Situazioni Affettive Irregolari E la Chiesa
Cattolica
Chi è in una situazione affettiva irregolare?
- E’:
- il convivente, o
- lo sposato solo civilmente, o
- il divorziato:
- convivente, o
- risposato civilmente.
- In questa scheda, tali persone saranno indicate più brevemente come coloro
che vivono in situazioni irregolari.
- Va precisato che qui non si vuol prendere in considerazione la valutazione
morale soggettiva del comportamento della singola persona (de internis
Ecclesia non iudicat), ma solo la situazione morale oggettiva di
peccato grave, di chi vive in una delle situazioni sopra descritte.
- Chi vive da separato, mantenendosi fedele al proprio matrimonio
religioso, non rientra nella situazione affettiva irregolare.
Perchè la separazione non va considerata come situazione
irregolare?
Perché, nella separazione, viene mantenuta la fedeltà e
l’indissolubilità del matrimonio-Sacramento.
- Possono esserci “situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa
praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la Chiesa
ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I
coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di
contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione
migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è
chiamata ad aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione,
nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile”
(CCC, 1649).
- Anche in caso di separazione dei coniugi, questi devono sempre
provvedere opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli.
- La Chiesa accetta, in alcuni casi, la separazione, come mezzo
per superare le difficoltà della coppia, e quindi come modus vivendi
provvisorio, in vista di una ricomposizione dell’unione coniugale familiare.
Quanti vivono in situazione irregolare possono ricevere
l’assoluzione nel Sacramento della Confessione o fare la Santa Comunione?
No.
- Essi non possono accedere alla S. Comunione, in quanto lo impedisce la loro
stessa oggettiva situazione irregolare, essendo gravemente contraria
all’insegnamento di Cristo. Non si tratta di nessuna discriminazione, e neppure
di indebita imposizione dell’autorità ecclesiastica. Si tratta unicamente di:
- di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo, che ci ha ridato e nuovamente
affidato l’indissolubilità deal matrimonio come dono del Creatore;
- di rispetto verso l’Eucaristia, la quale richiede coerenza nelle scelte di
vita in coloro che la ricevono;
- del limite oggettivo e reale dell’appartenenza di tali persone alla comunità
ecclesiale. La Chiesa prende atto di una situazione irregolare
oggettiva,che non permette di accostarsi all’Eucaristia, e lascia a Dio il
giudizio sulla eventuale colpevolezza delle persone.
“Perciò essi non possono
accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale
situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità
ecclesiali” (CCC, 1650), ad esempio l’essere padrini-madrine nella
celebrazione dei sacramenti del Battesimo e della Cresima.
- C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale; se si ammettessero queste
persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione
circa la dottrina della Chiesa sulla sacramentalità e l’indissolubilità del
matrimonio.
In nessun caso è consentita la Santa Comunione?
- L’accesso alla S. Comunione Eucaristica è aperto unicamente dall’assoluzione
sacramentale, che può essere data solo a quelli che, pentiti di aver violato
l’insegnamento di Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non
più in contraddizione con le caratteristiche essenziali del Sacramento del
matrimonio.
- Qualora l’uomo e la donna non possono separarsi per seri motivi - quali, ad
esempio, l’educazione dei figli -, possono assumere l’impegno di vivere in piena
continenza, come fratello e sorella, astenendosi dagli atti sessuali coniugali:
in tal caso essi possono accedere alla S. Comunione Eucaristica, fermo restando
tuttavia l’obbligo di evitare lo scandalo (ad esempio ricevendo la S. Comunione
in una chiesa, ove non sono conosciuti).
Non potendo accedere alla Santa Comunione, sono forse anche
esclusi dall’amore di Cristo e dall’amore della Chiesa?
No certamente!
- Quanti vivono in una situazione irregolare continuano ad essere amati
da Cristo, sono sempre membri della Chiesa, possono e devono partecipare alla
sua vita, pur non potendo accedere alla Comunione Eucaristica e al Sacramento
della Penitenza.
- Un’Eucaristia senza la Comunione sacramentale immediata non è certamente
completa, manca di una cosa essenziale. Tuttavia è anche vero che partecipare
all’Eucaristia senza Comunione Eucaristica non è uguale a niente, è sempre
essere coinvolti nel mistero.
- In quanto essi percepiscono come un dolore e una sofferenza l’aver infranto
la richiesta di Cristo circa la sacramentalità dell’amore fra un uomo e una
donna e/o l’indissolubilità di tale vincolo, e quindi il non poter avere la
comunione piena nei sacramenti della Chiesa:
- essi possono sentirsi abbracciati dal Signore crocifisso, essere più vicini
al Signore che ha sofferto per noi e soffre con noi. Il loro carico non è dolce
e leggero in quanto piccolo o insignificante, ma diventa leggero perché il
Signore e insieme con lui tutta la Chiesa lo condivide;
- possono confidare nella misericordia di Dio;
- offrono una testimonianza positiva anche agli altri fedeli: con tale loro
sofferenza, ci aiutano a comprendere che la sofferenza può essere una realtà
molto positiva, che ci sollecita a maturare, a divenire più noi stessi, più
vicini al Signore (cfr. scheda sulla sofferenza). Non va infatti dimenticato che
ogni matrimonio che va a pezzi porta tensione, stress, dolore, smarrimento
interiore, problemi emotivi e pratici, lacerazioni…
- Essi possono partecipare in vario modo alla vita della comunità ecclesiale.
Quanti vivono in situazione irregolare, come possono
partecipare ancora alla vita della Chiesa?
- Essi, non solo possono, ma hanno il diritto-dovere, in quanto battezzati, di
partecipare a diversi momenti della vita della Chiesa, quali:
- il perseverare nella preghiera, personale, coniugale, familiare;
- l’ascoltare la Parola di Dio;
- il frequentare il Sacrificio della Messa, facendo anche la cosiddetta
Comunione spirituale;
- il coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di
giorno in giorno, la grazia di Dio;
- l’impegnarsi nelle opere di carità e nelle iniziative della comunità in
favore della giustizia;
- l’educare i figli nella fede cristiana… .
- In tal modo essi comprendono e manifestano che la loro partecipazione alla
vita della Chiesa non può essere esclusivamente ridotta alla questione della
ricezione dell’Eucaristia.
Che cosa s’intende per nullità del matrimonio-Sacramento?
- Anzitutto, nel linguaggio comune si parla erroneamente di annullamento del
vincolo matrimoniale sacramentale. Il termine esatto è nullità: la Chiesa può
soltanto dichiarare quel Sacramento nullo, ovvero mai nato, in quanto viziato,
all’origine, da elementi così importanti da considerarsi fondamentali per la
validità del matrimonio stesso. Se mancano tali elementi, il matrimonio è nullo
ab origine e con effetti retroattivi. Pertanto un matrimonio valido,
celebrato in chiesa, dura per sempre: o c’è o non c’è.
- Nelle cause che si concludono con la dichiarazione di nullità, non viene
diviso ciò che Dio ha unito. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù
Cristo («Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio
contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette
adulterio»: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova
unione, se era valido il primo matrimonio. Per la Chiesa, il matrimonio, quando
è celebrato validamente, è indissolubile (cfr. scheda: matrimonio e famiglia
nella Fede Cristiana).
- La dichiarazione di nullità sancisce che il matrimonio non è mai esistito, e
pertanto è ben diversa dal divorzio, il quale dichiara semplicemente che il
matrimonio, a livello civile, è finito. Nella dichiarazione di nullità, invece
non si tratta di annullare un vincolo, ma solo stabilire se tale vincolo
esisteva, come valido, dall’inizio.
- Il processo canonico di nullità matrimoniale costituisce “uno strumento per
accertare la verità sul vincolo coniugale (…) Il suo scopo costitutivo non è
quindi di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne
la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità” (Benedetto XVI, Discorso ai membri della Rota Romana,
28 gennaio del 2006).
Quali possono essere le cause di tale nullità?
- Gli elementi essenziali per la validità di un matrimonio tra un uomo e una
donna sono l’unità, la fedeltà, l’indissolubilità, l’apertura alla fecondità, il
bene dei coniugi. Se una delle due parti esclude con un atto positivo della
volontà, in occasione della celebrazione del matrimonio (e non dopo), anche uno
solo dei suddetti elementi essenziali, il consenso è da considerarsi viziato,
quindi il matrimonio non ha mai avuto origine.
- Le cause di nullità di un matrimonio, celebrato in chiesa, possono essere
dunque varie (cfr. CIC, cann. 1093-1102) e in alcuni casi complementari,
e devono essere presenti al momento della celebrazione del matrimonio. Le
principali sono:
- la mancanza di adeguato uso della ragione;
- la grave mancanza di valutazione critica circa i diritti e doveri
matrimoniali;
- l’impossibilità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per
motivi psichici;
- l’ignoranza dell’essenza del matrimonio;
- l’errore sulla persona o su una qualità essenziale del coniuge;
- l’aver nascosto con l’inganno (dolo) all’altra parte, allo scopo di
estorcere il suo consenso, un vizio o una malattia grave (ad es. Aids, omosessualità, sterilità, tumore…), che per sua natura
può turbare in modo grave la comunione della vita coniugale;
- l’esclusione della natura sacramentale del matrimonio oppure di una delle
sue proprietà essenziali (la fedeltà, l’indissolubilità del vincolo) o di una
delle sue finalità (il bene dei coniugi, la generazione ed educazione dei
figli);
- l’esistenza di una condizione futura;
- la violenza o il timore grave provocato dall’esterno (per liberarsi dal
quale uno sia costretto a sposarsi).
- A queste cause di nullità, si aggiungono gli impedimenti dirimenti
(CIC, cann. 1068-1076), come:
- l’impotenza;
- la mancanza dell’età adatta, ovvero sedici anni per l’uomo e quattordici per
la donna;
- la consanguineità;
- gli Ordini sacri maggiori o i voti religiosi perpetui;
- la disparità di culto.
Per alcuni di questi impedimenti
si puo’ ottenere una dispensa.
Qual è l’iter da seguire per le cause di nullità?
- Anzitutto è quanto mai opportuno verificare con un sacerdote la fondatezza
dell’ipotesi di nullità, per il proprio matrimonio.
- Accertata tale ipotesi, occorre rivolgersi al Tribunale ecclesiastico
diocesano, presentando la documentazione necessaria.
- Per introdurre una causa di nullità, è necessario che:
- i coniugi non vivano più sotto lo stesso tetto, ma che ci sia almeno la
separazione di fatto;
- ci si avvalga, oltre che di alcuni testimoni ben informati sui fatti, anche
di un avvocato. Non può essere un semplice avvocato, ma deve trattarsi di un
Avvocato Rotale o di un Avvocato adeguatamente abilitato, che potrà:
- o essere scelto dall’albo degli avvocati rotali (Patrono di fiducia),
e in tal caso dovrà essere pagato dalla persona interessata,
- oppure essere richiesto al Tribunale (Patrono Stabile, o d’ufficio),
e, in tal caso, sarà gratuito in tutto o in parte, se la persona, che promuove
la causa, si trova in difficoltà economiche (gratuito o semigratuito
patrocinio).
- Circa i gradi di giudizio: Per la dichiarazione di nullità sono
necessari due gradi di giudizio: Tribunale di prima istanza e Tribunale di
seconda istanza (Appello).
- Circa l’iter del giudizio: Dopo la sentenza di primo grado, la causa
pertanto andrà in Appello, dove altri tre giudici esamineranno gli atti
processuali. Se sarà confermata la sentenza affermativa di primo grado, il
matrimonio è dichiarato nullo e le parti potranno sposarsi anche in chiesa. Se
ci fosse una sentenza negativa, allora ci sarà bisogno di un terzo grado di
giudizio che si svolgerà presso il Tribunale della “Sacra Rota“ - oggi
denominato “Tribunale Apostolico della Rota Romana“ -, che si trova a
Roma.
- Circa il tempo di durata della causa: per il primo e il secondo grado
di giudizio, ci vogliono in genere almeno circa tre anni.
- Circa i costi economici: innanzitutto c’è un contributo obbligatorio,
imposto dalla CEI, nella misura (nel 2007) di 500 euro per il coniuge che inizia
il processo; se però anche l’altro coniuge vuole costituirsi in giudizio con un
proprio avvocato, dovrà pagare 250 euro, altrimenti nulla. Chi abbia scelto di
avvalersi di un Patrono Stabile, nulla deve pagare.
Chi invece abbia
scelto un Patrono di fiducia, dovrà dare all’avvocato un onorario
stabilito dai Giudici nella sentenza e che sempre dalla CEI è fissato (nel 2007)
da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 2.850 euro (più IVA).
- Circa il segreto: il processo è segreto. Ciò comporta che nessuno può
avere accesso agli atti di causa, se non le parti interessate tramite gli
avvocati. All’udienza non può assistere nessuno se non l’avvocato. Tutti gli
operatori del Tribunale hanno l’obbligo di segretezza sulle cause matrimoniali.
- Circa gli eventuali figli: la sentenza di nullità non modifica
affatto lo stato giuridico dei figli già nati, i quali non perderanno alcun
diritto (ereditario o altro). È come se, per essi, il matrimonio dei loro
genitori sia comunque sempre valido.
- Circa gli effetti civili: la sentenza di nullità pronunciata dal
tribunale ecclesiastico deve essere riconosciuta valida nell’ambito
dell’ordinamento civile. Se viene riconosciuta valida, il matrimonio è nullo
anche per lo Stato e gli ex-coniugi tornano nubili e celibi.
Chi vive in situazione irregolare può avere il funerale in
chiesa?
A questo riguardo va tenuto presente che:
- Esiste anzitutto un diritto al funerale in chiesa per tutti i fedeli
defunti (cfr. CIC, can. 1176 1), purché non siano stati privati
legittimamente di tale diritto (legittimamente significa in base alle
disposizioni del CIC can. 1184).
- Ora, applicando alle situazioni irregolari quanto afferma il can.
1184, non si può concedere a un defunto il funerale religioso, quando si
verificano contemporaneamente queste tre condizioni:
- la sua situazione irregolare è manifesta pubblicamente (in foro
esterno);
- tale peccatore, prima della morte, non ha dato alcun segno di pentimento;
- la celebrazione del funerale in chiesa è fonte di scandalo pubblico per i
fedeli (e cioè li spinge a compiere il peccato, in questo caso ad accettare,
anche loro, la situazione irregolare).
- Qualora ci sia stato un segno di pentimento:
- si concede sempre il funerale in chiesa;
- sarebbe opportuno che il sacerdote, durante il funerale, accenni in qualche
modo a tale pentimento, al fine di rimuovere il pericolo di scandalo tra i
fedeli, e inviti ad implorare la misericordia di Dio nei confronti del defunto,
oltre che invocare la consolazione cristiana a favore dei parenti addolorati.
- Segno di pentimento può essere, ad esempio:
- durante la sua vita: l’aver perseverato nella pratica religiosa, l’essersi
preoccupato della formazione cristiana degli eventuali figli…
- prima di morire: l’accogliere un sacerdote, il chiedere il Sacramento della
Confessione e/o il Sacramento dell’Unzione dei malati, l’accettare di pregare,
il baciare il Crocifisso, il chiedere perdono a Dio in modo manifesto…
- In caso di dubbio, sia circa il segno di pentimento, sia circa il fatto che
ricorra o meno lo scandalo, il giudizio ultimo spetta all’Ordinario del luogo:
il Vescovo (cfr. CIC, can. 1184 2).
- Quando la Chiesa non concede, in alcuni casi, il funerale religioso, è
perché vuole:
- rispettare la volontà della persona che, per una sua scelta consapevole o a
seguito del suo comportamento gravemente immorale, si è staccata dalla Chiesa,
dalla comunione con essa. Per questo la Chiesa non impone un rito che la persona
non vuole. La libera decisione della persona di non appartenere alla Chiesa,
manifestata o espressamente o implicitamente con la propria condotta di vita
chiaramente contraria alla fede cristiana, deve essere rispettata anche contro
il desiderio dei famigliari;
- stigmatizzare l’oggettiva immoralità di alcuni stati di vita, in cui può
trovarsi un fedele al momento della morte, come appunto è il caso di chi si
trova in situazione irregolare;
- evitare un grave e diffuso pericolo di scandalo, di relativismo, di
indifferentismo tra la gente.
Il Primiceriodella Basilica dei Santi
Ambrogio e Carlo in Roma Monsignor Raffaello Martinelli
NB: per approfondire
l’argomento, si possono leggere i seguenti documenti pontifici:
- Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC),
nn. 1601-1666; 1680-1690; 2331-2400;
- Compendio del CCC, nn. 337-350; 354-356; 487-502;
- Codice di Diritto Canonico (CIC), cann.
1068-1076; 1093-1102;
- Giovanni Paolo II, Esor. Ap. Familiaris
consortio, 1982;
- Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF),
Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica circa la ricezione della comunione
eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994.
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