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AGONIA DELLA MISTICA NELL'ATTUALE CONGIUNTURA ECCLESIALE?
di INNOCENZO COLOSIO
Queste pagine non vogliono essere una vera e propria
dissertazione, ma piuttosto un appassionato grido d'allarme: la Mistica
cristiana nell'ambito della Chiesa cattolica sta correndo un gravissimo pericolo
di morte.
Ovviamente non intendiamo parlare delle vere e proprie grazie
mistiche segretamente infuse dallo Spirito Santo nelle anime, perché esse
sfuggono ad ogni controllo di carattere culturale.
Il nostro esame verte invece esclusivamente sulla Mistica dal
rigoroso punto di vista socio-culturale; cioè si tratta di indagare sul
posto che la Mistica occupa oggi nell'insegnamento della Chiesa, nel la
predicazione, nella direzione delle anime, nella pubblicistica in tutto il suo
arco. In concreto, si tratta di sapere: oggi l'ideale mistico come è studiato,
considerato, valutato, perseguito? Ma, prima di tutto, per ideale mistico, che
cosa intendiamo di preciso?
In queste pagine per Mistica si vuole significare sia lo studio
teoretico sia l'aspirazione pratica alla vera e propria contemplazione infusa
e all'amor puro di Dio uno e trino; giacché usiamo il termine
esperienza mistica nel suo significato forte, volendo appunto con esso
esprimere una intuizione affettiva soprannaturale della presenza di Dio nel
fondo dell'anima, al di là delle facoltà discorsive, percepito come bontà somma
e assoluta. In altre parole per Mistica intendiamo lo stato teopatetico
descritto dai grandi e classici mistici a cominciare dallo Pseudo-Dionigi
Areopagita, il quale appunto qualifica il suo Ieroteo come patiens
divina.
Questo stato teopatetico, così amorosamente studiato e
perseguito nel primo dopoguerra, ora è molto trascurato sia sul piano della
ricerca scientifica sia sul piano pratico della parenetica. Si deve invece
constatare che esso viene tuttora, e forse più di prima, studiato nel campo
storico e viene sempre meglio illustrato dalle molteplici edizioni critiche di
testi dei grandi spirituali.
Ora domandiamoci: quali sono le cause di questa crisi
teorico-pratica dell'ideale mistico?
Si potrebbe dare al quesito una risposta sintetica e un po'
generica: essendo la Mistica la fase suprema e culminante della vita cristiana,
essa subisce fatalmente i contraccolpi di tutte le attuali crisi che oggi
travagliano il Corpo mistico: crisi della fede, crisi della morale, crisi del
celibato, del sacerdozio, della mortificazione... Ma è necessario cercare una
risposta più profonda, più scientifica, ossia bisogna tentare una soluzione più
specifica del problema, più dedotta ex propriis.
A
nostro modo di vedere si potrebbero ridurre le cause della decadenza
teorico-pratica dell'ideale mistico a questi tre capi, procedendo dall'esterno
all'interno, dal generico allo specifico:
1) negazione della metafisica da parte di quasi tutte le filosofie
oggi dominanti, e infiltratesi anche nel tessuto intimo dell'insegnamento
ecclesiastico;
2) il grave travaglio critico che investe tutte le norme e i
metodi dell'Ascetica tradizionale;
3) l'attuale impostazione antropologico-storica di tutta la
teologia.
Questa indagine eziologica la proponiamo qui come ipotesi di
lavoro, senza poterla documentare ampiamente — ciò che però ci ripromettiamo di
fare in articoli successivi —. Queste succinte pagine vogliono solo essere
introduttori e ad una futura analisi; perciò qui elencheremo brevemente,
seguendo la triplice divisione sopra data, i virus che in ciascun settore
più o meno direttamente intaccano la vitalità dell'organismo mistico.
1. Crisi filosofica
Metafisica e Mistica sono... sorelle siamesi, o per lo meno amiche
molto strette: ambedue, infatti, aspirano alla conquista dell'Assoluto, anche se
con mezzi assai diversi, anzi apparentemente contrari. La Metafisica è la
sorella storicamente più anziana che aiuta la Mistica a mettere le ossa,
offrendole, aiutata e sorretta dalla Rivelazione, l'alimento grezzo, la base con
la sua speculazione su Dio e i suoi attributi e perfezioni, e su Cristo,
immagine perfetta del Padre. Ora tutti sappiamo come oggi la Metafisica sia
negata, derisa, dichiarata assurda, impossibile, morta e seppellita. E i
necrofori sono tutte le varie filosofie imperanti: il marxismo materialista, il
neopositivismo, le varie filosofie analitiche del linguaggio, lo strutturalismo,
lo stesso esistenzialismo nella sua linea nichilista.
Tutte queste correnti, in maniera più o meno subdola, hanno invaso
parzialmente anche l'area cristiana, in cui è facile trovare scrittori e
insegnanti che inconsciamente rinnovano il principio della doppia verità: per un
verso credono più o meno fideisticamente all'esistenza di Dio uno e trino, ma
per un altro verso negano ogni possibile speculazione razionale sulla natura
divina, che invece nella grande tradizione medievale è stata considerata quale
remota pronuba del mistico matrimonio, come risulta anche dalla stessa storia
della spiritualità ebraica, induista e musulmana. Notisi anche che la stessa
speculazione metafisica sull'Essere supremo tende naturalmente a sfociare in una
specie di mistica contemplazione naturale, certo ben diversa dalla
contemplazione infusa, ma che comunque presenta con la medesima non poche
analogie, come bene ha dimostrato Th. Philippe O.P. nel suo ampio articolo:
Spéculation métaphysique et contemplation chrétienne, pubblicato su
Angelicum 1937, pagine 223-263.
2. Crisi ascetica
Se la Metafisica autentica è una sorella della Mistica, l'Ascetica
ne è addirittura una parte vitale, intrinsecamente incorporata alla Mistica,
tantoché anche il mistico più sublime non può e non deve distaccarsi
completamente dagli indispensabili esercizi ascetici. Infatti la ortodossia
della Mistica viene misurata dalla sua buona simbiosi teorica e pratica con
l'Ascetica. Senza previa preparazione ascetica niente mistica esperienza, almeno
in via ordinaria.
Ora è noto a tutti come la classica Ascetica cristiana sia
osteggiata con violenza non più o non tanto dai nemici esterni quanto dal di
dentro della Chiesa stessa. Recente prova ne sia l'articolo, a dire poco
scandaloso, del sacerdote spagnolo Fernando Urbina pubblicato sul n. 9 del 1975
della rivista Concilium. Il titolo è già un chiaro programma: La vita
spirituale come tentazione (pp. 124-146). L'Autore mette sotto accusa la
spiritualità, specialmente dei primi decenni del nostro secolo — e per
esemplificare cita, la Vita interiore del Tissot, L'anima di ogni
apostolato dello Chautard e Le tre età della vita interiore del P.
Garrigou-Lagrange — come responsabile di aver scisso l'unità operativa del
cristiano, e specialmente del sacerdote, privilegiando la vita di preghiera su
quella dell'azione apostolica e sociale, e facendo correre così il pericolo per
molte coscienze, di una falsificazione psicologica e di una complicità politica.
Secondo la strana ermeneutica storica di questo autore, la Chiesa oggi ha
perduto terreno su tutti i campi per colpa di quella tipica spiritualità, la
quale narcotizza l'asceta cristiano timoroso e gli fa perdere il senso della
concreta conflittualità sociale, chiudendolo in sé stesso!
Qui non intendiamo affatto confutare la sua complessa e sottile
diagnosi della dissociazione della vita spirituale dalla vita sociale reale, di
cui si è resa colpevole quella tale spiritualità, giacché abbiamo intenzione di
sottoporre quell'articolo ad una puntuale e precisa critica in un futuro numero
della Rivista.
Recentemente lo stesso Papa durante l'udienza dello scorso
mercoledì delle ceneri ha lanciato un accorato appello affinché non si trascuri
lo sforzo ascetico, di cui con chiarissime parole ne delinea la struttura:
Esso consiste in uno sforzo abituale della buona volontà, una
tensione morale vigilante e perseverante della coscienza sopra il dominio delle
proprie azioni, una attitudine normale di autogoverno, di padronanza di sé,
nell'intento di unificare il complesso meccanismo psicologico dei propri
istinti, delle proprie passioni, dei propri interessi, dei propri sentimenti,
delle proprie reazioni interiori ed esteriori, dei propri pensieri, sotto un
unico comando direttivo, l'amor di Dio e del prossimo, norma suprema e vitale
della personalità cristiana.
(Osservatore Romano, 4 marzo 1976)
Lo stesso Pontefice ricorda come oggi questo sforzo ascetico non
sia gradito:
Sappiamo tutti benissimo che questo capitolo del programma
rinnovatore della vita cristiana non gode il favore dell'opinione pubblica, e
nemmeno talvolta il dovuto rispetto di certi maestri che pur si qualificano
moralisti e per di più cristiani.
Assistiamo infatti a continui assalti indiretti, ma alle volte
anche molto diretti, contro ogni forma di mortificazione, la quale costituisce
appunto il fulcro centrale di ogni ascetica.
Si parte dalla esaltazione della spontaneità come valore
irrinunciabile, dalla gelosa difesa di tutto ciò che è naturale, in base ad una
diffusa concezione ottimistica dell'uomo, oramai dichiarato guarito dalle
vecchie ferite del peccato originale, sia perché esso non è affatto quello che
si credeva, sia perché la permanente efficacia della potenza redentrice di
Cristo risorto, tramite la fede (di marca protestante) continuamente lo
rintuzza, anche se rispunta sempre come i peli della barba, secondo una tipica
espressione dello stesso Lutero.
In modo particolare gli attacchi sono rivolti contro il valore
della verginità, considerata come intrusione in campo cristiano di un mito
pagano, o per lo meno di idee neoplatoniche e manichee, ignote al vero senso
delle Sacre Scritture. Lo stesso dicasi della lotta tra carne e spirito.
L'obbedienza poi è stata praticamente nullificata sia per la
instaurazione del metodo democratico a tutti i livelli, sia per la elevazione
della coscienza individuale ad unico insindacabile criterio delle nostre
azioni.
Conseguentemente lo stato religioso è stato intaccato alla base e
declassato dal suo ruolo di scuola specifica e paradigmatica di perfezione
evangelica; e per di più è stato in sede pratica gettato in un incredibile
marasma a causa del programmato aggiornamento obbligatorio, che fatalmente
— com'era facile prevedere — si è risolto in una colluvie di discussioni,
esperienze, scissioni, turbamenti di ogni genere, legislazioni ambigue, frutto
naturale del compromesso, storico anche questo, tra progressisti e
tradizionalisti. Il colpo mortale all'Ascetica classica è stato inferto dalla
nuova teoria, convalidata dall'alto, tendente alla super-esaltazione dei
cosiddetti valori terrestri, o umani, o sociali, quasicché la sana dottrina
cattolica non abbia sempre favorito nei giusti limiti la scienza, l'arte, la
famiglia, i doveri sociali. Un'altra grave ferita alla prassi e alla dottrina
ascetica tradizionale è stata causata dall'aver sostituito e quasi contrapposto
allo stato di perfezione la perfezione degli stati, spaccando così
l'unità vitale dell'unica ascetica evangelica che trovava nel radicale
rinnegamento di noi stessi tramite i tre voti la legge suprema, uguale per tutti
come ideale, ma in concreto applicabile, caso per caso, persona per persona,
in re o solo in voto (ossia nel desiderio), secondo le rispettive
vocazioni.
Nel campo poi delle spiritualità dei singoli ordini religiosi, è
avvenuto questo strano fenomeno, che mentre a priori si è canonizzato il
pluralismo dei carismi, a posteriori si è caduti in una monocorde e
piatta uniformità, come appare evidente dalla semplice lettura delle varie
regole aggiornate; cosicché le singole famiglie monastiche sono state private
delle loro spicciole pratiche ascetiche, che avevano un loro valore speciale,
come frutto di secolari esperienze di quel determinato istituto con quella
determinata finalità. Si pensi, per portare un solo esempio, alla importanza
della "sacratissima silentii lex" per l'Ordine domenicano, ora praticamente
inesistente.
A
tutto questo si aggiunga la decadenza pratica in cui sono cadute la direzione
spirituale, la orazione discorsiva o meditazione, e l'esame di coscienza
particolare e la stessa confessione sacramentale.
3. Crisi teologica
Vitale e intimissima è la dipendenza della Mistica dalla Teologia
generale, tantoché come dottrina non si dovrebbe distinguere da essa, cioè tutta
la Teologia è spirituale, quindi almeno tendenzialmente mistica.
Se è vero che la Teologia è il consapevole ripensamento della fede
rivelata per incarnarla nella mente e nel cuore umani, svilupppandone le
virtualità e traducendole in pratica nella nostra progressiva deificazione (la
quale consiste nella grazia santificante e cristiforme evolventesi via
via in una sempre più intima unione con Dio, di cui qui in terra la
contemplazione mistica e l'amor puro infuso rappresentano il grado supremo,
preludio alla visione beatifica) ne consegue che la speculazione teologica è di
suo ordinata alla esperienza mistica.
Ma c'è, storicamente parlando, teologia e teologia. Ora l'attuale
Teologia, non avendo più per suo oggetto formale proprio: Deus sub ratione
Deitatis consideratus in se ipso et in suis partecipationibus formalibus, ma
Dio come protagonista della storia della salvezza umana, essa non è certo
indirizzata a fomentare la contemplazione mistica e l'amor puro, sua fonte e suo
termine, che hanno appunto come oggetto primario Dio, la sua vita trinitaria, le
sue perfezioni entitative più che operative.
A
ciò si aggiunga la fatale mutazione del metodo conseguente allo spostamento
dell'oggetto proprio. Il nuovo metodo teologico, invece di essere speculativo e
partire dall'alto, ha assunto in pieno la dimensione antropologica e si è fatto
storico-genetico. A ciò si aggiunga ancora la eccessiva preoccupazione
ecumenica, per cui la nostra teologia in questi ultimi anni è diventata
scandalosamente succube di quella protestante, che come è risaputo, è piena di
riserve e di prevenzioni contro la Mistica, e si capirà facilmente perché il
divorzio tra teologia dogmatica e teologia mistica sia stato consumato in misura
così radicale.
Prova ne sia l'emarginazione del classico trattato dei doni dello
Spirito Santo, fagocitati dai carismi (che sono pero un'altra cosa); l'accento
posto quasi esclusivamente sull'amore del prossimo a detrimento del primato
dell'amore a Dio; il sociologismo e l'orizzontalismo considerati come la vera e
più genuina dimensione del cristianesimo che vede in Cristo soprattutto "l'uomo
per noi" e non il vertice della religiosità teocentrica, il "religioso" per
eccellenza; l'accentuazione sulla nascita laicale e non sacerdotale di Cristo;
la difesa teologica della secolarizzazione, con lo specioso pretesto che
l'autonomia del profano è voluta da Dio espressamente nella Sacra Scrittura; la
spiritualità escatologica immanentizzata, ma resa in questo modo evanescente, al
posto della classica dottrina sui Novissimi e sulla visione beatifica; la
esagerata divisione, per non dire, contrapposizione tra religione e fede, tutta
a beneficio della seconda e a detrimento della prima; la esasperata esaltazione
della preghiera liturgica o comunitaria con relativo deprezzamento di quella
intima e privata; la parola di Dio nella Bibbia considerata come più efficace e
nutriente della stessa Eucarestia; la grazia santificante concepita non più
tomisticamente come una realtà entitativa informante l'essenza dell'anima ed
evolventesi in un dinamico organismo, ma come un semplice benevolo affettuoso
sguardo divino che accarezza l'anima. E si potrebbero facilmente enumerare molti
altri aspetti e atteggiamenti della attuale corrente teologia, i quali certo non
concorrono a potenziare la nostra spinta verso la intimità divina.
Molti teologi moderni non vogliono neppure sentire nominare la
Mistica, perché secondo loro si tratta di una parola e di un contenuto ellenici
e quindi pagani, subdolamente penetrati nel tessuto del pensiero cristiano, dal
quale vanno espulsi come elementi eterogenei.
Ancora una volta Louis Bouyer in un denso e illuminante libretto,
il cui titolo non fa minimamente sospettare la tematica di fondo ivi svolta,
Religioni e preti contro Dio (trad. italiana di B. Marenco, Ed. Rusconi,
Milano, pp. 120, L. 2.000) ha spezzato da pari suo una lancia contro la tesi
dell'origine pagana del nome e del contenuto della Mistica cristiana.
Da quelle stringate e persuasive pagine vogliamo offrirvi qui
alcuni stralci molto persuasivi specialmente se riposti nel contesto.
Egli considera Alberto Ritschl (1822-1889) come primo e maggiore
responsabile nel protestantesimo moderno della diffidenza, anzi del ripudio più
radicale della Mistica cattolica.
Secondo questo celebre teologo protestante:
il cattolicesimo manifesterebbe la propria infedeltà al vero
cristianesimo e all'ispirazione della Bibbia appunto perché teso al misticismo
con tutto il suo orientamento profondo. Il misticismo non sarebbe che il frutto
supremo del paganesimo, la ricerca illusoria di un falso dio estraneo alla
creazione e indifferente alla sua salvezza. Esso viene contestato da tutto il
profetismo biblico mentre il Vangelo di Gesù, il Vangelo del regno di Dio da
stabilire sulla terra, ne è la condanna definitiva... (p. 75).
Al seguito di Ritschl, l'opposizione tra Mistica e Bibbia è stata
sempre più elaborata
fino a diventare come un assioma per i teologi protestanti,
seppure appartenenti alle più opposte tendenze. Ai nostri giorni essa trova
un'espressione particolarmente imperiosa in Ebeling, ma è diffusa dappertutto,
tanto fra i protestanti " ortodossi " come fra i liberali (p.
76).
Detta concezione protestante della Mistica come elemento più o
meno pagano è purtroppo rimbalzata in campo cattolico, dove con molta
faciloneria è stata recepita anche da specialisti.
Non fa meraviglia, anche se la cosa è paradossale, che i cattolici
ricalchino oggi le torme di tali speculazioni che hanno voluto e vogliono essere
espressamente anticattoliche. Ed è curioso che esse affascinino anche certuni
che una migliore informazione avrebbe presumibilmente dovuto trattenere
dall'accettare giudizi tanto semplicistici, come fa padre Festugière ne
L'Enfant d'Agrigente (p. 77).
Proprio recentemente le pagine qui criticate del domenicano
Festugière sono state ripubblicate a parte sotto il titolo molto significativo:
Le sage et le saint nella collezione Foi Vivante, Parigi, Plon,
1974, pp. 98.
Ma il Bouyer dimostra come il nome e il contenuto della Mistica
cristiana sono di pretta origine vitale interna al cristianesimo stesso.
La Mistica vera, lungi dall'opporsi alla linea autentica di
sviluppo della spiritualità biblica, ne segue perfettamente la trama. Bisogna
alla fin fine riconoscere il tatto macroscopico contro cui urtano e si
infrangono le speculazioni dualistiche che abbiamo discusso e cioè, il fatto che
la nozione stessa della mistica è frutto dell'ispirazione biblica e solo di
essa, è comparsa non al di fuori del cristianesimo o sotto influssi estranei ad
esso bensí nel suo seno e per una derivazione spontanea e irresistibile (pag.
91-92).
Lo prova con evidenza lo studio semantico del termine, sicché è
pressoché incredibile che tanti dotti (o semidotti) continuino a farne uso
ignorandone totalmente l'origine e l'evoluzione. Né Plotino o gli altri
neoplatonici, né qualche autore platonico prima di loro, né l'ermetismo o altro
movimento analogo (per esempio orfico) adoperano mai il termine "mistico " in
rapporto a una qualche esperienza di unione con Dio. E' solo nel cristianesimo,
e in stretta relazione con i dati più specificamente biblici ed evangelici, che
esso, dal significato banale di "segreto" che ha nella grecità profana, è
assurto al senso che noi gli attribuiamo spontaneamente. (p.
93).
Dopo averci brevemente detto l'uso che del termine mystikos
fanno Clemente, Origene e i Padri Cappadoci, così prosegue e conclude:
Infine san Gregorio di Nissa sarà il primo a chiamare mistica
l'esperienza cristiana per eccellenza, cioè la percezione della presenza divina
che si comunica a noi con la mediazione delle scritture e la partecipazione ai
sacramenti. Tuttavia il primo a usare sistematicamente l'aggettivo in questo
senso sarà lo Pseudo-Dionigi, però con una tipica insistenza sul contesto della
fede nelle scritture e della celebrazione sacramentale in tale fede. (p.
94).
Concluderemo anche noi questo terzo paragrafo con un pensiero del
medesimo autore: Non si dà Teologia valida se non nella fede e in una fede
autentica come quella che tende a superarsi nella Mistica, e più precisamente
nella Mistica dell'amor di Dio diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che
ci è stato donato.
4. Obiezioni
A
parte le osservazioni critiche di dettaglio che il lettore potrebbe fare
direttamente alla nostra diagnosi dell'agonia della Mistica, ciascuno,
leggendola, avrà pensato che a quei sintomi evidenziati pessimisticamente da chi
scrive queste pagine, si potrebbero contrapporre ottimisticamente altri
fenomeni; p. es. i seguenti: oggi vi è molto interesse per la mistica induista,
per lo yoga, per lo zen; si parla e si scrive molto sulla contemplazione; vi
sono un po' dappertutto cenacoli di intensa preghiera; e soprattutto il
movimento carismatico pentecostale non è una macroscopica risposta alla prognosi
di una imminente morte della mistica nella Chiesa di oggi? Risponderemo
brevemente e provvisoriamente a queste obiezioni: a) il nostro discorso è
un discorso all'interno della Chiesa; riguarda cioè la Mistica cristiana. E del
resto il fatto che tra questi fautori delle mistiche esoteriche ci siano anche
dei cattolici starebbe a dimostrare la nostra tesi, e cioè che costoro non
trovando nella Chiesa per le ragioni anzidette lo slancio mistico, lo vanno a
cercare altrove. b) E' vero, sulla contemplazione anche in questi ultimi
anni si è scritto non poco, pero nella maggior parte dei casi il termine è stato
usato per lo più in senso lato e generico di intima preghiera, di meditazione,
di vita raccolta, e così via, ma non nel senso tecnico di contemplazione infusa;
c) La diffusione di centri specialmente giovanili dediti alla preghiera
specialmente comunitaria fa ben sperare; ma siccome questi giovani spesso non
sono allenati metodicamente allo sforzo ascetico collaterale, non sarà facile
che la loro preghiera raggiunga le vette della esperienza mistica; d) La
medesima risposta vale anche per i pentecostali, benché di essi chi scrive non
abbia una conoscenza diretta. Da quanto abbiamo letto ci è venuto il sospetto
che quell'entusiasmo, produce sì un sensibile miglioramento spirituale, ma forse
non riuscendo a creare una armoniosa e solida unità interiore, abitualmente
frutto solo di un lungo e metodico esercizio ascetico, sia destinato ad
attenuarsi e pian piano a sparire. Comunque chi vivrà, vedrà.
Ripetiamo, anche per non essere fraintesi, noi non neghiamo
affatto che oggi esistano delle anime autenticamente mistiche, cioè a dire,
veramente sante, molto più che noi sosteniamo che è impossibile la vera santità
senza un diretto intervento divino per purificare fino alle radice il cuore
dall'innato egoismo e introdurvi quindi l'amore puro infuso, generalmente
connesso in modo vitale con qualche bagliore di contemplazione infusa—quindi non
si dà santità perfetta senza esperienza mistica. E la santa Chiesa
cattolica ha sempre dei santi che nella unità profonda della loro
vita interiore — Fernando Urbina permettendolo — bruciano tutte le antitesi tra
vita interiore e vita sociale, tra orizzontalismo e verticalismo.
Per rendere più tangibile quanto diciamo porteremo una
testimonianza attuale, desumendola dall'opuscolo "Fatima e Balazar celeste
gemellaggio". Premettiamo che Balazar è la patria di Alexandrina Da
Costa (1904-1955), autentica mistica, morta vittima per la salvezza delle anime.
E' un sacerdote che parla:
"una sera ebbi l'idea di partecipare a una tavola rotonda. La
discussione era tenuta da un pretino coi capelli arruffati, da tre ragazzi
muniti di barba e da alcune ragazze conciate in maniera eccentrica. I termini
che ricorrevano più frequentemente erano orizzontalismo, alienazione,
spiritualità di evasione, comodo misticismo. La sostanza del discorso fu
questa: il rapporto con Dio può costituire un alibi per non occuparsi dei
fratelli. Lo sguardo rivolto al cielo distrae dal compito di costruzione del
mondo. Meno misticismo e più disponibilità alle sofferenze altrui ". (p. 42).
E' la tesi di Urbina. Ecco ora la risposta... esistenziale di una vera
mistica, cioè Santa:
"Il suo cuore [di Alexandrina], proprio perché unito sempre al
Cuore di Gesù fino alla mistica identificazione con Lui, si è dilatato a
dismisura e abbracciava tutti si commoveva per tutto si immedesimava di
tutto quello che era del prossimo e donava sempre e si donava completamente.
I
compaesani alla sua morte vestirono a lutto per un mese e commentavano: E' morta
la mamma di Balasar!" (p. 43).
Altro che alibi, altro che isolamento!
5. Conclusione
Se la nostra diagnosi — del resto molto sommaria e sbrigativa — è
vera, per salvare la Mistica dalla sua agonia, bisogna ritornare alla
metafisica classica, all'ascetica classica, alla teologia classica,
non certo materialmente e meccanicamente, ma con tutte le finezze, le
correzioni, gli apporti validi di quest'ultimi decenni, vitalmente assimilati
per opera di qualche sublime genio che sia anche un grande santo.
Speriamo che la misericordia divina agli infiniti miracoli del
passato aggiunga anche questo nuovo, prima che la Mistica, in senso
socio-culturale, passi dall'attuale convulsa agonia ad una squallida morte, che
del resto sarebbe la necessaria conseguenza della presunta e tanto proclamata
morte di Dio. Il fatto pero che questa blasfema e assurda espressione non
susciti l'orrore e l'indignazione nel nostro campo, ma anzi una benevola e
positiva considerazione perché si presume che contribuirebbe a purificare il
nostro concetto di Dio, è la prova provata che oramai la nobile razza dei
mistici puri, dei paladini dell'Assoluto, è già morta e seppellita. Preghiamo
perché Dio la risusciti!
©
"La nuova rivista di ascetica e mistica", 1976, 2, pp. 105-116
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Ultimo aggiornamento: mercoledì
24 agosto 2005
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