“Dobbiamo badare con ogni premura a non attenuare alcuna dimensione o esigenza dell’Eucaristia. Così ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. (…) Non c’è p...ericolo di esagerare nella cura di questo Mistero!”
(Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n.61)
Un edificante episodio …e ciò che insegna san Francesco
Si era nel 1871, in Francia. I Prussiani stavano per occupare il villaggio di Delors. Gli abitanti, buoni cristiani, si preoccuparono che all’arrivo dei nemici l’Eucaristia avrebbe rischiato di essere profanata. Avevano già sentito di casi simili operati dai Prussiani, ma non avevano però il sacerdote per poterla rimuovere dal tabernacolo. Allora pensarono di affidare ad un venerando anziano il compito di prendere le sacre Specie e di nasconderle. Ma l’anziano prescelto si rifiutò categoricamente: “Io non sono degno!”; poi lui stesso consigliò di servirsi di un bambino che era lì ed aveva appena quattro anni. Fu accettata la proposta. Si chiamò quel fanciullo innocente e ci si recò in chiesa. Il vecchio aprì il tabernacolo e il fanciullo prese nelle mani la Pisside con le Ostie e la portò, seguito dai fedeli, in un luogo sicuro. Un pio scrittore che riferisce questo episodio ha commentato: “Quei buoni abitanti mostrarono in qualche modo quale deve essere la purezza di chi riceve la Comunione! Poiché, se tanta deve essere l’innocenza e la purezza in colui che ha da portare semplicemente fra le sue mani Gesù Eucaristico, quanto dovrà essere maggiore l’innocenza e la purezza di chi deve riceverlo nel santuario del proprio cuore?”[1]
San Francesco d’Assisi vedeva nella Vergine Immacolata il modello della purezza con la quale i cristiani, e in particolare i Sacerdoti, dovrebbero accostarsi al Corpo santissimo del Signore. Egli scrive in una sua lettera: “Ascoltate, fratelli miei, se è tanto onorata la Vergine Maria, come è giusto, perché portò Gesù nel Suo seno santissimo, quanto non deve essere santo e giusto e degno di Lui chi lo può toccare con le sue mani, prendere nel cuore e nella bocca, o offrirlo agli altri perché lo ricevano?”[2]
Sono davvero credibili gli argomenti a favore dell’Eucaristia da ricevere in mano?
Veniamo adesso ad elencare alcuni argomenti che solitamente sostengono coloro che sono favorevoli a ricevere l’Eucaristia nella mano.
Il primo argomento è relativo a ciò che racconta il Vangelo, il secondo è di carattere storico.
Argomento evangelico
Si dice: Gesù nell’Ultima Cena non diede agli apostoli l’Eucaristia direttamente in bocca ma in mano.
Prima di tutto va detto che non è affatto scontata una cosa del genere. Anzi, è possibile supporre che Gesù abbia dato il pane direttamente in bocca a ciascun apostolo. In Medio Oriente, usanza del tempo di Gesù e che perdura tuttora, il padre di casa nutre i suoi ospiti con la propria mano, mettendo un pezzo simbolico di cibo nella bocca degli ospiti.[3]
Ma, ammesso e non concesso che sia andata davvero così, cioè che Gesù abbia dato l’Eucaristia nelle mani degli apostoli, va fatta una precisazione importante: in quel momento gli apostoli già erano stati ordinati sacerdoti, addirittura sacerdoti in pienezza, quindi vescovi.
Argomento storico
Il secondo argomento è di carattere storico ed è più complesso del primo, pertanto merita una risposta molto più lunga. Si dice: i primi cristiani non ricevevano la Comunione direttamente in bocca ma tra le mani. Vediamo se realmente fu così.
Prima di tutto va fatta una premessa. Non è detto che ciò che vi era nell’antichità è sempre migliore di ciò che si è approfondito e si è istituzionalizzato in seguito. Liturgicamente, come è sbagliato il progressismo, per cui ciò che viene dopo sarebbe sempre migliore di ciò che è venuto prima; è altrettanto sbagliato l’archeologismo, ciò che è venuto prima sarebbe sempre migliore di ciò che viene dopo. A riguardo papa Pio XII è molto chiaro nella sua Mediator Dei (n.51): “(…) non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime e che la Chiesa, vigilante custode del ‘Depositum Fidei’ affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò.”
Altra premessa importante. Nei primi secoli del Cristianesimo si facevano forti penitenze per l’Eucaristia, per esempio ci si asteneva da qualsiasi cibo e bevanda dalla vigilia fino al momento della Comunione. Ora, se valesse il principio archeologista, bisognerebbe chiedere a tanti sostenitori della Comunione nella mano: ma perché non si recuperano anche le rigide penitenze dei primi secoli? Se è giusto riprendere ciò che vi era all’inizio, allora si riprendano anche le dure penitenze dell’inizio… mi sa che molti si tirerebbero indietro.
Ma veniamo ai fatti. Davvero nei primi tempi della Chiesa l’Eucaristia si riceveva nella mano? E’ falso.
Ci sono testimonianze certe che attestano come sin dall’inizio era diffusa la consuetudine di deporre le sacre Specie sulle labbra dei comunicandi e anche della proibizione ai laici di toccare l’Eucaristia con le mani. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, assicura per esempio san Basilio, si poteva derogare da questa norma e quindi era concesso anche ai laici di comunicarsi con le proprie mani.[4]
Papa Sisto I fu sesto successore di Pietro e settimo papa, dal 115 al 125. Questi, per impedire gli abusi che già a quei tempi si verificavano, proibì ai laici di toccare i vasi sacri, per cui è ampiamente fondato supporre che vietasse agli stessi di toccare le Sacre Specie eucaristiche: “Statutum est ut sacra vasa non aliis quam a sacratis Dominoque dicatis contrctentur hominibus”[5].
Sant'Eutichiano, papa dal 275 al 283, affinché non toccassero l’Eucaristia con le mani, proibì ai laici di portare le sacre Specie agli ammalati: “Nessuno osi consegnare la comunione a un laico o ad una donna per portarla ad un infermo.”[6]
Il Concilio di Saragozza, nel 380, emanò la scomunica contro coloro che si fossero permessi di trattare la santissima Eucaristia come in tempo di persecuzione, tempo nel quale –come abbiamo già detto- anche i laici potevano trovarsi nella necessità di toccarla con le proprie mani.[7]
Sant’Innocenzo I, dal 404, impose il rito della Comunione solo sulla lingua.[8]
Papa Sant'Innocenzo I (401-417), nel 416, nella Lettera a Decenzio, Vescovo di Gubbio, che gli chiedeva direttive riguardo alla liturgia romana che intendeva adottare, rispose affermando per tutti l’obbligo di rispettare al riguardo la Tradizione della Chiesa di Roma, perché essa discende dallo stesso Pietro, primo Papa. Ebbene, lo stesso Sant’Innocenzo –come abbiamo detto prima- dal 404 aveva imposto il rito della Comunione solo sulla lingua.[9]
San Leone Magno (440-461) scrisse nel Sermo V, De jeunio, decimi mensi: “Hoc ore sumitur”, ovvero: “Questo Cibo si riceve con la bocca.”[10]
San Gregorio Magno narra che sant’Agapito, papa dal 535 al 536, durante i pochi mesi del suo pontificato, recatosi a Costantinopoli, guarì un sordomuto all’atto in cui “gli metteva in bocca il Corpo del Signore”[11], dunque l’Eucaristia si dava direttamente in bocca.
Il Concilio di Rouen, verso il 650, proibì al ministro dell’Eucaristia di deporre le sacre Specie sulla mano del comunicando laico: “(Il sacerdote) badi a comunicarli (i fedeli) di propria mano, non ponga l’Eucaristia in mano a nessun laico o donna, ma la deponga solo sulle labbra con queste parole: ‘Il Corpo e il Sangue del Signore, ti giovi in remissione dei peccati e per la vita eterna. Se qualcuno trasgredirà queste norme, sia rimosso dall’altare, perché disprezza Dio Onnipotente e per quanto sta in lui lo disonora.”[12]
Sulla medesima linea il Concilio Costantinopolitano III (680-681), sotto i pontefici Agatone e Leone II, vietò ai fedeli di comunicarsi con le proprie mani e minacciò la scomunica a chi avesse avuto la temerarietà di farlo.
Il Sinodo di Cordoba dell’anno 839 condannò la setta dei “casiani” a causa del loro rifiuto di ricevere la sacra Comunione direttamente in bocca.[13]
In Occidente, il gesto di prostrarsi e inginocchiarsi prima di ricevere il Corpo del Signore si osservava negli ambienti monastici già a partire dal VI secolo (per esempio nei monasteri di san Colombano)[14] Più tardi nei secoli X e XI questo gesto si diffuse ancora di più.[15]
Quando san Tommaso d’Aquino espose i motivi che vietavano ai laici di toccare le sacre Specie, non parlò di un rito di recente invenzione, ma di consuetudine liturgica antica come la Chiesa.[16]
Ecco perché il Concilio di Trento poté affermare che non solo nella Chiesa di Dio fu una consuetudine costante che i laici ricevessero la Comunione dai sacerdoti, mentre i sacerdoti si comunicassero da sé, ma anche che tale consuetudine è di origine apostolica: Nell’assunzione di questo Sacramento (l’Eucaristia) fu sempre costume nella Chiesa di Dio che i laici ricevessero la comunione dai Sacerdoti e i Sacerdoti celebranti invece comunicassero se stessi, costume che con ogni ragione deve ritenersi come proveniente dalla Tradizione apostolica.”[17]
Abbiamo iniziato con papa Giovanni Paolo II, concludiamo con lui. Sempre nella Ecclesia de Eucharistia, al n.49, scrive:
“Sull’onda dell’elevato senso del mistero si comprende come la fede della Chiesa nel mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne.”
[1] Cfr. P. Stefano Maria Manelli, La grande promessa dei S.S. Cuori, Casa Mariana, Frigento (Avellino), pp. 67-69.
[2] Francesco d’Assisi, Lettera II, cit. in Rita M.Rossi, I santi e la Madonna, vol.I, Casa Mariana, Frigento (Avellino), pp.30-31.
[3] Cfr. A. Schneider, Dominus est, “Cum amore ac timore”. Alcune osservazioni storico-liturgiche sulla Sacra Comunione, in “Il Settimanale di Padre Pio”, anno VIII, n.9, 8.3.2009, p.14.
[4] P.G. XXXII, col.483-486.
[5] Mansi I, 653.
[6] P.L. V, col. 163-168.
[7] Saenz de Aguire, Notitia Conciliorum Hispanae, Salamanca, 1686, p.495.
[8] Mansi X, 1205.
[9] Ivi.
[10] P.L. 54, 1385.
[11] Dialoghi III, 3.
[12] Mansi, vol.X, col.1099-1100.
[13] Cfr. J.A. Jungmann, Missarum solemnia. Eine genetische Erklarung der romischen Messe, Wein 1948, II, p.436, n.52; da: A. Schneider, cit., p.14.
[14] Cfr. Regula coenobialis, da: A. Scheneider, cit., p.14.
[15] Cfr. J.A. Jungmann, cit., pp.456-457; p.458, n.25; da: A.Scheneider, cit., p.14.
[16] Cfr. Summa Theologiae III, 9, 82, a.3.
[17] Concilio di Trento, Decreto sull’Eucaristia, sessione XIII, Denzinger 881.
Corrado Gnerre 14 settembre 2013
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