avviso attendevano inutilmente che papa Leone XIII li incoraggiasse a “far comunella con i moderati”. La stessa linea viene accolta all’inizio del secolo dall’ultimo direttore del giornale, monsignor Umberto Benigni: il prelato che poco tempo dopo, nel 1902, diverrà membro della Commissione storico-liturgica istituita da Leone XIII presso la Congregazione dei Riti e che, nel maggio 1906, sarà promosso da Pio X a sottosegretario alla Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari; ma anche l’uomo che, nel 1909, darà vita al Sodalizio S. Pio V, passato poi alla storia come Sodalitium Pianum (o Sapinière), l’organizzazione segreta i cui membri, fedeli a una visione intransigente, papale, antiliberale e antimoderna del cattolicesimo, si impegneranno a controllare l’operato di laici e del clero. (…)
Al giornale resterà tuttavia solo più una breve parentesi, per rinnovare il suo impegno di difesa del Pontefice e degli interessi cattolici nello Stato liberale. Esso cesserà infatti le pubblicazioni il 31 agosto 1904. alcune settimane dopo lo scioglimento dell’Opera dei Congressi (28 luglio 1904), in un momento in cui l’azione del laicato cattolico italiano sembra ormai orientarsi verso nuove prospettive e, conseguentemente, in una fase storica in cui la funzione del giornale pare destinata a esaurirsi. (Per nuove prospettive bisogna intendere il democratismo cristiano, cioè il rinnegamento della regalità sociale di Cristo, ndr).
Di annunciare “con dolore” al pubblico dei lettori la notizia si fa carico proprio Giuseppe Sacchetti il quale, nel rivendicare a La Voce della Verità il merito di aver sempre combattuto “il cosiddetto cattolicesimo liberale in tutte le sue forme”, attribuisce alla stessa la benemerenza principale di aver contrastato l’azione di tutti quei cattolici “smaniosi del parlamentarismo e infatuati del modernismo”.

(Articolo di Mauro Forno, ricercatore presso il Dipartimento di storia dell’Università di Torino, apparso su Vita pastorale, n. 4 del 2006)

Fonte: Centro Studi Giuseppe Federici