MAGISTERO PONTIFICIO
PUO’ UN ERETICO
ESSERE PAPA?
cosa afferma la bolla di PAOLO IV
“CUM EX APOSTOLATUS OFFICIO”
(1559)
A cura di Raimondo Gatto
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IL DOCUMENTO
Qui di seguito è pubblicata integralmente (per la prima volta in lingua italiana), la Costituzione Apostolica emanata in forma Bullae “Cum ex Apostolatus officio” il 15 marzo 1559. La traduzione della Bolla, a causa della grand’estensione dei periodi nell’originale in lingua latina, è parsa opera difficile, perciò certe traduzioni pubblicate in altre riviste appaiono scorrette. La causa di tale infedeltà è dovuta non solo alla tendenziosità di certi traduttori che distorsero il senso originale a favore di opinioni opposte, ma alla difficoltà di certi periodi latini, molto lunghi e di forme verbali assai complicate. Il testo in lingua latina è tratto dal “Bullarium Romanum” edizione tipica pubblicata a Torino nel 1860.
Paolo, Vescovo,
Servo dei servi di Dio
“Ad perpetuam rei memoriam”
Esordio : Impedire il Magistero dell’errore Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non condicevoli, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore. E siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità.
1 – Finalità della Costituzione:
Allontanare i lupi dal gregge di Cristo.
Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito (possit a fide devius, redargui), e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si deve provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario.
2-Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici
Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato (uniuscuiusque status), grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale (etiam episcopali), arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità (aut alia maiori dignitate ecclesiastica) quale l’onore del cardinalato o l’incarico (munus) della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale.
3 – Sulle pene da imporre alla gerarchia
deviata dalla fede. Legge e definizione
dottrinale: privazione «ipso facto»
delle cariche ecclesiastiche.
Considerando non di meno che, coloro i quali non si astengono dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà (de Apostolica potestatis plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (et definimus), che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno (omnes et singuli) dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche (sint etiam), per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, (absque aliquo iuris aut facti ministerio) interamente e totalmente privati in perpetuo (penitus et in totum perpetuo privati) dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici (et officiis ecclesiasticis) con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché‚ saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci (inhabiles et incapaces) a tali funzioni come dei relapsi e dei sovversivi in tutto e per tutto (in omnibus et per omnia), per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, (aut quamvis aliam maiorem vel minorem dignitatem) nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. Essi saranno considerati come tali (relapsi e sovversivi) da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate (evitari) ed escluse da ogni umana consolazione.
4 – Estinzione della vacanza
delle cariche ecclesiastiche
Coloro i quali pretendono di avere un diritto di patronato (ius patronatus) e di nomina delle persone idonee a reggere le chiese cattedrali, comprese le metropolitane, patriarcali, primaziali o anche monasteri ed altri benefici ecclesiastici resisi vacanti a seguito di tali privazioni (per privationem huiusmodi vacantia), affinchè‚ non siano esposti agli inconvenienti di una diuturna vacanza (vacationis), ma dopo averli strappati alla servitù degli eretici, siano affidati a persone idonee a dirigere fedelmente i popoli nella via della giustizia, dovranno presentare a Noi o al Romano Pontefice allora regnante, queste persone idonee alle necessità di queste chiese, monasteri ed altri benefici, nei limiti di tempo fissati dal diritto o stabiliti da particolari accordi con la Sede, altrimenti, trascorso il termine come sopra prescritto, la libera disposizione, delle chiese e monasteri, o anche dei benefici predetti, sia devoluto di pieno diritto a Noi od al Romano Pontefice suddetto. 5-Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente (scienter) si assumeranno la responsabilità d’accogliere (receptare) e difendere, o favorire (eis favere) coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità (credere) o insegnino i loro dogmi (eorum dogmata dogmatizare); e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo (nec admitti possint) con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità. Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche (et officiis ecclesiasticis) in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.
6 – Nullità della giurisdizione ordinaria
e pontificale in tutti gli eretici.
Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore (nulla, irrita et inanis existat), la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare (nullam … facultatem) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna (omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate).
7 – La liceità delle persone subordinate di recedere
impunemente
dall’obbedienza e devozione alle autorità deviate dalla Fede.
E sia lecito a tutte ed a ciascuna delle persone subordinate a coloro che siano stati in tal modo promossi od elevati, ove non abbiano precedentemente deviato dalla fede, né siano state eretiche e non siano incorse in uno scisma o questo abbiano provocato o commesso, e tanto ai chierici secolari e regolari così come ai laici (quam etiam laicis) come pure ai cardinali, compresi quelli che avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e così pure ai castellani, ai prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli della nostra alma Urbe e di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli obbligati e vincolati a coloro così promossi od elevati per vassallaggio o giuramento o per cauzione, sia lecito (liceat) ritenersi in qualsiasi tempo ed impunemente liberati dalla obbedienza e devozione (ab ipsorum obedientia et devotione, impune quandocumque cedere) verso quelli in tal modo promossi ed elevati, evitandoli (evitare eos) quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai deviati]. Ed a maggior confusione di quelli in tale modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare, né per questo, coloro che si sottraggono alla fedeltà ed all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore.
8 – Permanenza dei documenti precedenti e deroga dei contrari
Non ostano all’applicabilità di queste disposizioni, le costituzioni ed ordinamenti apostolici, né i privilegi, gli indulti e le lettere apostoliche dirette ai vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati e cardinali, né qualsiasi altro disposto di qualunque tenore e forma e con qualsivoglia clausola e neppure i decreti anche se emanati «motu proprio» (etiam motu proprio) e con scienza certa nella pienezza della potestà Apostolica, o promulgati concistorialmente od in qualsiasi altro modo e reiteratamente approvati e rinnovati od inseriti nel «corpus iuris», né qualsivoglia capitolo di conclave, anche se corroborati da giuramento o dalla conferma apostolica o rinforzate in qualsiasi altro modo, compreso il giuramento da parte del medesimo. Tenute presenti tutte le risoluzioni sopra precisate, esse debbono aversi come inserite, parola per parola, in quelle che dovranno restare in vigore (alias in suo robore permansuris), mentre per la presente deroghiamo tutte le altre disposizioni ad esse contrarie, soltanto in modo speciale ed espresso (dum taxat specialiter et espresse).
9-Mandato di pubblicazione solenne
Affinché‚ pervenga notizia delle presenti lettere a coloro che ne hanno interesse, vogliamo che esse, od una loro copia (che dovrà essere autenticata mediante sottoscrizione di un pubblico notaio e l’apposizione del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica), siano pubblicate ed affisse sulle porte della Basilica del Principe degli Apostoli in Roma e della Cancelleria Apostolica e messe all’angolo del Campo dei Fiori da uno dei nostri corrieri; e che copia di esse sia lasciata affissa nello stesso luogo, e che l’ordine di pubblicazione, di affissione e di lasciare affisse le copie sia sufficiente allo scopo e sia pertanto solenne e legittima la pubblicazione, senza che si debba richiedere o aspettare altra.
10 – Illiceità degli Atti contrari e sanzioni penali e divine
Pertanto, a nessun uomo sia lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione, volontà e decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo. Data a Roma, in San Pietro, nell’anno 1559 dall’Incarnazione del Signore, il giorno 15 marzo, IV anno del Nostro Pontificato. † Io Paolo Vescovo della Chiesa Cattolica † Io Giovanni Bellaio, Vescovo d’Ostia † Io R. Card. di Carpo, Vescovo di Porto e Santa Ruffina † Io F. Card. Pisano, Vescovo di Tuscolo † Io Fed. Card. Cesio, Vescovo di Palestrina † Io P. Card. Vescovo di Albano † Io R. Card. di Sant’Angelo Penitenziere Maggiore † Io T. Card. Crispo † Io Fulvio Card. di Perugia † Io Michele Card. Saraceno † Io Giovanni Card. di San Vitale † Io Giovanni Card. Pozzo † Io Gerolamo, Card. di Imola † Io B. Card. di Trani † Io Diomede, Card. d’Ariano † Io Scipione, Card. di Pisa † Io Card. Reumano † Io Antonio, Card. di San Pancrazio † Io Taddeo, Card. Gaddo † Io Virgilio Card. di Spoleto † Io F. Michele Card. Alessandrino † Io Clemente Moniliano, Card. di Santa Maria in Ara Coeli † Io G. Asc., Diacono Card. Camerario (Camerlengo) † Io N., Card. di Sermoneta † Io Giacomo Card. Sabello † Io Gerolamo, Card. di San Giorgio † Io Innocenzo, Card. del Monte † Io Luigi, Card. Cornelio † Io Carlo, Card. Carafa † Io Alfonso, Card. di Napoli † Io Vitellio, Card. Vitelli † Io Giovanni Battista, Card. consigliere. ************************************************************* Perde l’Autorità chi decade dalla Fede Cattolicadi Matteo Castagna In questi giorni mi sono capitati tra le mani dei documenti, che ho potuto verificare, dai quali risulta un’argomentazione che reputo interessante e utile per tutti coloro che, senza pregiudizi, vogliono approfondire le tematiche relative alla crisi provocata dalla “Contro-Chiesa” modernista, ed all’occupazione dei Sacri Palazzi da parte dei suoi esponenti di spicco, fin dalle più alte cariche. Alcuni confutano la dottrina sulla sede vacante in caso di defezione dalla Fede Cattolica, dicendo che va contro le promesse di Cristo. Questa dottrina è del tutto arbitraria. Ed addirittura tacciare di eretico chi sostiene il contrario è elevare una propria idea personale, tra l’altro sbagliata, a dottrina universale della Chiesa, per cui se una persona non ci si attiene sarebbe eretica. La Chiesa non ha mai detto che nel primato di Pietro è inclusa l’impossibilità di una decadenza dall’autorità per decadenza dalla Fede. E lo confermano i fatti. Chi fa tali affermazioni dimostra di avere una gigantesca ignoranza, perché, magari anche senza saperlo, darebbe degli eretici a Papi, Santi, Dottori e Padri della Chiesa che hanno confermato questo argomento: la possibilità della sede vacante in caso di decadenza dalla Fede Cattolica del sedente. La posizione sedevacantista, contrariamente a quanto asseriscono i malevoli, crede con la massima certezza nel Papato, nell’infallibilità papale e nel primato del Romano Pontefice. Ma non si può che constatare la vacanza causata dal decadimento dalla Fede dei cosiddetti “papi conciliari” (Giovanni XXIIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) che professano le novità della “rivoluzione in tiara e cappa” avvenuta con il Conciliabolo Vaticano II. A tal proposito l’ Arcivescovo Marcel Lefebvre ebbe a scrivere, il 29 giugno 1976, in occasione della “sospensione a divinis” comminatagli da Paolo VI: “La Chiesa Conciliare è una Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa Cattolica quale è sempre stata. Essa ha i suoi nuovi dogmi, il suo nuovo sacerdozio, le sue nuove istituzioni, il suo nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in molti documenti, ufficiali e definitivi.A sostegno della posizione sedevacantista ci sono i pronunciamenti che autorevolissimi canonisti applicano anche al Papa, contenuti all’art. 188 art. 4 del Codice di Diritto Canonico del 1917, che richiamano la Bolla “Cum ex Apostolatus Officio” di S.S. Paolo IV: “Qualsiasi ufficio sarà vacante ipso facto [per il fatto stesso] per tacita rinuncia e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione, … §4 per pubblica defezione dalla Fede Cattolica;… (Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: … 4. A fide catholica publice defecerit;…)” La lunghezza temporale è un castigo per i peccati commessi contro la Fede, che si ripercuote su tutti, ma che non implica affatto la decadenza del “non prevalaebunt”, che rimane il faro della Speranza per i cattolici. La Chiesa Cattolica rimane e rimarrà sempre laddove vi sia chi fa ciò che Essa intende. E, nonostante la crisi senza precedenti che stiamo vivendo, la Provvidenza divina ci fornisce esempi edificanti di questo, pur nella visibilità ridotta della Chiesa stessa.Fatta questa premessa, veniamo ad un argomento certamente interessante. Un frate minore chiede aiuto e consiglio a Santa Brigida. Ella prega e ode la Vergine Maria che le spiega come risolvere la questione. Il Papa stava facendo molti e gravi peccati e questo frate confessore subiva pressioni da alcune persone che gli dicevano che per tali motivi il sedente non era più Papa. Attanagliato forse dalla condizione palesemente grave di tale Sovrano, cominciano a sorgere in lui dei dubbi. La Madonna prontamente fornisce a Santa Brigida la risposta CATTOLICA per liberare il frate da quel problema, oltre a dargli altri consigli e rasserenazioni su altre questioni sue personali. Scrive Santa Brigida: “Onore e grazie siano date all’Onnipotente Iddio ed alla Beata Vergine Maria, la sua degna Madre! Mi è sembrato, quale persona indegna qual sono, che mentre ero assorbita in preghiera, la Madre di Dio abbia detto a me, una peccatrice, le seguenti parole: Dì al mio amico il frate, che tramite te mi ha rivolto le sue suppliche [...] Digli anche, in nome mio, che egli dovrà rispondere a quelli che dicono che il papa non è vero papa… Egli deve rispondere a questi eretici in questa maniera: “Voi avete voltato le spalle a Dio, e per questo non lo vedete. Porgete a lui i vostri volti, e allora sarete in grado di vederlo”. Perché è la vera e Cattolica fede che un Papa che non fa pubblica defezione dalla Fede non è mai così malizioso che come risultato di questi peccati e delle sue altre opere cattive non ci sia sempre in lui la pienezza dell’autorità e il completo potere per legare e sciogliere le anime – non importa quanto sia macchiato con altri peccati. Egli possiede questa autorità attraverso il beato Pietro e l’ha acquisita da Dio. Prima di Papa Giovanni si sono susseguiti molti supremi Pontefici che ora sono all’inferno…” (Rivelazioni, libro 7, cap. 7). Rivelazioni e scritti di una donna che poi è stata canonizzata, e continuati ad essere approvati per prassi da tutti i Papi e santi di tutti i secoli successivi. Scritti, quindi, che dottrinalmente non fanno una piega. Ebbene cosa ha detto la Vergine Maria a Santa Brigida? Cosa ha scritto la Santa nei suoi diari? Non ha scritto: “dì a quella gente che non può esservi un falso Papa”. Ha scritto che SE IL PAPA NON DECADE DALLA FEDE non importa quanti e gravi peccati commetta, rimane Papa, conserva la sua autorità. Il che significa che se fosse decaduto dalla Fede allora – E SOLO ALLORA – quella gente avrebbe avuto ragione. Ma dato che non era quello il caso, (perché quel Papa per quanto fosse peccatore non era eretico) quella gente si allontanava dalla verità cattolica, tant’è che poco dopo la Madonna prosegue spiegando che tutti coloro che negano la sovranità di quel Papa finiscono all’inferno, e ci va giù pesante! (cfr. cap. 8). Ebbene, persino la Madonna (e con Lei secoli di Chiesa successiva, cominciando dal Papa che canonizzò Santa Brigida), non solo non nega ma conferma il fatto che IN CASO DI DECADENZA DALLA FEDE il sedente non è Papa. Questa è dottrina cattolica. La classica dottrina cattolica che afferma che anche se il Papa è un grande peccatore conserva la sua autorità, tranne nel caso del peccato di PUBBLICA DECADENZA DALLA FEDE. Al contrario, l’altra dottrina menzionata all’inizio – quella che nega la possibilità della sede vacante in caso di decadenza dalla Fede - non è dottrina cattolica, ma è ignoranza inventata. A questo punto dobbiamo, sempre attenendoci ai fatti, comprendere un altro fattore molto importante. Dobbiamo chiederci quando il Papa decade dalla Fede? Quando professa e insegna dottrine differenti da quelle insegnate e da tutti credute sempre e in ogni luogo, parafrasando S. Vincenzo di Lerino. Non è possibile ritenere che quando i “papi conciliari” parlano al mondo, essi lo facciano come semplici “dottori privati”. L’autorevolezza e la responsabilità per la cura animarum che derivano dal ruolo ricoperto e la retta venerazione che i cattolici hanno nei confronti del legittimo Vicario di Cristo in Terra non possono far pensare, ad esempio, che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI abbiano indetto “a titolo personale” il raduno interreligioso e demonolatrico di Assisi. Essi hanno dichiarato di averlo fatto in virtù di “capi della Chiesa”. Cosa recepita in questi termini da tutti. E così tutti i discorsi e gli atti compiuti nel senso dell’ecumenismo sincretista e della libertà religiosa relativista sono stati e vengono fatti in nome del Conciliabolo Vaticano II, voluto e vinto dalla “Contro-Chiesa”, in nome della nuova ecclesiologia della Lumen Gentium e del modernismo della Nostra Aetate. Applicare e professare i dettami del Conciliabolo cos’è se non insegnare al mondo l’eresia? Non è forse apostasia? Se il Magistero Perenne ha impedito (cfr. in particolare l’Enciclica Mortalium Animos di S.S. Pio XI del 1928) i raduni interreligiosi e pancristiani di ogni tipo, mentre da Giovanni XXIII a Benedetto XVI essi si sono compiuti, è evidente che siamo costretti a constatare la decadenza dalla Fede Cattolica di coloro, i quali, con pieno assenso e deliberato consenso in materia grave (questione di Fede) li hanno voluti e indetti, indicandoli come un bene per la Chiesa, in nome della fratellanza e della pace. Linguaggi che, in tali contesti, non sono mai appartenuti alla Tradizione. Dobbiamo constatare la discontinuità con la Tradizione per mantenerci cattolici, apostolici, romani, attraverso la preghiera, la santificazione personale e, per chi può, anche con l’impegno sociale, al fine di mantenersi nel fervore e cercare la salvezza della nostra anima, nonostante gli anni del rigido inverno conciliare. Rammentando il “non preavalaebunt”, che è promessa di Gesù Cristo e che permane laddove vi sia chi opera secondo quanto intende la Chiesa, quella vera, Santa e incorruttibile, col Suo Perenne e immutabile Magistero. |
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venerdì 24 agosto 2012
PUO’ UN PAPA ESSERE ERETICO?
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