Le squinternate tesi di un "TIEPIDO" della Fraternità San Pio X
Caro
monsignore,
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Il tiepido don de Tanoüarn |
È lei che
mi ha ordinato sacerdote. Sono tra i primi ai quali, attraverso la grazia della
sua ordinazione del 1988, ha conferito il sacerdozio ministeriale, uno dei primi
che ha mandato nella Vigna del Signore per preparare la Messe. So ciò che le
devo nel Signore.
Sono fiero della sua paternità, perché so che, da parte
sua, lei si è impegnato valorosamente con grande generosità di cuore e con
grande dirittura di spirito per far conoscere le posizioni della Fraternità San
Pio X di fronte all'attuale crisi. La sua biografia di Mons. Lefebvre reca
l'impronta di questo lavoro e di quanto lo precede. Ricordo di averla invitata,
al momento della pubblicazione, per un intervento sulla libertà religiosa, a
Parigi ; successivamente, nella Nuova rivista Certitudes, ho recentemente
avuto l'onore di pubblicare suoi lavori.
So bene che lei non è favorevole all'accordo ormai
imminente. Ma il suo dissenso è nobile. Esso si esprime senza aggressività.
Nell'intervista rilasciata il 13 giugno scorso al giornale Rivarol, lei
ci ha tenuto a riconoscere le innegabili qualità del nostro Papa Benedetto XVI.
Lei non è tra coloro la cui aggressività prende il posto della ragione.

« Stiamo per concludere un accordo. Tuttavia, dopo
le discussioni dottrinali, ci si era detto: Roma non ha cambiato posizione, Roma
crede ancora al modernismo, Roma rigetta sempre la Fede, mentre la Fraternità
difende sempre la Fede. Dunque, niente è cambiato. È ciò che aveva detto Mons.
Fellay. Ed ecco che dopo le cose sono cambiate: dobbiamo concludere un accordo
adesso, dobbiamo essere riconosciuti e regolarizzati adesso, dobbiamo ricevere
una prelatura personale adesso. Ma tutti i documenti sono segreti, tutte le
comunicazioni sono segrete, tutto accade nel segreto. Non si osserva il segreto
sulla verità. Non si tiene segreta una cosa buona, si custodisce segreta una
menzogna, si mantiene il segreto su qualcosa di male, si custodisce segreto un
inganno. Ciò che spiega il segreto di questi ultimi anni, è che se Mons. Fellay,
don Pfluger e Nély e gli altri superiori del Fraternità San Pio X ci avessero
detto la verità con audacia da uno o due anni, tutti si sarebbero rivoltati. In
luogo di ciò, ci si c'è detto: Abbiate fiducia, non conoscete tutti i dettagli.
Non siete che delle pecore idiote, stupide, imbecilli ».
Bisogna intendersi esattamente su questo smarrimento «
ci s'è detto... Ed adesso ci si dice mentre niente è cambiato ». Ma non
costituisce, in sé, una ragione per rifiutare l'accordo con Roma. Non è affatto
la sua prospettiva, Monsignore. Il suo rifiuto non è all'insegna di nessuna
paura, di nessuna ferita... Porta al fondo, alla verità che unica ci attira,
unica ci motiva, unica ci rende fecondi per il Regno... ed unica può assolverci,
se per disgrazia deviamo della via stretta.
Caro Monsignore, non è in questi termini eccessivamente
personali che lei pone solennemente la questione dell'accordo con Roma. Per lei,
c'è un'opposizione teologica tra Roma ed i Fraternità San Pio X e bisogna
formularla. La
cito :
« Vorrei che producessimo un testo che, rinunciando alle finezze diplomatiche, affermi chiaramente la nostra fede e di conseguenza il nostro rifiuto degli errori conciliari. Questa proclamazione avrebbe primariamente il vantaggio di dire apertamente la verità al papa Benedetto XVI che è il primo ad avere diritto alla verità e secondariamente di restaurare l'unità dei cattolici di tradizione intorno ad una professione di fede combattiva ed inequivoca ».
Le confesso che vedo male la portata della sua prima
motivazione, perché non ne afferro il fondamento Sono invece molto sensibile al
suo secondo argomento : un testo chiaro sul Concilio, in occasione dei 50 anni
dalla sua apertura, permetterebbe ai tradizionalisti di sapere perché essi
esprimono il loro disaccordo, al di là del Sensus fidei di cui danno
prova. Un testo chiaro, è l'unione di tutti i cristiani di buona volontà.
L'assenza di testo chiaro, è la disunione, col rischio di rincarare la dose
della critica che le circostanze attuali ci mostrano non bisogna prendere alla
leggera. Personalmente, milito per la chiarezza dal 2002, il Symposio di Parigi,
durante il quale 60 sacerdoti sono convenuti dai quattro angoli del mondo (lei
c'era caro Monsignore), per celebrare apertamente, chiaramente, e con rispettosa
critica, i 40 anni del Concilio. Già in questa occasione abbiamo prodotto un
testo in otto punti, che successivamente ha costituito l'Appendice 3 del mio
libro Vaticano II e Vangelo. Almeno a questo titolo lo trovo ancora su
Internet. Ritengo che la moderazione di toni e la precisione dei riferimenti di
questo lavoro collettivo possono permetterne una ulteriore utilizzazione... e
che sicuramente questo documento possa essere rivisto ed ampliato.
Son tornato a questo testo molte volte, in occasione di
conferenze al Centro Saint Paul (l'ultima in gennaio per celebrare l'entrata nel
mezzo-secolo, ce ne sono stati degli echi su Metablog). La vera Tradizione è
critica ! Niente a che vedere con l'accordo o l'assenza di accordo con Roma. Si
tratta di suonare il nostro spartito, di assumere la nostra responsabilità nella
Chiesa. "Agere ut pars", agire come une parte nella grande Chiesa, come
disse Cajetano definendo il costitutivo formale della nostra appartenenza al
Corpo mistico. Agitando il drappo rosso dell'ermeneutica, Benedetto XVI ha
indicato fin dal primo anno del suo Pontificato, che il Concilio deve essere
interpretato con una nuova ricezione, contro un certo "spirito del Concilio" di
cui il Papa ha mostrato il carattere deleterio. Bisogna che noi partecipiamo
tutti a questa ricezione nuova e correttiva di un testo intorno al quale si sono
cristallizzati - a favore e contro - cinquant'anni di vita della
Chiesa.
Caro Monsignore, lei contesta, ho visto, il principio
stesso dell'ermeneutica. Ma contestandolo, lei stesso alimenta questa
interpretazione multiforme del concilio. In quanto vescovo, lei non può
contestare un tale argomento, non può lei stesso scrivere a questo argomento
degli Anatemi. Bisogna che si rassegni ad essere ciò che è: un interprete
critico. Ed anch'io, anche se sono solamente un semplice prete. Perché non
lavorare insieme - e con molti altri, Istituti ED ogni cappella unita - non solo
per la FSSPX, ma per tutta la chiesa?
Temo il suo rifiuto e vorrei, invece, produrre qui una
ragione possibile. Essa è tratta dalla sua intervista a Rivarol.
« Con questa religione [conciliare] non vogliamo alcun compromesso, alcun rischio di corruzione, neppure alcuna parvenza di riconciliazione, ed è questa parvenza che ci darebbe la nostra se-dicente "regolarizzazione" ».
Ciò che mi turba qui non è che lei parli di "religione"
conciliare. Credo che il termine sia giusto. Il Concilio non ha toccato la fede
cattolica, ma ambisce ad accompagnare la creazione di una vera e propria nuova
religione, ottimista e umanista come erano le 30 Glorieuses [detto del
forte periodo di crescita dei paesi sviluppati -ndT]. Questa nuova religione, gli ultimi 20 anni lo
dimostrano con i fatti, non funziona. Essa ha contribuito ad accelerare il
movimento di secolarizzazione che vuota le chiese, invece di presentarsi come
una risposta a questo movimento.
Ciò che mi lascia a disagio è che lei - sì: lei - tenga
talmente all'atteggiamento, è ciò che scriveva, che bisognerebbe fuggire non
solo una conciliazione forzosamente imbecille, (nel senso etimologico del
termine), ma dapprima, ma soprattutto "l'apparenza di questa conciliazione."
Parlando di "apparenza", sa molto bene che l'accordo con Roma non la farebbe
deviare di uno iota sui giusti rimproveri che rivolge al Concilio e che oggi,
volens nolens, tutta la chiesa è pronta a sentire della sua bocca di
vescovo cattolico. Chi teme di scandalizzare? Gli isterici di Virgo
Maria? Il loro scandalo è farisaico e non reale.
Caro Monsignore, sottoscrivendo l'accordo con Roma,
forse darà un'apparenza di scandalo a certi spiriti male orientati. Ma non
sottoscrivendo, mentre glielo chiede il Vescovo di Roma, non è l'apparenza che
lei rischia, ma la realtà dello scandalo. Prego per lei e la ringrazio per la
nobiltà con cui al momento mostra a tutti che "la vera tradizione è
critica".
Permetta che prenda in prestito dal recente libro di Philippe Le Guillou, Il Ponte degli angeli (Gallimard) una piccola parola che giustifica questa lettera : « Bisogna far di tutto per evitare i conservatori ad oltranza. Lei è un uomo di Dio, tutti lo sanno, qui... e lassù. Non ci deluda ! »
[Fonte originale: don de Tanoüarn - MetaBlog - 17 giugno 2012]
-Fonte della traduzione: Chiesa e post Concilio...
UN
SOLO COMMENTO ALLE TESI DI QUESTO SACERDOTE TIEPIDO
Dopo aver letto le tesi squinternate del tiepido don de Tanoüarn rifacciamoci gli occhi con ciò che insegna un vero Vescovo della Chiesa Cattolica che niente a a che fare con i compromessi terribili che alcuni hanno intrapreso con gli assassini conciliari della fede cattolica ...

OMELIA
DI MONS. TISSIER DE MALLERAIS,
pronunciata il 27 giugno 2002, a Ecône,
in occasione delle ordinazioni sacerdotali
pronunciata il 27 giugno 2002, a Ecône,
in occasione delle ordinazioni sacerdotali
Testo
diffuso da “De Rome et d'ailleurs” - ripreso con l’autorizzazione
dell’abbé Puga, del Seminario di Ecône.
In ottobre
l'omelia è stata pubblicata dalla rivista Le Sel de la Terre, n° 42,
autunno 2002 (Couvent de la Haye-aux-Bonshommes, 49240 AVRILLÉ, Francia).
In questa occasione Mons. de Mallerais, per meglio precisare il suo pensiero, ha
voluto che fosse preceduta da una sua
presentazione. Riportiamo il testo dell'omelia rivisto dallo stesso Mons.
de Mallerais, preceduto dalla sua presentazione, come pubblicate da Le Sel de
la Terre.
PRESENTAZIONE
Il 27 giugno 2002, ho voluto mostrare che dalla
molteplicità e dalla diversità degli errori professati e creduti attualmente
nella Chiesa, e dai feroci tagli o dalle novità praticate dalla liturgia
postconciliare, scaturiscono delle idee guida, si coglie una profonda unità: quelle di una religione nuova col suo nuovo culto.
Oggi, per essere eterodossi non è piú necessario,
come un tempo, negare delle verità di fede, basta cambiare il significato delle
parole. È cosí che i termini di «redenzione», «soddisfazione», ecc., pur non
mancando nel linguaggio del nuovo catechismo (Catechismo della Chiesa
cattolica), sono svuotati del loro significato cattolico per finire col
significare un’altra cosa, per lo piú indefinita e stemperata nel contesto di
prolisse esposizioni ingannevoli.
Del pari, per essere eretici, non è piú necessario
contraddire le verità insegnate dal magistero tradizionale, basta spostare gli
accenti dall’essenziale al secondario o all’accessorio.
In tal modo l’opera della redenzione non sarà piú
attribuita per eccellenza alla Passione di Cristo, ma alla sua Resurrezione,
alla sua Ascensione e, finalmente, sarà diluita nell’insieme delle «azioni
notevoli» di Cristo.
Allo stesso modo, il suo sacerdozio consisterà nel suo sacrificio celeste, richiamato da San Paolo nella sua lettera agli Ebrei e anche nella Messa detta di San Pio V, piuttosto che nel suo sacrificio della croce.
Allo stesso modo, il suo sacerdozio consisterà nel suo sacrificio celeste, richiamato da San Paolo nella sua lettera agli Ebrei e anche nella Messa detta di San Pio V, piuttosto che nel suo sacrificio della croce.
Per questi due motivi, una discussione dottrinale tra i cattolici e i
sostenitori della nuova religione diventa una
partita a nascondino, a meno che si abbia la lealtà di ritornare al
significato cattolico dei termini e di ricondurre l’accento sugli aspetti che lo
esigono. In questo senso, nella mia omelia, senza dirlo, invitavo i sostenitori
delle nuove tendenze ad uno sforzo di onestà intellettuale.
Mi si rimprovera di aver affermato che la nuova
religione professa che «il peccato non offende Dio», quando invece il nuovo
catechismo dice a chiare lettere che «il peccato offende Dio».
Ma, quando si leggono con attenzione le spiegazioni sparse qua e là nel nuovo catechismo sulla natura del peccato, si arriva alla seguente conclusione: il peccato non offende realmente Dio, poiché i termini di giustizia e ingiustizia non sono affatto pronunciati.
È allora preliminarmente necessario che si compia uno sforzo per definire il senso delle cose. Che si chiami cane un cane e gatto un gatto, dissipando gli equivoci e le false prospettive.
Ma, quando si leggono con attenzione le spiegazioni sparse qua e là nel nuovo catechismo sulla natura del peccato, si arriva alla seguente conclusione: il peccato non offende realmente Dio, poiché i termini di giustizia e ingiustizia non sono affatto pronunciati.
È allora preliminarmente necessario che si compia uno sforzo per definire il senso delle cose. Che si chiami cane un cane e gatto un gatto, dissipando gli equivoci e le false prospettive.
Presentando questa sintesi senza pretese della nuova
religione, non ho inteso affermare che essa esista in qualche modo allo stato
puro, o che sia presente uno spirito alquanto perverso in seno alla gerarchia o
nei sacerdoti della Chiesa, tale da costituire la base di tutte le
proposizioni. I modernisti del tempo di San Pio X non professavano
indubbiamente tutte le proposizioni condannate dalla Pascendi e
dalla Lamentabili, e tuttavia il santo papa coglie nel segno
esponendo a tutta la Chiesa un compendium, una sintesi completa e ordinata degli errori
modernisti.
Io non ho fatto altro che tratteggiare ciò che si potrebbe chiamare la sintesi necessaria condotta un secolo dopo. La Chiesa lo farà.
Io non ho fatto altro che tratteggiare ciò che si potrebbe chiamare la sintesi necessaria condotta un secolo dopo. La Chiesa lo farà.
Infine, è del tutto estraneo al mio discorso la
conclusione che, a causa di questi errori cosí gravi e cosí diffusi, da un capo
all’altro della gerarchia, la Chiesa romana abbia cessato di esistere: che i
depositarii dell’autorità episcopale abbiano perduto il loro potere, o che in
definitiva il sovrano pontefice abbia perduto le chiavi di San Pietro. Una cosa è l’autorità, altra cosa è il suo
esercizio. Una cosa è il grave cedimento
constatato presso l’autorità, altra cosa è il giudizio che si vorrebbe esprimere
sull’esistenza stessa di questa autorità: questo giudizio appartiene solo alla
Chiesa, e cioè ad un papa futuro. Non spetta a noi prevedere un tale
giudizio.
Di conseguenza, o piuttosto in linea di principio, la
Chiesa resta la Chiesa, ve ne è solo una,
la santa Chiesa cattolica, apostolica, romana.
Occupata da un sistema eterodosso, penetrata dal sottile veleno dell’errore, stretta dai piú diversi tentacoli della seduzione: la Chiesa resta garanzia della promessa dell’indefettibilità.
Occupata da un sistema eterodosso, penetrata dal sottile veleno dell’errore, stretta dai piú diversi tentacoli della seduzione: la Chiesa resta garanzia della promessa dell’indefettibilità.
È su queste basi che noi lottiamo per il ritorno di
Roma a Roma, per la conversione di Pietro a Pietro: «Et tu aliquando conversus,
confirma fratres tuos» “E tu, una volta
convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22, 32).
Mons. Bernard Tissier de Mallerais

TESTO
DELL'OMELIA
In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Cosí sia.
Signor Superiore Generale, carissimi Signori, signor
Direttore, cari confratelli nel sacerdozio, cari ordinandi, carissimi fedeli:
Tra pochi istanti il vescovo, nel corso di questa
cerimonia di ordinazione dei diaconi e dei sacerdoti, pronuncerà queste parole;
ai diaconi dirà: «Siete ormai i cooperatori del Sangue e del Corpo del
Signore», e dopo l’ordinazione dirà ai sacerdoti: «Ricevete il potere di
offrire il sacrificio a Dio e di celebrare delle messe sia per i vivi sia per i
morti».
Queste parole, che ci sembrano quasi banali, che
esprimono la nostra fede cattolica con tanta semplicità, che esprimono dunque
l’oggetto stesso del sacerdozio che consiste nella consacrazione del Corpo e del
Sangue di Nostro Signore per rinnovare in maniera incruenta la Sua Divina
Passione, queste parole sono state ormai soppresse nel nuovo pontificale
dell’ordinazione, sia dei diaconi sia dei sacerdoti.
Questa sparizione è molto significativa, e indica
che la nuova religione non vuole piú esprimere la trasmissione del potere di
consacrazione del Corpo e del Sangue di Cristo e del potere di rinnovare la
Passione del Calvario.
Dunque, miei carissimi ordinandi, io sono sicuro che
nel corso dei vostri sei anni di seminario voi avete ben compreso quella
dottrina cattolica oggi ignorata dalla maggior parte dei preti della nuova
religione. Poiché questo cambiamento del rito dell’ordinazione comporta una nuova religione; in questa soppressione
del potere di offrire e di consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo si esprime
precisamente una nuova religione, nella
quale si trova la grande maggioranza dei Cattolici, che in cuor loro rifiutano,
ma che vivono in questa nuova religione che consiste non solo in un culto nuovo,
ma in una nuova dottrina.
E dunque, cari fedeli, se permettete, in poche parole vi dirò prima della nuova dottrina di questa nuova religione, e poi del suo nuovo culto.
E dunque, cari fedeli, se permettete, in poche parole vi dirò prima della nuova dottrina di questa nuova religione, e poi del suo nuovo culto.
Innanzi tutto dei nuovi dogmi e quindi della
nuova dottrina che ne deriva.
Per primo il peccato, che praticamente non
esiste piú, poiché esso non offende Dio. Ci si dice che il peccato non offende
Dio, ma nuoce solamente al peccatore. Infatti, il peccato non può intaccare la
natura di Dio che è incorruttibile. Il peccato non fa niente a Dio. Il peccato
non fa che nuocere al peccatore facendogli perdere la vita divina - questo lo si
concede - e, al tempo stesso, offendendo la solidarietà umana. In queste
condizioni il peccato non ha piú la caratteristica dell’offesa, della
distruzione dell’onore di Dio, della Sua gloria, della Sua lode; non ha piú la
caratteristica della disobbedienza alla legge di Dio.
Di conseguenza, si nega che Dio abbia il diritto di esigere dalle Sue creature, non solo la lode, ma anche la sottomissione alla Sua legge, come dice sant’Ignazio nei suoi esercizi: «L’uomo è creato per lodare, onorare e servire Dio e con questo salvare la sua ànima».
Ebbene! Lodare, onorare e servire Iddio sono cose che non esistono piú nella nuova religione, poiché il peccato non distrugge la gloria esterna di Dio, il peccato nuoce solo all’uomo!
Di conseguenza, si nega che Dio abbia il diritto di esigere dalle Sue creature, non solo la lode, ma anche la sottomissione alla Sua legge, come dice sant’Ignazio nei suoi esercizi: «L’uomo è creato per lodare, onorare e servire Dio e con questo salvare la sua ànima».
Ebbene! Lodare, onorare e servire Iddio sono cose che non esistono piú nella nuova religione, poiché il peccato non distrugge la gloria esterna di Dio, il peccato nuoce solo all’uomo!
Vedete dunque quanto questa nuova religione distrugga
la nozione stessa di peccato, distrugga la gloria di Dio, distrugga anche la
nozione di peccato come ingiustizia suprema, limitandosi a considerare solo le
ingiustizie umane; ma l’ingiustizia verso Dio, il peccato contro la giustizia di
Dio, non lo si vuole piú.
Poi, ci si dice che la dignità umana non si perde a
causa del peccato, l’uomo conserva la sua dignità anche dopo aver peccato.
L’uomo resta degno; l’uomo rimane gentile, gradito. Ed ecco che ne consegue la
giustificazione dell’ecumenismo e della libertà religiosa. Qualunque cosa faccia
nell’ordine religioso, che onori un falso dio o onori il vero Dio con un falso
culto, poco importa: l’uomo conserva la sua dignità; egli è dunque degno di
stima e di rispetto. E quindi si deve rispettare la sua religione e, di
conseguenza, si deve collaborare anche con le altre religioni, poiché la dignità
umana non viene intaccata dal peccato. E questo secondo errore molto grave
legittima quindi l’ecumenismo e la libertà religiosa.
Ed allora ci si dice: poiché l’uomo rimane molto gradito, ebbene, Dio continua ad amare il peccatore, a mantenerlo nel suo amore e nel suo favore; nulla è cambiato fra Dio e il peccatore. Ed ecco che Dio ci viene proposto sottoforma di un Dio impassibile, bonario, che accetta tutto dai suoi figli capricciosi. La Sua carità è dunque ridicolizzata. Dio continua ad amare anche il peccatore, senza distinzione, senza precisazione.
Ed allora ci si dice: poiché l’uomo rimane molto gradito, ebbene, Dio continua ad amare il peccatore, a mantenerlo nel suo amore e nel suo favore; nulla è cambiato fra Dio e il peccatore. Ed ecco che Dio ci viene proposto sottoforma di un Dio impassibile, bonario, che accetta tutto dai suoi figli capricciosi. La Sua carità è dunque ridicolizzata. Dio continua ad amare anche il peccatore, senza distinzione, senza precisazione.
In seguito, ci si dice, come conseguenza, che Dio
non punisce il peccato con una qualche
pena temporale o eterna. Poiché il peccato non offende Dio, Dio non lo
punisce. Del resto Dio è la bontà stessa: come potrebbe infliggere delle pene
all’uomo peccatore? No, è l’uomo stesso che si punisce, subendo le conseguenze
dei suoi errori, e l’inferno - se mai qualcuno vi si trova - l’inferno non è
altro che l’esclusione, l’autoesclusione dall’amore divino. Dunque l’inferno non
è piú una pena inflitta da Dio. Dio non ha
piú il diritto di punire. Ne consegue che l’uomo è esentato da ogni dovere di
riparazione verso Dio.
Ciò che noi chiamiamo, nel nostro catechismo, la soddisfazione dopo il peccato, il fatto che il peccatore debba soddisfare la giustizia divina a causa dei suoi peccati, la soddisfazione, il bisogno di espiare i proprii peccati per riparare l’onore di Dio, non esiste piú. L’uomo deve solo riparare la sua salute spirituale (1).
Ma riparare la gloria di Dio, cooperare al recupero della creatura caduta nel peccato, non lo si vuole piú! Mentre voi conoscete la bella dottrina cattolica della soddisfazione che è tutta a gloria di Dio, perché l’uomo peccatore possa rialzarsi e ridare a Dio la gloria e la lode, risollevando la sua caduta natura per mezzo della soddisfazione, per mezzo della pena che egli subisce volontariamente.
Ciò che noi chiamiamo, nel nostro catechismo, la soddisfazione dopo il peccato, il fatto che il peccatore debba soddisfare la giustizia divina a causa dei suoi peccati, la soddisfazione, il bisogno di espiare i proprii peccati per riparare l’onore di Dio, non esiste piú. L’uomo deve solo riparare la sua salute spirituale (1).
Ma riparare la gloria di Dio, cooperare al recupero della creatura caduta nel peccato, non lo si vuole piú! Mentre voi conoscete la bella dottrina cattolica della soddisfazione che è tutta a gloria di Dio, perché l’uomo peccatore possa rialzarsi e ridare a Dio la gloria e la lode, risollevando la sua caduta natura per mezzo della soddisfazione, per mezzo della pena che egli subisce volontariamente.
Ma questa dottrina, che non vuole piú saperne del
peccato, dell’espiazione e della soddisfazione, va molto piú lontano, poiché
essa arriva anche a falsare il senso delle sofferenze e della Passione
Redentrice del Salvatore. E dunque va a falsare il dogma della Redenzione.
È questo dogma centrale che hanno attaccato i modernisti.
Ci si dice: le sofferenze di Nostro Signore sulla Croce sono destinate solo a rivelare l’amore di Dio perseverante, ma non a soddisfare la giustizia divina a posto degli uomini peccatori. Nostro Signore, sulla Croce, non ha offerto al Padre suo alcuna soddisfazione a nome nostro. Non ha fatto che rivelare agli uomini l’amore di Dio Padre. Dunque si va decisamente contro il dogma del Prezioso Sangue, quella legge che Dio ha posto anche nell’Antico Testamento: e cioè che senza effusione di sangue non v’è remissione.
Si rifiuta il Sangue versato da Nostro Signore, con tutto il suo valore di espiazione, di remissione dei peccati, per limitarsi a considerarlo solo un atto gratuito con il quale il Padre abbandona senza alcuna ragione il Figlio Suo alla morte, semplicemente per rivelare l’amore del Padre.
È la piú abominevole crudeltà: il Padre che abbandona il Figlio Suo alla morte piú abominevole, semplicemente per rivelare il Suo Amore.
Si è falsato, svuotato, il dogma della Redenzione e si è anche bestemmiata la Santa Passione del Salvatore.
Mentre, al contrario, il nostro catechismo ci insegna che Nostro Signore, con la Sua Passione, ha offerto al Padre Suo una soddisfazione per i nostri sovrabbondanti peccati, e questo, da una parte, a causa della dignità della persona divina che soffre sulla Croce, e dall’altra a causa dell’estrema carità e obbedienza con cui soffre Nostro Signore, e infine a causa degli estremi dolori che Egli ha sofferto sulla Croce.
Egli ha dunque potuto offrire al Padre Suo, per noi, al nostro posto, una soddisfazione sovrabbondante, quasi infinita.
Sta in questo tutta la bellezza della contemplazione della Croce: nel vedervi la nostra Salvezza, la nostra Redenzione, il nostro riscatto, il nostro recupero, e non solamente l’amore del Padre, ma innanzi tutto l’amore di nostro Signore Gesú Cristo.
È questo dogma centrale che hanno attaccato i modernisti.
Ci si dice: le sofferenze di Nostro Signore sulla Croce sono destinate solo a rivelare l’amore di Dio perseverante, ma non a soddisfare la giustizia divina a posto degli uomini peccatori. Nostro Signore, sulla Croce, non ha offerto al Padre suo alcuna soddisfazione a nome nostro. Non ha fatto che rivelare agli uomini l’amore di Dio Padre. Dunque si va decisamente contro il dogma del Prezioso Sangue, quella legge che Dio ha posto anche nell’Antico Testamento: e cioè che senza effusione di sangue non v’è remissione.
Si rifiuta il Sangue versato da Nostro Signore, con tutto il suo valore di espiazione, di remissione dei peccati, per limitarsi a considerarlo solo un atto gratuito con il quale il Padre abbandona senza alcuna ragione il Figlio Suo alla morte, semplicemente per rivelare l’amore del Padre.
È la piú abominevole crudeltà: il Padre che abbandona il Figlio Suo alla morte piú abominevole, semplicemente per rivelare il Suo Amore.
Si è falsato, svuotato, il dogma della Redenzione e si è anche bestemmiata la Santa Passione del Salvatore.
Mentre, al contrario, il nostro catechismo ci insegna che Nostro Signore, con la Sua Passione, ha offerto al Padre Suo una soddisfazione per i nostri sovrabbondanti peccati, e questo, da una parte, a causa della dignità della persona divina che soffre sulla Croce, e dall’altra a causa dell’estrema carità e obbedienza con cui soffre Nostro Signore, e infine a causa degli estremi dolori che Egli ha sofferto sulla Croce.
Egli ha dunque potuto offrire al Padre Suo, per noi, al nostro posto, una soddisfazione sovrabbondante, quasi infinita.
Sta in questo tutta la bellezza della contemplazione della Croce: nel vedervi la nostra Salvezza, la nostra Redenzione, il nostro riscatto, il nostro recupero, e non solamente l’amore del Padre, ma innanzi tutto l’amore di nostro Signore Gesú Cristo.
E comunque, in questa nuova religione ci si dice: A che
il Sangue di nostro Signore Gesú Cristo? tutt’al piú per rivelarci l’amore del
Padre, non per salvarci, poiché tutti gli uomini sono salvati, in ogni caso!
E questo è certo, poiché con la Sua Incarnazione, come dice il concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes, con la Sua Incarnazione il Figlio di Dio «si è unito in qualche modo a tutti gli uomini».
Ogni uomo è cristificato con l’Incarnazione e allora tutti sono salvati.
E da qui si giunge all’asserzione del Papa Giovanni Paolo II che, in uno dei suoi libri, dice che praticamente l’inferno probabilmente è vuoto. Tutti sono salvati.
Vedete dunque annientato il dogma della Redenzione, radicalmente falsato. Tolto il peccato, tolta anche la giustizia di Dio, si toglie anche la Redenzione, si sopprime la soddisfazione della Croce di nostro Signore Gesú Cristo.
E questo è certo, poiché con la Sua Incarnazione, come dice il concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes, con la Sua Incarnazione il Figlio di Dio «si è unito in qualche modo a tutti gli uomini».
Ogni uomo è cristificato con l’Incarnazione e allora tutti sono salvati.
E da qui si giunge all’asserzione del Papa Giovanni Paolo II che, in uno dei suoi libri, dice che praticamente l’inferno probabilmente è vuoto. Tutti sono salvati.
Vedete dunque annientato il dogma della Redenzione, radicalmente falsato. Tolto il peccato, tolta anche la giustizia di Dio, si toglie anche la Redenzione, si sopprime la soddisfazione della Croce di nostro Signore Gesú Cristo.
Ecco la nuova religione, i nuovi dogmi.
Passiamo adesso, se permettete, al nuovo
culto, che corrisponde al nuovo dogma.
Ed ecco che innanzi tutto nel nuovo culto ci si dice
che l’atto principale della Redenzione di Nostro Signore, la Sua prima Messa che
ha celebrato sulla Croce dopo la messa della Cena, dunque l’atto principale
della Redenzione, non consiste nella Croce del Salvatore, ma piuttosto nella
Resurrezione gloriosa e nell’Ascensione di Nostro Signore.
È con la Sua Resurrezione e con la Sua Ascensione che Nostro Signore ci avrebbe salvati.
Infatti Dio corona l’opera della Redenzione e manifesta pienamente il suo amore, l’amore del Padre verso di noi, resuscitando il Figlio Suo, poiché Dio non è il Dio dei morti, ma il Dio dei vivi. Punto e basta.
Questo è quanto dichiara il Papa Giovanni Paolo II.
Dunque la Croce di Cristo è un avvenimento piuttosto secondario nella Redenzione, l’opera essenziale essendo costituita dalla Resurrezione e dall’Ascensione del Salvatore.
È con la Sua Resurrezione e con la Sua Ascensione che Nostro Signore ci avrebbe salvati.
Infatti Dio corona l’opera della Redenzione e manifesta pienamente il suo amore, l’amore del Padre verso di noi, resuscitando il Figlio Suo, poiché Dio non è il Dio dei morti, ma il Dio dei vivi. Punto e basta.
Questo è quanto dichiara il Papa Giovanni Paolo II.
Dunque la Croce di Cristo è un avvenimento piuttosto secondario nella Redenzione, l’opera essenziale essendo costituita dalla Resurrezione e dall’Ascensione del Salvatore.
In seguito, ci si dice che l’atto principale del
sacerdozio di nostro Signore Gesú Cristo - nostro Signore Gesú Cristo in
quanto sacerdote - non consiste nell’offerta sanguinosa del Suo Sacrificio
sulla Croce, ma essenzialmente nel Suo sacerdozio celeste, col quale dunque,
attraversando la tenda del santuario celeste, Egli si presenta al Padre Suo col
Suo Sangue.
Dunque si finisce col negare che l’atto principale del sacerdozio è costituito dall’offerta del Sacrificio di Nostro Signore sulla Croce.
Si parla, si mette l’accento sul sacerdozio celeste: e questa non è una novità; era già professata dal Padre Joseph Lécuyer, futuro successore di Mons. Lefebvre a capo della Congregazione dei Padri dello Spirito Santo.
Queste eresie datano da prima del Concilio. Esse sono state diffuse dal Concilio e dopo il Concilio.
Dunque si finisce col negare che l’atto principale del sacerdozio è costituito dall’offerta del Sacrificio di Nostro Signore sulla Croce.
Si parla, si mette l’accento sul sacerdozio celeste: e questa non è una novità; era già professata dal Padre Joseph Lécuyer, futuro successore di Mons. Lefebvre a capo della Congregazione dei Padri dello Spirito Santo.
Queste eresie datano da prima del Concilio. Esse sono state diffuse dal Concilio e dopo il Concilio.

Dopo, ci si dice che la Messa non è il rinnovamento
incruento della Passione, questo non si può piú dire: la Messa è il
memoriale di tutte le “azioni notevoli” che Cristo ha compiuto nella Sua vita;
dunque non solo la Sua Passione, ma anche la Sua Resurrezione, la Sua Ascensione
e, perché no, la Sua Incarnazione, la Sua Presentazione al Tempio, insomma tutte
le azioni notevoli compiute da Cristo. Si tratta di farne memoria, ed è
questo che costituisce la Messa!
Ora, il nostro catechismo ci insegna - nondimeno! - che
è la Consacrazione che realizza la Messa, e la migliore teologia ci dice che ciò
che è significato dalla Consacrazione separata del Pane e del Vino, dunque del
Corpo e del Sangue di Cristo, ciò che è significato è misteriosamente prodotto:
viene realizzata l’immolazione sacramentale, e cioè la separazione del Corpo e
del Sangue, per mezzo della potenza stessa delle parole del sacerdote; sotto
l’apparenza del Pane vi è direttamente il Corpo, e sotto l’apparenza del Vino vi
è direttamente il Prezioso Sangue di Cristo. Certo, non separati realmente,
poiché per reale concomitanza essi sono entrambi sotto ciascuna delle due specie, ma ciò non toglie che
tramite la forza delle parole, ciò che è realizzata è proprio la separazione del
Corpo e del Sangue di Cristo, separazione sacramentale.
Ne consegue che il ruolo della Consacrazione nella
Messa è assolutamente negato. Si tratta semplicemente di un
memoriale.
Ci si dice, poi - ed è il cardinale Ratzinger
che lo ha scoperto qualche mese fa (2) - : la Messa è valida anche senza le
parole della consacrazione. Lo avete letto tutti, vi è stato spiegato; si
tratta di una recente dichiarazione del
cardinale Ratzinger tramite la sua Commissione Teologica Internazionale: la
Messa è valida anche senza le parole della Consacrazione!
Ma allora a che serve il sacerdote? In effetti, il popolo cristiano può celebrare la Messa, il prete non serve piú a niente dal momento che non v’è bisogno di pronunciare le parole della Consacrazione perché la Messa sia valida.
Anche priva delle parole di Cristo, la messa vale ugualmente, è valida!
Ma allora a che serve il sacerdote? In effetti, il popolo cristiano può celebrare la Messa, il prete non serve piú a niente dal momento che non v’è bisogno di pronunciare le parole della Consacrazione perché la Messa sia valida.
Anche priva delle parole di Cristo, la messa vale ugualmente, è valida!
Ci si dice anche che il Cristo, nel corso della Messa,
è reso presente, sí, ma reso presente con tutti i Suoi misteri salvifici e non
per l’«opera magica» della Consacrazione - che è un’azione «magica» -, bensí per
il vissuto dell’azione liturgica comunitaria che oggettiva i misteri di Cristo.
In questo modo, quindi, il mistero di Cristo, e in particolare il mistero pasquale, diviene il mistero del culto.
Ecco che cosa ci si dice: e cosa dice in particolare Mons. Annibale Bugnini, ànima della riforma liturgica.
Dunque non si tratta di consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo, ma di evocare insieme, attivamente, comunitariamente, liturgicamente tutto il mistero di Cristo, e in particolare il Suo mistero Pasquale, mettendo in evidenza la Resurrezione e l’Ascensione di Cristo.
In questo modo, quindi, il mistero di Cristo, e in particolare il mistero pasquale, diviene il mistero del culto.
Ecco che cosa ci si dice: e cosa dice in particolare Mons. Annibale Bugnini, ànima della riforma liturgica.
Dunque non si tratta di consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo, ma di evocare insieme, attivamente, comunitariamente, liturgicamente tutto il mistero di Cristo, e in particolare il Suo mistero Pasquale, mettendo in evidenza la Resurrezione e l’Ascensione di Cristo.
Infine, carissimi fedeli, l’ultima eresia - e
sono veramente desolato per questo fiotto di eresie che evidentemente è appena
degno di un sermone - il sacerdozio comune dei fedeli si esercita nel corso
del memoriale eucaristico. Occorre dunque concedere un piú ampio spazio alla
partecipazione attiva dei fedeli, perché possano esercitare il loro sacerdozio
comune, mentre il prete dovrà semplicemente presiedere a queste parole del
memoriale.
E concludo: tanto nei suoi dogmi che nel suo culto,
la nuova religione ha svuotato la nostra religione cattolica della sua
sostanza.
La Passione di Nostro Signore serve solo a rivelare in maniera molto intellettuale e astratta l’amore di Dio Padre per noi. Quanto all’amore di Cristo per il Padre Suo o per noi, non se ne sa piú niente. E d’altronde, il culto cristiano è solo una memoria: si tratta insomma di prendere coscienza del gran lavoro delle gesta di Cristo, e prenderne talmente coscienza che quest’opera divenga presente in seno all’assemblea in preghiera, come un autocoscientizzazione comunitaria.
La Passione di Nostro Signore serve solo a rivelare in maniera molto intellettuale e astratta l’amore di Dio Padre per noi. Quanto all’amore di Cristo per il Padre Suo o per noi, non se ne sa piú niente. E d’altronde, il culto cristiano è solo una memoria: si tratta insomma di prendere coscienza del gran lavoro delle gesta di Cristo, e prenderne talmente coscienza che quest’opera divenga presente in seno all’assemblea in preghiera, come un autocoscientizzazione comunitaria.
Questa nuova religione, carissimi fedeli, non è
altro che una gnosi.
Penso che sia il termine che meglio descriva la sua caratteristica, poiché si tratta di una religione senza peccato, senza giustizia, senza misericordia, senza penitenza, senza conversione, senza virtú, senza sacrificio, senza sforzo, ma semplicemente un’autocoscientizzazione. Una religione puramente intellettualistica: una pura gnosi.
Penso che sia il termine che meglio descriva la sua caratteristica, poiché si tratta di una religione senza peccato, senza giustizia, senza misericordia, senza penitenza, senza conversione, senza virtú, senza sacrificio, senza sforzo, ma semplicemente un’autocoscientizzazione. Una religione puramente intellettualistica: una pura gnosi.
E allora, carissimi futuri diaconi e sacerdoti,
abbiate la certezza che io non vi ordino diaconi e sacerdoti per essere dei
diaconi e dei sacerdoti di questa religione gnostica.
E sono convinto che questa era anche la vostra intenzione: ricevere oggi il sacerdozio cattolico, dalle mani della Chiesa Cattolica, e non ricevere un sacerdozio gnostico dalle mani di non so quale sistema gnostico.
E sono convinto che questa era anche la vostra intenzione: ricevere oggi il sacerdozio cattolico, dalle mani della Chiesa Cattolica, e non ricevere un sacerdozio gnostico dalle mani di non so quale sistema gnostico.
Rigettiamo con orrore, carissimi fedeli, carissimi
ordinandi, questa religione naturalista, intellettualista, che non ha niente a
che vedere con la religione cattolica, e restiamo invece fermamente, sempre piú
fermamente convinti della ragione della nostra battaglia, della ragione del
nostro sacerdozio.
Cari ordinandi, siate fieri di ricevere il vostro
sacerdozio nella Chiesa Cattolica dalle mani di un vescovo cattolico, di tutti
quei vescovi che si sono succeduti nella trasmissione del sacerdozio cattolico
nella sua purezza dottrinale, da cui discende la loro vera carità pastorale.
Siate felici di ricevere oggi, in questo modo, nella
Chiesa Cattolica, il sacerdozio cattolico di nostro Signore Gesú Cristo, il
sacerdozio di Padre Pio, il sacerdozio di tutti i santi sacerdoti, del santo
Curato d’Ars, il sacerdozio degli Apostoli, il sacerdozio che ha vissuto vicino
agli Apostoli la santissima Vergine Maria di cui oggi festeggiamo la festa
gioiosa.
E supplichiamo la santissima Vergine Maria, Madre del
sacerdozio, Madre dei sacerdoti - Madre del Gran Sacerdote e Madre dei sacerdoti
- di conservarci fedeli al sacerdozio cattolico, al fine di comunicare la
religione cattolica.
Cosí sia.
Cosí sia.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Cosí sia.
Cosí sia.
--------------------------------
Note
1) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1459:
«La soddisfazione. - […] Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora
recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di piú per
riparare le proprie colpe: deve «soddisfare» in maniera adeguata o «espiare» i
suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche «penitenza».
D'altronde da uno che asserisce queste cose, ( denunciate da Monsignor de Mallerais, nell'omelia fatta ad Econe nel
2002) che cosa ci si può aspettare?:

Ma allora a che serve il sacerdote? In effetti, il popolo cristiano può celebrare la Messa, il prete non serve piú a niente dal momento che non v’è bisogno di pronunciare le parole della Consacrazione perché la Messa sia valida"....
Anche priva delle parole di Cristo, la messa vale ugualmente, è valida!
...Rigettiamo con orrore,
carissimi fedeli, carissimi ordinandi,
questa religione naturalista, intellettualista, che non ha niente a che vedere con la religione cattolica, e restiamo
invece fermamente, sempre piú fermamente convinti
della ragione della nostra
battaglia, della ragione del nostro sacerdozio....
(2) Si veda la Documentation
catholique N° 2265 del 3 marzo
2002, p. 213-214: Una
nota del PontificioConsiglio per
la Promozione dell’Unità dei Cristiani riconosce «la validità dell’Eucarestia celebrata con l’anafora di
Addai e Mari, una delle tre anafore
tradizionalmente usate nella Chiesa Assira d’Oriente». Questa nota precisa che
«l’anafora di Addai e Mari è singolare per il fatto che, da tempo immemorabile,
essa è utilizzata senza il racconto
dell’Istituzione [cioè senza la Consacrazione]». Questo ha condotto,
continua la nota, ad un «lungo e approfondito studio a proposito dell’anafora di Addai e Mari, condotto da un
punto di vista storico, liturgico e teologico, al termine del quale, il 17 gennaio 2001, la Congregazione
per la Dottrina della Fede [diretta dal
cardinale Ratzinger] è giunta alla conclusione che questa anafora poteva
essere considerata valida. Sua Santità il
Papa Giovanni Paolo II ha approvato questa
decisione.» (NdR - Le Sel de la
Terre)
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