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venerdì 28 settembre 2012

COMUNICARSI CON LA MANO: PECCATO?

COMUNICARSI CON LA MANO: PECCATO?

del sac. dott. Luigi Villa - Centro Studi Cattolici “Mater Ecclesiae”

Agostino disse: «A forza di veder tutto, si finisce con l'accetta­re tutto». Vero. I più si sono adeguati a questo nuovo stile in buona fede, dopo di aver assi­stito abitualmente a questa no­vità di celebrazione eucaristica, servita da sacerdoti adeguatisi al gusto del giorno.

Qui, ritorno...
a farne il punto, do­po due mie pubblicazioni su questo tema, per "amore della verità" (II.a Thess. 8-11) e per un vero amore verso Colui al quale noi tutti siamo tenuti a contraccambiare l'amore «con tutto il nostro cuore, con tut­ta la nostra anima e con tutte le nostre forze» (Cfr. Rom. XII, 9-11; Gv. VIII, 4-9).

Naturalmente, non sono motivi estetici che mi fanno opporre alla Comunione sulla mano, ma perché non è di natura cat­tolica, essendo contro la pietà cristiana, e di nessun rispetto delle mani unte del Sacerdote, né di alcuna successione conti­nua della Tradizione, la quale, anzi, si era sempre sviluppata in senso contrario.

Infatti, nella Chiesa cattolica, è sempre stato uso ricevere la santa Comunione nella boc­ca, distribuita dal Sacerdote, il quale agisce "in persona Chri­sti". Per questo, S. Pio X inserì esplicitamente nel suo Catechi­smo Maggiore questo vene­rando costume liturgico:

«...Nei momenti di ricevere la santa Comunione, bisogna trovarsi in ginocchio, tenere la testa lievemente alzata, gli oc­chi modestamente rivolti verso la santa Ostia, la bocca suffi­cientemente aperta, con la lin­gua un pochino avanzata sul labbro inferiore. Bisogna tenere la tovaglia o il piattello (pa­tena) della Comunione in mo­do che essi ricevano la santa Ostia se dovesse cadere... Se la santa Ostia si attaccasse al palato, bisognerebbe distaccar­la con la lingua, e giammai con la dita». (Catechismo Maggiore, parte IV, c. IV, & 4).

Come vedete, non sono dettagli di poca importanza, ma manife­stano la cura di sempre della Chiesa per promuovere il mas­simo rispetto per il SS. Sacra­mento e anche per le minime particelle consacrate.

False, comunque, sono state tut­te le ciance di tanto clero che si son dati a raccontare che, nei pri­mi secoli della Chiesa, la distribu­zione della Comunione era senza adorazioni né genuflessioni, che si servivano anche da soli, a do­micilio, intorno a un tavolo.

La verità storica è tutt'altro. Certo, le persecuzioni obbliga­vano i cristiani a radunarsi in pri­vato, magari nelle catacombe. Quindi, gli altari di fortuna, le ta­vole, non furono mai la regola, ma solo l'eccezione. Prima di questo, il rispetto all'Eucaristia faceva sì che si scegliessero so­prattutto le tombe dei Martiri come altari. San Felice (Papa dal 269 al 274) ordinò che la Messa fosse celebrata sulla tomba di un Martire (Cfr. Liber Pontificalis, tomo I, p. 158, ed. J. Bayet, Paris. E de Boccard 1955, p. 71 ss.). E questa deci­sione regolarizzava un uso già stabilito (cfr. "Dictionaire d'Ar­chéologie chrètienne et de Li­turgie", Paris, èd. Letpuzey et Ané., 1914, tome I, art. AUTEL, col. 3165-68).

San Pio I (Papa dal 141 al 156) aveva già inculcato il rispetto della Chiesa, "casa di Dio", e dell'altare. Anche san Soterio (Papa dal 167 al 175) (Cfr. Ibdem­Regesta, pp. 921-922). Si legga anche S. Ireneo di Lione (130­208) (cfr. "Contra haereses", livre IV, c. 18, n. 6, PG, tome VII, col. 1029). E si leggano i San Grego­rio di Nyssa (335-394), i Sant'A­gostino d'Ippona (354-430), S. Pietro Grisologo (406-450)... e via via! La moda, quindi, della "Cena" intorno a un tavolo non è, dunque, di tradizione apostoli­ca, bensì di quel ex-frate mas­sone Lutero che fantasticò No­stro Signore che celebrava rivolto al "popolo" (I. c. p. 1-8).

Così pure non ci fu mai l'uso di passare di mano in mano, su un piatto o in un canestro, l'Ostia consacrata. Questa non veniva presa, ma ricevu­ta... e solo dalla mano di un Sacerdote. Lo affermò anche Tertulliano:

«Non la riceviamo dalla mano di altri, nec de aliorum manu su­mimus» (Cfr. Liber de Corona, III, 3-RL., tomo li, col. 79). È, dunque, storicamente falso ogni altro dire.

S. Sisto I (Papa dal 117-al 136) scrisse: «Solo i ministri del culto sono abilitati a toccare i sacri misteri: hic constituit ut mysteria sacra non tangeren­tur nisi a ministris» (cfr. Liber Pontificalis, tomo I, p. 57-Man­si I. 653; e cfr. "regesta Ponti­ficum Romanorum", p. 919). L'abitudine di alcuni di fare di­versamente, spinse la Chiesa a prendere delle sanzioni per far adempiere le norme apostoli­che. San Damaso (Papa dal 366 al 384) interdisse l'abitudi­ne di tenere in privato l'Alimen­to divino: "oblationes sub do­minio laicorum detineri vetat" (Cfr. Regesta, p. 931). Il Conci­lio di Saragozza, nel 380, lan­ciò l'anatema (canone III) con­tro coloro che facevano come ai tempi di persecuzione. Lo stesso fu fatto dal Concilio di Toledo, nell'anno 400 (canone XIV). Ma già prima, da Santo Stefano (Papa dal 254 al 257) aveva prescritto che «i laici non dovevano considerare le funzioni ecclesiastiche come fossero loro attribuite» (Cfr. Regesta, p. 925-Mans I, 889). Gli abusi, quindi, non erano la regola della Chiesa primitiva, né della Chiesa primitiva, il co­stume tradizionale di comuni­carsi.

S. Leone I (Papa dal 440 al 461) voleva che il Sacramento dell'Eucarestia si ricevesse tramite la bocca: «hoc enim ORE sumitur quod Fide te­netur» (cfr. F L., tomo 54, col. 452).

Papa Agapito I nel 536, compì un miracolo di guarigione im­provvisa durante la Messa: "cumque ei Dominicus Corpus mitteret in os", cioè dopo aver dato l'Ostia consacrata nella bocca.

I soli che si comunicavano in piedi e con la mano, furono gli Ariani; ma questi negavano la divinità di Cristo e vedevano nell'Eucarestia solo un semplice simbolo d'unione.

La Chiesa cattolica, quindi, non ha mai cambiato disciplina.

S. Tommaso d'Aquino, il mag­gior dottore della Chiesa catto­lica (1225-1274), si fece eco di questa prescrizione apostolica: «La distribuzione del Corpo di Cristo appartiene al Sacerdo­te per tre motivi: in primo luo­go, perché è lui che consacra, tenendo il posto di Cristo. Ora, è Cristo stesso che ha consa­crato il suo Corpo nella Cena, ed è Lui stesso che lo ha dato agli altri da mangiare. Dunque, come la consacrazione del Cor­po di Cristo appartiene al Sa­cerdote, altrettanto appartiene a lui la distribuzione. In secon­do luogo, il sacerdote è stabili­to intermediario tra Dio e il po­polo. Di conseguenza, come a lui spetta l'offrire a Dio i doni del popolo, altrettanto spetta a lui donare al popolo i doni san­tificati da Dio. In terzo luogo, per il rispetto dovuto a questo Sacramento, nulla può toccarlo che non sia consacrato. Per questo motivo, il corporale e il calice vengono consacrati, ed altrettanto le mani del Sacer­dote vengono consacrate per toccare questo Sacramento, e nessun altro ha il diritto di toccarlo, se non in caso di necessità». (Cfr. Summa Teolo­gica, III.a pars, q. 82, a. 3).

Il Concilio di Trento, nel 1551, dirà: «... Questo costu­me deve essere ritenuto di diritto e a giusto titolo come proveniente dalla Tradizione apostolica» (cfr. Sess. XIII, DE EUCHARISTIA, c. VIII-Denz Sch. Enchridion... ed. 33 a, N. 16-48°).

Lo stesso Paolo VI, nella sua enciclica "Mysterium Fidei" (3.9.1965), scrisse che "non bi­sognava cambiare il modo tradizionale di ricevere la Co­munione" (&& 61-62).

Anche il "Memorial Domini" (29 maggio 1969), richiama alla disciplina cattolica: «... Tenuto conto della situazione attuale della Chiesa nel mondo inte­ro, questa maniera di distri­buire la santa Comunione de­ve essere conservata, non so­lamente perché essa ha dietro di sé una tradizione plurise­colare, ma soprattutto perché essa esprime il rispetto dei fedeli verso l'Eucarestia... questo modo di agire, devesi considerare tradizionale, assi­cura più efficacemente che la santa Comunione venga distri­buita con il rispetto, il decoro e la dignità che le competono (...). Una forte maggioranza di vescovi ritiene che nulla debba essere cambiato alla disciplina attuale».

Invece, dopo il Vaticano II, s'in­cominciò la rivoluzione; il "fumo di Satana" inondò tutto il Tem­pio di Dio della Chiesa cattoli­ca. Fu una vera rivoluzione! Si sono truccati persino i testi pri­mitivi; si sono truccate sistema­ticamente anche le enciclope­die, i dizionari, i testi di teologia, di spiritualità, di archeologia, di liturgia, di catechesi mistogogi­che e via dicendo. Si sono fatte affermazioni gratuite, citando vicendevolmente da un testo al­l'altro, giochi da ping-pong che valsero per gli ingenui, gli im­preparati, i sentimentali, i pro­pensi alle grullerie, come fosse­ro del materiale scientificamen­te dimostrato.

Così i fedeli vennero gabbati a gettito continuo, abbagliati con mezzi gonfiati dal padre della menzogna, travestito da angelo di luce.

Concludendo questi pochi ac­cenni storici teologici, tolti da un mare di materiale su que­sto comunicarsi con la mano, noi abbiamo l'ardire di afferma­re che coloro che comunicano, ingiungendo di comunicarsi con la mano, commettono cer­tamente un atto peccaminoso sotto diversi aspetti.

Per primo, sarebbe una disub­bidienza alla Tradizione catto­lica. E poi, sarebbe un'ingiusti­zia per l'empietà che com­mette verso Dio di cui lede la Maestà, e verso il Sacerdote cattolico di cui usurpa le prero­gative. Certo, solo Dio sa quale misura abbiano questi peccati, non solo materiali ma anche formali. È incredibile che si sia dimenticato quanto ci insegna­vano prima, in proposito, che era già materia leggera, nel sa­crilegio se si toccava un calice, una patena e altri pannolini sa­cri, senza essere stati autoriz­zati (cfr. Codice 1306).

I fedeli che non si sono lasciati sorprendere dal gioco dei mo­dernisti e progressisti, si astene­vano dal comunicarsi con la mano. Ma c'era proprio da do­mandarsi come si è giunti fino a quel punto. Il principio fu del clero che cessò di trasmettere le verità di fede al popolo dei battezzati, facendone delle pe­corelle smarrite ed erranti. Noi di "Chiesa viva" abbiamo su­bito reagito, con ben 12 arti­coli, storico teologici, contro questa disposizione sacrilega, chiaramente contro i testi dog­matici del Concilio di Trento.

Ma possibile che non si sappia che la "Comunione sulla ma­no" faceva parte di un "piano massonico" da lunga data pre­parato? Eppure, proprio la CEI (novembre 1989), con un vero "colpo di mano" da parte di vescovi progressisti e neo­modernisti, approfittando del­l'assenza di molti Presuli, da un loro raduno su questo tema, riuscì a far passare l"’ordi­nanza" con un solo voto in più! E così, questo "placet" diven­ne "causa" di profanazioni sacrileghe, di sottrazioni di Ostie consacrate per usi sa­crileghi, di "messe nere", di dispersione di frammenti per terra, di allontanamento, infi­ne, delle anime dei fedeli dal ringraziamento dopo la Mes­sa, così da sfumare il senso del divino. Per fare questo, si è pro­ceduto a tappe: dall'obbligo ("bisogno") si passò alla conve­nienza ("conviene"); dalla con­venienza, poi, si passò al si­lenzio, perché non ci fu più, o quasi, il ringraziamento.

Eppure, Pio XII aveva scritto: «Raccogliti nel segreto e gioi­sci del tuo Dio, poiché tu pos­siedi Colui che il mondo inte­ro non può toglierti» (cfr. "Me­diator Dei", 20 settembre 1947).

Piano piano, si abrogò che il Sacerdote facesse l'abluzione delle sue dita dopo la Comunio­ne; si eliminò quasi del tutto il digiuno, previa l'assunzione eu­caristica; si è tolto il Santissi­mo Sacramento dal centro dell'altare, mettendolo "in la­terale", in oscura posizione: si ridussero e si finì col disusare sia le private che le pubbliche devozioni latreutiche para-litur­giche; si tolse dai calendari la solennità del Corpus Domini; si minuscolizzarono le iniziali delle parole sacre; si tolsero i banchi col genuflessorio, sosti­tuendolo con banali sedie e, og­gi, si sono tolte anche queste; non si parlò più della neces­sità della confessione prima di ricevere la santa Comunione, quando fosse necessaria per peccati gravi; si fan trattare le Sacre Specie da tante mani in­degne, e si è arrivato persino, in USA, a spedire, per posta, l'O­stia consacrata a coloro che de­sideravano comunicarsi...

E potrei continuare, ma credo sia sufficiente quello che abbia­mo detto, pur avendo tralascia­to di citare il pensiero dei Padri della Chiesa e del Magistero solenne, "de fide" (Concilio di Firenze e Concilio di Trento), che hanno definito la "Presenza Reale" di Cristo anche nelle "particelle", o "frammenti" di Pane eucaristico, per cui, es­sendo "de fide", diventa certa e logica la mia affermazione che il distribuire la "Comunio­ne sulla mano" diventa un ge­sto oggettivamente sacrilego. Si legga, ad hoc, anche la defi­nizione che ne dà il "Codice di Diritto Canonico": «Sacrile­gio: è profanazione di perso­na, cosa e luoghi sacri o con­sacrati con rito religioso». Ora, qui, nella santa Comu­nione eucaristica, la "Presen­za Reale" non è forse la stes­sa Persona di Gesù, Figlio di Dio e Dio Lui stesso, presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, anche in tutti i "fram­menti" che, con la nuova pras­si liturgica, possono facilmente cadere in terra e venir calpesta­ti, e tantissime altre particole consacrate finiscono nelle ta­sche e persino sui corpi im­mondi di donne, come avvie­ne nelle "messe nere" o in al­tre profanazioni sataniche, alimentate, appunto, da que­sti sacrilegi sulle "Ostie con­sacrate", trafugate dalle chie­se attraverso proprio la distribu­zione sulle mani?..

E chiudo richiamando quello che disse il Concilio di Tren­to: «L'USO CHE SOLO IL SA­CERDOTE DIA LA COMUNIO­NE CON LE SUE MANI CON­SACRATE, È UNA TRADIZIO­NE APOSTOLICA» (Sessione 13 c.8).

E con una chiarificazione del sommo teologo della Chiesa, San Tommaso d'Aquino:

«IL CORPO DI CRISTO APPAR­TIENE Al SACERDOTI... ESSO NON SIA TOCCATO DA ALCU­NO CHE NON SIA CONSA­CRATO»!

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