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***************************** Piero Vassallolunedì 13 agosto 2012Recensione: IL FASCISMO E LA TRADIZIONE ITALIANA di Piero Vassallo (Edizioni Solfanelli)
“RIVALUTATA LA TRADIZIONE
ITALIANA”
Dopo i pregevoli e recenti
volumi, ‘Contravveleni e antidoti al pensiero debole’ (2011) e ‘I figli del
sole’ (2012), Piero Vassallo si è ripresentato, in questi giorni, all’attenzione
degli studiosi, con un nuovo aureo saggio dal significativo titolo ‘Il fascismo
e la tradizione italiana’ (Solfanelli, Chieti, luglio 2012) ; studio che,
idealmente, ripercorre alcuni temi già presenti nei menzionati volumi, tutti,
comunque, caratterizzati dai tratti dell’originalità.
Esso esordisce con tale
categorica, e condivisibile, affermazione: "gli intellettuali-‘golem’,
sapientemente mossi dai poter forti, ottengono il consenso o almeno
l’assuefazione ai caratteristici prodotti dello
‘sfascismo’”.
Poteri forti, aggiungiamo, che,
dalla fine del secondo conflitto mondiale, non hanno fatto altro che demonizzare
sia la politica e la cultura germaniche, sia, ancora, il fascismo e la secolare
tradizione italiani dimenticando, a bella posta e con pervicacia, i risultati di
un movimento che non ha fondato soltanto città e bonificato vaste aree malsane,
ma ha pure operato profonde riforme sociali unitamente alla grande attenzione
riservata alla scuola – Riforma Gentile -, alla scienza e al patrimonio
intellettuale costituiti, per fare un esempio, dalla grande Enciclopedia
Italiana.
Istituzioni, per limitarci solo
ad alcune, sempre autorevolmente promosse e dirette dal più grande filosofo
italiano del Novecento – ed uno dei maggiori europei – che risponde al nome di
Giovanni Gentile. Ma, come osserva Vassallo, il metodo imposto dai cosiddetti
‘progressisti’ “regna e imperversa, quasi indisturbato, negli ambiti della
teologia inquinata dalla plutocrazia esoterica” e contaminata, altresì, da
dottrine decadenti volte solo a sollazzarsi nell’apodittica convinzione del
fascismo quale ‘male assoluto’.
Fermo restando, a dire
dell’Autore, che nessuno può cancellare “gli errori del fascismo né diminuire
la gravità dell’ingiustizia compiuta nel 1938 quando furono approvate le leggi a
difesa della presunta razza italiana”.
Lo studioso genovese
ricostruisce, da par suo, tutte le vicende, politiche, culturali e sociali, che
vanno dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri non senza
soffermarsi sui personaggi che si sono alternati sul proscenio della storia
italiana, pontefici compresi – segnatamente Pio XII che nel
L’Autore, inoltre,
padroneggiando, a menadito, la materia, non si lascia sfuggire le implicazioni
relative a quei personaggi – nella fattispecie il Cardinale Siri – che seppero
opporsi alle derive progressiste vaticinando la fine del comunismo successiva
alla caduta del muro di Berlino. Ma, sempre al papa Pacelli sono, da Vassallo,
riservate pagine di alto significato morale oltreché spirituale per il semplice
motivo che il vescovo di Roma fu l’uomo più pacifico e clemente del XX secolo
ove si consideri la grandezza della sua missione pastorale con buona pace del
drammaturgo tedesco Hocchuth che aveva cercato di infangarne la
memoria.
Tornando alla tradizione
italiana e alla messa al bando, da parte di Mussolini, della Massoneria, lo
studioso genovese non omette di ricordare, doverosamente, l’azione esercitata
dal filosofo italiano Francesco Orestano; operazione tesa alla realizzazione
della tanto attesa pacificazione fra Stato e Chiesa in un momento in cui il
primo aveva bisogno dell’apporto della seconda, e viceversa; e ciò, anche in
vista di una collaborazione che mettesse fuori gioco le ingerenze
neo-paganeggianti tedesche nella politica italiana.
Pure altri intellettuali – del
calibro, ad esempio, di Nino Tripodi – contribuirono ad alleggerire il fascismo
dalle seduzioni di alcuni sistemi speculativi non del tutto in linea con i
dettami della tradizione italiana.
In merito, il pensiero va subito
a Giambattista Vico che di tale tradizione fu l’interprete più genuino ed
autorevole con la sua ‘Scienza Nuova’ incentrata non solo sul principio del
"verum ipsum factum”, bensì pure sulla categoria della Provvidenza quale
fattrice di tutte le cose. Per non parlare, altresì, della posizione
antirazionalistica e anticartesiana del grande filosofo napoletano, così
apprezzata, a detta di Tripodi, per la netta rivendicazione della
responsabilità dell’agire umano nell’ambito della
storia.
Ma, se le suddette
considerazioni sono vere, è altrettanto certo che anche l’attualismo gentiliano
ebbe un ruolo importantissimo in direzione dell’affermazione del ‘novus ordo’
instaurato dal fascismo; e ciò, per il semplice motivo che più visioni del mondo
contribuirono a conferire una sistemazione filosofica alla novella impalcatura
politica: il futurismo, il sindacalismo rivoluzionario, il sorelismo, la
filosofia di Gentile, etc. Speculazione, quest’ultima, sempre apprezzata
dall’Autore del libro in questione.
Non a caso, nel volume ‘Cos’è il
fascismo?’, Mussolini riconosceva che “Giovanni Gentile esaltava, nel Fascismo,
un ideale ‘intelligentemente universale e umano'” e, nel medesimo saggio, egli,
sottolineava che “la riforma Gentile ha portato uno spirito nuovo nelle scuole
italiane, uno spirito di probità, uno spirito di dignità, uno spirito di serietà
di lavoro”.
Ciò significa, evidentemente, che
anche Gentile s’inseriva, ‘iusto iure’, nella falsariga della tradizione
italiana; e il discorso ‘La mia religione’ del 1943, riconfermava la sua
professione di fede con queste testuali parole: “Sono cristiano perché credo
nella religione dello spirito. Ma, voglio subito aggiungere, a scanso di
equivoci: io sono cattolico. E non da oggi; sia anche questo ben chiaro.
Cattolico a rigore, sono dal giugno 1875, ossia da quando sono al mondo”.
Il libro di Vassallo,
ricchissimo di considerazioni e di notizie, sempre di prima mano, si sofferma
anche sul pensatore Augusto Del Noce al quale non mancarono dubbi ed incertezze
consistenti, per lo studioso ligure, nel “liberalismo ‘nel suo senso etico’ ”.
Dopo aver discettato, ‘ex
professo’, sul fascismo, sul post-fascismo e sui migliori eredi della dottrina
politica fondata da Mussolini - quali Enzo Erra, Vanni Teodorani, Primo Siena,
Giano Accame, Giovanni Volpe e numerosi altri – tutti in contrasto con la linea
almirantiana – lo studioso genovese completa la propria fatica con altre
osservazioni.
Come, ad esempio, quelle, su
Julius Evola che fraintese, nel dopoguerra “la lezione cesarista interpretata da
Mussolini e dalla scuola di Mistica fascista”, su Elias de Tejada che definì gli
hegeliani pensatori “fuori tempo massimo” e su tante altre figure sbandate
“dell’antifascismo a destra”, secondo le testuali parole di Vassallo. Non
mancano in questo saggio alcune riflessioni sulla concezione corporativa sia
inerente al versante del regime, sia concernente il pensiero cattolico;
quest’ultimo trovò in Giuseppe Toniolo il suo corifeo più eminente ed
agguerrito.
Tutto ciò, ed altro, è presente
nel pregevole saggio ‘Fascismo e la tradizione italiana’. Sorretto dalla
consueta preparazione filosofico-culturale e dalla solita ‘vis’combattiva
dell’Autore, il volume si fa anche apprezzare per l’acutezza dello stile che
tiene desto il lettore senza concedergli mai nessuna tregua.
Lino Di Stefano
Piero Vassallo
IL FASCISMO E LA TRADIZIONE
ITALIANA
Pagg. 152 - Euro 12,00
Etichette: Il Fascismo e la Tradizione italiana
sabato 19 novembre 2011Antidoti al pensiero che ci annienta (il Giornale, 19/11/2011)
«Contravveleni e Antidoti al Pensiero Debole» di Piero Vassallo (Edizioni
Sofanelli) vuol segnalare le molte vie di uscita dal pensiero nichilista che ha
esondato nella nostra cultura avvelenandola. Intende mostrarci la reale
geografia della produzione filosofica del Novecento italiano, cioè quella non
nichilista e quanto sia importante pur se poco conosciuta. In controtendenza con
noi ci segnala nella Russia di Putin una straordinaria fioritura del pensiero
cristiano. Un libro dunque d'interesse per chi ama la verità storica.
Ad introdurre la conclusione, le «Idee per un movimento d'ispirazione
cristiana», sono riportate forti parole di Stefano Zecchi che fu bimbo profugo
da Pola dove vide la crudeltà del comunismo contro l'italianità. Zecchi che
perse un caro amico d'infanzia nella strage di Vergarolla e come lui, Umberto,
ha chiamato il figlio. Eccole: «Di Sinistra è sempre chi decide per il nuovo,
chi alza le insegne del progresso anche se nuovo e progresso annientano la vita,
distruggono la dignità delle persone. A destra si ritrovano gli anticonformisti
che non sentono la necessità di avere lo scudo protettivo del moralismo di
sinistra».
Vassallo le riporta perch´ in sintonia con il suo pensiero e contro il
folle grido imperversante del «vietato vietare». Con cristallina diagnosi
politica non trova giustificazione al compromesso storico che vorrebbe
continuare l'alleanza con la «gioiosa macchina da guerra del progressismo».
Il versante progressista annovera vari protagonisti: procure e toghe
giacobine, case editrici ingombrate da pattume letterario, folla di storici
consacrati alla falsificazione sistematica della memoria italiana, un salotto
buono con le fumisterie adelphiane, un apparato del vetero Pci, perdurante e
impegnato nell'effimero di film, romanzi, canzonette, avanspettacolo. Inclusa è
«la desolante scuola di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi». Il pensiero di
Gramsci è morto anche perch´ sostituito dal Voltaire di un Veltroni/Crozza, di
ciancia buonista. L'egemonia progressista è discesa nei bassifondi
dell'avanspettacolo perciò il pensiero debole ha dilapidato l'eredità di
Gramsci.
Non solo, sul versante progressista si registra - contro l'educazione della
nostra Chiesa - il sovvertimento della legge naturale: eutanasia, manipolazioni
genetiche, gravidanze eterologhe, accelerazioni abortiste, famiglia pederastica,
libera droga. Per i rapporti con la Chiesa Vassallo ci ricorda che non c'è fede
senza ragione, che la persona è il fine della società civile e non deve
diventare schiava dell'economia da vedersi anch'essa nell'ottica dei valori non
negoziabili. Come afferma Giulio Alfano in La ragione e la libertà se l'autorità
impone leggi ingiuste, si ricordi la parola data da San Pietro agli Apostoli
(Atti, 5, 29): «Si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
A nostra riflessione una citazione da La ragione alla radice della politica
di Giovanni Turco, pensatore antimoderno: «Iustitia facit legem», anzi «veritas
facit legem». Al contrario di ciò che vediamo nell'esercizio di tanta
magistratura nostrana Giustizia e Verità sono concetti che si corrispondono, per
cui la Giustizia presuppone la Verità del «suum» e del «debitum».
Quanto al vetero comunismo, tuttora imperversante salvo il cambio del nome,
valgono ancora le parole di Siri sui falsi rivoluzionari di sinistra, sui
vandali urlanti: «Vengono magnificati perch´ si sono rivoltati, perch´ hanno
messo a posto la legittima autorità, perch´ hanno avuto il coraggio di
distruggere quello che altri hanno edificato».
Il libro presenta sei capitoli dedicati a singoli filosofi, tra cui Antonio
Livi («La via del ritorno al reale»), Cornelio Fabro («La disintossicante
lettura delle filosofie moderne»), Sciacca («Interprete e continuatore di
Vico»), Kant e Hobbes. Trova spazio anche «La reazione cattolica alla
contraffatta teologia di Karl Rahner». Addentrarsi nel testo comporta una solida
cultura filosofica ma filosofia è riflessione sulla quotidianità, sull'uomo e i
suoi problemi: è quindi il caso di sforzarsi di capire e imparare.
Un però: perch´ le clientele e consorterie di sinistra continuano a
sopraffarci e a scapito del merito? Bisogna trovare il modo di difendersi ed
opporsi.
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sabato 1 ottobre 2011Novità: CONTRAVVELENI E ANTIDOTI AL PENSIERO DEBOLE
Non è pensabile il risanamento della società
civile senza la preventiva rimozione dei pensieri tossici, abbondantemente
diffusi dalle agenzie del disordine mentale.
Contravveleni e antidoti al pensiero debole, segnala e propone, con puntuali e inediti argomenti, l'elenco dei pensatori forti, che hanno confutato i dogmi filosofici e le formule magiche, dalle quali sono ammaliati e sequestrati i lettori di massa, collocati nei punti cardinali della società e della politica. Quantunque costretti a muoversi nel margine stabilito dall'imperioso e deprimente volume della chiacchiera, i pensatori anticonformisti rappresentano la risorsa indispensabile al decollo della cultura intitolata alla tradizione italiana, oggi ingabbiata dall'indisturbato esercizio dei poteri forti e strozzini. La lettura dell'opera di mons. Antonio Livi, ad esempio, è suggerita quale limpida esposizione della dottrina del , la via da percorre in vista dell'uscita dai fumi stupefacenti soffiati dai carbonai della tracotanza (ultra cogitazione) filosofica ed esoterica. La filosofia di padre Cornelio Fabro è proposta quale implacabile macchina finalizzata alla demistificazione degli avvolgenti sistemi sofistici, che hanno preparato i deliri ideologici e le catastrofi totalitarie consumate nei secolo della modernità. Michele Federico Sciacca è consigliato quale interprete geniale e continuatore della scienza nuova vichiana, bussola indispensabile a quanti intendono fuggire dall'imprigionante labirinto che fu progettato dalla massoneria eleusina e intitolato alla superstizione storicista. Autore di una magistrale confutazione di Hobbes, Paolo Pasqualucci è segnalato quale strenuo oppositore alla mitologia intorno al Leviathan, il padre di tutte le battaglie finalizzate alla deformazione della politica e all'asservimento dei popoli. Sebastian Kunkler e Roberto Manfredini, due giovani, emergenti autori, sono citati poiché testimoniano la vitalità di una tradizione capace di lanciare la sfida della riflessione pungente e dell'irrispettoso umorismo contro i mostri sacri della falsa filosofica. L'appendice è dedicata alla figura di Maria Adelaide Raschini, magnifica interprete ed esempio luminoso della carità intellettuale. Piero Vassallo CONTRAVVELENI E ANTIDOTI AL PENSIERO DEBOLE Edizioni Solfanelli [ISBN-978-88-7497-736-9] Pagg. 144 - € 11,00 http://www.edizionisolfanelli.it/contravvelenieantidoti.htm
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lunedì 31 gennaio 2011La tradizione italiana dopo la destra polifrenica
Massimo Introvigne è, senza ombra di dubbio,
uno fra i più autorevoli politologi italiani. Pubblicata nel sito internet "La
Bussola quotidiana", il suo saggio sulle ragioni, sui limiti e sul futuro della
fusione berlusconiana delle destre, infatti, disegna, con geometrica precisione,
l'attuale scenario politico. Inoltre rammenta le inadempienze dei cattolici
militanti nell'area ed auspica opportunamente una loro più incisiva attività nei
percorsi di formazione e di educazione alla politica.
La lucida e in certa misura condivisibile analisi di Introvigne tuttavia deve essere integrata dall'esame delle cause che hanno frantumato, riducendola ad arcipelago di isole lontane e incomunicabili, l'eredità del Novecento italiano. L'umiliante storia delle esclusioni e frantumazioni subite dalla cultura del Novecento contempla, anzi tutto, il pregiudizio storicista - progressista contrario alla destra. Nutrita inizialmente dalla corrente democristiana fondata da Giuseppe Dossetti, la mentalità storicistica si è diffusa in ambiente clericale, dove ha suscitato la scolastica dei resistenti ai progetti di apertura a destra concepiti da Pio XII e sostenuti dal partito romano. Di seguito la frantumazione della cultura di destra è stata alimentata dalle minoranze anticattoliche attive fra gli oppositori almirantiani e rautiani al segretario del Msi, Arturo Michelini. Primo motore della confusione anticattolica a destra è stato Julius Evola, scintillante banditore di un ateismo nascosto sotto i sacri paramenti dell'esoterismo. Le suggestioni emanate dalle oblique e avvincenti pagine evoliane hanno respinto nel margine missino l'opera di filosofi di ben altro spessore, quali Giovanni Gentile (un autore la cui conversione finale al cattolicesimo è stata dimostrata di recente), Francesco Orestano, Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, Nicola Petruzzellis, Balbino Giuliano, Guido Manacorda, Marino Gentile, Carmelo Ottaviano. Le astratte e futili discussioni sulla restaurazione monarchica hanno intanto allontanato il Msi dal Pnm, impedendo quella fusione che, a tempo opportuno, avrebbe costituito un efficace cuneo tra democristiani e socialcomunisti. La morte di Michelini nel 1968, la fallimentare segreteria di Giorgio Almirante, l'emarginazione di Giovanni Volpe e l'entrata in scena del cinguettante Armando Plebe e del fragoroso e insignificante Alain De Benoist, hanno oscurato le residue luci del Novecento a destra. Il colpo di grazia lo ha sferrato, involontariamente, un illustre pensatore brasiliano, Plinio Correa de Oliveira, il quale - in un momento di disattenzione - si è fatto sfuggire che il massone Winston Churchill ha salvato la civiltà. Firmatario dell'infame piano Morgenthau, bombardiere su Dresda e spedizioniere ai campi di sterminio staliniani e titini di trecentomila anticomunisti, Churchill non può essere proclamato salvatore della libertà. La deplorazione dell'orrore nazista è universale e incontestabile, e tuttavia non ha tanta forza quanta ne occorre per far salire l'ingombrante ubriacone inglese sull'altare della civiltà. Purtroppo nessuno si accorse allora che l'esaltazione dell'antagonista di Benito Mussolini bruciava i ponti indirizzati alla terza via, già felicemente percorsa dal Novecento italiano in allontanamento dall'anglofilia risorgimentale e dalle sistematiche truffe finanziarie di Londra e New York. Negli anni Settanta la destra fedele all'eredità del Novecento si è pertanto rinchiusa in uno stretto e astratto margine intitolato al tradizionalismo puro e dimentico della politica attiva. In quell'angolo si affermò una cultura limitata dall'incomprensione della forte presenza di ragioni anti-massoniche a monte dell'opposizione italiana all'occidente liberale. Prevalsa una cultura spirituale ma azzoppata dall'oblio del miracolo sociale attuato dal governo italiano in risposta alla crisi del 1929. Miracolo che ottenne l'esplicito apprezzamento di Pio XI e di Pio XII. La fotografia del disastroso scisma è la reciproca, paradossale incompatibilità della destra sociale (colonizzata dai festanti seguaci di De Benoist) e della destra cattolica, influenzata dal pregiudizio anglofilo e dall'euforia conservatrice. r Il realismo della visione obbliga a riconoscere, inoltre, che, nell'angusto spazio concesso al tradizionalismo, si è consumata una guerra fra i minimi sistemi organizzativi, guerra in cui sono andate a fuoco le eccellenti ragioni dell'opposizione cattolica al liberalismo inteso come velenoso prodotto della cultura dei lumi. Nel 1974, De Tejada, il filosofo che possedeva il genio, la cultura e il carisma dell'innovatore, sprecò la sua autorità e la sua lucida refrattarietà all'europeismo, opponendosi all'unico prelato, il cardinale Giuseppe Siri, che prestava ascolto ai tradizionalisti. Rinchiuso De Tejada in un nobile, eburneo circolo di studiosi astratti ed emarginati, fiorirono sparuti cenacoli di varia spiritualità e di incerta collocazione politica. Un tentativo di ricucire le due figure della destra italiana fu tentato, nel 1987, da Tommaso Romano, sagace fondatore del movimento tradizionalismo popolare. Purtroppo l'interlocutore missino, in quel tempo il segretario nazionale Pino Rauti, non seppe capire e apprezzare la qualità e l'attualità della proposta formulata da Romano e scelse la perdente strada del sincretismo (et destra et sinistra) architettata da De Benoist. Negli anni Novanta il Msi si avviava pacificamente all'estinzione. Nelle pagine del Secolo d'Italia Giano Accame indicava le linee di una sopravvivenza della destra nella cultura, linee che non potevano non incontrare le avanguardie cattoliche. Accame, infatti, avviò il dialogo con Augusto Del Noce, capofila degli oppositori al cattocomunismo, e con Paolo Liguori, direttore del settimanale ciellino Il Sabato. Nel microcosmo possibile nella diversa situazione storica, si ristabilì in qualche modo il clima dell'intesa tra destra sociale e cattolicesimo d'avanguardia. Preteso da Gianfranco Fini e sottoscritto - sotto schiaffo - da Pino Rauti, il licenziamento di Accame dalla direzione del Secolo d'Italia non interruppe il dialogo della cultura di destra con gli esponenti del dissenso cattolico. Accame avviò un'interessante collaborazione con il settimanale dei ciellini. Intitolata bankiller la rubrica di Accame nel Sabato rivelò una geniale intenzione strategica, ossia il riversamento delle buone ragioni della destra sociale nella cultura cattolica. Nella primavera del 1993, quando il segretario Gianfranco Fini azzardò una sfida suicida contro il candidato democristiano alla carica di sindaco di Roma, il disegno di una destra senza partito (disegno intanto condiviso da Francesco Grisi) sembrava prossimo a realizzarsi. L'intervento di Martinazzoli, che costrinse la Dc romana a candidare uno sgradito esponente dell'ala progressista, rovesciò il tavolo della politica italiana trasformando in successo la catastrofe iscritta nell'azzardato progetto di Fini. Continuazione della doppiezza almirantiana la destra di Fini, ringalluzzita dal consenso piovutole addosso per caso, liquidò la cultura adeguando la destra al suo schema, il camaleontismo politicante associato al pensiero plurimo conforme al pirandellismo di Giorgio Almirante. Uno e nessuno, Fini concesse spazio agli esponenti cattolici ma lasciò correre le correnti anticattoliche militanti con furore nel Msi e in An. Sopra tutto ebbe cura di emarginare o neutralizzare i potenziali nemici del suo non pensiero, ovvero gli esponenti della rinnovata cultura di destra: Giano Accame, Fausto Belfiori, Fausto Gianfranceschi, Silvio Vitale, Pietro Giubilo, Primo Siena, Roberto De Mattei, Marcello Veneziani, Tommaso Romano, Pino Tosca, Ulderico Nisticò. Esito deprimente e miserevole della guerra finiana contro la cultura è la discesa della destra politica allo zero metafisico rappresentato dal Fli. Gli esponenti della cultura tradizionale devono pertanto cominciare nel vuoto a destra. L'alloggio sotto la tenda della fusione berlusconiano è provvisorio e precario. La solidarietà al governo di Berlusconi, argine al disastro greco-ispanico sognato dai progressisti è un obbligo per il presente, non un'ipoteca per il futuro Ora il futuro della buona destra deve iniziare dal congedo delle illusioni intorno al liberalismo e al conservatorismo anglo-americano. La scena mondiale è in movimento e il potere dell'economia finanziaria è al tramonto. Gli eredi di Churchill stanno scendendo dal treno della storia, La rinascita della politica italiana incomincia dal rischio di essere fedeli alla identità nazionale. Una destra intitolata a Churchill oggi sarebbe la figura di un umiliante passatismo. L'impossibilità di costruire la nuova destra sul fondamento della nostalgia è peraltro evidente. Si tratta di capire invece che l'ammirazione del miracolo attuato dall'Italia dopo la crisi del 1929 è un forte incentivo all'identificazione della destra con la dottrina sociale della Chiesa. La vera eredità del Novecento italiana è la profonda intenzione di restituire l'Italia a Cristo e Cristo all'Italia. I circoli di cultura e le biblioteche ideali esistono. Quel che manca è un'organizzazione politica capace di avviare la trasformazione del sapere in volontà di agire politicamente e in piena autonomia. Il sapere cattolico è vincente, trionfante sulle rovine del pensiero antagonista. L'apostasia è una balena spiaggiata sulla sabbia del delirio nichilista. I cattolici devono decidersi a considerare la realtà senza i paraocchi dello storicismo. Devono finalmente vedere lo sfascio tragicomico della cultura atea e materialista. I tempi dei cattolici ricoverati sotto tetti politici alzati secondo i canoni dell'architettura babelica e amministrati dalla logica secondo cui il partito della destra si costituisce assemblando di tutto un po' stanno dunque per finire. Pensare il futuro significa guardare oltre le vecchie sgangherate case della destra plurima. Oltre la modernità, dove abita la tradizione vivente. La ragionevole tattica consiglia l'alleanza dei cattolici con i partiti di buona volontà. L'architettura politica e l'amara esperienza della collaborazione con il polimorfo Fini, suggeriscono un partito obbediente al proverbio meglio soli che male accompagnati. Piero Vassallo venerdì 1 ottobre 2010Novità: ICONE DELLA FALSA DESTRA
Un nuovo, graffiante saggio di Piero Vassallo
sugli errori in circolazione nell'avventurosa e tormentata politica
dell'abbaglio trasversale e bipolare e della furente tarantella messa in scena
dalle elucubrazioni intellettuali neodestre, ma anche sulle possibilità per
uscire dalla depressione scavata, nel cuore del Msi e di An, dal conformismo e
dall'inconsulta smania di novità normalizzanti.
Il saggio si raccomanda quale strumento indispensabile alla ricognizione delle metastasi neognostiche che stanno devastando il corpo senescente delle ideologie di matrice illuministica. Infatti “nel nuovo e imprevisto scenario allestito dagli ultramoderni, l'insignificanza si è trasferita dal pensiero tradizionale alla elucubrazione radical chic”, ossia dai testimoni della metafisica classica agli interpreti del relativismo a sfondo nichilistico. Girate le spalle alle false icone, i protagonisti del movimento politico intitolato alla vera destra potrebbero avviarsi alla riscoperta di quei valori tradizionali che furono interpretati fedelmente e strenuamente difesi dal migliore Novecento italiano; quei valori scialacquati dall’impaziente frivolezza di una classe politica intesa a fare futuro con i cascami di un passato ormai sepolto. Un anziano militante nella corrente giovanile del Msi, Sergio Pessot, ha dichiarato realisticamente che, con questo suo ultimo lavoro, l'autore si procura una nuova, nutrita schiera di contestatori viscerali: "L'arte di farsi nemici, peraltro, è esercitata dal Vassallo con un'assiduità impressionante". Piero Vassallo ICONE DELLA FALSA DESTRA Edizioni Solfanelli [ISBN-978-88-7497-707-9] Pagg. 120 - € 10,00 venerdì 24 settembre 2010Imminente: ICONE DELLA FALSA DESTRA
Un nuovo, graffiante saggio di Piero
Vassallo
Icone della falsa destra e destra delle false icone Dai laboriosi torchi di Marco Solfanelli, editore anticonformista in Chieti, esce in questi giorni un saggio di Piero Vassallo, Icone della falsa destra trattato sugli errori in circolazione nell'avventurosa e tormentata destra dell'abbaglio trasversale e bipolare ed elenco delle acrobazie ideologiche, che i politici avveduti dovrebbero evitare con somma cura. Il saggio di Vassallo si raccomanda quale strumento indispensabile alla ricognizione delle metastasi neognostiche, degli stati d'animo confusionari e degli impulsi trasformistici che stanno devastando il corpo senescente delle ideologie di matrice illuministica e minacciando (di rimbalzo) l'integrità della cultura di destra. Ora la prima parte del saggio è costituita da medaglioni dedicati agli autori che hanno depistato e inquinato il pensiero dei militanti di destra, ora avviandoli nelle paludi della contraffatta religiosità [Simone Weil, Cristina Campo, René Guénon] ora arroventando la sindrome disfattista [Cioran, Nietzsche] ora iniziandoli al pensiero multiforme [Evola] o alla mistica salottiera [Gomez Davila]. La seconda parte del saggio è dedicata ai simboli usati per inquinare la cultura della destra, ad esempio il tricolore di Reggio Emilia, strumento della metamorfosi giacobina dell'amor di Patria. L'alterazione della cultura di destra è inspiegabile poiché "nel nuovo e imprevisto scenario allestito dagli ultramoderni, l'insignificanza giornalistica ha improvvisamente abbandonato il pensiero tradizionale per rovesciarsi sulle elucubrazione radical chic". E' pertanto urgente arrestare la furente tarantella messa in scena dagli intellettuali tatuati dalla fandonia neodestra, uomini mutanti ed elucubranti in sintonia con i pensieri della banca e con le facezie lasciate in eredità dal polifrenico Armandino Plebe. In definitiva, Vassallo sostiene che occorre uscire dalla depressione scavata, nel cuore del Msi e di An, dal conformismo e dall'inconsulta smania di novità tanto normalizzanti quanto dispersive per ritrovare l'anima religiosa della destra popolare. Girate le spalle alle false icone, i protagonisti del movimento politico intitolato alla vera destra potrebbero avviarsi alla riscoperta di quei valori tradizionali, che furono interpretati fedelmente e strenuamente difesi dal migliore Novecento italiano. Valori scialacquati dalla impaziente frivolezza di una classe politica intesa a fare futuro con i cascami della defunta sinistra. Lette le bozze del saggio sulla destra della icone equivoche, un anziano militante nella corrente giovanile del Msi, Sergio Pessot, ha concluso realisticamente che l'autore prepara la raccolta di un nuovo, alto numero di suoi contestatori viscerali: "L'arte di farsi nemici, peraltro, è esercitata dal Vassallo con un'assiduità impressionante". A nostra domanda, sostiene, invece, l'autore: "Se non è sempre vero che tanti nemici tanto onore è molto probabile che da certi nemici si ottiene un onore certo. Per quanto mi riguarda, oso rammentare che, nel 1994, dissi che cosa conveniva a Gianfranco Fini: scaricare la zavorra neodestra [neopagana] gravante ottusamente sul futuro del Msi. La risposta fu il silenzio imbarazzato di Fini, a margine di un coro di ingiurie lanciate contro di me dalla curva del superomismo festante nella nella marginalità. Dopo che gli irriducibili allora urlanti nella curva neodestro hanno affondato la destra dell'obnubilato Fini nei consensi a numeri decimali, posso esibire, quale segno di un onore certo, l'inimicizia di certe comparse sulla scena dell'effimero e del fittizio. Quanto agli amici miei, posso dire in tranquillità che non mancano del tutto, se è vero quel che mi confida Marco Solfanelli (al quale non saprei come non credere) circa l'incoraggiante successo del mio saggio Itinerari della destra cattolica". Il volume sulle icone della destra allo sbando, 120 pagine, euro 10, può essere prenotato nella qualunque attrezzata libreria o ordinato direttamente all'editore Solfanelli telefonando al numero 087163210. Osvaldo Olivieri lunedì 2 agosto 2010In preparazione: ICONE DELLA FALSA DESTRA
Figura del caos politico indirizzato al
trionfo dei poteri forti, il caos mentale di Fini, Bocchino e Granata discende
dalla confusione delle lingue, che ha tormentato e assordato la cultura della
destra italiana dagli anni del dopoguerra ad oggi.
Icone delle falsa destra è la spietata rassegna dei pensieri scheletrici, delle idee incapacitanti, delle torride confusioni e dei mimetismi insensati e autolesionistici che hanno condannato la destra rautiana e finiana allo scialo della tradizione italiana e alla sequela del folle desiderio di ricevere il bacio mortifero dell'antItalia. La narrazionedella catastrofe che ha consumato la destra dei pensieri babelici, tuttavia, non è fine a se stessa: la consapevolezza degli errori commessi è la condizione necessaria al lavoro di quanti intendono ricominciare dalla tabula rasa. Qualificato interprete della tradizione italiana e autorevole storico delle culture di destra, Piero Vassallo è autore di numerosi saggi intesi a contrastare le avventure della confusione, dello spirito gregario e della superficialità nel parito di Gianfranco Fini. L'arrivo della politica di destra nel vicolo cieco del rautismo, epilogo preparato artisticamente da Fabio Granata, è lo specchio delle ragioni che hanno animato gli studi e le polemiche di Vassallo. sabato 26 giugno 2010Anticipazione: ICONE DELLA FALSA DESTRA (IL PREAMBOLO)
L’impostura
nichilista, da sinistra a destra
L’immagine dell’Illuminismo rutilante e trionfante si è smorzata, appiattendosi sulla catastrofica figura dell’essere disegnata dallo scolarca postmoderno Martin Heidegger e dai suoi continuatori francofortesi e californiani. L’indirizzo decadente della filosofia moderna, peraltro, era stato previsto dal card. Giuseppe Siri, che ha annunciato la svolta neognostica nel gennaio del 1968, ventun anni prima della caduta del muro di Berlino: «Heidegger è una radicalizzazione di Kant, infatti sta interamente nel quadro kantiano. E tutta una scuola di pensiero, all’inizio di questo secolo, ha tentato un compromesso con Kant. Su quella via diventata facile, è quasi spontaneo ci fosse più che mezzo secolo dopo un tentativo di compromesso con Heidegger. Chi ha fatto le spese di tutto ciò sono la metafisica e la teologia naturale. [...] Queste tesi, che qualificheremo neognostiche hanno come fondamento la linea di pensiero appunto condannata da Concilio Vaticano I, la linea che da Kant va a Heidegger.» (1) La caduta della filosofia illuminata nella tenebrosa superstizione neognostica rimette in gioco il pensiero tradizionale, rilancia le verità profeticamente affermate da Pio XII nella “Humani generis”, riabilita la filosofia di Cornelio Fabro e l’ecclesiologia di Romano Amerio. E fa scendere nel ridicolo i teologi progressisti, che mendicavano un tozzo di credibilità davanti alle funeree porte del mondo moderno. Svanisce in un soffio il metacristianesimo, la dirompente e ossessa dottrina del teologo estremo Edward Schillebeeckx, secondo il quale la separazione dal pensiero moderno costringeva la Chiesa cattolica ad un’obiettiva insignificanza. Si disperde nelle patetiche comunelle dei nostalgici e dei ritardati quello spirito del concilio, che incitava a diffidare della verità e dell’identità cattolica, «perché ambedue diventano momento di contrasto e di scontro con il mondo che cambia, con il mondo nuovo [...] cui i cristiani non solo devono adeguarsi ma devono addirittura adoperarsi per aiutarlo a chiarirsi, crescere, realizzarsi.» (2) Nel nuovo e imprevisto scenario, l’insignificanza si è trasferita nel pensiero radical-chic, cupo e avvilente succedaneo di quell’utopia comunista, che sollazzava il pubblico festante sotto l’arco trionfale della storia. Trascinato dal radical chic, il progressismo italiano affonda nella acque torbide della mistica decreazionista elucubrata dal tombale Andrea Emo Capodilista e commentata dal malinconico Massimo Cacciari. È finalmente possibile fermare le bocce della destra sedicente nuova e inventariare gli errori strategici, le alleanze innaturali e le letture bifide e incapacitanti, che, ultimamente, hanno indebolito e alterato l’identità degli oppositori alla rivoluzione. I testi di Walter Benjamin, Alexandre Kojève, Jean Paul Sartre, Ernst Bloch, Herbert Marcuse, Theodor Adorno, Max Horckheimer, Hans Jonas, Georges Bataille, Jacob Taubes hanno persuaso gli intellettuali e i militanti di sinistra a consegnare le illusioni rivoluzionarie al divorante fuoco delle passioni inutili. Alla tradizione cattolica la cultura della sinistra non può opporre altro che il furore abortista e antiproibizionista di Emma Bonino e del suo sponsor, il finanziere apolide George Soros. Sostenuta da un mago della finanza iniziatica, la sinistra si disseta piegandosi caninamente sulle pozzanghere borghesi, un tempo colpite dall’anatema di Lenin. È dunque evidente l’inutilità delle affrettate ed innaturali serenate al moderno, eseguite dagli esponenti datati di una destra atterrita dall’incubo del sessantottismo vincente. Occorre chiudere la pigra stagione dell’et... et, che fu segnata dall’arretratezza culturale e dai complessi d’inferiorità. E archiviare gli abbagli che suggerirono alla classe dirigente missina il sodalizio con l’alieno Armando Plebe, la relazione gregaria con il nulla neodestro e l’ammirazione davanti alla capovolta spiritualità di Elemire Zolla, ambiguo suggeritore e promotore dei pensieri eccentrici diffusi dalle case editrici del conformismo (Dell’Albero, Borla, Rusconi, Mediterranee, e ultimamente Pantheon e Vallecchi) per il consumo di giornalisti plagiati e sbandati. Le alleanze innaturali e zavorranti, sottoscritte dagli esponenti della destra fragile durante gli anni bui intorno al Sessantotto, infatti, non furono suggerite da affinità ideali seriamente accertate ma imposte dalla paura associata con lo sfrenato desiderio di sembrare aggiornati. Prolungate senza ombra di ragione, oggi tali dipendenze sono diventate strumenti della confusione mentale e, quel che è peggio, giustificazioni di un dialogo anacronistico con gli iniziati ai misteri del postcomunismo: laicisti, relativisti, nichilisti, libertini e becchini. I centri culturali costituiti dagli intellettuali di Gianfranco Fini sotto l’insegna della confusione tra la politica classica e la scienza comiziale (il vaniloquio sofistico), tra l’aristocrazia e la casta parassitaria, tra la tradizione e il cascame regressista, costituiscono il principale ostacolo sulla via dell’affermazione di una vera destra. Di più: senza la neutralizzazione di tali fomiti d’ambiguità e d’inquinamento, la falsa destra sopravviverà continuando a deludere, a tradire l’elettorato ben pensante. E a sostenere il radical chic e i poteri forti, trapiantati a sinistra per la conservazione delle riforme attuate grazie al voto carpito a proletari e borghesi inconsapevoli di assecondare una congiura intesa a pervertire la società italiana. Il conformismo e la superficialità circolanti nell’area neodestra, infatti, contribuiscono alla sopravvivenza delle “riforme liberatorie” di conio sessantottino, sfascio della famiglia, culto dell’adulterio, sostegno statale alla stampa pornografica, legalizzazione dell’aborto, liberalizzazione della droga, canonizzazione della pederastia, indulgenza e mano libera ai criminali, asilo ai terroristi d’importazione. Il sessantottismo è servito ad insaponare la corda, con la quale la setta iniziatica (quella che si raduna nei luoghi di alto malaffare) e il partito dell’usura tentano di impiccare gli italiani alla lanterna della dissoluzione nichilista. L’incantesimo è intanto svanito sul lato sinistro. La macchina eversiva ha girato le spalle al progressismo. In compenso, l’azione corruttrice e allucinatoria della scolastica settaria prosegue a destra, utilizzando la tattica che si adatta perfettamente alla società del libero inganno: la deposizione di polpette “squisite” sui palati dei vanesi e dei frivoli, che l’assiduo commercio con la stupidità — nel caso dei neodestri si può addirittura parlare di indurimento nell’idiozia — dispone ad ammirare i vettori del carbonchio spirituale. È tempo che i militanti anticonformisti si allontanino dal tritacarne neodestro, depongano le illusioni sui presunti splendori della modernità avanzata e comprendano che, dopo il Sessantotto, le sinistre hanno percorso fino in fondo l’orbita del nichilismo. Piero Vassallo 1) Cfr. “La teologia naturale”, in “Renovatio”, a. III, aprile-giugno 1968. 2) Pier Paolo Saleri ha confutato la dottrina dei dossettiani dimostrando che la scelta religiosa da loro proposta, cfr. “Studi cattolici”, n. 589, marzo 2010. lunedì 21 giugno 2010Biografia di Piero Vassallo
Piero Vassallo, nato a Genova nel 1933, in
una famiglia appartenente alla borghesia piccolissima, patriottica (il fratello
del padre, tenente Silvio, fu un eroe della I guerra mondiale) ma sprovvista di
beni di fortuna. Già docente della Facoltà teologica del Nord Italia. Presidente
dell’associazione degli scrittori liberi del Nord Ovest, autore di numerosi
saggi e articoli. Pubblicista dimissionario dall'ordine.
Da sempre sgradito ai militanti nella neodestra e/o nella sinistra estrema, è ultimamente oggetto di incandescenti attacchi da parte dei redattori di alcuni siti internet sventolanti la bandiera rossa. I redattori di tali siti, ad esempio Saverio Ferrari, citano, inventando, distorcendo e sgangherando il sentito dire intorno a un suo testo degli anni Cinquanta. Testo evidentemente da loro mai letto. A dimostrazione che l'ostinazione ideologica è nutrita dall'allergia alla carta stampata e ultimamente dalla fantasia. Laureato in filosofia al termine di un percorso scolastico accidentato e tormentato da strutturale indocilità, malattie, bellici impedimenti, professori ignoranti e assillanti problemi economici. La mortificante, uggiosa esperienza della scuola ha insinuato, fra le righe del suo pensiero schiettamente e risolutamente reazionario, lo stato d'animo del ribelle. Precocemente affascinato dal mistero della scrittura conobbe e imparò ad usare le lettere dell’alfabeto prima d'iniziare la scuola. Purtroppo sapeva leggere e scrivere solamente in stampatello (i caratteri dei fumetti di Phantom, l'uomo mascherato, su cui si era formato), onde l’immediato conflitto con la scuola, che pretendeva l’uso del corsivo. Scarsamente dotato di manualità non riusci mai a disegnare la “e” maiuscola che implacabili maestre corsiviste esigevano in luogo del rettilineo e facilmente eseguibile stampatello. Il conflitto con la pedanteria fu di lunga durata anche a causa del pesante deficit nozionistico accumulato nelle scuole di montagna, frequentate durante gli anni dello sfollamento connesso con la II guerra mondiale, 1940-1945. Nell'adolescenza e nella prima giovinezza, scampando a pronostici sanitari scoraggianti, aveva cercato gratificazioni e compensazioni nello sport, ottenendo risultati molto promettenti nella corsa veloce. Il conflitto con la cultura durò fino al 1950, quando, frequentando (senza una chiara coscienza e al seguito dell'ala perdente della sua famiglia-tribù) le agitate e avventurose sedi del Msi, subì, per colpa di Giano Accame, il fascino delle idee, che la capziosità dei pedagoghi costringeva a detestare. Ha iniziato l’attività para-giornalistica (con spericolati intermezzi attivistici) nel 1951, sollecitato da Giano Accame, instancabile talent scout e paziente educatore della giovane e ignorante destra. Senza rendersene conto condivise l’emarginazione dell’Italia sconfitta e umiliata. Insieme con Stefano Mangiante, Giovanni Frangini, Sergio Pessot, Mauro Ravenna, Enrica Dal Negro, ciclostilò e diffuse l’animoso foglio “Gerarchia”. Nella fase iniziale e rudimentale dell’attività pubblicistica si perfezionò nell'arte della provocazione conferendo un tagli speciale alla notizie dal Msi genovese inviate al settimanale “Asso di bastoni”. In seguito iniziò a pubblicare succinte note, pensierini e articoli brevi su alcune riviste controcorrente, quali “Rinnovare” (rivista studentesca fondata da Stefano Mangiante, Lamberto Fodera, Giuseppe Ferraris e Luciano Garibaldi), “Nazione sociale” (direttore Ernesto Massi), “Vespri d’Italia” (direttore Alfredo Cucco), “Ordine Nuovo” (direttore Pino Rauti, animatore Clemente Graziani), “Azione” (direttore Massimo Anderson), “Carattere” (direttore Primo Siena, condirettore Gaetano Rasi), “Picchio Verde” (direttore Orazio Santagati), “La Sberla” (direttore Michele Di Bella). Dopo gli incresciosi avvenimenti del luglio 1960 ha aderito (insieme con Giano e Franco Accame, Piero Catanoso, Fausto Gianfranceschi, Fausto Belfiori, Giampaolo Martelli, e Gaetano Falzone) ai centri tambroniani per l’Ordine Civile. Nel biennio 1961-1962 ha collaborato allo “Stato” (direttore Gianni Baget Bozzo, capo redattore Nicola Guiso), quindi alla terza pagina del “Quotidiano” (direttore Nino Badano) e alla rivista “Il Centro” (direttore Guido Gonella). Tra il 1963 e il 1964 ha firmato la sceneggiatura alcuni lungometraggi mandati in onda dal culturale della Rai (direttore Pier Emilio Gennarini) e apprezzati dalla critica. Interrotta la collaborazione con la Rai a seguito di un litigio sulle correzioni ideologiche imposte a una sua sceneggiatura, ha trovato lavoro come dirigente delle vendite in un'azienda tessile americana, la Simon Ackerman. La sua attività di lavoratore vero fece ridere alcuni esponenti della destra, festanti sui capillari del giornalismo parassitario. Non ha rinunciato all'attività culturale, tuttavia. Nel 1964, infatti, ha iniziato lo studio della figura del Beato Francesco Faà di Bruno e ne ha tracciato un profilo (tuttora inedito). Nel 1966, senza alcun merito, è entrato a far parte del ristretto numero dei redattori di “Renovatio”, la rivista di teologia e cultura fondata dal cardinale Giuseppe Siri. Nelle pagine di “Renovatio”, tra il 1966 e il 1990 ha pubblicato numerosi saggi sulla presenza di torbide suggestioni neognostiche nella filosofia postmoderna e note sulla Scienza Nuova vichiana. Ancor oggi considera un onore la citazione di suoi scritti (a dire il vero non eccelsi) nel saggio di don Julio Meinvielle Dalla Cabala al progressismo. Dal 1973 al 1983 ha partecipato attivamente ai lavori della fondazione Gioacchino Volpe e ha pubblicato articoli nelle riviste “La Torre” (direttore Giovanni Volpe), “Civiltà” (direttore Pino Rauti), “Nuova Destra”, direttore Amleto Ballarini, “Il Conciliatore” (direttore Gastone Nencioni, caporedattore Piero Capello), “L’Italiano” (direttore Pino Romualdi), “La Quercia” (direttore Pino Tosca). Grazie a Giovanni Volpe ha conosciuto e frequentato studiosi di alto profilo quali Nicola Petruzzellis, Augusto Del Noce, Marino Gentile, Francesco Grisi, Massimo Pallottino ed Ettore Paratore. Insieme con Francisco Elias de Tejada, Silvio Vitale, Giovanni Torti, Tommaso Romano, Paolo Caucci, Pino Tosca, Sergio Fabiocchi, nel 1974, ha fondato l'associazione italiana dei giusnaturalisti cattolici, intitolata intrepidamente a Filippo II. Nel 1979 ha fondato la rivista “Traditio”, alla quale hanno collaborato alcuni illustri esponenti della cultura cattolica, quali Giuseppe Pace, Ennio Innocenti, Andrea Dalledonne, Giovanni Torti, Paolo Caucci, Pucci Cipriani, Sergio Fabiocchi, Daniela De Rosa, Remo Palmirani, Sergio Fabiocchi, Pucci Cipriani, Franco Antico, Piero Catanoso. Dal 1974 collabora ininterrottamente con la fondazione Thule, fondata a Palermo da Tommaso Romano. All’inizio degli anni Novanta fonda e dirige l’agenzia “Fatti & Cultura”, foglio dell'emarginazione gridante. Ha collaborato con “Il Secolo d’Italia” dal 1989 al 1994. Ha scritto saggi per le due riviste dirette da Siro Mazza, “Certamen” e “Alfa e Omega”. Dal 1996 al 2003 è stato editorialista dei quotidiani “Roma”, “Il Tempo”, “Il Giornale d’Italia”, “La Discussione”. Ha collaborato con le riviste “Spiritualità e letteratura”, “La Tradizione”, “L’Altra voce”, “Controrivoluzione”, “Meridiano Sud”, “il Borghese Nord” e con i sito internet “Effedieffe”, “La riscossa cristiana”, “Il culturista”. Vassallo ha dato un forte impulso alla cultura della destra d’indirizzo tradizionale e d’ispirazione cristiana dimostrando la necessità di una ferma opposizione sia alle scuole fondate da pensatori neognostici, quali Heidegger, Benjamin, Guénon, Jonas, Evola, Calasso, Quinzio e Zolla, sia alle scuole avventurosamente alla ricerca di un accordo con le declinanti ideologie del mondo moderno. Ha condotto un’aspra polemica contro le agenzie culturali, ad esempio l’iniziatica Adelphi, che tentano di sciogliere le giuste obiezioni al moderno nelle acque corrosive della gnosi spuria. Grazie a un approfondita riflessione sul pensiero di Francisco Elias de Tejada ha inoltre stabilito la distanza che separa la politica tradizionale da tutte le filosofie che intendono il potere politico come un assoluto intrascendibile. Nel 2006 ha pubblicato un saggio inteso a indicare nella rinascita tomista avviata da Cornelio Fabro l’unica vera alternativa alla catastrofe del laicismo filosofico. Nel 2008 è uscito un suo saggio sulla cultura della libertà, saggio in cui ricostruisce il cammino della tradizione italiana in età moderna. Recente la pubblicazione per i tipi della veronese Fede & cultura di Memoria e progresso saggio sulle risposte cattoliche al moderno. L’ultimo suo saggio Itinerari della destra italiana, è edito da Solfanelli in Chieti. Solfanelli ha pubblicato anche Icone della falsa destra, un saggio che sviluppa le tesi esposte in Itinerari della destra cattolica, e Rosso su nero in collaborazione con Sergio Pessot. (r. b.) domenica 20 giugno 2010Bibliografia di Piero Vassallo
Opere principali di Piero Vassallo.
Opuscoli, volumi e opere collettive
Girolamo Savonarola (profilo biografico, inedito) 1963 Lo spirito del risorgimento Introduzione alla biografia del servo di Dio Francesco Faà di Bruno, Ordine Civile Francesco Faà di Bruno, agosto 1965 Mondo nuovo e apocalisse mondana, saggio sull'influsso neognostico nel pensiero politico, Edizioni Nuova Destra, Genova 1972. Su Teilhard de Chardin a proposito di un intervento di Massimo Pallottino, in Autorità e libertà, Atti del primo Incontro romano, Giovanni Volpe editore, Roma 1974. Comunicazione al secondo incontro romano della fondazione Volpe “Una società contro l’uomo”, Roma 8-9-10 aprile 1974 (nella rivista “La Torre”) Dal mondo nuovo alla libertà Solzenicyn profeta dell’età postmoderna, Thule, Palermo 1976 In hoc signo Orientamenti per una milizia cristiana nell’ordine civile, Thule, Palermo 1976 Vico filosofo della Controriforma, in Aa. Vv., Vico maestro della Tradizione, Thule, Palermo 1976 Mito storicista e decadenza morale, intervento, Atti del IV Incontro romano della cultura, Giovanni Volpe editore, Roma 1977, nella rivista mensile “La Torre”, n. 73, 1976 Nazionalismo rivoluzionario e nazionalismo cristiano, Thule, Palermo 1977 Giambattista Vico, Giovanni Volpe editore, Roma 1977 Risorgimento italiano e risorgimento liberale, Il Basilisco, Genova 1978 Modernità a tradizione nell’opera evoliana, Thule, Palermo 1978 “Il primato della saggezza”. In Aa. V. “Il non primato dell’economia”, VI Incontro Romano, Giovanni Volpe editore, Roma 1979 “La resistenza all’Illuminismo”, I quaderni di Traditio, Genova 1979 “Fidem servavi In morte di Paolo VI”, Thule, Palermo 1979 Introduzione a: San Luigi Gonzaga “Meditazione sui Santi Angeli”, Thule, Palermo 1979 “Abortismo e nichilismo”, in Aa. Vv. “Aborto, genocidio legalizzato”, Comitato tradizionalista per il Sì all’abrogazione della legge sull’aborto, Palermo 1979 “Il fondamento religioso della monarchia postmoderna”, Thule, Palermo 1980 “La sovversione modernistica del diritto naturale”, in Aa. Vv. “O estrado de direito, a cura di Pedro Galvao de Sousa, Sao Paulo do Brasil 1980. “La rinascita cristiana dell’Occidente L’umanesimo cristocentrico nell’insegnamento di Giovanni Paolo II”, Quaderni dell’Empire, Palermo 1981 “La reazione pagana al Cristianesimo, tra naturalismo e vangelo alternativo”, Thule, Palermo 1981 “La pubblicistica di destra”, in Aa. Vv. “Idee sulla destra”, Thule, Palermo 1981 “Le moi haïssable di Luigi XIV”, Il Basilisco, Genova 1982 Prefazione al saggio di Franco Antico e Franco Andreini “La massoneria”, Thule, Palermo 1982 Traduzione e introduzione a: Numenio d’Apamea,”Trattato sul Bene”, Il Basilisco, Genova 1983 Introduzione a Giovanni B. Frangini “Xilografie e linoleografie”, ed. Gens nova, Genova 1985 “Di te niente rimane”, in Aa. Vv., “Versanti”, Pellegrini editore, Palermo 1985 “Segni nella memoria e altri sentieri”, in Av. Vv., “Terra di Thule”, Palermo 1987 “Pietro Mignosi e La Tradizione”, Palermo, ISSPE, 1989 Aa. Vv. (Piero Vassallo, Tommaso Romano, Isabella Rauti, Pino Tosca, Pierfranco Bruni) “Oltre la modernità la Tradizione”, documento del gruppo tradizionalpopolare, Thule Palermo 1989 Aa. Vv., “Frammenti di un’antologia perduta”. Supplemento a “Spiritualità e letteratura”, Palermo 1990 “Teologia della corruzione”, in Aa. Vv., “Teologi in rivolta”, Logos, Roma 1990 “Cattolicesimo e liberalismo nell’attualismo”, in Aa. Vv. “Interviste su Gentile” a cura di Aldo Di Lello, Centro Idea, Roma 1991 “Il delitto d’usura”, I quaderni della Quercia, Modugno 1991 “La dottrina sociale strumento di evangelizzazione”, in Aa. Vv., Aa. Vv. Interventi sulla “Centesimus annus”, Logos, Roma 1991 “Introduzione allo studio di Vico”, Thule, Palermo 1992, presentazione di Tommaso Romano, post-fazione di Giano Accame “L’attizzatoio del gabelliere”, I libri col bullone, Vittorio Veneto 1994, con note di Raffaele Perrotta e Fabio Girardello “Ritratto di una cultura di morte I pensatori neognostici”, D’Auria, Napoli 1994 “La gnosi del sottosuolo”, Certamen, Alessandria 1995 “L’ideologia del regresso”, D’Auria, Napoli 1996, introduzione di Sandro Fontana “Balbino Giuliano e Francesco Orestano, due difensori della Tradizione italiana ”, in Aa. Vv., “A voi il tempo, a noi l’eternità”, atti del convegno tradizionalista di Civitella del Tronto, 1997 Aa, Vv., Gianni Baget Bozzo, Cesare Cavalleri, Publio Fiori, Cecilia Gatto Trocchi, Siro Mazza, Pier Paolo Ottonello, Maria Adelaide Raschini, Piero Vassallo, “Fine delle ideologie? Ritorno alla filosofia perenne o metamorfosi dell’errore”. Atti del convegno del SLSI, Rapallo 6 giugno 1997, Alessandria editrice, Alessandria 1998 “Giacomo Noventa: la demistificazione del gramscismo”, in Aa. Vv., “Noventa eretico del Novecento”, Quaderni della Fondazione Micheletti, Brescia 1999 “Piccolo dizionario postmoderno”, pubblicato a cura di Siro Mazza nel sito internet di Antonio Maconi, Alessandria 1999 “Pensieri proibiti”, Costantino Marco editore, Lungro di Cosenza 2000 “Perspective pour la restauration de la métaphisyque”, in Aa. Vv., “Pour une vraie restauration de l’Eglise”, Publication du Courier de Rome, Roma 2002 “Le culture della destra italiana”, Effedieffe, Milano 2002, prefazione di Siro Mazza “Pino Tosca, la destra senza codino”, in Aa. Vv., “Pino Tosca, autobiografia di una generazione”, Modugno 2002 Sergio Pessot e Piero Vassallo, “A destra della città proibita”, Terziaria – Asefi, Milano 2003, prefazione di Enzo Erra, postfazione di Giano Accame “Le polemiche sulla gnosi”, in Aa. Vv., “Don Ennio Innocenti, la figura, l’opera, la milizia”, Bibliotheca edizioni, Roma 2004. “Dopo la modernità la filosofia perenne”, in Atti dell’Osservatorio della Consulta etico -religiosa di An. Supplemento al “Secolo d’Italia” , Roma 2005 “Gentile l’Italiano”, Bibliotheca edizioni, Roma 2005 “La restaurazione del pensiero forte Appunti per la revisione della storiografia filosofica ”, i libri del Peralto, Genova 2006 “Luigi Calabresi L’adempimento cristiano della vita eroica”, in “Luigi Calabresi, un profilo per la storia”, a cura di Giordano Brunettin. Presenza divina, Roma 2007 “Provocazioni”, la banda di Genova editrice, Genova 2007, con note di Raffaele Francesca Aa. Vv., (Alessandro Pertosa, Giuseppe Franzo, Piero Vassallo), “Crociata per il Graal”, Novantico, Pinerolo 2008 Prefazione a: Fiorella Morello Guarnero e Cesare Simonetti, “Genova profonda”, Erga edizioni, Genova 2008 “La cultura della libertà”, La banda di Genova, postfazione di Pucci Cipriani, note di Giovanni Chersola, Genova 2008 “L’eclissi della modernità”, ISSPE, Palermo 2008, presentazione di Umberto Balisteri, postfazione di Tommaso Romano Prefazione a: Pierfranco Malfettani, Francesco Tuo, Carlo Viale, “I caduti della RSI Genova 1943-1945”, Tradizione, Genova 2008 “Memoria e progresso Le risposte cattoliche al moderno”, prefazione di Giovanni Zenone, Fede & Cultura, Verona aprile 2009 Prefazione e postfazione a: Luigi Gagliardi “La cultura controriformistica del fascismo”, suppl. alla Tradizione, Roma maggio 2009 Presentazione del saggio di don Ennio Innocenti sulla gnosi spuria. In appendice “La gnosi spuria L’Ottocento”, Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma giugno 2009 Prefazione a “Il seme sepolto La follia della verità” di Emilio Biagini, Fede & Cultura, Verona 2009 “Itinerari della destra cattolica”, Solfanelli, Chieti, 2010 “Continuità della gnosi spuria nella destra italiana del Novecento”, in Aa. Vv., “La gnosi tra luci e ombre”, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 2010 Aa. Vv., Note sciacchiane, Atti del convegno della Fondazione Sciacca, Bocca di Magra 2009, editore Olsckhi, Firenze 2010 "Icone della falsa destra", Solfanelli, Chieti 2010 martedì 25 maggio 2010LA SCELTA RELATIVISTA DI FINI di Gaetano Rebecchini (Il Tempo, 22/04/2010)
Tanti sono i temi trattati da Piero Vassallo
nel suo libro - né poteva essere diversamente trattandosi degli
"Itinerari della destra cattolica".
Interessanti, tra le altre, le pagine su "l'esoterismo gnostico di destra" le cui origini risalgono al II secolo ed all'eretico Marcione. Queste argomentazioni, che aprono la seconda parte del libro, mi invitano a soffermarmi sulla figura e sul ruolo di Gianfranco Fini, di cui si parla in più punti, ed al quale sento il dovere di far presente i pericoli di quella "deriva relativista" che purtroppo già da tempo lo investe e che ha provocato il suo cambiamento di riferimento culturale, che addolora molti i noi. Ebbene, per rendersi conto di quel cambiamento basta mettere a confronto ciò che Fini affermava nel 1994 - l'anno del Congresso di Fiuggi in cui fu eletto presidente di An - con quello che oggi dice e che con lui dicono significativi esponenti della Fondazione Fare Futuro da lui fondata e presieduta. Non posso ad esempio dimenticare quando, alla vigilia di Fiuggi, gli sottoposi quel breve scritto che doveva, in modo sintetico, spiegare agli iscritti ed ai futuri elettori chi fossero ed a quali valori intendevano richiamarsi i fondatori del nuovo Partito. Fini non solo accolse quello scritto ma volle anche che fosse riportato negli Atti di fondazione del Partito, scritto che così testualmente diceva: "ci sentiamo eredi e siamo cultori della civiltà romana e di quella cristiana che ha il suo fondamento nel messaggio portato da Pietro a Roma e diffuso in Occidente e nel mondo intero". Ed ugualmente non posso dimenticare le sue parole, e la mia soddisfazione, quando accolse la proposta di istituire la "Consulta etico-religiosa" di Alleanza Nazionale, della quale volle affidarmi la presidenza, e così anche quando fece modificare l'articolo de "il Regolamento di Partito" inserendo la condizione che in tutti i Comitati provinciali (fondamentali organi territoriali del Partito) vi fosse un rappresentante della Consulta etico-religiosa. Tutto questo - e mi dispiace dirlo - è stato poi gradualmente abbandonato e dimenticato già prima della fusione di An con Forza Italia e della nascita quindi del Pdl. Ma veniamo ad oggi e prendiamo il numero dello scorso febbraio di Charta Minuta - il periodico della Fondazione Fare Futuro - un numero dal significativo titolo "La nostra nuova politica", dove i numerosi articoli possono ben illuminarci su quella "nuova politica" definita da alcuni il "Finismo", e da altri, con un pizzico di malizia, il "Fini pensiero". La pubblicazione apre con l'editoriale di Fini che per la verità non dice molto. Accenna al "patriottismo repubblicano" che sottolinea essere una riscoperta - il che gli dà anche modo di ricordare Machiavelli - e poi tocca altri temi, le cosiddette "nuove parole" che, come lui stesso dice, "possono essere mattoni", utili per l'opera di rinnovamento della cultura politica italiana, o meglio della "nuova casa comune degli italiani". Vediamoli allora questi mattoni. Tra i vari articoli di quel numero di "Charta Minuta" soffermiamoci su quello di Filippo Rossi, direttore di "Fare Futuro Web Magazine". Rossi ci spiega che la "destra nuova" è in effetti - come lui stesso afferma - una "destra libertaria". Ed a coloro che vedono questa destra libertaria come "un tradimento dell'identità ed un abbandono della casa del Padre" Rossi risponde deciso: "sì, è proprio così". E subito tutto diviene più chiaro. "Bisogna navigare in mare aperto" - afferma - "senza vincoli di sorta. Oltre i muri. Oltre i dogmi". Oltre quindi quelle barriere poste dalla nostra vecchia cultura, di cui ovviamente occorre dimenticarne anche le millenarie radici. Altro che sentirsi eredi ed essere cultori di quelle civiltà, come con tanto entusiamo ed emozione si era voluto affermare negli atti fondativi di Alleanza Nazionale. Bisogna abbracciare la "google-Kultur" dice con enfasi Rossi, senza peraltro rendersi conto che l'informatica non è che uno strumento, indubbiamente affascinante, ma sempre uno strumento, che può anche illudere e deludere. E continuando poi la sua esposizione ci avverte che "bisogna giocare a tutto campo, avere il coraggio del gioco", e per meglio spiegarci il suo gioco afferma: "Che Guevara è anche uno di noi, come icona, come simbolo" e subito dopo aggiunge "ma Che Guevara al tempo stesso non è uno di noi perché dei simboli, della cultura, la cosa più bella è questo: ognuno prende quel che vuole. Non ci sono regole predefinite". Credo che questi concetti che il direttore di "Fare Futuro Web Magazine" ci espone con tanta franchezza siano più che sufficienti a comprendere cosa vuole essere questa "destra nuova", e quindi quale sia il pensiero del "gruppo ideologico che sta attorno a Fini" come lo stesso Rossi puntualizza. Siamo di fronte ad una proposta ideologica di chiara impronta "soggettivista" e "relativista" che non può che sfociare nel più totale e triste "nichilismo", e quindi di fronte ad un gruppo politico che, dopo aver reciso le proprie radici culturali e dimenticata la propria identità, si avventura in "mare aperto" verso il "nulla", senza riferimento ad alcun "valore", e men che meno ai "valori non negoziabili". Mi sono più volte domandato da dove poteva aver avuto origine il cambiamento culturale di Fini, e Piero Vassallo nel paragrafo del suo libro che tratta dell' "ateismo di destra" ne dà una spiegazione chiamando in causa l'influenza esercitata sulle giovani generazioni degli anni '70/'80 dal movimento francese "Nouvelle Droite" di De Benoist, importato in Italia da Armando Plebe. Quanto a Fini che con la sua "virata", o per meglio dire la sua "strambata culturale", si avventura in mare aperto vorrei ancora una volta ricordare i nostri primi incontri e gli esaltanti anni della nascita di quel nuovo soggetto politico che volemmo chiamare "Alleanza Nazionale". E sempre a lui, che sembra orientato a voler dar vita ad un nuovo movimento politico - come la stessa nascita del gruppo "Generazione Italia" potrebbe far pensare - rivolgo con amicizia l'invito a leggere l'ultimo opuscolo del "Centro di Orientamento Politico" che riporta gli Atti del Convegno su "Etica, diritto e politica" per poi riflettere, non solo sul significato di quei tre termini ma anche, e soprattutto, sull'importanza della loro successione. Il rovesciamento infatti di quella sequenza e quindi il dare inizio ad un'azione politica senza aver prima chiaramente posto a fondamento stabili principi di carattere etico - adeguatamente trasformati in norme giuridiche - conduce inevitabilmente al sopravvento del "potere" su tutto. "Ed è proprio questo" - come dice il professor Francesco D'Agostino in quel convegno - "il tarlo che consuma l'esperienza politica della modernità". Gaetano Rebecchini Il Tempo, 22/04/2010, p. 22
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sabato 24 aprile 2010Franco Accame, la sapiente radice dell'anticonformismo
Nell'età della trasgressione al potere,
l'anticonformismo si rovescia nella figura, tanto silenziosa quanto ribelle,
della vita saggia ed equilibrata. Anticonformista nella società dei ribelli a
buon mercato è l'impavido equilibrio, che lancia il guanto di sfida al
disordine, mentre la tranquillità si avventura nel rischio dei pensieri calmi e
sapienti.
La biografia di Franco Accame (1927-2010), infatti, ha rappresentato in modo esemplare quel pericoloso rifiuto della saccenteria imperante nel salotto buono, che una bolsa, consunta retorica definisce chiusura al “nuovo” e insofferenza “piccolo borghese”. Nella realtà “piccolo borghese” è il tardivo fremito del Sessantotto, alito stanco di una passione capace solamente d'increspare le acque stagnanti nelle periferia – nelle anse - delle cultura un tempo detta rivoluzionaria. Acque senza vita, sopra le quali galleggia il malumore ultimo delle mafalde, urlante residuo di una contestazione inacidita dall'esercizio del potere circense negli ambulacri della famiglia sgangherata dal laicismo. Franco Accame, fu invece specchio di quel paradosso di Charles Peguy, che assegna il titolo di eroe moderno al padre di famiglia, vivente figura della pericolosa, odiata tranquillità nell'ordine. Felicemente condiviso e splendidamente vissuto dalla moglie Dori, l'ordine della famiglia Accame ha emanato per quattro felici decenni il gradevole profumo dell'antica tradizione italiana. D'altra parte l'esistenza di Franco Accame si può riassumere nell'ossimoro che declina l'avventurosa tranquillità di un resistente alle sirene del caos. Il suo curriculum di studente in peregrinazione da ingegneria a filosofia, la sua tranquilla, aristocratica rinuncia alla laurea, le sue appassionate ricerche intorno al pensiero magico del Cinquecento e del Seicento, i suoi approfonditi studi sulle scuole indiane e cinesi di metafisica, testimoniano una vita interiore febbrile e inesauribile. Uomo tranquillamente inquieto, non è mai mancato agli appuntamenti con le occasioni del rischio, occasioni presenti ora nella sede di un partito protetto da fragili cavalli di Frisia, ora nei quadri dirigenti del movimento cattolico fondato da Gianni Baget Bozzo per resistere al sinistrismo promosso dai poteri forti, ora nei raduni della cultura esclusa e sconsigliata, ultimamente nei circoli del centrodestra. L'alternanza di tranquillità e rischio caratterizza anche la più recente produzione letteraria di Franco Accame, in parte dedicata alla gastronomia metafisica e alle storie delle tipiche trattorie di Liguria, in parte all'affermazione poetica dei princìpi della migliore destra. Dalle future generazioni, Franco Accame sarà ricordato specialmente come magnifico autore di poesie poeticamente scorrette, quali furono ad esempio le composizioni nostalgiche raccolte nel commovente volume intitolato “Elegia”, opera straordinaria, arricchita dalle puntuali note dello storico Luciano Garibaldi, e pubblicata dal temerario editore Fabio De Fina in Milano. Volume dove è ricordata, senza amarezza e senza ritegni politicamente corretti, la speranza destata e subito delusa dal progetto golpista del principe Junio Valerio Borghese. Per aver nutrito la fiducia senza fondamento nel progetto insurrezionale concepito dal vecchio, eroico comandante del sommergibile “Barbarigo”, nel 1974, Franco fu costretto a fuggire a Lugano, e a nascondersi nella casa di amici fidati, finché la tempesta giudiziaria non rivelò la schietta natura di bufala. Franco rievocava quell'avventura mescolando i due ingredienti della sua magica scrittura: il timbro umoristico e il struggente rimpianto dell'intravista avventura. Chi è stato amico di Franco ricorda anche e specialmente la sua nobile e mai uggiosa malinconia, la sua sofferta estraneità alla deriva crepuscolare di una patria incalzata dalla decomposizione di massa, alla religione del niente assoluto, concepita e promossa nei salotti dal radical chic. La vita terrena di Franco si è conclusa il 18 aprile del 2010, dopo una sofferta e prolungata agonia. Le sue ultime parole, rivolte al sacerdote che lo ungeva con il sacro olio degli infermi declinarono la serenità del cristiano davanti alla morte. Gli sarà lieve la terra, come fu lieve e cortese il suo cammino sulle strade dell'esilio e della struggente nostalgia. Piero Vassallo mercoledì 21 aprile 2010Presentazione a Genova (Sabato 15 Maggio, ore 16,30)
Sindacato libero scrittori italiani
in occasione dell'uscita del saggio di Piero Vassallo Itinerari della destra cattolicaedizioni Solfanelli - Chieti sabato 15 maggio alle ore 16,30 nella sala Barabino del Teatro della Gioventù via Macaggi 82/a rosso - Genova si svolgerà un dibattito sul tema Le radici culturali della destra relatore Emilio Artiglieri interventi di Mario Bozzi Sentieri, Luciano Garibaldi, Alberto Rosselli, Angelo Ruggiero, Piero Vassallo moderatore Massimiliano Lussana venerdì 16 aprile 2010Non prenderà mai voti nel centrosinistra (la Discussione, 16/04/2010)
PIETRO GIUBILO, EX SINDACO DI ROMA, BOCCIA IL
LAICISMO FINIANO
Non prenderà mai voti nel centrosinistra In un libro di Piero Vassallo le ragioni storiche del percorso del presidente della Camera di ADOLFO SPEZZAFERRO Nella galassia della destra esistono più anime, compresa quella cattolica tradizionalista. Ieri, alla presentazione del libro del professor Piero Vassallo, Itinerari della destra cattolica (Solfanelli editore, 2010), abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questa componente ancora importante all’interno del centrodestra. Tutti accomunati da un giudizio negativo nei confronti del presidente della Camera Gianfranco Fini, con toni più o meno duri. Per Vassallo, per esempio, «Fini non è un uomo di destra, perché la destra nasce cattolica, nella rivoluzione francese. Una destra anticattolica è quindi una contraddizione in termini». Per Augusto Sinagra, docente alla Sapienza di Roma, «Fini non ha un progetto politico, ma esclusivamente mire personali, destinate a fallire». Per Pietro Giubilo, ex democristiano ed ex sindaco di Roma, «la destra cattolica, con il cambiamento politico avvenuto dal 1995 in poi, ha ritrovato un ambito nel quale presentare le proprie tesi. Questo ambito è il centrodestra, dove oltre al Pdl va messa in qualche modo anche la Lega - che sta maturando in questa direzione - e l’Udc. Rispetto a questo spazio, le posizioni che vengono soprattutto all’interno del Pdl dall’elaborazione culturale e politica della fondazione di Fini Farefuturo, sono legittimamente in controtendenza. La linea è quella di un laicismo di destra ». Una Lega Nord come portatrice dei princìpi della destra cattolica, quanto se non più del Pdl, dove comunque è Berlusconi e non Fini a incarnare questa tradizione, è l’altro denominatore comune emerso dalle chiacchierate che abbiamo fatto con i presenti al convegno. Tornando al Fini pensiero - che non esisterebbe, secondo la destra cattolica - Giubilo sottolinea però che «lo stesso Piero Vassallo - nel suo libro - ha dimostrato che una linea laicista, che non tiene conto della posizione cattolica, della tradizione culturale cattolica e quindi della visione del Vaticano II come in continuità con la tradizione, è in qualche modo presente nella cultura della destra, dall’evolismo ad altri filoni che rifiutano la religiosità nella politica e quindi si professano atei. In questo senso, tali posizioni possono definirsi anticattoliche. Nel caso dell’operazione Fini, il quale si propone anche a un elettorato laico di destra, la posizione laicista riguarda però soprattutto la cultura e la politica di sinistra. Il territorio comune può essere l’interpretazione del Risorgimento, sul quale Alessandro Campi sta tentando di portare il discorso». Certo però che l’operazione di Fini, ammesso che sia quella di strizzare l’occhio al centrosinistra è un po’ difficile da compiere. «La posizione laicista e anticattolica - ricorda Giubilo - è appannaggio quasi esclusivo della cultura di sinistra. Quindi difficilmente si può trovare un elettorato, da quella parte. L’idea di voler fare il Sarkozy dell’Italia non tiene conto delle specificità del nostro Paese, dove c’è una presenza cattolica più importante rispetto alla Francia. C’è un atteggiamento della Chiesa rispetto all’Italia che è diverso. In questo senso mi pare un po’ difficile per Fini pensare di avere un grande spazio elettorale puntando soprattutto su questi temi». A proposito di riforme istituzionali poi, terreno di scontro tra finiani e il resto del Pdl, sempre Giubilo fa presente che non serve importare modelli stranieri, che hanno un senso perché espressione di tradizioni e culture politiche dei Paesi d’origine, perché «abbiamo un modello elettorale, già sperimentato e che ha dato buoni frutti, tutto italiano, che è quello dell’elezione del presidente della Regione. Un sistema tra l’altro proposto da Tatarella, che era una persona molto intelligente. In sostanza c’è un unico turno, ci sono le preferenze, per non fare un Parlamento di designati, uno spazio di indicazione dei partiti, che è il cosiddetto listino del candidato presidente, sul quale possono confluire personalità di prestigio, specie in una competizione nazionale. Questo sistema inoltre omogeneizzerebbe i sistemi politici, che in Italia sono diversi a ogni competizione elettorale. C’è una soglia di ingresso che consentirebbe di evitare la frammentazione dei partiti e consente di tornare a scegliere i parlamentari, almeno in parte». ADOLFO SPEZZAFERRO la Discussione Venerdì 16 aprile 2010, p. 5 martedì 13 aprile 2010RECENSIONE: ITINERARI DELLA DESTRA CATTOLICA (a cura di Lino Di Stefano)
DOVE VA
LA CHIESA?
Ancora una volta, Piero Vassallo ha colto nel segno con la presente ultima fatica – ‘Itinerari della destra cattolica’(Solfanelli, Chieti, 2010) – nel senso che egli, da insigne studioso cristiano, è riuscito a mettere in evidenza le contraddizioni di un certo cattolicesimo, ivi compreso quello uscito fuori dal Concilio Vaticano II; Concilio che nonostante fosse stato portato a termine dal papa Paolo VI, “tormentò – ammonisce l’Autore genovese – gli ultimi anni del pontificato montiniano. In altre parole, malgrado i meriti, in seno al Concilio si erano mosse forze che avevano tentato, sulla scorta del gesuita Karl Rahner, di convertire la teologia in antropologia. E, al riguardo, non a caso, il nostro Cornelio Fabro aveva fatto sentire la sua autorevole voce parlando, testualmente, “della confusione che regna ai nostri giorni nella sfera dei problemi che toccano la religione e la morale, non solo nel campo dei nemici del Cristianesimo ma anche da parte di troppi cristiani”. Da qui, la perentoria asserzione di Piero Vassallo secondo cui “la vita della rinascenza cattolica ‘dopo il moderno’ passa per l’obbedienza, lo sviluppo rigoroso e la convinta adesione alle tesi di Benedetto XVI sull’ermeneutica della continuità”. Proseguendo su questa strada, lo studioso genovese, da una parte, osserva che “è difficile dimenticare il grottesco e devastante delirio teologico dei predicatori” – sostenitori di tesi eterodosse volte a giustificare la sodomia e il suicidio – e, dall’altra, ribadisce che è improponibile fare della gnosi la dominatrice del mondo. Premesso che il “XIX secolo è un palcoscenico sul quale si esibiscono la confusione inavvertita e il frenetico opportunismo degli intellettuali cattolici in conflitto con la tradizione e il magistero”, l’Autore attacca studiosi quali Benjamin, Bloch, Horkheimer ed altri perché rei di professare l’ateismo, nelle varie forme, e lo gnosticismo, dottrina, com’è noto, volta a rivendicare la conoscenza assoluta della divinità e tesa a consentire la risoluzione delle questioni inerenti al mondo, all’uomo e a Dio. Una concezione, cioè, in grado, secondo i suoi adepti, di fornire una conoscenza genuinamente intuitiva mercé un’illuminazione repentina, decisiva e dispensatrice di salvezza. Quest’ultima, concessa soltanto agli iniziati; da qui, la squalificazione della fede derivante da motivi ermetici, misterici, giudaici, orientaleggianti ed ellenizzanti. Ora, i rilievi vassalliani si appuntano non solo sulle concezioni del mondo suddette, ma pure su sistemi di pensiero più a noi vicini come l’evolismo, il post-moderno nonché quelli che il nostro studioso definisce “fonti reazionarie della teoria della superiorità antropologica vantata dai progressisti”. Fonti smascherate dal filosofo cattolico Michele Federico Sciacca – esponente con Armando Carlini ed Augusto Guzzo dello spiritualismo cristiano del Novecento – il quale, a detta sempre di Vassallo, “formulò anche un’esatta previsione del futuro reazionario e oscurantista cui tendeva il progressismo”. Con la fine delle ideologie, prosegue l’Autore, e l’affermazione del relativismo in ogni campo del sapere e del vivere civile, la destra non ha bisogno di rifondazione, ma solamente di una rilettura attenta delle opere degli scrittori anti-moderni i quali, egli aggiunge, “hanno dato lustro alla cultura italiana e senza istituire un confronto tra il loro pensiero e la dottrina sociale della Chiesa”. Autori che rispondono ai nomi di Giano Accame, Augusto Del Noce, Gianni Baget Bozzo, recentemente scomparso, Primo Siena, Francesco Mercadante e numerosi altri come Nino Tripodi, Francesco Grisi, Fausto Gianfranceschi, Pino Tosca etc. Posto l’accento sull’alienazione antifascista della sinistra democristiana, rivalutata, altresì, la figura di Pio XII e riconfermata, infine, la natura spuria della gnosi, chiamata con bella immagine, “metastasi del paganesimo”, Vassallo condanna anche l’ateismo gnostico della destra. Quest’ultimo, incarnato dai vari Guénon, Evola e De Benoist, ha cercato non solo di occultare le proprie torbide tendenze moderne, ma si è, inoltre, presentato nelle vesti di banditrice di una religione superiore al Cristianesimo. Il libro in questione, ricchissimo di spunti e di suggestioni, si chiude, per un verso, con la difesa degli autentici esponenti della destra, segnatamente il giurista Giorgio Del Vecchio, e, per l’altro, con il biasimo nei confronti della cosiddetta ‘neo-destra’ rappresentata, per fare un altro esempio, da Marco Tarchi il cui sistema, conclude l’Autore ,non è altro che “un involucro adatto a contenere il bizzarro programma di una destra nominalista, libertaria e progressista”. Un bel saggio, questo di Vassallo, un libro, in definitiva, che merita di essere letto e meditato anche per effetto della solita vivacità letteraria e la consueta ed efficace ‘vis’ polemica. Lino Di Stefano
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