martedì 5 giugno 2012

LA PARUSIA SECONDO LA DOTTRINA CATTOLICA

LA PARUSIA: attendiamo l'unico ed ultimo ritorno del Cristo ReUltimo Aggiornamento: 24/05/2012 09.42
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02/09/2009 00.51
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Sulla scia di questo thread:Perchè si crede alle profezie Maya (e altre) e non a quelle del Cristo?

affronteremo ora l'argomento della PARUSIA= venuta-ritorno del Signore Gesù.....

(Abacuc, 2, 1-3): “Mi metterò da sentinella in piedi sulla fortezza a spiare, per vedere che cosa mi dirà, che cosa risponderà ai miei lamenti. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga facilmente. E’ una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà».


(2 Pietro, 3,12): “Quali non dovete essere voi nella santità della condotta e della pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i Cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno!”.


(Matteo, 24,22): “. . . E se quei giorni (i giorni della ‘grande tribolazione ’ che precederanno ‘il giorno di Dio ’) non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati”.


QUANDO VERRA’ QUESTO REGNO?
Il Signore non ha scarseggiato nel dare indicazioni (“i segni dei tempi”). Il Signore non risponde dando una data, ma descrivendo UNA SITUAZIONE, perché non interessa soddisfare la nostra curiosità, ma stimolare il nostro desiderio verso di LUI e richiamarci alla conversione.


(Isaia, 21, 11-12): “«Sentinella, QUANTO RESTA DELLA NOTTE? Sentinella, QUANTO RESTA DELLA NOTTE?». La sentinella risponde: «Viene il mattino, poi ancora la notte; se volete domandare, domandate; convertitevi, venite!»” (E’ inutile voler sapere, se non c’è la conversione).


Ecco la Prima venuta di Gesù, l'Incarnazione, LA LUCE CHE DISSIPA LE TENEBRE DELLA NOTTE:


(Sapienza 18, 14-15): “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e LA NOTTE ERA A META’ DEL SUO CORSO, la tua Parola Onnipotente del Cielo, dal tuo trono regale. . . discese in quella terra di sterminio”.

“. . . Poiché lo Sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A MEZZANOTTE si levò un grido: «Ecco lo Sposo, andategli incontro!»”. (Matteo, 25,6).


“Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà fede sulla terra?” (Luca, 18,8). “Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora che non pensate” (Luca, 12,40).


(San Paolo ai Romani, 13,12): “LA NOTTE E’ AVANZATA, IL GIORNO E’ VICINO. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della Luce”.


E’ evidente, purtroppo, che il peccato dilaga nel mondo, con tutte le sue conseguenze di male, nonostante che la Redenzione di Cristo abbia cancellato tutti i peccati davanti al Padre. E’ evidente, purtroppo, che Dio ancora non regna nel mondo.


Per questo ci ha insegnato la Sua Preghiera, il PADRE NOSTRO, affinché essa ottenga finalmente che VENGA IL SUO REGNO, e ciò significa:


  • Che ancora deve venire (infatti non diciamo «il tuo Regno che è già venuto»);
  • e che si deve realizzare in questo mondo (infatti non diciamo «andiamo al Tuo Regno»);


QUANDO VERRA’ IL SIGNORE COME RE? Dobbiamo chiarire, a questo punto, che la prima venuta di Gesù, come Redentore del mondo, fu nella Sua Incarnazione.
La “Parusìa” invece significa la Sua Venuta o RITORNO GLORIOSO


Per la prima venuta di Gesù, nella Sua Incarnazione, il segno DECISIVO fu quando, rivolgendosi per mezzo di un’Angelo a Maria, Le diede L’ANNUNCIO dell’Incarnazione.
Quando fece conoscere IN QUALE MODO doveva venire al mondo.
La stessa cosa avviene per quanto riguarda la Sua NUOVA VENUTA come RE.

Gesù dice dello SPIRITO SANTO: «Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà» (Giovanni, 16,14), cioè Lo Spirito Santo guida La Chiesa attraverso doni gerarchici e doni carismatici (Concilio Ecumenico Vaticano Secondo – Lumen Gentium n.4)

MA QUANTO AL GIORNO E ALL'ORA NESSUNO LO SA....
MA DIFFIDATE DI CHI PREDICA UNA VENUTA INTERMEDIA DI CRISTO....GESU' E' GIA' IN MEZZO A NOI NELL'EUCARESTIA....

segue l'insegnamento della Chiesa.....




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/09/2009 00.56
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Abbiamo lo stesso Catechismo che ci dona delle approfondite meditazioni....
Articolo 7: « Di là verrà a giudicare i vivi e i morti »


I. « Di nuovo verrà, nella gloria »
II. Per giudicare i vivi e i morti
In sintesi


Articolo 12: « Credo la vita eterna »
I. Il giudizio particolare
II. Il cielo
III. La purificazione finale o purgatorio
IV. L'inferno
V. Il giudizio finale
VI. La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova
In sintesi
« Amen »


II. « Venga il tuo regno »
2816 Nel Nuovo Testamento la parola « Basileia » può essere tradotta con « regalità » (nome astratto), « regno » (nome concreto) oppure « signoria » (nome d'azione). Il regno di Dio è prima di noi. Si è avvicinato nel Verbo incarnato, viene annunciato in tutto il Vangelo, è venuto nella morte e risurrezione di Cristo. Il regno di Dio viene fin dalla santa Cena e nell'Eucaristia, esso è in mezzo a noi. Il Regno verrà nella gloria allorché Cristo lo consegnerà al Padre suo:
« È anche possibile che il regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perché in lui risuscitiamo, così può essere il regno di Dio, perché in lui regneremo ». (76)

2817 Questa richiesta è il « Marana tha », il grido dello Spirito e della Sposa: « Vieni, Signore Gesù ».
« Anche se questa preghiera non ci avesse imposto il dovere di chiedere l'avvento del Regno, noi avremmo, con incontenibile spontaneità, lanciato questo grido, bruciati dalla fretta di andare ad abbracciare ciò che forma l'oggetto delle nostre speranze. Le anime dei martiri, sotto l'altare, invocano il Signore gridando a gran voce: "Fino a quando, Sovrano, non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?" (Ap 6,10). A loro, in realtà, dev'essere fatta giustizia, alla fine dei tempi. Signore, affretta, dunque, la venuta del tuo regno! ». (77)

2818 Nella Preghiera del Signore si tratta principalmente della venuta finale del regno di Dio con il ritorno di Cristo. (78) Questo desiderio non distoglie però la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi, la impegna maggiormente. Infatti, dopo la pentecoste, la venuta del Regno è opera dello Spirito del Signore, inviato « a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione ». (79)


2819 « Il regno di Dio [...] è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo » (Rm 14,17). Gli ultimi tempi, nei quali siamo, sono i tempi dell'effusione dello Spirito Santo. Pertanto è ingaggiato un combattimento decisivo tra « la carne » e lo Spirito: (80)
« Solo un cuore puro può dire senza trepidazione alcuna: "Venga il tuo regno". Bisogna essere stati alla scuola di Paolo per dire: "Non regni più dunque il peccato nel nostro corpo mortale" (Rm 6,12). Colui che nelle azioni, nei pensieri, nelle parole si conserva puro, può dire a Dio: "Venga il tuo regno!" ». (81)
2820 Con un discernimento secondo lo Spirito, i cristiani devono distinguere tra la crescita del regno di Dio e il progresso della cultura e della società in cui sono inseriti. Tale distinzione non è una separazione. La vocazione dell'uomo alla vita eterna non annulla ma rende più imperioso il dovere di utilizzare le energie e i mezzi ricevuti dal Creatore per servire in questo mondo la giustizia e la pace. (82)
2821 Questa domanda è assunta ed esaudita nella preghiera di Gesù, (83) presente ed efficace nell'Eucaristia; produce il suo frutto nella vita nuova secondo le beatitudini. (84)
(76) San Cipriano di Cartagine, De dominicaOratione, 13: CCL 3A, 97 (PL 4, 545).
(77) Tertulliano, De oratione, 5, 2-4: CCL 1, 260 (PL 1, 1261-1262).
(78) CfTt 2,13.
(79) Preghiera Eucaristica IV: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 413.
(80) Cf Gal 5,16-25.
(81) San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mystagogicae, 5, 13: SC 126, 162 (PG 33, 1120).
(82) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudiumet spes, 22: AAS 58 (1966) 1042-1044; Ibid., 32: AAS: 58 (1966) 1051; Ibid., 39: AAS 58 (1966) 1057; Ibid., 45: AAS 58 (1966) 1065-1066; Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 31: AAS 68 (1976) 26-27.
(83) CfGv 17,17-20.
(84) CfMt 5,13-16; 6,24; 7,12-13.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/09/2009 01.04
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… aiutare a viverla più pienamente


Il credente non può stare indifferente di fronte ai fatti straordinari, in buona parte di matrice mariana, che si succedono da più di quasi duecento anni. Un atteggiamento equilibrato, pensiamo, deve tenere conto di tre affermazioni: tali fatti non sono contrari alla fede, possono comportare degli sbandamenti, necessitano di un serio discernimento.
I - non sono contrari alla fede
Molti sono dell’avviso che , chiusa la rivelazione “pubblica”, cioè quella corrispondente alle Sacre Scritture, non c’è più bisogno di rivelazioni “private” per alimentare o addirittura suscitare, come capita talvolta, la fede. Una posizione del genere, un po’ intellettualista del resto, rimane insostenibile e in qualche modo presuntuosa in quanto la storia della salvezza prosegue anche dopo la chiusura della Rivelazione per cui Dio è libero di continuare a visitare l’umanità con ulteriori interventi straordinari o rivelazioni private tutte le volte che lo giudica opportuno e utile.
In tal senso, non si può non sottoscrivere il seguente giudizio di S.Alfonso de Liguori in Le glorie di Maria: «Taluni pregiandosi d’essere spregiudicati si fanno onore di non credere altri miracoli se non quelli che stanno registrati nelle Sacre Scritture, stimando gli altri quasi come novelle e favole da femminucce. Ma come è debolezza il dar credito a tutte le cose, così il ributtare i miracoli che vengono attestati da uomini gravi e pii o è segno di infedeltà, pensando che a Dio siano impossibili, o segno di temerità, negando il credito a tal sorta di autori».
L’insegnamento ufficiale della Chiesa fa capire che seppure nessuno sia tenuto ad aderire alle rivelazioni private riconosciute dalle autorità ecclesiastiche, non si possono tuttavia rifiutare senza la dovuta modestia e con disprezzo. Il concilio Vaticano I rigetta l’opinione di coloro che accolgono solo le attestazioni interiori della fede e rifiutano di ammettere che la rivelazione divina possa essere resa credibile con segni esteriori.
Il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica specifica al n.67 che il ruolo delle rivelazioni private «non è quello di “migliorare” o di “completare” la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica». Non dimentichiamo, poi, che la Chiesa ha dato un riconoscimento ufficiale a molte rivelazioni private canonizzando o beatificando dei veggenti (per esempio Catherine Labouré della Rue du Bac, 1830, Bernadette Soubirous di Lourdes, Francesco e Giacinta di Fatima) e facendo propri alcuni insegnamenti come quelli sul Sacro Cuore di Gesù a santa Margherita Alacoque.
Insomma, di fronte ai fatti straordinari e alle rivelazioni private, deve esserci da parte del credente un atteggiamento di apertura perché a Dio tutto è possibile, seppure non di attesa perché a Dio sembra bastare ciò che Egli ci concede ora e abitualmente.


II - attenti agli sbandamenti


Di fronte ad eventuali fatti straordinari, i vescovi non esitano, talvolta, a formulare delle condanne vere e proprie. È il caso di Dozulé, in Francia, dove “il Sacro Cuore di Gesù”, tramite la veggente Madeleine Aumont, avrebbe chiesto la costruzione di una croce di 738 metri di altezza per la conversione dei peccatori: una richiesta, questa, che si squalifica da sola per il suo sapore quasi magico e, soprattutto, per la sua assurdità, considerando che il più alto grattacielo del mondo (in Malesia) misura “appena” 450 metri…
È pure il caso di Marisa Rossi, veggente della “Madre dell’Eucaristia” a Roma, che ha convinto un sacerdote, don Claudio Gatti a seguirla spiritualmente e al quale ha fatto credere, anche sulla base di prodigi come ostie sanguinanti o trasformate in carne, di essere stato consacrato vescovo direttamente da Gesù. Don Gatti è stato sospeso a divinis.
Andrebberro senz’altro vagliati più attentamente i messaggi presumibilmente consegnati dalla Madonna a don Stefano Gobbi, fondatore del Movimento Sacerdotale Mariano, e nei quali, tra le tante cose, si parla dell’avvento dell’Anticristo per il 1998, della massoneria che avrebbe messo il centro in Vaticano e, soprattutto, «del ritorno di Gesù nella gloria per instaurare il suo regno nel mondo» per il 2000 (messaggio del 5 dicembre 1994). L’ultima affermazione, in particolare, ossia quella di una venuta intermedia gloriosa di Gesù Cristo prima della parusia o fine del mondo, costituisce una eresia vera e propria, e i tentativi da parte di don Gobbi per interpretarla in maniera “spirituale” risultano poco convincenti.
(siamo nel 2009 e le profezie di don Gobbi non si sono avverate! Chiunque parli di date va contro l'affermazione del Cristo stesso: quanto al giorno e all'ora, NESSUNO LO SA!)


iii - il correttivo della fede


La fede implica l’adesione a un parola che non si può verificare e a cose che non si vedono; essa ingenera un atteggiamento che non va alla ricerca di segni, di prodigi, di visioni o di locuzioni interiori, anche se, come già detto, Dio è libero di suscitarli come vuole e quando lo ritiene utile per la nostra salvezza. Santa Teresa di Gesù Bambino affermava: «all’estasi preferisco la monotonia del sacrificio». È indubbio che l’atteggiamento di chi ricerca tali cose confonde il soprannaturale che nutre con lo straordinario che luccica e deriva da una incapacità di cogliere ciò che davvero è straordinario nella stessa parola di Dio: l’amore gratuito del Dio uno e trino che ci vuole creandoci, che si incarna in Gesù Cristo morto e risorto per noi, e che ci invita a condividere per l’eternità la sua beatitudine. Tale atteggiamento rassomiglia a quello dei bambini viziati mai soddisfatti e incapaci di meravigliarsi più di nulla, e quindi sempre bisognosi di ulteriori surrogati.
In ogni modo, ci si deve affidare al discernimento della Chiesa che, se apparentemente troppo lento e prudente, costituisce l’unica garanzia: «Il giudizio sulla loro genuinità [dei carismi straordinari] e sul loro uso ordinato appartiene a coloro che detengono l’autorità della Chiesa; ad essi spetta soprattutto di non estinguere lo spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono» (Lumen Gentium, n.12).
Già nella Chiesa primitiva, il profeta non rappresenta più una figura a se stante, alla quale deve sottostare la comunità, ma è quest’ultima ad esercitare il proprio discernimento nei suoi confronti. Contrariamente a quanto avviene in chi è convinto di avere un accesso diretto e preferenziale a Dio che offusca o sostituisce addirittura il legame con la Chiesa istituzionale, giudicata corrotta, sclerotizzata, infiltrata dalla massoneria. Una presunzione, questa, che spalanca la porta all’inganno diabolico.
Cf. François-Marie Dermine, Mistici, veggenti e medium – Esperienze dell’aldilà a confronto, LEV, Città del Vaticano 2002




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/09/2009 01.09
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UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI
Mercoledì, 8 settembre 1971

Una parola chiave per comprendere la dottrina generale del Concilio è quella che suona «escatologia». Parola strana all’orecchio non iniziato al linguaggio biblico e teologico, per la sua etimologia greca, che si risolve in questo significato: scienza delle cose ultime: «escatos» infatti vuole dire ultimo. E non solo questa parola (o più spesso il suo significato) è ricorrente in tanti passi dei documenti conciliari, ma domina tutta la concezione della vita cristiana, della storia, del tempo, dei destini umani oltre la morte (quelli che il catechismo e la predicazione chiamano i «novissimi», cioè: morte, giudizio, inferno, paradiso), ma specialmente domina la concezione del disegno divino sull’umanità, sul mondo, sull’epilogo finale, glorioso ed eterno della missione di Cristo. Questa concezione ci richiama ad una Chiesa in cammino verso un’altra vita, non stabilita definitivamente in questa terra, ma provvisoria, e tesa in un messianismo che si colloca oltre il tempo.


Questa visione dell’«al di là» è di somma importanza per ogni ordine di cose: vi è un «al di là»? quale sarà? come lo possiamo conoscere? quale influsso ha su l’«al di qua» la risposta a queste domande? la vita nostra finisce qui, sulla terra, o continua in qualche maniera, e quale, in un altro mondo? La stima dei valori umani e temporali, cioè la filosofia della vita, si capisce, dipende dall’esistenza affermata, o negata, o anche solo supposta (Cfr. Pascal) di una vita futura, dall’immortalità dell’anima e dalla sua responsabilità di fronte a un Dio giudicante. Per di più, la sorte di una singola esistenza umana non è estranea al disegno generale che riguarda l’umanità; e se questa è stata pensata da Dio nella intuizione d’un fine, il raggiungimento di questo fine, cioè la fine della scena umana nel tempo, diventa per la legittima e implacabile curiosità estremamente interessante. L’«al di là», cioè la realtà escatologica, assume dunque un triplice significato, riferito il primo alla condizione del nostro essere personale dopo la morte; riferito il secondo nel senso più proprio al regno di Dio e di Cristo dopo la sua risurrezione e dopo la «fine del mondo»; e il terzo a tutta la realtà soprannaturale. Ecco dunque l’interesse dell’escatologia: la fine dell’uomo e del tempo che raggiunge il fine dell’umanità e della storia, prestabilito da Dio.
Vediamo come il Concilio ci presenta le cose. Naturalmente la lampada della fede rischiara l’immenso quadro misterioso del tempo presente e dell’al di là, dove la Chiesa appare appunto come il disegno di Dio tracciato sullo sfondo dell’universo, e rivela il suo proprio essenziale carattere escatologico.


«La Chiesa, - è detto nella costituzione conciliare che la riguarda - alla quale tutti siamo chiamati in Cristo Gesù e nella quale mediante la grazia di Dio acquistiamo la santità (finalità nostra personale), non avrà il suo compimento se non nella gloria del Cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose (Cfr. Act. 3, 21) e col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente congiunto con l’uomo e per mezzo di lui raggiunge il suo fine, sarà perfettamente restaurato in Cristo» (Cfr. Eph. 1, 10; Col. 1, 20; 2 Petr. 3, 10-13).


Dunque, vediamo quante verità veniamo subito a conoscere. Una sapienza governa il mondo, e svolge in esso un piano provvidenziale per l’umanità. Questo piano diventa logico e operante in Cristo, e per Lui nella Chiesa. La Chiesa è «in fieri», in divenire, non è al suo stato completo e perfetto; è pellegrina sulla terra e nel tempo. Esiste una vita futura. Esiste un regno avvenire, dove la luce, la vita, la felicità saranno concesse in grado di pienezza e senza limiti di durata. Anche le cose create supereranno lo stato presente, soggetto ad una intrinseca pressione evolutiva, per subire una metamorfosi di nuova perfezione (Cfr. Rom. 8, 22). Siamo nella fase intermedia dell’esistenza, cioè tra un grado iniziale e un grado superiore, escatologico. Siamo nella fase della speranza (Ibid. 23-25).


Così che sappiamo che cosa rispondere all’opinione di quelli che, interpretando gli scritti del Nuovo Testamento circa gli avvenimenti escatologici, sostengono che essi, venuto il Messia, sono già stati realizzati, e quindi non vi sarebbe altro da attendere; il cristianesimo, dicono, riguarda il presente, non il futuro. Noi stiamo alle parole del Signore, le quali ci assicurano che, venuto Lui nel nostro mondo, già «il regno di Dio è in mezzo a noi» (Cfr. Luc. 17, 21); già noi ora possediamo, nella Chiesa animata dallo Spirito Santo, immense ricchezze di vita nuova; ma poi, con afflato profetico che respira in tutto il Vangelo, Cristo ci ammonisce che la sua venuta storica, quale noi conosciamo dal Vangelo, non è l’ultima.


L’ultima, quella escatologica, che con altro termine, distinto per noi ora da un significato specifico, chiamiamo la «parusia» (che vuol dire presenza, avvento, apparizione), sarà «nel giorno del Signore» (Cfr. Is. 2, 12; 13, 6; ecc.), quando Cristo ritornerà per «giudicare i vivi ed i morti», e per inaugurare la teofania finale, la visione beatifica dell’eternità.


Tutti certamente ricordiamo i grandi discorsi del Signore su questo tema apocalittico, nei quali le prospettive del futuro si sovrappongono misteriosamente, e sui quali dovrà indugiarsi lo studio attento e docile alla interpretazione della Chiesa.


Abbiamo la certezza circa le catastrofi escatologiche, ma non conosciamo né il quando, né precisamente il come (Cfr. Matth. 24, 36-44; Apoc. 3, 3; ecc.). Ci è perfino impossibile avere un’immagine adeguata, anche puramente fantastica del mondo escatologico; le profezie dell’Apocalisse si esprimono in linguaggio figurato di non facile interpretazione; anche i tentativi più veggenti e più lirici dei poeti e degli artisti restano rappresentazioni arbitrarie ed impari alla realtà (vedi «La Divina Commedia» di Dante, i «Paradisi» di Milton; ecc.).

Questa nube di mistero, che nasconde la visione del mondo escatologico, ha dato origine a teorie inaccettabili sul messianismo di Gesù, quasi fosse puramente escatologico e d’imminente attuazione (Weiss, Loisy), e ha dato pretesto a critiche molto negative circa l’interpretazione del Vangelo e circa la mentalità dei primitivi cristiani; come pure offre pretesto alla mentalità moderna di eludere la questione della sorte futura dell’uomo; dei «novissimi» pochi parlano e poco.
Il Concilio, però, ci ricorda le solenni verità escatologiche che ci riguardano, compresa quella terribile d’un possibile eterno castigo, che chiamiamo l’inferno, sul quale Cristo non usò reticenze (Cfr. Matth. 22, 13; 25, 41). Il capitolo VII della Lumen Gentium (specialmente nel citato n. 8) riassume chiaramente ed energicamente la dottrina escatologica della Chiesa, dottrina che traspare in non pochi altri testi del Concilio (Cfr. Ad gentes, 9; Gaudium et Spes, 18, 38; Lumen gentium, 6, 8, 35) e non attenua, anzi illustra il disegno divino di misericordia, di bontà e di amore della nostra salvezza, di cui tutta la dottrina del Concilio vuol essere documento.
Oggi, mentre da un lato la secolarizzazione ci fa perdere la coscienza del tremendo rischio circa la nostra sorte futura, e mentre dall’altro un facile ricorso ad atteggiamenti carismatici e profetici dà a molti l’ambizioso capogiro d’una propria sufficienza nel sentenziare sulle esigenze rigorose della vita cristiana e sugli umani destini, l’avere presente gli insegnamenti conciliari sui punti cardinali della vita, sui traguardi escatologici della nostra esistenza, quali la Parola di Dio nella Bibbia e il magistero della Chiesa nelle sue autentiche interpretazioni ci assicurano essere realtà, è sommamente provvido e doveroso (Cfr. Eccli. 7, 40), e infonde direzione e vigore al nostro passo, pellegrino nel tempo (Cfr. Gaudium et Spes, 39; Apostolicam actuositatem, 5), mentre il cuore sospira la conclusione escatologica del Nuovo Testamento: «Vieni Signore Gesù!» (Apoc. 27, 20). Così ripetiamo: «Vieni, Signore Gesù», con la Nostra Benedizione Apostolica.

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