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martedì 22 maggio 2012

situazioni affettive irregolari


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Situazioni Affettive Irregolari
E la Chiesa Cattolica


Chi è in una situazione affettiva irregolare?
  • E’:
    • il convivente, o
    • lo sposato solo civilmente, o
    • il divorziato:
      • convivente, o
      • risposato civilmente.
  • In questa scheda, tali persone saranno indicate più brevemente come coloro che vivono in situazioni irregolari.
  • Va precisato che qui non si vuol prendere in considerazione la valutazione morale soggettiva del comportamento della singola persona (de internis Ecclesia non iudicat), ma solo la situazione morale oggettiva di peccato grave, di chi vive in una delle situazioni sopra descritte.
  • Chi vive da separato, mantenendosi fedele al proprio matrimonio religioso, non rientra nella situazione affettiva irregolare.



Perchè la separazione non va considerata come situazione irregolare?
Perché, nella separazione, viene mantenuta la fedeltà e l’indissolubilità del matrimonio-Sacramento.
  • Possono esserci “situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile” (CCC, 1649).
    • Anche in caso di separazione dei coniugi, questi devono sempre provvedere opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli.
    • La Chiesa accetta, in alcuni casi, la separazione, come mezzo per superare le difficoltà della coppia, e quindi come modus vivendi provvisorio, in vista di una ricomposizione dell’unione coniugale familiare.



    Quanti vivono in situazione irregolare possono ricevere l’assoluzione nel Sacramento della Confessione o fare la Santa Comunione?
    No.
    • Essi non possono accedere alla S. Comunione, in quanto lo impedisce la loro stessa oggettiva situazione irregolare, essendo gravemente contraria all’insegnamento di Cristo. Non si tratta di nessuna discriminazione, e neppure di indebita imposizione dell’autorità ecclesiastica. Si tratta unicamente di:
      • di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo, che ci ha ridato e nuovamente affidato l’indissolubilità deal matrimonio come dono del Creatore;
      • di rispetto verso l’Eucaristia, la quale richiede coerenza nelle scelte di vita in coloro che la ricevono;
      • del limite oggettivo e reale dell’appartenenza di tali persone alla comunità ecclesiale. La Chiesa prende atto di una situazione irregolare oggettiva,che non permette di accostarsi all’Eucaristia, e lascia a Dio il giudizio sulla eventuale colpevolezza delle persone.
        “Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali” (CCC, 1650), ad esempio l’essere padrini-madrine nella celebrazione dei sacramenti del Battesimo e della Cresima.
    • C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale; se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sulla sacramentalità e l’indissolubilità del matrimonio.



    In nessun caso è consentita la Santa Comunione?
    • L’accesso alla S. Comunione Eucaristica è aperto unicamente dall’assoluzione sacramentale, che può essere data solo a quelli che, pentiti di aver violato l’insegnamento di Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con le caratteristiche essenziali del Sacramento del matrimonio.
          • Qualora l’uomo e la donna non possono separarsi per seri motivi - quali, ad esempio, l’educazione dei figli -, possono assumere l’impegno di vivere in piena continenza, come fratello e sorella, astenendosi dagli atti sessuali coniugali: in tal caso essi possono accedere alla S. Comunione Eucaristica, fermo restando tuttavia l’obbligo di evitare lo scandalo (ad esempio ricevendo la S. Comunione in una chiesa, ove non sono conosciuti).



          Non potendo accedere alla Santa Comunione, sono forse anche esclusi dall’amore di Cristo e dall’amore della Chiesa?
          No certamente!
          • Quanti vivono in una situazione irregolare continuano ad essere amati da Cristo, sono sempre membri della Chiesa, possono e devono partecipare alla sua vita, pur non potendo accedere alla Comunione Eucaristica e al Sacramento della Penitenza.
          • Un’Eucaristia senza la Comunione sacramentale immediata non è certamente completa, manca di una cosa essenziale. Tuttavia è anche vero che partecipare all’Eucaristia senza Comunione Eucaristica non è uguale a niente, è sempre essere coinvolti nel mistero.
          • In quanto essi percepiscono come un dolore e una sofferenza l’aver infranto la richiesta di Cristo circa la sacramentalità dell’amore fra un uomo e una donna e/o l’indissolubilità di tale vincolo, e quindi il non poter avere la comunione piena nei sacramenti della Chiesa:
            • essi possono sentirsi abbracciati dal Signore crocifisso, essere più vicini al Signore che ha sofferto per noi e soffre con noi. Il loro carico non è dolce e leggero in quanto piccolo o insignificante, ma diventa leggero perché il Signore e insieme con lui tutta la Chiesa lo condivide;
            • possono confidare nella misericordia di Dio;
            • offrono una testimonianza positiva anche agli altri fedeli: con tale loro sofferenza, ci aiutano a comprendere che la sofferenza può essere una realtà molto positiva, che ci sollecita a maturare, a divenire più noi stessi, più vicini al Signore (cfr. scheda sulla sofferenza). Non va infatti dimenticato che ogni matrimonio che va a pezzi porta tensione, stress, dolore, smarrimento interiore, problemi emotivi e pratici, lacerazioni…
          • Essi possono partecipare in vario modo alla vita della comunità ecclesiale.



          Quanti vivono in situazione irregolare, come possono partecipare ancora alla vita della Chiesa?
          • Essi, non solo possono, ma hanno il diritto-dovere, in quanto battezzati, di partecipare a diversi momenti della vita della Chiesa, quali:
            • il perseverare nella preghiera, personale, coniugale, familiare;
            • l’ascoltare la Parola di Dio;
            • il frequentare il Sacrificio della Messa, facendo anche la cosiddetta Comunione spirituale;
            • il coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio;
            • l’impegnarsi nelle opere di carità e nelle iniziative della comunità in favore della giustizia;
            • l’educare i figli nella fede cristiana… .
          • In tal modo essi comprendono e manifestano che la loro partecipazione alla vita della Chiesa non può essere esclusivamente ridotta alla questione della ricezione dell’Eucaristia.



          Che cosa s’intende per nullità del matrimonio-Sacramento?
          • Anzitutto, nel linguaggio comune si parla erroneamente di annullamento del vincolo matrimoniale sacramentale. Il termine esatto è nullità: la Chiesa può soltanto dichiarare quel Sacramento nullo, ovvero mai nato, in quanto viziato, all’origine, da elementi così importanti da considerarsi fondamentali per la validità del matrimonio stesso. Se mancano tali elementi, il matrimonio è nullo ab origine e con effetti retroattivi. Pertanto un matrimonio valido, celebrato in chiesa, dura per sempre: o c’è o non c’è.
          • Nelle cause che si concludono con la dichiarazione di nullità, non viene diviso ciò che Dio ha unito. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo («Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Per la Chiesa, il matrimonio, quando è celebrato validamente, è indissolubile (cfr. scheda: matrimonio e famiglia nella Fede Cristiana).
          • La dichiarazione di nullità sancisce che il matrimonio non è mai esistito, e pertanto è ben diversa dal divorzio, il quale dichiara semplicemente che il matrimonio, a livello civile, è finito. Nella dichiarazione di nullità, invece non si tratta di annullare un vincolo, ma solo stabilire se tale vincolo esisteva, come valido, dall’inizio.
          • Il processo canonico di nullità matrimoniale costituisce “uno strumento per accertare la verità sul vincolo coniugale (…) Il suo scopo costitutivo non è quindi di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità” (Benedetto XVI, Discorso ai membri della Rota Romana, 28 gennaio del 2006).



          Quali possono essere le cause di tale nullità?
          • Gli elementi essenziali per la validità di un matrimonio tra un uomo e una donna sono l’unità, la fedeltà, l’indissolubilità, l’apertura alla fecondità, il bene dei coniugi. Se una delle due parti esclude con un atto positivo della volontà, in occasione della celebrazione del matrimonio (e non dopo), anche uno solo dei suddetti elementi essenziali, il consenso è da considerarsi viziato, quindi il matrimonio non ha mai avuto origine.
          • Le cause di nullità di un matrimonio, celebrato in chiesa, possono essere dunque varie (cfr. CIC, cann. 1093-1102) e in alcuni casi complementari, e devono essere presenti al momento della celebrazione del matrimonio. Le principali sono:
            • la mancanza di adeguato uso della ragione;
            • la grave mancanza di valutazione critica circa i diritti e doveri matrimoniali;
            • l’impossibilità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per motivi psichici;
            • l’ignoranza dell’essenza del matrimonio;
            • l’errore sulla persona o su una qualità essenziale del coniuge;
            • l’aver nascosto con l’inganno (dolo) all’altra parte, allo scopo di estorcere il suo consenso, un vizio o una malattia grave (ad es. Aids, omosessualità, sterilità, tumore…), che per sua natura può turbare in modo grave la comunione della vita coniugale;
            • l’esclusione della natura sacramentale del matrimonio oppure di una delle sue proprietà essenziali (la fedeltà, l’indissolubilità del vincolo) o di una delle sue finalità (il bene dei coniugi, la generazione ed educazione dei figli);
            • l’esistenza di una condizione futura;
            • la violenza o il timore grave provocato dall’esterno (per liberarsi dal quale uno sia costretto a sposarsi).
          • A queste cause di nullità, si aggiungono gli impedimenti dirimenti (CIC, cann. 1068-1076), come:
            • l’impotenza;
            • la mancanza dell’età adatta, ovvero sedici anni per l’uomo e quattordici per la donna;
            • la consanguineità;
            • gli Ordini sacri maggiori o i voti religiosi perpetui;
            • la disparità di culto.
          Per alcuni di questi impedimenti si puo’ ottenere una dispensa.



          Qual è l’iter da seguire per le cause di nullità?
          • Anzitutto è quanto mai opportuno verificare con un sacerdote la fondatezza dell’ipotesi di nullità, per il proprio matrimonio.
          • Accertata tale ipotesi, occorre rivolgersi al Tribunale ecclesiastico diocesano, presentando la documentazione necessaria.
          • Per introdurre una causa di nullità, è necessario che:
            • i coniugi non vivano più sotto lo stesso tetto, ma che ci sia almeno la separazione di fatto;
            • ci si avvalga, oltre che di alcuni testimoni ben informati sui fatti, anche di un avvocato. Non può essere un semplice avvocato, ma deve trattarsi di un Avvocato Rotale o di un Avvocato adeguatamente abilitato, che potrà:
              • o essere scelto dall’albo degli avvocati rotali (Patrono di fiducia), e in tal caso dovrà essere pagato dalla persona interessata,
              • oppure essere richiesto al Tribunale (Patrono Stabile, o d’ufficio), e, in tal caso, sarà gratuito in tutto o in parte, se la persona, che promuove la causa, si trova in difficoltà economiche (gratuito o semigratuito patrocinio).
          • Circa i gradi di giudizio: Per la dichiarazione di nullità sono necessari due gradi di giudizio: Tribunale di prima istanza e Tribunale di seconda istanza (Appello).
          • Circa l’iter del giudizio: Dopo la sentenza di primo grado, la causa pertanto andrà in Appello, dove altri tre giudici esamineranno gli atti processuali. Se sarà confermata la sentenza affermativa di primo grado, il matrimonio è dichiarato nullo e le parti potranno sposarsi anche in chiesa. Se ci fosse una sentenza negativa, allora ci sarà bisogno di un terzo grado di giudizio che si svolgerà presso il Tribunale della “Sacra Rota“ - oggi denominato “Tribunale Apostolico della Rota Romana“ -, che si trova a Roma.
          • Circa il tempo di durata della causa: per il primo e il secondo grado di giudizio, ci vogliono in genere almeno circa tre anni.
          • Circa i costi economici: innanzitutto c’è un contributo obbligatorio, imposto dalla CEI, nella misura (nel 2007) di 500 euro per il coniuge che inizia il processo; se però anche l’altro coniuge vuole costituirsi in giudizio con un proprio avvocato, dovrà pagare 250 euro, altrimenti nulla. Chi abbia scelto di avvalersi di un Patrono Stabile, nulla deve pagare.
            Chi invece abbia scelto un Patrono di fiducia, dovrà dare all’avvocato un onorario stabilito dai Giudici nella sentenza e che sempre dalla CEI è fissato (nel 2007) da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 2.850 euro (più IVA).
          • Circa il segreto: il processo è segreto. Ciò comporta che nessuno può avere accesso agli atti di causa, se non le parti interessate tramite gli avvocati. All’udienza non può assistere nessuno se non l’avvocato. Tutti gli operatori del Tribunale hanno l’obbligo di segretezza sulle cause matrimoniali.
          • Circa gli eventuali figli: la sentenza di nullità non modifica affatto lo stato giuridico dei figli già nati, i quali non perderanno alcun diritto (ereditario o altro). È come se, per essi, il matrimonio dei loro genitori sia comunque sempre valido.
          • Circa gli effetti civili: la sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico deve essere riconosciuta valida nell’ambito dell’ordinamento civile. Se viene riconosciuta valida, il matrimonio è nullo anche per lo Stato e gli ex-coniugi tornano nubili e celibi.



          Chi vive in situazione irregolare può avere il funerale in chiesa?
          A questo riguardo va tenuto presente che:
          • Esiste anzitutto un diritto al funerale in chiesa per tutti i fedeli defunti (cfr. CIC, can. 1176 1), purché non siano stati privati legittimamente di tale diritto (legittimamente significa in base alle disposizioni del CIC can. 1184).
          • Ora, applicando alle situazioni irregolari quanto afferma il can. 1184, non si può concedere a un defunto il funerale religioso, quando si verificano contemporaneamente queste tre condizioni:
          1. la sua situazione irregolare è manifesta pubblicamente (in foro esterno);
          2. tale peccatore, prima della morte, non ha dato alcun segno di pentimento;
          3. la celebrazione del funerale in chiesa è fonte di scandalo pubblico per i fedeli (e cioè li spinge a compiere il peccato, in questo caso ad accettare, anche loro, la situazione irregolare).
          • Qualora ci sia stato un segno di pentimento:
            • si concede sempre il funerale in chiesa;
            • sarebbe opportuno che il sacerdote, durante il funerale, accenni in qualche modo a tale pentimento, al fine di rimuovere il pericolo di scandalo tra i fedeli, e inviti ad implorare la misericordia di Dio nei confronti del defunto, oltre che invocare la consolazione cristiana a favore dei parenti addolorati.
          • Segno di pentimento può essere, ad esempio:
            • durante la sua vita: l’aver perseverato nella pratica religiosa, l’essersi preoccupato della formazione cristiana degli eventuali figli…
            • prima di morire: l’accogliere un sacerdote, il chiedere il Sacramento della Confessione e/o il Sacramento dell’Unzione dei malati, l’accettare di pregare, il baciare il Crocifisso, il chiedere perdono a Dio in modo manifesto…
          • In caso di dubbio, sia circa il segno di pentimento, sia circa il fatto che ricorra o meno lo scandalo, il giudizio ultimo spetta all’Ordinario del luogo: il Vescovo (cfr. CIC, can. 1184 2).
          • Quando la Chiesa non concede, in alcuni casi, il funerale religioso, è perché vuole:
            • rispettare la volontà della persona che, per una sua scelta consapevole o a seguito del suo comportamento gravemente immorale, si è staccata dalla Chiesa, dalla comunione con essa. Per questo la Chiesa non impone un rito che la persona non vuole. La libera decisione della persona di non appartenere alla Chiesa, manifestata o espressamente o implicitamente con la propria condotta di vita chiaramente contraria alla fede cristiana, deve essere rispettata anche contro il desiderio dei famigliari;
            • stigmatizzare l’oggettiva immoralità di alcuni stati di vita, in cui può trovarsi un fedele al momento della morte, come appunto è il caso di chi si trova in situazione irregolare;
            • evitare un grave e diffuso pericolo di scandalo, di relativismo, di indifferentismo tra la gente.

          Il Primicerio
          della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo in Roma
          Monsignor Raffaello Martinelli

          NB: per approfondire l’argomento, si possono leggere i seguenti documenti pontifici:
          • Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), nn. 1601-1666; 1680-1690; 2331-2400;
          • Compendio del CCC, nn. 337-350; 354-356; 487-502;
          • Codice di Diritto Canonico (CIC), cann. 1068-1076; 1093-1102;
          • Giovanni Paolo II, Esor. Ap. Familiaris consortio, 1982;
          • Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica circa la ricezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994.

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