I docili
folli di Medjugorje
Un santino della Madonna di Medjugorje |
MARCO MARZANO
Quasi scomparso nel resto dell’Occidente, il
cattolicesimo popolare e «magico» è in Italia più vivo che mai. Il fenomeno più
interessante è quello legato all’ascesa del «carismatismo»: un movimento che,
insieme a tratti ereditati dalla religione popolare, presenta anche lineamenti
inediti e squisitamente «moderni», come l’importanza data agli aspetti
espressivi ed emozionali, o alle manifestazioni della soggettività e della
spontaneità. A questo fenomeno è dedicato il volume «Cattolicesimo magico.
Un’indagine etnografica» (Pag. 190, € 9,50, di Marco Marzano, pubblicato da
Bompiani nella Collana Agone, diretta da Antonio Scurati). Il libro è il
racconto autobiografico del viaggio dentro questo mondo. Per compiere
l’indagine, l’autore (insegna sociologia a Bergamo) per lungo tempo si è
mescolato ai fedeli, osservandoli durante i loro riti, entrando nelle loro case,
intervistandoli per ore, accompagnandoli nei pellegrinaggi verso i «luoghi
santi» di Medjugorje o in singolari «ritiri spirituali» estivi. Ne pubblichiamo
alcuni stralci.
Ora Vicka ha terminato il suo discorso e si è raccolta in preghiera quando una signora improvvisamente sviene cadendo all’indietro proprio addosso a me che istintivamente cerco di sorreggerla. «No! No! - mi dice Luigi, uno del mio gruppo - Non cercare di sostenerla! Lascia che vada giù! Adagiala per terra, non cercare di svegliarla, mi raccomando, falle solo spazio». La donna è ora lì davanti a me, apparentemente senza sensi. Anche altri fedeli sono caduti tra la folla come lei e giacciono a terra. La veggente non appare per nulla stupita e anzi mi sembra che abbia accentuato il suo sorriso. Dunque deve trattarsi di un avvenimento frequente, probabilmente quotidiano. Del resto nessuno dei presenti è stupito nemmeno quando da un angolo del cortile si levano delle urla strazianti. È la voce rotta dal pianto di una giovane donna che si dimena e gridando maledice i genitori: «Mamma, papà, perché mi avete fatto questo? perché? perché?». La ragazza, che continua a contorcersi e a urlare, viene condotta sotto la scala dalla quale Vicka le rivolge un sorriso, guardandola con tenerezza e comprensione. Intanto le persone a terra si rialzano. La signora sessantenne caduta dinanzi a me dice di aver visto Gesù e qualcuno le risponde che ha ricevuto una bella grazia.
Dopo che anche i corsisti hanno preso brevemente la parola per pronunciare qualche frase edificante, Tommaso solleva la croce dal basamento e si avvia solennemente verso la vicina cappella, seguito dal corteo dei fedeli adoranti. Appena giunti in chiesa e dopo aver preso rapidamente posto tra i banchi, i fedeli esplodono in un applauso fragoroso e unanime. E, modulando un’intonazione da stadio, gridano a lungo «Chi non salta non ci crede eh eh» seguito da «Gesù, Gesù, Gesù…»
Quando il battimani si spegne, Don Raffaele dà la parola ad Antonella, che ci annuncia una novità: e cioè che stasera assisteremo anche a «un’effusione dello Spirito», a quel nuovo battesimo che segna ritualmente l’ingresso a pieno titolo del fedele nell’organizzazione. L’effusionanda è Nadia, una ventenne milanese dallo sguardo duro e severo. È una delle persone più ostili con me. Una di quelle che meno volentieri accetta la presenza di un «intruso» tra i corsisti. Tutto quello che so su di lei è che si è convertita di recente. Dopo anni di sporadica pratica religiosa. Seguendo l’esempio della madre. Un giorno a tavola ha fatto cenno a una sua grande sofferenza. Che ha preceduto l’ingresso nel Rinnovamento. Ora è lì, emozionata e molto bella. Lascia la panca e avanza verso i fratelli dell’équipe che la attendono di fronte all’altare. Molti fratelli si fanno da parte per lasciar spazio alla cerimonia. Quando Nadia viene fatta sedere il rito può finalmente iniziare. Nadia chiude gli occhi, incrocia le mani nella disposizione della preghiera e attende. Mi sembra emozionata a giudicare dal lieve tremolio delle sue palpebre chiuse e dalla quantità di saliva che deglutisce con fatica. Antonella le posa affettuosamente una mano sulla spalla e le rammenta l’importanza solenne della cerimonia che sta per iniziare. Poi tutti quelli che le si sono posti intorno in circolo levano le mani verso l’alto, imponendole sul suo capo. Inizia il canto: «Spiiiiriiitooo di Diiiioooo scendi su di lei… Spiiiiriiitooo di Diiiioooo scendi su di lei». Il viso di Nadia è concentrato nella preghiera. Gli sguardi intorno a lei sono affettuosi e colmi di premura. Una mano si posa sulla sua spalla. Dopo aver cantato e mentre Luciana sta proseguendo nella spiegazione, alcuni fedeli si mandano rapidi cenni d’intesa. Subito dopo, tre fratelli aprono a caso una pagina della Bibbia e dopo una rapida lettura scelgono il passo da leggere all’effusionanda. Al termine della cerimonia, Antonella scriverà su un foglietto i tre passi «in modo che l’effusionanda possa ricordarli per sempre e meditarvi». Marina dice di aver avuto una visione: di aver visto chiaramente Gesù che prendeva la mano di Nadia e la conduceva con sé. Franca, un’altra catechista, aggiunge di aver visto la Madonna che la abbracciava stringendola a sé. Luciana chiede a Nadia se ha ancora qualcosa da aggiungere e la ragazza chiede di pregare per i suoi compagni di università, tra i quali «vede tanta sofferenza», «distanza da Dio e prossimità col peccato». Siamo tutti ammirati dalla stupefacente maturità della neo-effusionanda e qualcuno le dice che essere giovane è una grande risorsa perché può fare tanto per il movimento.
Che cosa hanno in comune le storie che ho raccontato? Che cosa avvicina i pellegrini di Medjugorje agli aderenti al Rinnovamento nello Spirito? Sicuramente il fatto che consentono di parlare di un’unica spiritualità «carismatica». E cosa rappresenta la crescita di questi gruppi per il futuro della Chiesa cattolica?
Con tutta probabilità, il pontefice e molti alti prelati della Santa Sede, durante il quarto di secolo del papato woytiliano, si sono convinti (e ne restano persuasi anche ora) che i movimenti non abbiano né la forza né tantomeno la volontà di reclamare per loro alcuna reale autonomia sul piano teologico, dottrinale e pastorale. Che essi non siano in grado di mettere in questione nessuno degli indirizzi spirituali di fondo della cattolicità. Tanto più che essi non chiedono di essere coinvolti nella scelta dei pastori e non pretendono che la Chiesa compia scelte riformatrici coraggiose come il sacerdozio femminile o il matrimonio dei preti. I movimenti non criticano mai, perché la condividono è ovvio, la scelta curiale di combattere ogni forma di contraccezione e non invocano un trattamento più comprensivo verso i divorziati, gli omosessuali o i preti sposati. Non chiedono, come fecero i teologi della liberazione (e fu la causa della violenta repressione ai loro danni!) di adeguare il messaggio evangelico alle situazioni sociali concrete nelle quali esso era evocato, alle aspettative delle masse povere del Sudamerica. Non annoverano tra le loro schiere contestatori raffinati come Arrupe, Kung, Gutierrez, Boff. Non mettono in questione proprio nulla. Nulla. Tranne forse l’essenza stessa del cattolicesimo così come l’abbiamo conosciuto.
Ora Vicka ha terminato il suo discorso e si è raccolta in preghiera quando una signora improvvisamente sviene cadendo all’indietro proprio addosso a me che istintivamente cerco di sorreggerla. «No! No! - mi dice Luigi, uno del mio gruppo - Non cercare di sostenerla! Lascia che vada giù! Adagiala per terra, non cercare di svegliarla, mi raccomando, falle solo spazio». La donna è ora lì davanti a me, apparentemente senza sensi. Anche altri fedeli sono caduti tra la folla come lei e giacciono a terra. La veggente non appare per nulla stupita e anzi mi sembra che abbia accentuato il suo sorriso. Dunque deve trattarsi di un avvenimento frequente, probabilmente quotidiano. Del resto nessuno dei presenti è stupito nemmeno quando da un angolo del cortile si levano delle urla strazianti. È la voce rotta dal pianto di una giovane donna che si dimena e gridando maledice i genitori: «Mamma, papà, perché mi avete fatto questo? perché? perché?». La ragazza, che continua a contorcersi e a urlare, viene condotta sotto la scala dalla quale Vicka le rivolge un sorriso, guardandola con tenerezza e comprensione. Intanto le persone a terra si rialzano. La signora sessantenne caduta dinanzi a me dice di aver visto Gesù e qualcuno le risponde che ha ricevuto una bella grazia.
Dopo che anche i corsisti hanno preso brevemente la parola per pronunciare qualche frase edificante, Tommaso solleva la croce dal basamento e si avvia solennemente verso la vicina cappella, seguito dal corteo dei fedeli adoranti. Appena giunti in chiesa e dopo aver preso rapidamente posto tra i banchi, i fedeli esplodono in un applauso fragoroso e unanime. E, modulando un’intonazione da stadio, gridano a lungo «Chi non salta non ci crede eh eh» seguito da «Gesù, Gesù, Gesù…»
Quando il battimani si spegne, Don Raffaele dà la parola ad Antonella, che ci annuncia una novità: e cioè che stasera assisteremo anche a «un’effusione dello Spirito», a quel nuovo battesimo che segna ritualmente l’ingresso a pieno titolo del fedele nell’organizzazione. L’effusionanda è Nadia, una ventenne milanese dallo sguardo duro e severo. È una delle persone più ostili con me. Una di quelle che meno volentieri accetta la presenza di un «intruso» tra i corsisti. Tutto quello che so su di lei è che si è convertita di recente. Dopo anni di sporadica pratica religiosa. Seguendo l’esempio della madre. Un giorno a tavola ha fatto cenno a una sua grande sofferenza. Che ha preceduto l’ingresso nel Rinnovamento. Ora è lì, emozionata e molto bella. Lascia la panca e avanza verso i fratelli dell’équipe che la attendono di fronte all’altare. Molti fratelli si fanno da parte per lasciar spazio alla cerimonia. Quando Nadia viene fatta sedere il rito può finalmente iniziare. Nadia chiude gli occhi, incrocia le mani nella disposizione della preghiera e attende. Mi sembra emozionata a giudicare dal lieve tremolio delle sue palpebre chiuse e dalla quantità di saliva che deglutisce con fatica. Antonella le posa affettuosamente una mano sulla spalla e le rammenta l’importanza solenne della cerimonia che sta per iniziare. Poi tutti quelli che le si sono posti intorno in circolo levano le mani verso l’alto, imponendole sul suo capo. Inizia il canto: «Spiiiiriiitooo di Diiiioooo scendi su di lei… Spiiiiriiitooo di Diiiioooo scendi su di lei». Il viso di Nadia è concentrato nella preghiera. Gli sguardi intorno a lei sono affettuosi e colmi di premura. Una mano si posa sulla sua spalla. Dopo aver cantato e mentre Luciana sta proseguendo nella spiegazione, alcuni fedeli si mandano rapidi cenni d’intesa. Subito dopo, tre fratelli aprono a caso una pagina della Bibbia e dopo una rapida lettura scelgono il passo da leggere all’effusionanda. Al termine della cerimonia, Antonella scriverà su un foglietto i tre passi «in modo che l’effusionanda possa ricordarli per sempre e meditarvi». Marina dice di aver avuto una visione: di aver visto chiaramente Gesù che prendeva la mano di Nadia e la conduceva con sé. Franca, un’altra catechista, aggiunge di aver visto la Madonna che la abbracciava stringendola a sé. Luciana chiede a Nadia se ha ancora qualcosa da aggiungere e la ragazza chiede di pregare per i suoi compagni di università, tra i quali «vede tanta sofferenza», «distanza da Dio e prossimità col peccato». Siamo tutti ammirati dalla stupefacente maturità della neo-effusionanda e qualcuno le dice che essere giovane è una grande risorsa perché può fare tanto per il movimento.
Che cosa hanno in comune le storie che ho raccontato? Che cosa avvicina i pellegrini di Medjugorje agli aderenti al Rinnovamento nello Spirito? Sicuramente il fatto che consentono di parlare di un’unica spiritualità «carismatica». E cosa rappresenta la crescita di questi gruppi per il futuro della Chiesa cattolica?
Con tutta probabilità, il pontefice e molti alti prelati della Santa Sede, durante il quarto di secolo del papato woytiliano, si sono convinti (e ne restano persuasi anche ora) che i movimenti non abbiano né la forza né tantomeno la volontà di reclamare per loro alcuna reale autonomia sul piano teologico, dottrinale e pastorale. Che essi non siano in grado di mettere in questione nessuno degli indirizzi spirituali di fondo della cattolicità. Tanto più che essi non chiedono di essere coinvolti nella scelta dei pastori e non pretendono che la Chiesa compia scelte riformatrici coraggiose come il sacerdozio femminile o il matrimonio dei preti. I movimenti non criticano mai, perché la condividono è ovvio, la scelta curiale di combattere ogni forma di contraccezione e non invocano un trattamento più comprensivo verso i divorziati, gli omosessuali o i preti sposati. Non chiedono, come fecero i teologi della liberazione (e fu la causa della violenta repressione ai loro danni!) di adeguare il messaggio evangelico alle situazioni sociali concrete nelle quali esso era evocato, alle aspettative delle masse povere del Sudamerica. Non annoverano tra le loro schiere contestatori raffinati come Arrupe, Kung, Gutierrez, Boff. Non mettono in questione proprio nulla. Nulla. Tranne forse l’essenza stessa del cattolicesimo così come l’abbiamo conosciuto.
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