Un lettore, dopo aver terminato la lettura di «Carismosofia», ha voluto esprimere alcune sue considerazioni e mi ha chiesto delle delucidazione su alcune questioni. Egli mi ha chiesto particolarmente intorno alla glossolalia, alla sua origine, alla sua natura e al suo valore oggigiorno.
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Caro fratello Nicola, volevo domandarti la tua posizione sulle chiese pentecostali. Ho letto alcuni libri al riguardo, tra cui «La Bibbia e il movimento pentecostale» di T. Heinze, «Devo parlare in lingue?» di B. Standridge, «I carismatici» di J. MacArthur, e « Carismosofia». Poi ne ho letti altri dell’opinione opposta sul battesimo nello Spirito Santo. In particolare quello dell’ADI-MEDIA.
Vorrei solo ben comprendere una cosa. Credi che l’odierna glossolalia e il relativo dono d’interpretazione siano da Dio? Per essere più esplicito: trovandoti in una comunità pentecostale composta da veri fratelli, nati di nuovo, che hanno creduto in Cristo per mezzo della fede per ottenere per grazia la vita eterna, nella quale uno parla in lingue e un altro interpreta, sarebbe per te di scandalo o d’edificazione? Penseresti a un qualcosa proveniente da Dio, dal diavolo o dalla psiche di quei fratelli? Potrebbe esser questo dono utile, considerando ciò che il risveglio pentecostale ha portato come frutti?
Ti ringrazio in anticipo delle risposte, Dio ti benedica e ti protegga. {Christian Tursi; 26-09-2008}
A primo acchito mi verrebbe da chiedere al lettore: «Date le molte domande, vorresti che il nuovo libro te lo scrivo subito o posso prendermi del tempo?». È evidente che tutte queste domande richiederebbero una risposta talmente articolata, da riempire moltissime pagine. Risponderò in modo succinto, indicando gli articoli di approfondimento.
In secondo luogo, bisogna resistere alla tentazione che alcuni sviluppano di buttare via il bimbo con tutta l’acqua sporca; infatti ogni movimento ha «peccati di gioventù» o può prendere qualche sbandata o deviazione durante il percorso. [ ► Neopentecostali e neocarismatici sono «fratelli»?] Dinanzi alle « profane ciance» e a « uomini che si sono sviati dalla verità» (2 Tm 2,16ss), le due parti della stessa medaglia sono le seguenti ed esse valgono per tutti: « Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli che son suoi”; e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore”» (v. 19). Oltre a ciò, ecco l’ingiunzione morale a ognuno che vuol servire Dio: « Studiati di presentare te stesso approvato dinanzi a Dio: operaio che non abbia a esser confuso, che tagli rettamente la parola della verità» (v. 15). Su questa base poniamo ora le seguenti riflessioni.
■ Già altrove ho espresso i seguenti pensieri; diverse di queste esperienze si trovano descritte ampliamente in « Carismosofia». Con la glossolalia io e altri abbiamo fatto esperienze diverse, ad esempio le seguenti. In una chiesa delle ADI, mentre tutti pregavano confusamente e alcuni anche in lingue, c’era un credente di un certo rilievo di quella comunità che accanto a me recitava «centocinquanta la gallina canta…». Tutti erano così dediti a se stessi, che stranamente nessuno se ne accorgeva. ● Spesso ho sperimentato credenti che recitano una specie di «mantra», ossia una breve frase continuamente ricorrente. ● Una donna, venuta nella cura pastorale, cantava in altra lingua invocando, suo malgrado, il demonio in ebraico (lingua che ho studiato), come risultò dalla trascrizione e dalla traduzione delle parole. ● Una donna venne con una profonda depressione nella cura pastorale, a causa di uno spirito di lingue (come poi abbiamo appurato; appena tale credente, su mio suggerimento, chiese a Dio di togliere tale facoltà, se non fosse stata da parte sua, non solo sparì all’istante la glossolalia, ma poi anche la depressione.
La stragrande maggioranza di coloro, che esercitano la glossolalia, non parla una vera lingua, come fu a Pentecoste, ma recita di una specie di «mantra», che tecnicamente dipende da un « engramma psichico», ricevuto al momento di un'esperienza mistica, impropriamente etichettata come «battesimo di Spirito». Esso rappresenta la registrazione mentale di una serie specifica di fonemi che uno ripete continuamente; stranamente però chi «traduce» fa invece «romanzi», attribuendoli a una delle persone della Trinità! Nelle religioni orientali e nella spiritualità esoterica occidentale si riceve tale «engramma psichico» nel momento del cosiddetto «illuminamento»; nel carismaticismo ciò succede durante l’analoga esperienza, detta impropriamente «battesimo di Spirito». [ ► Glossolalia, lingue ed engramma psichico]
■ Come ho già spiegato altrove, anche in « Carismosofia», il testo greco di 1 Cor 13,8, avendo una forma verbale media (e non una attiva), è da tradurre così: « Quanto alle lingue, esse cesseranno di per sé»; pausontai come futuro medio significa «si attenueranno di per sé o da sé (ossia un poco alla volta)». Così avvenne nei primi secoli. [ ► Glossolalia e padri della chiesa] Quello delle lingue era un problema specialmente dei Corinzi (così pure miracoli e guarigioni: questo era dovuto ai falsi apostoli ebrei che avevano occupato funzioni di rilievo nella chiesa; 1 Cor 1,22; 2 Cor 11,4s.13ss.22). Nelle sue due lettere ai Corinzi Paolo fece del tutto per contenere il fenomeno: mise le lingue all’ultimo posto (1 Cor 12,28ss) — stranamente sono state fatte diventare il segno maggiore del cosiddetto «battesimo di Spirito» — e le minimizzò a favore della «profezia» (1 Cor 14), ossia la proclamazione ispirata basata sulla partecipazione attiva alla lettura e alla spiegazione dell’AT secondo l’analogia di Cristo e della fede del nuovo patto. Nella lettera circolare detta «agli Efesini», la glossolalia non compare neppure tra le funzioni ministeriali importanti e necessari per l'edificazione del corpo di Cristo (come neppure miracoli e guarigioni; Ef 4,11ss).
■ Personalmente sono sempre turbato quando persone pregano o parlano in lingue confusamente insieme, ossia senza decoro e ordine (1 Cor 14,40), quindi senza seguire le indicazioni apostoliche: «Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al più a farlo; e l’uno dopo l’altro; e uno interpreti; e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio» (1 Cor 14,27s); «si tacciano nella chiesa» significa non esercitare la glossolalia in alcun modo nella chiesa, se non c’è chi interpreta (così anche per le donne, a cui non era permesso di commentare pubblicamente le «proclamazioni ispirate»; vv. 29.34); «parlino a se stessi e a Dio» non significa creare un sottofondo di bisbigli e sussurri. Paolo ribadì che le lingue non hanno un carattere di edificazione reciproca (vv. 14ss), quindi neppure per me, poiché «servono di segno… per i non credenti» (v. 22); così fu a Pentecoste, quando gli apostoli parlarono nelle lingue altrui (i Giudei della diaspora), per trasmettere loro l’Evangelo.
■ Come detto, nella stragrande maggioranza dei casi odierni di glossolalia dipende da un «engramma psichico», ossia dalla registrazione mentale di una sequenza di fonemi circoscritti, di cui c’è poco da interpretare, essendo sempre uguali. Se le singole comunità pentecostali mettessero rigorosamente in pratica 1 Cor 14,27s, il fenomeno psichico verrebbe alquanto contenuto e sparirebbe in un tempo relativamente breve. Rimarrebbero pochissimi casi di una vera glossolalia, di cui bisognerebbe comunque accertare, di caso in caso, l’origine divina o diabolica. [► Glossolalia e demonizzazione?]
■ Quanto al risveglio pentecostale, bisogna distinguere il grano dalla pula; ciò vale anche per ogni riforma e risveglio di qualsiasi movimento. Il «frutto dello Spirito» (Gal 5,22) è legato all’ubbidienza dei credenti, i quali «hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze» e camminano per lo Spirito, ossia vivono col nuovo stile di vita (vv. 24s). Esso non è mai connesso ai «carismi dello Spirito» (Eb 2,4). Paolo, contrapponendo la «profezia» alla glossolalia e sminuendo quest’ultima, la relegò ai fenomeni dell’infanzia della chiesa (specialmente di Corinto): «Fratelli, non siate fanciulli per senno; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto a senno, siate uomini fatti» (1 Cor 14,20; cfr. vv. 21s); su «uomini fatti» contrapposti ai bambini nella fede si veda Efesini 4,13s (cfr. vv. 11s funzioni ministeriali); Ebrei 5,12 (latte e cibo sodo; discernere il bene e il male). Carismi e opere potenti non sono di per sé un segno di genuinità cristiana e di appartenenza a Cristo (Mt 7,22s; 13,41). Certamente il «frutto dello Spirito» è un tale segno di genuinità cristiana e di appartenenza a Cristo, poiché mostra un cambiamento rispetto a ciò che sono le «opere della carne» (Gal 5,19s) e di chi è passato dalle tenebre alla luce.
In tutti i fenomeni storici delle chiese, bisogna perciò sempre distinguere il grano dalla paglia.
► URL di origine: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Carismosofia_glossolalia_MeG.htm
03-10-2008; Aggiornamento: 25-11-2009
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NICOLA MARTELLA E LA CONFUSIONE DELLE CARTE - ANALISI DEL LIBRO "CARISMOSOFIA"
L’ottimo libro “Carismosofia” di Nicola Martella, ed. PuntoAcroce, analizza il fenomeno neo-pentecostale e carismatico alla luce della Sacra Scrittura. Il libro è un importante contributo alla conoscenza e alla comprensione di questi fenomeni. Pochi purtroppo, sono i testi, fatti così bene, che si possono trovare nelle librerie evangeliche. L’autore tratta l’argomento sul piano dottrinale e biblico tracciando di tanto in tanto anche alcune note biografiche dei leader di questi movimenti. Essendo io un pentecostale classico, o come usa definirmi Martella della prima ondata>>, che fa della sola Scrittura l’unica regola di fede, non posso che apprezzare il libro di Martella. Il libro mira a dimostrare come in questi ambienti neo-pentecostali e carismaticisti, ci si è ormai allontanati, e non di poco, dalla Parola di Dio. Vengono trattati temi come il power evangelism (evangelo di potenza), maledizioni generazionali, spiriti territoriali, ministero di guarigione, cadere nello spirito, teologia del successo e altro ancora. Queste dottrine sono vere e proprie cancrene spirituali, di cui facciamo bene a stare attenti e a censurarle. Purtroppo però, il libro mostra alcune lacune. Esse lacune si riscontrano quando Martella mette tutto nello stesso calderone carismaticista: false dottrine e verità bibliche. Argomenti tipo, il battesimo nello Spirito Santo>> come seconda esperienza dopo la salvezza, con il segno delle lingue, e l’attualità di tutti i doni dello Spirito Santo, sono visti da Martella come parte integrante di quella che lui chiama carismosofia>>. Mettere sullo stesso piano questi insegnamenti con dottrine che non hanno nessun fondamento biblico, tipo: l’evangelo di potenza, maledizioni generazionali, spiriti territoriali, ministero di guarigione, cadere nello spirito, teologia del successo ecc., mi lascia sconcertato. Nel leggere queste cose faccio a Martella la stessa esortazione che ha rivolto lui ai pentecostali a pag. 41: NON CONFONDIAMO LE CARTE!
Non è che io predentesi che il fratello Martella scrivesse come un pentecostale, ma mi aspettavo, da chi è uno studioso e teologo esegeta, anche se non pentecostale, un po’ più di obiettività mostrando più indipendenza da una certa ideologia di appartenenza. Ripeto: il libro è ottimo e la lettura è molto utile (quando tratta temi carismaticisti), al fine di conoscere meglio alla luce della Bibbia, le false dottrine che sono propugnate da questi movimenti. Sarebbe bene che lo leggessero anche i fratelli pentecostali con una buona conoscenza biblica, che potranno esaminare ogni cosa, ritenendo il bene, e astenendosi da ciò che non è conforme alla Sacra Scrittura.
Analizziamo alcune lacune scritte nel libro.
Nella prima parte del libro, paragrafo 4, tema Il battesimo dello Spirito Santo>> e nella seconda parte, paragrafo 2, tema Glossolalia allo specchio>>, sono trattati argomenti che riguardano le convinzioni di fede dei pentecostali cosiddetti classici o della prima ondata (io li definisco “pentecostali biblici”), cioè di coloro che non si riconoscono nelle pratiche e nelle dottrine carismaticiste, e praticano il non oltre quel che è scritto>> (1Cor. 4:6). Vero è, che Martella cerca di fare un distinguo tra pentecostali biblici e i carismaticisti, come fa in altri suoi scritti (vedi il sito fede controcorrente>>), ma l’impressione che se ne trae, è che alla fin fine, per lui, i carismaticisti stanno rovinati, i pentecostali biblici un po’ meno, ma sempre rovinati stanno! Infatti, a pag. 80, il fenomeno delle lingue>> è interpretato da Martella sotto 3 forme:
- Il fenomeno può avere origine mediatica diretta
- Il fenomeno può assumere i contorni di un engramma psico-mediale
- Il fenomeno può essere costruito da un'effusione psico-emotiva, a cui si può associare una componente mistico-estatica.. tale fenomeno costituisce spesso la porta d'accesso ad altre esperienze di chiara componente spiritica.
Così stanno messi i pentecostali per Martella: o posseduti o psicolabili. Chi caccerà tutti questi demoni? Chi guarirà tutti questi pentecostali? L’era apostolica è passata, i segni e i prodigi erano solo per il tempo apostolico (cosi crede Martella), come si potranno liberare tutte queste persone?
A pagina 254 c’è anche una bella intervista con il demone delle lingue. Sì, proprio così! Intervista allo spirito delle lingue! Con tanto di domande da parte del consulente e le risposte dello spirito, il tutto registrato su nastro. Ho avuto l’impressione di leggere un libro di Annacondia, anche lui si fa delle belle chiacchierate con gli spiriti, però non registra su nastro, li filma, probabilmente Annacondia è più attrezzato. Non ricordo che Gesù o Paolo adottassero questi metodi con i posseduti e gli spiriti. Chissà, forse lo spiritello delle lingue mi ha un po’ offuscato la vista perciò non riesco a trovarlo scritto nella Bibbia. Molto interessante è quello che è detto a pag 251: fino al 98% dei casi di glossolalia provati, erano falsi, di origine psichica o di origine spiritica >>. Mi sarebbe piaciuto che quel 2% di casi di glossolalia rimasta, ci venisse spiegato di che natura fosse, visto non erano, ne falsi, né di origine psichica, né di origine spiritica. Purtroppo non ci viene detto nel libro. Dobbiamo pensare, che quel 2% di casi di glossolalia che non erano, ne falsi, né di natura psichica, né spiritica, era opera dello Spirito Santo? Come si spiega quel 2%? Ci può essere un 2% che esercita la glossolalia mediante lo Spirito Santo? Ci può essere un 2% che parla in altre lingue>>? Allora le lingue>> non sono cessate per tutti? Com’è che Martella, in alcuni capitoli del suo libro, afferma che le lingue>> sono cessate? (pag. 74), e che le lingue sono tutti fenomeni di natura diciamo: strana>>? (pag. 80). Speriamo che Martella ci spieghi la cosa in futuro. Ritorniamo ai soggetti che riguardano le convinzioni dottrinali dei pentecostali biblici, con alcune riflessioni su due capitoli del libro di Martella: 1) "IL BATTESIMO DELLO SPIRITO SANTO" pag. 35 – 41.
Chiaro che Martella, non essendo di convinzione e di esperienza pentecostale, in questi capitoli dice le cose che sono secondo il suo pensiero. Peccato però, che fa passare per vangelo quello che lui pensa, mentre viceversa chi crede in modo diverso da lui predica un altro vangelo>> (pag 38). Non voglio analizzare tutto ciò che vi è scritto, comporterebbe uno studio molto lungo sull’argomento. Vorrei solo fare alcune osservazioni qua e là di ciò che si trova scritto in questo capitolo, anche se ciò che vi è scritto è quasi tutto da rettificare.
A pag. 35 è scritto: Essi (i pentecostali), insegnano che la conversione è importante, ma ognuno avrebbe bisogno di una seconda - esperienza - che chiamano battesimo dello Spirito>> - per essere pienamente cristiani>>. Non so Martella da dove tragga queste notizie. Non cita nessuna fonte di studi o testo autorevole di qualche pentecostale biblico. Dov’è detta una cosa del genere? Forse lui parla per sentito dire? Spero che Martella non dica cose basandosi su quello che ha sentito dire da Tizio o Caio. Non è certo così che si fa uno studio serio. La verità è, che per i pentecostali biblici, per essere pienamente cristiani, bisogna credere in Gesù. Solo questo e nient’altro. Questo si può leggere in un qualsiasi testo, dei tanti studiosi pentecostali biblici. Il battesimo nello Spirito Santo>> non ci rende più cristiani, ma ci abilita per un servizio più efficace. Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni >> (Atti 1:8), questo è quello che insegna la Bibbia e i pentecostali biblici.
A pag 37 Martella cita 1Cor 12: 10 e 30 dove è scritto: a un altro diversità di lingue>> e parlano tutti in altre lingue? >>, per concludere poi, che tutti sono battezzati con lo Spirito Santo, ma non tutti parlano in altre lingue, ecco cosa dice: La dottrina carismatica, secondo cui il battesimo di Spirito si manifesta con il parlare in lingue, è ideologia e non dottrina biblica. Paolo afferma espressamente che ognuno è stato battezzato con (mediante) lo Spirito Santo (passato), ma che non è da tutti parlare in lingue>> (Martella) .
Analizziamo ciò che veramente vogliono dire questi versi. È proprio vero, come dice Martella, che i credenti di Corinto, non tutti parlavano in lingue? E' questo ciò che vuole dire Paolo? A me sembra il contrario. Ascoltiamo l’apostolo Paolo: vorrei che TUTTI parlaste in altre lingue>> (1Cor. 14:5), Quando vi radunate se TUTTI parlano in altre lingue>> (v.23), ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di TUTTI VOI>> (v.18). A me sembra che a Corinto i credenti parlavano TUTTI in altre lingue! D'altronde anche nei casi riportati negli Atti degli apostoli, alla discesa dello Spirito Santo, la dove si parla che essi parlavano in lingue>> la Bibbia afferma che tutti parlavano in lingue>>. Non si dice in nessuno di questi episodi di Atti, che quando lo Spirito scendeva, alcuni parlavano in lingue e altri no. Allora, cosa significa quel a un altro diversità di lingue>> e parlano tutti in altre lingue? >>. Quello che non si vuol capire, o si fa confusione, è che c’è differenza tra le lingue devozionali e le lingue come carisma. Le lingue devozionali che hanno inizio con la discesa dello Spirito Santo, non hanno limiti: tutti possono parlare in lingue. Come infatti vediamo in Atti cap.2/c.10/c.19/. Nel capitolo 12 ai Corinzi Paolo parla dei diversi doni per il ministero della chiesa. A un altro diversità di lingue>>, si riferisce al dono delle lingue riguardando il contesto della comunità radunata, e come tutti gli altri doni serve per l’utile comune>> (v.7). La diversità di lingue è un dono dello Spirito per l’edificazione del corpo. Non tutti quelli che parlano in lingue a livello devozionale parlano necessariamente in lingue anche per l’edificazione del corpo dei credenti (1Cor 14:4). Nel secondo caso la diversità di lingue>> non è un dono che tutti possiedono, ma è un dono solo per quelli che lo Spirito Santo sceglie per agire (1Cor 14:26). Questa distinzione, che per capirsi meglio i pentecostali hanno definito segno delle lingue>> e dono delle lingue>>, si evince chiaramente dalle Scritture. Quando Paolo parla del carisma delle lingue (12:10), afferma che ciò viene dato per l’utile comune (v.7), quindi per la chiesa. Quando invece parla delle lingue come segno dato per la devozione personale egli dice: chi parla in altre lingue edifica se stesso>> (14:4), quindi non per l’edificazione della chiesa. Un'altra affermazione di Paolo evidenzia ancora una volta questa differenza tra le lingue come devozione personale e le lingue come carisma per la chiesa, in 1Cor 14:27 è scritto Se c’è chi parla in altre lingue siano due o tre al massimo a farlo e uno dopo l’altro e uno interpreti>>. Qui Paolo parla delle lingue come carisma, che deve essere regolato, è si può esercitare massimi due o tre per volta con il seguito dell’interpretazione. Alla pentecoste invece, non parlarono uno dopo l’altro e non furono due o massimo tre. Così come a Cesarea, tutti parlarono in altre lingue e non furono due o massimo tre e uno dopo l’altro e non ci fu nessuno che interpretò. Stessa cosa avvenne a Efeso. In queste occasioni i credenti parlavano in lingue come segno del dono dello Spirito Santo per l’edificazione personale e non come carisma per la chiesa. Chiaramente tra le lingue devozionali e il carisma delle lingue non esiste una differenza essenziale. La diversità non è nell’essenza, ma nella pratica.
Le pag. da 37 a 40, sono tese a dimostrare che il battesimo nello Spirito Santo, non è altro che la Salvezza. Stando così le cose, la discesa dello Spirito o dono dello Spirito Santo, equivalgono alla rigenerazione, la nuova nascita che si riceve quando si crede. Martella cita una sfilza di versi biblici tratti per lo più dalle epistole, per avvalorare la sua tesi. Credo che una metodologia adeguata suggerito da molti studiosi, sia quello di dare priorità al racconto e al brano descrittivo, piuttosto che all’aspetto didattico. Non che i brani delle epistole siano meno importanti. Tuttavia i brani delle epistole sono brevi e concisi, e si riferiscono a un episodio che si era già verificato, quindi fornisce pochi dettagli. Per questo motivo per comprendere la questione occorre andare agli aspetti descrittivi contenuti nel libro degli Atti. I brani descrittivi sono cinque Atti cap. 2/ 8/9/10/19. Se le cose stanno come dice Martella questi brani dove si parla della discesa dello Spirito Santo riguardano la salvezza e la nuova nascita del credente. Vediamo in modo molto sintetico se le cose stanno così. A mio avviso nessuno dei racconti contenuti negli Atti riguardo alla discesa dello Spirito Santo si concentra sulla salvezza. La ricezione della salvezza era il requisito essenziale per ricevere il dono dello Spirito Santo, lo Spirito non fu donato per conferire la salvezza. Cosi si sono espressi eminenti studiosi: Eduard Schweizer (esegeta svizzero e studioso del Nuovo Testamento) scrive che nel libro degli Atti la salvezza… non viene mai ascritta allo Spirito>> (TDNT, 6:412). Allo stesso modo, Hermann Gunkel- (1862-1932, protestante tedesco studioso di Antico Testamento), scrive: Per il libro degli Atti è evidente che essere un credente ed essere ripieni dello Spirito sono due cose distinte>> (The Influence of the Holy Spirit, p. 17). Kirsopp Lake – (1872-1946 professore a Harvard), egli afferma che nei vari brani del libro degli Atti che riguardano il dono dello Spirito non si allude mai alla rigenerazione attuata dallo Spirito, né all’idea che la salvezza dipende dallo Spirito>> (The Acts if the Apostles 5:109).
Analizziamo i vari testi descrittivi che troviamo nel libro di Atti:
ATTI 2 . Riguardo ai 120 di Pentecoste di Atti 2, Calvino nel suo commento agli Atti spiegando Atti 2:38 afferma: la remissione dei peccati e la novità di vita furono le cose principali, e questo (il dono dello Spirito) fu una sorta di aggiunta>>. L’aggiunta secondo Calvino, era il fatto che Cristo manifestasse la sua potenza mediante un dono visibile>>. Nelle Istituzioni a pag.1681, Calvino, riguardo all'episodio dei samaritani afferma: Riguardo a quella citazione di San Luca... secondo cui i samaritani erano battezzati nel nome di Gesù eppure non avevano ricevuto lo Spirito Santo, non è detto che essi non avessero ricevuto nessun dono dello Spirito, credevano infatti in Gesù Cristo, e lo confessavano di tutto cuore; è chiaro che non avevano le manifestazioni evidenti e le grazie visibili connesse col dono dello Spirito. In questo senso è detto che gli apostoli ricevettero lo Spirito nel giorno della pentecoste, quantunque già da lungo tempo fosse stato loro detto da Cristo: non siete voi che parlate ma lo Spirito del Padre parla in voi>>. D’altronde Gesù, prima di lasciare i discepoli disse: rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall’alto>>(Luca 24:49). Non disse: a Pentecoste nascerete di nuovo, o sarete salvati, ma sarete rivestiti di potenza. Ancora in Atti 1:8 afferma: Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi>>. Non disse: riceverete vita eterna, ma potenza! Nell’episodio di Atti 2, non c’è niente che faccia pensare a una rigenerazione o nuova nascita. I discepoli furono potenziati per svolgere un ministero di testimonianza. In effetti, i discepoli a Pentecoste erano già credenti convertiti, base questa per ricevere lo Spirito (Atti 2:38). Eduard Schweizer afferma: lo Spirito fu donato a quelli che erano già convertiti e battezzati>> (TDNT, 6:412).
ATTI 8:15-18. Per quel che riguarda Samaria, ecco ciò che dice Calvino riguardo al dono dello Spirito Santo ricevuto dai samaritani. Egli afferma: qui Luca non parla della grazia ordinaria dello Spirito con cui Dio rigenera… i samaritani avevano già ricevuto lo Spirito d’adozione>> (Commentary on Acts 1:338-39). Ripeto la citazione fatta già in precedenza (in riferimento ai 120), presa dalle Istituzioni di Calvino, a pag.1681: Riguardo a quella citazione di San Luca... secondo cui i samaritani erano battezzati nel nome di Gesù eppure non avevano ricevuto lo Spirito Santo, non è detto che essi non avessero ricevuto nessun dono dello Spirito, credevano infatti in Gesù Cristo, e lo confessavano di tutto cuore; è chiaro che non avevano le manifestazioni evidenti e le grazie visibili connesse col dono dello Spirito>>.Giovanni Luzzi così commenta l’episodio dei samaritani: il v. 18 dice in modo chiaro che Simone vide, vuol dire che lo Spirito comunicato non consisteva in luce dell’intelletto, in santificazione della volontà, in purificazione del cuore, in cose, cioè, che non si possono vedere; di codesta benefica azione dello Spirito i Samaritani avevano già goduto non al momento del battesimo ma all’atto della conversione>> (G. Luzzi, Commentario esegetico - pratico del Nuovo Testamento- Atti degli Apostoli, ed. Claudiana, Firenze 1899).
ATTI 9. Passiamo a Saulo da Tarso, che fu “ripieno dello Spirito Santo” dopo che Anania gli ebbe imposto le mani, dopo che ebbe incontrato Cristo sulla via di Damasco. In occasione di questo incontro Saulo fu cambiato radicalmente e Gesù divenne il suo Signore: “Signore che debbo fare"? È il Signore mi disse: levati, va a Damasco e quivi ti saranno dette tutte le cose che ti è ordinato di fare” (Atti 22:10). Vero che il termine “Signore” era un termine onorifico che veniva usato in risposta a qualsiasi figura celeste. Tuttavia nel racconto contenuto in Atti 22:10 risulta evidente che il termine “Signore” utilizzato due volte denota un nuovo rapporto con Gesù Cristo. L’esegeta Gustav Stahlin cosi commenta: Ora, nella seconda volta che Paolo chiama Gesù “Signore”, abbiamo qualcosa di più che nella prima: Paolo confessa in Lui il Signore di cui è pronto ad accogliere gli ordini; già qui fa la sua professione di fede di coloro che aveva finora perseguitato>> (Gustav Stahlin, Gli Atti degli Apostoli, Paideia Editrice Brescia, pag. 243). Il fatto poi che Anania, quando andò da Paolo, che da tre giorni era in preghiera digiunando, lo chiamo “ Fratello Saulo” dimostra ulteriormente che Saulo aveva già intrapreso il camino della fede prima di ricevere lo Spirito Santo. Nel libro degli atti, il termine fratello al vocativo singolare (Atti 9:17; 21:20; 22:13) indica sempre un fratello cristiano>> (J. Rodman Williams).
ATTI 10. A Cesarea il centurione e la sua famiglia ricevettero lo Spirito Santo. Pietro aveva predicato il vangelo, dicendo: Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remissione dei peccati mediante il suo nome>> (v.43). Fu così che i gentili si ravvidero e credettero, infatti, parlando di questo episodio, gli apostoli e i fratelli di Gerusalemme dichiararono: Iddio ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita>> (Atti 11:18). Dopo il ravvedimento e la fede, venne lo Spirito Santo: mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola>> (v.44). Il requisito per la ricezione dello Spirito Santo anche in questo caso fu il ravvedimento e la fede.
ATTI 19: 1-7. A pag. 41 Martella prende in esame questo brano esortando i fratelli pentecostali a non confondere le carte. Ecco cosa dice Martella: Nel campo entusiastico si afferma che Atti 19: 1-7 mostri che si possa venire battezzati di Spirito dopo essere diventati discepoli di Cristo. Non confondiamo le carte.. e i discepoli! In Efeso i discepoli incontrati erano stati battezzati solo col battesimo di Giovanni ed erano quindi discepoli del Battista. Paolo dovette istruirli non solo su Gesù ma anche sullo Spirito Santo, di cui ignoravano addirittura l’esistenza! In questo caso, l’accompagnamento delle lingue e della profezia alla conversione e all’effusione dello Spirito doveva dimostrare alla comunità battista di Efeso la superiorità di Cristo su Giovanni, del Signore sul suo precursore. C’è da notare che Paolo attesta come cosa scontata che lo Spirito Santo si riceva nel momento in cui si crede in Gesù Cristo>> (pag. 41). Queste sono le carte messe in ordine da Martella.
Martella esorta i pentecostali a non confondere le carte. Confondere le carte? A me pare che Martella confonde lui le carte e fa di più.. le cambia!
Primo, Martella dice un’inesattezza quando afferma che i 12 di Efeso erano discepoli del Battista>> (pag31). Perché non dice (lui è uno studioso è lo sa bene), che nel Nuovo Testamento il vocabolo discepoli>> non accompagnato da nessuna qualificazione, è usato per designare i discepoli cristiani? Secondo, anche Apollo era stato battezzato solo del battesimo di Giovanni, eppure nessuno può dubitare che fosse un discepolo cristiano! (Atti 18:24-28). Lo stesso era per questi 12 discepoli di Efeso. Lo stesso Dizionario Biblico GBU a cura di Diprose, definisce i discepoli a Efeso come credenti in Cristo (pag. 460). Terzo, pur ammettendo che i 12 erano discepoli del Battista, la domanda di Paolo: riceveste voi lo Spirito Santo quando credeste?>> o come traduce il Diodati dopo che avete creduto>?>> non attesta come cosa scontata che lo Spirito Santo si riceva nel momento in cui si crede in Gesù Cristo>>, così come afferma Martella, anzi, prova che si può credere senza aver ricevuto ancora il dono dello Spirito Santo. Se fosse come dice Martella, che il dono dello Spirito Santo si riceve quando si crede, la domanda di Paolo ai dodici discepoli di Efeso sarebbe stata inutile e contraddittoria. È come chiedere a un credente se ha ricevuto Cristo quando ha creduto. È possibile una cosa del genere? Il fatto poi, che dopo che Paolo predicò loro il Cristo, dopo che ebbero creduto in Gesù, dopo che furono battezzati per la remissione dei loro peccati, dopo che Paolo impose loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro, dimostra ancora di più che il dono dello Spirito Santo si ricevedopo la conversione, com’è ampiamente dimostrato anche nell’episodio dei samaritani (Atti 8). Poteva Paolo battezzare persone senza che fossero salvate? Non si è prima salvati e poi si accede al battesimo in acqua? O Paolo ha sbagliato e battezzato questi discepoli senza che avessero ricevuto ancora lo Spirito Santo?
A pag.41, Martella ci da un bell’esempio di carismaticismo, quando afferma: l’accompagnamento delle lingue e della profezia alla conversione e all’effusione dello Spirito doveva dimostrare alla comunità battista di Efeso la superiorità di Cristo su Giovanni, del Signore sul suo precursore>> (pag. 41). Ora, si può dire questo, solo se si hanno altre rivelazioni aggiunte>> a ciò che dice il testo biblico, cosi come fanno i carismaticisti. Infatti, la Bibbia non dice e non lascia supporre in nessuna parte del testo, che il motivo del parlare in lingue e della profezia, fosse questo. Dove sta scritto quello che afferma Martella? Da che cosa si può almeno supporre una conclusione del genere? Ma se avevano già creduto in Cristo facendosi battezzare di nuovo! Quale superiorità dovevano dimostrare le lingue? Avevano già creduto alla superiorità di Cristo, rispetto a Giovanni Battista, nel momento che si lasciarono battezzare nel nome di Gesù. Perché le lingue e le profezie dovevano avere questo valore dimostrativo? Dove è detto nella Bibbia che le lingue furono date per dimostrare questa superiorità? Martella proietta nel testo biblico le sue convinzioni personali e precostituite. Mi dispiace, ma la rivelazione>> di Martella su questo episodio biblico non mi convince. Che Martella studiando i carismaticisti ne sia rimasto influenzato? Spero di no!
Continua Martella: Paolo dovette istruirli … sullo Spirito Santo, di cui ignoravano addirittura l’esistenza! >>, come per dire: vedi come potevano essere fedeli cristiani se ignoravano anche l’esistenza dello Spirito Santo?>>. Ora queste cose si possono capire se sono dette da chi legge la Bibbia senza avere una certa conoscenza, ma sentirle dire da Martella mi lascia molto perplesso. È mai possibile che questi ignorassero l’esistenza dello Spirito Santo? Non conoscevano il Vecchio Testamento? Non avevano sentito diverse volte il Battista parlare dello Spirito Santo? Come potevano ignorare l’esistenza dello Spirito Santo? Non è invece possibile che questi discepoli ignorassero che c’era una ricezione del dono dello Spirito Santo cosi come avvenne a Pentecoste a Cesarea e a Samaria? Non è più probabile una cosa del genere? D’altra parte la mia ipotesi trova conferma anche in alcuni documenti della Rec. Occidentale dove il versetto è scritto come segue: Ma neppure se taluni ricevono Spirito Santo udimmo>>. Il Dizionario Biblico ed. GBU a cura di Diprose, parla dei discepoli di Efeso come credenti in Cristo ignari della pentecoste (pag. 460).
2) “ GLOSSOLALIA ALLO SPECCHIO ” pag. 69 a 83.
A pag. 74 è scritto: Ecco altri esempi di conversione in cui non si riscontra il parlare in altre lingue l’Etiope (Atti 8:26-40), gli abitanti di Lidda (Atti 9:35), di Antiochia (Atti 11:21-29), di Pisidia (Atti 13:42-52), il carceriere (Atti 16)>>. Vorrei far notare a Martella, semmai non lo sapesse (ho i miei dubbi), che in questi episodi non si parla mai esplicitamente della ricezione dello Spirito. Quanto all’elenco di episodi biblici da lui citati, dove non si parla delle lingue, voglio aiutare Martella aggiungendone altri. Paolo! Martella si è dimenticato di Paolo! (Atti 9). Paolo si convertì e fu battezzato ma non è detto che parlò in lingue. C’è anche Corinto! Anche a Corinto si convertirono tante persone e furono battezzate in acqua e non è detto che parlavano in lingue (Atti 18). Chissà perché però, sia per quanto riguarda i corinzi sia di Paolo, è detto in seguito nella Bibbia, che parlavano in lingue! O Martella dubita che i corinzi e Paolo parlassero in lingue? 1Corinzi 14:18 l’ha dimenticato? La verità è che sia la ricezione dello Spirito che il parlare in lingue erano fenomeni noti e sperimentati per i lettori ai tempi di Luca, non c’era bisogno di ripetere il concetto ogni volta. La stessa cosa, infatti, può essere detta riguardo alla fede in Cristo e al battesimo dell’acqua. Spesso Luca menziona esplicitamente il battesimo dell’acqua in relazione alla fede in Cristo Gesù (Atti 2:38,41; 8:12,13, 35-38; 9:18; 10:48; 16:14,15,31-33; 18:8; 19:5), mentre in altre occasioni descrive le persone che arrivano alla fede senza alludere al battesimo dell’acqua (Atti 9:42; 11:21; 13:12,48; 14:1; 17:12,34). Ora in tutti questi passi, non è detto che coloro che avevano creduto furono battezzati in acqua, non per questo però, possiamo dubitare che lo fossero stati. Luca dava per scontato che il battesimo dell’acqua ebbe luogo, visto che si trattava di un’esperienza e di una pratica ordinaria per la chiesa delle origini. Cosi è per la ricezione dello Spirito per quanto riguarda il parlare in lingue. In Atti 18, non è detto che i corinzi ricevettero lo Spirito Santo, né tantomeno che parlavano in lingue, ma nessuno può dubitare alla luce di 1Cor 14:18, che i corinzi avevano ricevuto lo Spirito con il parlare in altre lingue. Cosi come nessuno può dubitare che Paolo parlasse in lingue, nonostante che Luca in Atti 9 non ce lo dica. Non può essere la stessa cosa per l’Etiope (Atti 8:26-40), gli abitanti di Lidda (Atti 9:35), di Antiochia (Atti 11:21-29), di Pisidia (Atti 13:42-52), e il carceriere? (Atti 16). Tant’è che in questi episodi citati da Martella, non si parla mai della ricezione dello Spirito su questi convertiti, ecco perché non si accenna ai segni visibili della discesa dello Spirito. Possiamo per questo dubitare che lo Spirito fosse sceso su di loro nonostante che Luca non lo dica? Perché Martella non dice, che ogni qualvolta che in Atti si parla esplicitamente della ricezione dello Spirito sui nuovi convertiti descrivendone l’evento, è sempre detto che si manifestava con le lingue e con altri segni visibili? ( Atti capitoli 2,8,10,19).
A pag 73 è detto: Gli unici casi in cui negli Atti si menziona il fenomeno di glossolalia, sono essenzialmente tre, e avvengono sempre quando ha inizio una nuova fase nelle missioni della chiesa primordiale>>. Credo che Martella alluda ai casi di Pentecoste, Cesarea ed Efeso. Ricordo a Martella che oltre a questi tre casi menzionati da lui, dove esplicitamente è detto che si parlava in lingue, ci sono altri due casi biblici dove, uno, in modo implicito (Samaria), e un altro, attraverso altri brani biblici si comprende che ci fu la glossolalia. Infatti, dei samaritani è detto che c’erano dei segni visibili della ricezione dello Spirito (Atti 8) e alla luce di altri episodi biblici analoghi (Atti capitoli 2, 10,19), si può dire che quasi sicuramente parlavano in altre lingue ( vedi, Dizionario Biblico GBU a cura di Diprose pag.460). L’altro episodio è quello di Paolo, dove attraverso altri testi biblici (1Cor 14:18), si comprende che quando ricevette lo Spirito parlava in lingue. I casi quindi di glossolalia negli Atti, non sono tre ma cinque. Per quel che riguarda l’affermazione di Martella: la glossolalia avviene sempre quando ha inizio una nuova fase nella missione della chiesa primordiale>>, come a voler dire che la glossolalia avveniva solo a causa di questo, dovrebbe spiegarci perché nell’epistola ai Corinzi si parla ancora delle lingue. Quale fase nuova nella missione della chiesa stava avvenendo a Corinto?
Sempre a pag 73 Martella afferma: Dopo gli Atti, l’unico luogo dove si parla di lingue è la lettera ai Corinzi, dove il fenomeno è prettamente estatico, Paolo non gli da molto spago anzi …! >> Martella presenta la cosa, come se negli Atti il fenomeno delle lingue fosse solo di xenoglossia (lingue straniere), e non di glossolalia. Pur ammettendo che a Pentecoste il fenomeno delle lingue era di xenoglossia (personalmente credo che anche a Pentecoste fu un fenomeno di glossolalia e Martella sa benissimo che tanti studiosi esegeti, non pentecostali, la pensano come me es. Luzzi, Dunn, Godet, Green, Stahlin ecc.), di tale fenomeno di xenoglossia avvenuto a Pentecoste, non si parla più nei restanti episodi degli Atti, dove il fenomeno è di glossolalia e non di xenoglossia. Ecco ciò che dice il Dizionario Biblico ed. GBU pag 460: Solo in relazione alla Pentecoste è menzionato esplicitamente il parlare in lingue straniere. Altrove la glossolalia consiste di espressioni con un preciso significato, ispirate dallo spirito Santo e impiegate innanzitutto per l’adorazione (Atti 2.11; 10:46 1Cor 14:2, 14-17,28) >>. Ancora nel Dizionario Dei Concetti BibliciDel Nuovo Testamento ed. Dehoniane, riguardo ai vari episodi di glossolalia descritti negli Atti afferma: Naturalmente queste manifestazioni erano diverse tra loro; infatti Luca, per quanto riguarda Gerusalemme, descrive il parlare in lingua come un modo particolare di predicare alla gente.. il vangelo in lingue straniere; mentre in Cesarea, Efeso e Corinto si tratta di una glorificazione e adorazione rivolte a Dio con suoni inarticolati>> (pag. 1170). Anche se Pietro a casa di Cornelio afferma che lo Spirito era sceso sui gentili com’era sceso su di noi da principio>>, ciò si riferisce al fatto che quelli di Cesarea parlavano in altre lingue a loro sconosciute secondo che lo Spirito dava a esprimersi, cosi come avvenne a Pentecoste, non che il parlare in altre lingue di Cesarea dovesse essere per forza xenoglossia. Quel com’era sceso su noi>> non può intendersi come se il fenomeno fosse in tutto e per tutto uguale a quello di Pentecoste. Se fosse da intendersi così (come pensa Martella), Pietro avrebbe detto un’inesattezza. Infatti, a pentecoste ci fu il suono di vento impetuoso, a Cesarea no! A pentecoste ci furono le lingue di fuoco che si posarono su tutti i 120, a Cesarea no! Quindi? Il fenomeno della discesa dello Spirito a Cesarea era uguale nella sostanza a quello di pentecoste (tutti parlavano in altre lingue), ma diverso nella forma. Lo stesso Renè Pache nel suo Dizionario Biblicoafferma: Il parlare in lingue in uso a Corinto è un linguaggio estatico, in cui lo spirito esprime a Dio.. Gli Atti confermano l’insegnamento di Paolo dando solo tre esempi del parlare in lingue. Quello del capitolo due è eccezionale, come abbiamo visto, come anche le lingue di fuoco ed il rumore del vento impetuoso>> (pag. 505). C’è da aggiungere un dettaglio molto importante: quale bisogno c’era che a Cesarea si parlasse in forma di xenoglossia, visto che non c’erano stranieri? Anche per quanto riguarda i 12 di Efeso: parlavano in altre lingue in forma di xenoglossia? E dov’erano gli stranieri per parlare loro attraverso le lingue? Paolo spiega bene lo scopo e la natura delle altre lingue quando afferma: chi parla in altre lingue non parla agli uomini ma a Dio, perché nessuno l’intende, ma in spirito proferisce misteri>> (1Cor 14:2). Nel cap. 14 dove si parla tanto delle lingue, Paolo non accenna minimamente a una doppia natura delle lingue, anche se alle volte nel seno del risveglio pentecostale si sono registrati alcuni episodi di xenoglossia come a pentecoste. Ecco ciò che dice I. Howard Marshall: E’ difficile, comunque, non tenere conto di quanto ha affermato gente nostra contemporanea, di aver cioè sentito parlare la propria lingua da persone in possesso del dono delle lingue>> (I. Howard Marshall, Gli atti degli apostoli, GBU pag.84). Questo è ciò che testimonia Marshall, che non è pentecostale, se aggiungessi la mia testimonianza e quelli di altri di fede pentecostale, Martella direbbe che è opera dello spiritello delle lingue. Meglio lasciare stare.
Diversamente da quello che scrive Martella, Paolo non parla delle lingue come di qualcosa da non dare spago>>. Paolo a differenza di Martella aveva una considerazione molto alta delle lingue quando esse sono usate nel modo giusto. Infatti, pur dicendo che in chiesa egli preferisce dire cinque parole intellegibili che diecimila in altre lingue, mostra altresì tutta la sua alta considerazione delle lingue, quando con profonda gratitudine a Dio afferma: io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi>> (1Cor 14:18). Martella fa passare il capitolo 14 ai Corinzi come un’operazione di amputazione delle lingue da parte di Paolo (pag. 73), viceversa Paolo, con vera sapienza spirituale, agisce curando, senza amputare. Infatti, dice al v.5 Vorrei che tutti parlaste in altre lingue>>, e poi aggiunge ma molto più che profetaste >>, quel molto più che profetaste>>, non annulla la prima parte del verso che testimonia del desiderio di Paolo che tutti i corinzi parlassero in altre lingue. Paolo mette un ordine di priorità in due aspetti della vita dello spirito entrambi importanti, senza escluderne nessuno. Infatti, termina il capitolo 14 dicendo: Pertanto fratelli desiderate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue>> (v.39). Se questo significa non dare spago … Parliamo adesso di 1Cor 13:8. Martella si fa molto forte di questo verso per affermare che le lingue erano solo per l’inizio della chiesa. Egli fa tutto un discorso dal greco per mostrare che il verbo pauomai cessare>>, è diverso da abolire, e quindi il testo di 1Cor 13:8 dovrebbe essere tradotto così: “Quando alle lingue, esse cesseranno di per se stesse”, aggiunge poi lui cioè un poco alla volta>>(pag. 75). Io ho molta stima del fratello Martella come esegeta, ma devo dire che questa traduzione e interpretazione del testo è tutta sua. Nel senso che non ho trovato scritto quello che lui dice in nessun commentario esegetico in mio possesso. Solo per fare qualche esempio,Leon Morris che non è certamente un pentecostale e quindi non può essere tacciato di essere di parte, interpreta questo cesseranno>> delle lingue come cosa che avverrà quando saremo con il Signore (vedi commento alla 1Cor ed. GBU). Anche il Dizionario Biblico G.B.U. opta per questa interpretazione affermando: 1Cor 13:8-12 contiene una prova forte della permanenza dei carismata nella chiesa; in questo brano Paolo prevede che la loro manifestazione sarebbe continuata fino alla seconda venuta di Cristo >> (pag457). Non conosco il greco, ma ho consultato l’ottimo sito biblos.com>> è non ho trovato nelle tante traduzioni riportate nel sito e nei vari testi in greco, l’interpretazione di Martella. Si può almeno dire che la sua interpretazione è una delle varie interpretazioni che si hanno di questo testo? Detto questo, credo che il tutto sia poco importante. La Bibbia cosi com’è con le sue varie traduzioni, a noi poveri mortali che non siamo teologi esegeti conoscitori di ebraico e greco, riesce comunque a farsi capire. La Bibbia s’interpreta con la Bibbia. Solo in questo brano di 1Cor 13.8, si parla di una cessazione delle lingue, e tanti commentatori esegetici si dividono sul quando le lingue cesseranno. Credo che il dato biblico sia molto povero per arrivare alla conclusione che le lingue erano solo per l’inizio della chiesa. Se le lingue, come interpreta Martella, erano prossime a cessare, non è strano che Paolo in 1Cor 14 non usi l’argomento della cessazione delle lingue per dimostrare la superiorità della profezia sulle lingue? Se a questo aggiungiamo che in 1Cor 12:28 si afferma: E Dio a posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti.. doni di governo, diversità di lingue>>. Quel E Dio a posto nella chiesa>>, mi fa pensare a qualcosa che è per sempre. Il concetto di chiesa in questo verso, non è quello di una comunità locale, bensì quello dell’intera collettività dei credenti disseminati in tutta la terra. Queste realtà spirituali (comprese le lingue), erano presenti in tutto il corpo di Cristo, ciò significa che le altre lingue non erano presenti solo a Corinto, ma in tutte le comunità. Paolo precisa che è stato Dio a porre nella chiesa (apostoli, profeti, dottori .. miracoli, guarigioni, lingue), non per limitarle alla sola era apostolica, ma, al contrario, per estenderla ad ogni epoca. Se all’opera di Dio si pone una certa limitazione nel tempo si intacca seriamente il concetto dell’universalità e si rischia di fraintenderla, e conseguentemente invece di favorire il lavoro dello Spirito di Dio, si finisce con l’ostacolarlo o peggio con il rifiutarlo nelle sue svariate manifestazioni. Quando accade questo strano fenomeno, (di cui la storia del cristianesimo attraverso i secoli è piena) accade lo sviamento, che consiste nell’allontanarsi dai sani insegnamenti della Parola di Dio per cedere a vedute e considerazioni umane >>. (Profeti e profezie del Nuovo Testamento, Domenico Barbera). Sulle interpretazioni del perché questi doni siano scomparsi totalmente nella chiesa verso il quarto secolo, invito a consultare questi testi su internet: Calvino, Commento al cap.16 dell’Evangelo di Marco. Sempre di Calvino, Commento a Atti 10:46. Calvino spiega chiaramente in questo commento che la cessazione di questi segni non fu opera di Dio, ma fu causato da un fattore umano, ossia la colpa dell’ingratitudine e dell’ambizione umana. Ecco cosa dice anche Wesly in “Works” V. p. 328: Non ricordo nessun brano Scritturale che insegni che i miracoli son confinati all’era apostolica o cipriana, o a qualsiasi periodo di tempo, lungo o breve, sino alla restituzione di tutte le cose. Né nell’Antico né nel Nuovo Testamento ho mai trovato indicazioni di questo tipo>>. Per Wesly la cessazione di questi segni non fu assolutamente un gesto sovrano di Dio, ma era dovuto alla corruzione della fede e della morale della chiesa (p. 706). Il Dizionario Biblico ed. GBU, alla voce Doni spirituali, pag. 457 afferma: la loro apparizione intermittente nel corso della storia posteriore può essere determinata dalla fede e dalla spiritualità oscillante della chiesa e dal disegno sovrano dello Spirito stesso, il quale distribuisce i doni “come vuole”>>. (W.G.Putman).
Un'ultima considerazione sull'importanza delle lingue. Varie volte Martella afferma che le lingue hanno poco valore e importanza. Cita spesso 1Cor 12:10, dove questo dono è messo per ultimo. Ora, prima di tutto, non credo che si possa parlare di un dono dello Spirito come cosa di poco valore o poco importate. È un carisma, cioè: dono di grazia>>, è quindi un qualcosa di grande valore. Che poi questo dono sia messo per ultimo nel catalogo di 1Cor 12:8-10 non è vero, perché Paolo lo pone prima del dono d’interpretazione (o per Martella questo dono non esiste?). Secondo: il catalogo non segue un ordine d’importanza perché nel verso 9 e 10 viene posto il dono di guarigione prima del dono dei miracoli. Viceversa nel verso 28 viene posto il dono dei miracoli prima del dono di guarigioni. Terzo: se per Martella il dono delle lingue è di poco valore perché messo per ultimo, nel verso 28 di 1Cor 12, tanti altri doni non sono proprio citati da Paolo (sapienza, conoscenza, discernimento, fede, ecc.), che significa? Che questi doni sono da buttare? Anche nel capitolo 14 di 1Corinzi, Paolo non sminuisce questo dono, perché là dove le altre lingue è fatto seguito il dono d’interpretazione, hanno lo stesso valore della profezia (v.5) per l’utile della comunità. Tant’è che pone le lingue come parte integrante del culto: Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altre lingue, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione>> (1Cor 13:26). Le lingue con l’interpretazione, in questo verso sono messe alla pari con l’insegnamento e la rivelazione. Aggiungo che le lingue sono per il credente un mezzo di preghiera personale v.14, di una personale lode a Dio v.16, di un personale salmeggiare .15, di un personale dialogo con Dio v. 2. Tutte cose importanti per l’edificazione del cristiano v.4. E’ vero che nella comunità è necessario ciò che edifica la collettività, ma è importante anche ciò che edifica il singolo credente, poiché la comunità è composta di singoli credenti, che nella loro molteplicità formano la comunità. Importante anche vedere che seppure Paolo esorta i Corinzi a pregare, lodare, salmeggiare, benedire Dio in modo intellegibile, non vieta, però, di farlo in altre lingue, infatti, dice: pregherò si con lo spirito ma lo farò anche con l’intelligenza, salmeggerò si con lo spirito ma lo farò anche con l’intelligenza>> (v.15). Non dice di fare questi atti di devozione solo in modo intellegibile, ma in tutte e due i modi, con lo spirito, in forma privata, con l’intelligenza, in forma pubblica. Faccio notare che Paolo mette per primo il parlare con lo spirito seguito poi dal parlare con l’intelligenza. Nonostante tutto quello che dice Paolo sulle lingue al capitolo 14 dei Corinzi, Martella afferma che: le lingue sono un parlare a vanvera (al vento)>> e fa dire a Paolo quello che invece non dice (pag 73). Per Paolo il parlare in altre lingue>> era qualcosa di meraviglioso e di edificante, infatti, lui ringrazia Dio che parla in altre lingue (v.18), ma aggiunge che quando si è insieme con tutta la chiesa si deve dare spazio a ciò che edifica tutti. Esorta Paolo: ricercate la profezia senza impedire il parlare in altre lingue>>, quindi ci deve essere, questo e quello (profezie e lingue), ecco l’equilibrio di Paolo! Diverso da quello che fanno coloro che in chiesa ricercano solo le lingue (come i corinzi e alcuni pentecostali), diverso da ciò che dice Martella che le lingue non servono a nulla e che Paolo quasi, quasi, le schifa.
Mi fermo qui, ci sarebbe ancora tanto da dire, ma credo che basti questo per costatare che Martella su quest’argomento è fortemente condizionato dalle sue idee precostituite al punto di non riuscire a cogliere certe verità Scritturali. Come ho detto fin dall’inizio del mio scritto, il libro è fatto bene, quindi è da leggere. Qualcuno ha detto: ogni libro è come il pesce, ha le sue spine>>, proseguendo con la metafora del pesce il mio consiglio è: mangiate il pesce ma.. attenti alle spine! ANTONIO CAPASSO
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CARISMOSOFIA
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▼ 2. Finalità e gruppi di destinazione
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▲ 1. CONTENUTO: Nella prima parte sono affrontate alcune basi del carismaticismo: l'influenza di Agnes Sanford, le «tre ondate» dello Spirito, la quarta dimensione, il battesimo dello Spirito, l'effusione dello Spirito Santo, religione di potenza, l'evangelo del successo. Nella seconda parte sono affrontati alcuni problemi del carismaticismo: passività e coercizione, glossolalia allo specchio, segni e prodigi, guarigioni, ministero di guarigione, movimento carismatico e cattolicesimo, fra ecumenismo e sincretismo. Nella terza parte l'autore tratta i punti di commistione fra carismaticismo ed esoterismo: spiritualità esoterica e movimento carismatico, paranormale e carismaticismo, paralleli con il mondo magico-esoterico. Nella quarta parte si affrontano alcune dottrine del carismaticismo: autorità e rivelazione, il momento in cui si riceve lo Spirito Santo, la pienezza dello Spirito Santo, antropologia carismatica, la pastorale esorcistica, la pastorale esoterica: guarigione interiore, la strategia di una «guerriglia» spirituale, la fine dei tempi. Le parti conclusive riportano questi temi: fatti, casi ed eventi; casi di cura d'anime; alcune considerazioni finali.
2.1. FINALITÀ: È un libro che vuole comunicare discernimento e far riflettere sulle basi della dottrina. Il libro affronta, infatti, i paralleli fra l'occultismo e il carismaticismo riscontrati nelle rispettive fonti letterarie. Siamo convinti che un'analisi biblica scevra da ideologie, aiuterà a separare, sul piano dottrinale, il grano dalla paglia, ossia le dottrine genuinamente bibliche da commistioni diverse provenienti da contaminazione con contenuti ideologici e spirituali estranei alla Bibbia.
2.2. GRUPPO DI DESTINAZIONE: È destinato a chiunque voglia esercitare il discernimento biblico. L'autore ha ricevuto a voce e per iscritto testimonianze varie di quanto il libro abbia fatto loro bene. Anche credenti e pastori pentecostali e carismatici hanno attestato che il libro li abbia aiutati a riflettere a nuovo sulle problematiche e a verificarle con la Bibbia alla mano. Alcuni di loro si sono distanziati da quei fenomeni, di cui hanno capito che provengono da fonti torbide.
Introduzione
PRIMA PARTE: ALCUNE BASI DEL CARISMATICISMO
L’influenza di Agnes Sanford
Le «tre ondate» dello Spirito
La quarta dimensione
Il battesimo dello Spirito
L’effusione dello Spirito Santo
Religione di potenza
L’evangelo del successo
SECONDA PARTE: PROBLEMI DEL CARISMATICISMO
Passività e coercizione
Glossolalia allo specchio
Segni e prodigi
Guarigioni
Ministero di guarigione
Movimento carismatico e cattolicesimo
Fra ecumenismo e sincretismo
TERZA PARTE: CARISMATICISMO ED ESOTERISMO
Spiritualità esoterica e movimento carismatico
Paranormale e carismaticismo
Paralleli con il mondo magico-esoterico
Preliminari
Pan-spiritualismo e commistione
Estasi, visioni e falsa profezia
Facoltà extrasensoriali
Fenomeni medianici
Spiritualismo esoterico e spiritismo
Esercizio di potenza e magia bianca
QUARTA PARTE: CARISMATICISMO E DOTTRINE
Autorità e rivelazione
Quando si riceve lo Spirito Santo?
La pienezza dello Spirito Santo
Antropologia carismatica
La pastorale esorcistica
La pastorale esoterica: guarigione interiore
La strategia di una «guerriglia» spirituale
La fine dei tempi
QUINTA PARTE: PARTI CONCLUSIVE
Fatti, casi ed eventi
Casi di cura d’anime
Considerazioni finali
Bibliografia
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IL BATTESIMO DI SPIRITO SANTO
di Nicola Martella
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I. TRACCIAMO IL PROBLEMA
A. PRELIMINARI: Al termine «battesimo di Spirito» sono stati attribuiti i significati più diversi che vanno dal semplice battesimo in acqua alle esperienze spiritualistiche e alle iniziazioni esoteriche. Secondo i casi, l’effusione dello Spirito è stata legata all’imposizione delle mani durante o dopo il battesimo d’acqua, alla cresima cattolica, a una «seconda benedizione» carismatica, all’«abbattimento dello Spirito» e ad altri eventi ed esperienze del genere. Questo tema si ricollega ai capitoli «Quando si riceve lo Spirito Santo?» e «La pienezza dello Spirito Santo», a cui rimandiamo.
B. ELEMENTI BIBLICI: L’«effusione dello Spirito» è promessa sia nell’AT sia nel NT come un’esperienza che conferisce vitalità spirituale e capacità particolari; essa è annunciata come una manifestazione dello Spirito Santo durante il tempo messianico (Is 32,15; 44,3; Ez 39,29; Gle 2,28ss; Mt 3,11; At 1,5; 1 Cor 12,13; cf. Rm 5,5; Tt 3,5s). [➔ L’effusione dello Spirito] Il «battesimo di Spirito», come vedremo, è inteso nel NT come l’azione di rinnovamento e di trasformazione dello Spirito Santo nel momento della nuova nascita.
C. LA POSIZIONE CARISMATICA E OSSERVAZIONI AD ESSA: Mi è stato chiesto, a volte, se ho ricevuto lo Spirito Santo, quindi, se sono stato battezzato con lo Spirito Santo.
■ Chi pone tali domande è pentecostale o carismatico, e in tal modo allude al fatto se io abbia sperimentato o meno una seconda esperienza spirituale dopo la conversione.
■ Nel pentecostalismo, prima, e nel carismaticismo, poi, è stato solitamente insegnato che il battesimo dello Spirito sia una «seconda esperienza», spesso di carattere estatico, che investe credenti che hanno già sperimentato la nuova nascita. Essi insegnano che la conversione è importante, ma ognuno avrebbe bisogno di una seconda esperienza - che chiamano «battesimo dello Spirito» - per essere veramente e pienamente cristiani.
■ Essi insegnano che il cosiddetto «battesimo dello Spirito santo» si manifesti immancabilmente con il parlare in lingue; ultimamente alcuni associano ad esso anche la «benedizione di Toronto»: l’esperienza in cui la gente ride per ore, senza avere il controllo su sé stessi e senza poter smettere.
■ Per rinfrescare questa «consacrazione», i seguaci del carismaticismo si recano spesso da carismatici particolari, che chiamano «unti», per ricevere l’imposizione delle mani; durante tale atto cadono a terra privi di sensi (in parte o completamente), perlopiù all’indietro. Essi attribuiscono tale fenomeno all’azione dello Spirito Santo.
■ I credenti sono spinti a protendersi verso quest'esperienza e di farsi imporre le mani per ricevere il battesimo dello Spirito. Come effetti ci si aspetta: esperienze estatiche particolari (lingue, eccetera), progressi nella santificazione, frutto nella testimonianza e potenza nella preghiera. Non di rado viene creato, mentalmente, un ribaltamento delle conclusioni: c’è da aspettarsi che chi non ha fatto questa «seconda esperienza» mostri dei deficit in tali settori. Anche se non è espressamente ammesso, si crea di fatto un «cristianesimo a due livelli».
■ Non di rado, l’assenza di quest'esperienza è interpretata come presenza di peccati o di legami o come mancanza di rigore nella sua ricerca. In chi non l’ha ricevuto, dopo anni di costante ricerca, nasce non solo una «santa» invidia, ma il risentimento verso Dio e il presentimento che Dio non l'ami abbastanza.
[Segue lo schema del resto del capitolo]
II. I TERMINI:
A. BATTEZZARE:
B. BATTESIMO DELLO SPIRITO:
III. COS’È IL BATTESIMO DI SPIRITO?
A. PRENDIAMO LE DISTANZE:
B. BATTEZZATI DI SPIRITO, CHE VUOL DIRE?:
1. PAOLO AI CORINZI:
2. PAOLO AI GALATI:
C. GLI ASPETTI DEL BATTESIMO DI SPIRITO SANTO:
1. L’ASPETTO OGGETTIVO:
2. L’ASPETTO SOGGETTIVO:
3. RICAPITOLAZIONE SCHEMATICA
IV. LA PORTATA DEL BATTESIMO DI SPIRITO
A. LA REGOLA DEL NT:
B. NON CONFONDIAMO LE CARTE:
Tratto da Nicola Martella, Carismosofia (Punto°A°Croce, Roma 1995), pp. 35-41.
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