d. CURZIO NITOGLIA
22 aprile 2012
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Vita Sacerdotale
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● Nel 1945 Padre REGINALDO
GARRIGOU-LAGRANGE ha scritto un libretto, tradotto in italiano nel 1949, e
intitolato Santificazione sacerdotale nel nostro tempo (Torino, Marietti). In
esso il celebre teologo affrontava gli errori neomodernistici, che minavano già
allora la spiritualità cattolica e metteva in guardia specialmente i giovani
sacerdoti da essi. Sono passati oltre settanta anni e i pericoli latenti sono
diventati errori espliciti, che purtroppo non sono più censurati, ma addirittura
promossi dai Pastori che dovrebbero condannarli. Nel presente articoletto faccio
un riassunto di tali errori, dei rimedi proposti dal Padre domenicano e aggiungo
ciò che di erroneo è maturato in campo teologico ascetico e mistico dal 1949 per
dare ai sacerdoti e analogamente ai cristiani sinceri i mezzi per preservarsi da
essi.
● Uno degli errori sulla vita spirituale che si era infiltrato
in ambiente cattolico, grazie alla nouvelle théologie è quello del
Sentimentalismo. Questo errore dimentica che la vera Carità soprannaturale è
effettiva più che affettiva, inoltre è un atto della volontà e dell’intelletto
mossi dalla Grazia attuale. Invece il Sentimento religioso mette al primo posto
la sensibilità e l’affettività che prevalgono sull’intelligenza e volontà mosse
dalla Grazia. La spiritualità diventa sentimentalismo ed è simile ad un “fuoco
di paglia” cui succederà il rilassamento, l’accidia e l’abbandono di ogni vita
ascetica al sorgere delle prime difficoltà e aridità spirituali.
● L’altro errore è l’eccesso opposto: l’Angelismo; esso ritiene
che la vita cristiana interiore sia talmente sublime da essere straordinaria,
eccezionale, miracolistica riservata solo a pochi eletti. Confonde i fenomeni
straordinari e contingenti della Mistica con la natura della terza via unitiva
alla quale tutti sono chiamati da Dio e che è lo sviluppo ordinario della Grazia
e delle Virtù mediante i Doni dello Spirito Santo. La conseguenza è che si
rinuncia alla vita spirituale poiché troppo ardua rispetto alla umana fragilità.
Però il vero impedimento alla santificazione, verso la quale tutti dobbiamo
tendere, non è la limitatezza umana, propria anche dei Santi, ma l’orgoglio
spirituale di chi vorrebbe fare dell’uomo un angelo e finisce per renderlo una
bestia.
● La sana spiritualità insegna che la vita cristiana è vita di
unione con Dio, presente nell’anima del giusto, conosciuto e amato
soprannaturalmente mediante la Fede e la Carità, e di convivenza con Lui
mediante la meditazione. Se l’unione e il colloquio con Dio sono il fine cui
tendere e da accrescere pian piano ogni giorno, occorre prendere dei mezzi per
arrivarvi. Infatti “chi vuole il fine prende i mezzi”. Purtroppo l’amor proprio
pone un grande ostacolo alla vita di unione con Dio. Infatti viviamo più per noi
stessi che per Dio. Assieme all’amor proprio troviamo spesso nella nostra anima
la vanità, la superficialità, l’esteriorità. Così non viviamo interiormente
uniti a Dio e in colloquio con Lui, ma esteriormente sulla instabilità della
fantasia e del sentimentalismo o ripiegati egoisticamente e narcisisticamente su
di noi quasi in adorazione di noi stessi e non di Dio. Al nostro “Dio” manca la
“D” iniziale, la nostra religiosità si trasforma allora in “filosofia”
idealistica che ha per oggetto l’Io assoluto.
● I mezzi fondamentali per raggiungere questo Fine ultimo, che
è Dio, sono sostanzialmente due:
1°) l’abnegazione o il rinnegare la volontà propria quando non
è conforme a quella divina. Occorre togliere da noi il disordine, le passioni
sregolate e acquisire la pace dell’anima. Tuttavia le passioni, anche se
mortificate, restano sempre in noi sino alla nostra morte. Quindi la lotta
contro di esse durerà tutta la nostra vita. Dobbiamo dare la morte allo spirito
del mondo che alberga in noi (le tre Concupiscenze), soprattutto al proprio
giudizio o capriccio impulsivo, che ci porta al compiacimento nelle nostre
qualità, come fossero nostre e non dono di Dio: “Cosa hai tu che non abbia
ricevuto da Dio? E se lo hai ricevuto, perché te ne glorifichi come se fosse
tuo?” (San Paolo). Se riusciamo a spogliarci di questo orgoglio nascosto
mediante la vera devozione alla Vergine Maria secondo lo spirito di San Luigi
Grignion de Montfort, allora abbiamo fatto posto allo Spirito Santo che viene
abbondantemente in noi ad attuare i suoi sette Doni, che da vele ammainate
diventano vele spiegate al vento della Grazia, la quale ci fa correre verso la
meta.
2°) Il raccoglimento abituale che ci porta a vivere con Dio
presente in noi mediante la Grazia santificante e a parlare con Lui nella
meditazione. San Benedetto nella grotta di Subiaco “secum vivebat”: viveva con
Dio presente in sé (San Gregorio Magno).
● Soprattutto il sacerdote deve possedere queste qualità che lo
portano alla unione e convivenza con Dio per poterLo dare alle anime. “Nemo dat
quod non habet”. Ruolo del sacerdote è quello di dare Dio agli uomini mediante
la Predicazione, i Sacramenti e l’educazione ai Comandamenti e poi di elevare
gli uomini sino a Dio, in maniera finita ma reale, facendoli vivere abitualmente
in Grazia santificante. “Contemplare et contemplata aliis tradere” (San Tommaso
d’Aquino). Per il sacerdote questa chiamata alla unione con Dio è un obbligo,
non un consiglio, per poter dare agli altri Gesù: nella sua Dottrina
(Insegnamento), nella sua Vita intima (Grazia, preghiera e Sacramenti) e nella
Morale (pratica dei Comandamenti) egli deve averLo in sé sovrabbondantemente e
riversare il sovrappiù nelle anime. “Esto conca et non canal” (san Bernardo di
Chiaravalle). Il serbatoio non si prosciuga, invece il canale sì. Il pericolo
per il sacerdote è quello di esaurire le sue risorse spirituali per darle ai
fedeli. È la famosa “eresia dell’azione” di cui parlava dom Chautard nel suo
famosissimo libro L’anima di ogni apostolato.
● Nella vita sacerdotale come in ogni vita devono coesistere la
forza conservatrice della esistenza e la forza assimilatrice del nuovo alimento,
l’essere e il movimento. Senza l’alimentazione si deperisce e senza l’essere non
si può agire e non si può conservare il nuovo alimento. Così un’automobile ha
bisogno di motore, acceleratore e freni. La Chiesa e il Sacerdozio devono avere
bene equilibrate queste due forze. Senza forza del progresso (che non è
progressismo, ma crescita e sviluppo nello stesso genere) si ha l’immobilità del
coma e della morte (come nelle chiese scismatiche ortodosse, che si son fermate
all’XI secolo), ma senza tradizione conservatrice si ha l’instabilità del moto
perpetuo e della frenesia (come nel protestantesimo o nel modernismo, ove tutto
cambia incessantemente). Ora per conservare questo equilibrio nella vita
cristiana (individuale e sociale) non basta un certo dinamismo naturale, occorre
la Grazia divina e l’aiuto sovrabbondante dello Spirito Santo, che organizza e
connette tutte le Virtù al medesimo Fine che è Dio. Tutta la vita cristiana
soprannaturale è allora conformemente collegata e le virtù crescono assieme
“come le cinque dita della mano” (S. Th., I-II, q. 66, a. 2). Solo lo Spirito
Santo riesce a far coesistere perfettamente coordinate il puro amore della
Verità con la Misericordia verso gli erranti, l’umiltà con la dignità, la forza
con la mansuetudine.
● Per quanto riguarda il sacerdote nel tempo presente egli ha
bisogno specialmente di due qualità: 1°) stabilità di dottrina, affinché il suo
intelletto possa restare fermo nella Fede in tanta confusione dogmatica, morale
e liturgica; 2°) viva Carità soprannaturale, affinché il suo amore sia non solo
affettivo ma effettivo e principalmente diretto a Dio. Amore della Verità e del
Bene, odio dell’Errore e del Male. Solo così, oggi, il sacerdote riuscirà a
mantenere unite la conservazione della Verità e il progresso della Carità verso
Dio e il prossimo. Ma senza lo studio della sana filosofia e teologia e senza la
vita di preghiera (“doctus cum pietate et pius cum doctrina”) egli non riuscirà
a mantenere questo equilibrio e potrà scivolare verso il relativismo dottrinale
e il sentimentalismo spirituale. In pratica bisogna ricorrere alla obbedienza
alla Tradizione per mantenere l’unità dottrinale (“quod semper, ubique et ab
omnibus creditum est”, S. Vincenzo da Lerino) e alla pratica della Carità
fraterna la quale è il segno che si ama realmente Dio (“se non ami il tuo
prossimo che vedi, come puoi amare Dio che non vedi?” San Giovanni).
● In tal guisa il sacerdote, anche oggi in mezzo a mille
difficoltà che avvolgono l’ambiente ecclesiale, potrà conservare la Fiducia (più
che il semplice ottimismo naturale) nella Provvidenza, la vera Fede e la
perfetta Carità. Infatti il solo ottimismo naturale di fronte al disastro dei
nostri tempi sarebbe sopraffatto dal pessimismo e tenderebbe allo
scoraggiamento. Ma se l’ottimismo (vittoria del bene sul male, che è solo
privazione di bene e non può prevalere) è corroborato dalla Virtù teologale
della Speranza allora tutto si appiana.
● Occorre fare molta attenzione a che i neo-sacerdoti appena
usciti dal Seminario prendano contatto con il mondo reale (oggi non solo
scristianizzato, ma anticristiano e anticristico) senza perdere, in parte o in
tutto, la loro vita interiore, la purezza dottrinale e la Carità soprannaturale.
Certo vi è un abisso tra la vita raccolta nel Seminario e la vita caotica nel
ministero pubblico. Bisogna fare in modo che l’ingenuità o immaturità dei
neosacerdoti non li porti a fare passi falsi nel mondo. La gioventù, lo zelo
intempestivo possono portare all’imprudenza (“siate prudenti come serpenti e
semplici come colombe”). Il giovane sacerdote spesso ha una eccessiva fiducia in
se stesso che non pienamente cosciente lo potrebbe spingere ad errori pratici di
apostolato. «Talora il giovane sacerdote pensa di essere già esperto nella vita
spirituale e per una segreta e impercettibile superbia spirituale si crede
capace di condurre le anime ad alta perfezione. Il pericolo allora è grave,
perché egli sputa sentenze con grande sicurezza e facilità, confida
eccessivamente nelle sue personali capacità. Si accorgerà dei suoi sbagli,
quando forse sarà troppo tardi. Quali le conseguenze? Lo zelo indiscreto e le
soddisfazioni, che quasi mai mancano nei primi passi, spingono il giovane a
gettarsi interamente nell’attività; a poco a poco egli crede perduto il tempo
dedicato all’orazione, allo studio, al raccoglimento ed è facile prevedere dove
andrà a finire»[1]...
● In braccia all’Americanismo o Modernismo ascetico, che,
consapevole della mentalità, dell’indole dell’uomo moderno avido d’assoluta
libertà individuale, insensibile alla speculazione filosofica e amante invece
del Pragmatismo, portato ad un senso edonistico della vita, cerca di adattare,
senza troppe preoccupazioni dogmatiche, la religione cattolica allo spirito
della modernità (Modernismo dogmatico). Esso propugna la necessità di un
adattamento della Chiesa alle esigenze della civiltà moderna, sacrificando
qualche vecchio canone, mitigando l’antica severità, orientandosi verso un
metodo più democratico. L’Americanismo spirituale si fonda sulla filosofia
moderna e specialmente
● Come si evince, questi sistemi sono essenzialmente
antimetafisici e materialisti, cioè l’esatto contrario della stabilità
dottrinale: negando l’immortalità dell’anima (che non è spirituale) e sostenendo
il nominalismo logico (secondo cui le idee non rappresentano l’essenza delle
cose, ma sono solo una collezione d’immagini sensibili), essi riducono la
filosofia a sensazione o addirittura a sperimentazione, che è lo scimmiottamento
della Carità soprannaturale, proprio come “il diavolo è la scimmia di Dio”
(Tertulliano).
● Lo spirito del cattolicesimo-romano, al contrario, cui il
sacerdote - soprattutto oggi - deve totale obbedienza, si fonda sul concetto
d’uomo, come ente composto di corpo e anima spirituale e immortale (ordinato a
conoscere la verità e ad amare il bene), che deve prendersi cura dell’anima
immortale e risolvere il problema della sua origine e fine, ossia Dio. Onde la
base spirituale cattolica è la cura dell’anima, i veri beni e le vere ricchezze
sono quelle spirituali che nobilitano l’anima; a differenza del sensismo
filosofico, dell’empirismo pragmatistico e della religione puritana, che è una
tendenza rigoristica del Protestantesimo, simile a quella giansenistica. Il
Puritanesimo è radicato specialmente nel Calvinismo, che fa ricordare il sistema
farisaico. Queste forme di pensiero filosofico-religioso ripongono la felicità
nei beni sensibili e materiali, poiché non c’è nulla oltre la ‘fisica’ o materia
sensibile e sperimentabile. La Chiesa, invece, nasce e si fonda sui concetti
dell’immortalità dell’anima, della meta-fisica e della dimostrabilità razionale
dell’esistenza di Dio.
● Ecco i pericoli che il giovane sacerdote ( e il cristiano in
genere) deve evitare. Infatti dal Sentimentalismo nascono la superficialità del
Sensismo e la vanità del Soggettivismo, che uccidono l’abnegazione dell’io
corrotto dal peccato originale e il raccoglimento interno con Dio. Da qui inizia
la fine della stabilità di dottrina e il movimento di vero Amore di Carità
soprannaturale verso Dio e la rovina della vita sacerdotale.
● Il libretto di Padre Garrigou-Lagrange è più attuale che mai.
Sta a noi farne tesoro per non farci risucchiare dal Modernismo dogmatico e
ascetico, che conduce alla perdizione. Il rimedio pratico a tanti mali (vanità,
esteriorità, superficialità, fuochi di paglia) è l’abnegazione unita alla
contemplazione per poter conservare l’esistenza della nostra vita spirituale
(mediante la stabilità dogmatica fondata sulla Tradizione) e l’aumento o la
crescita di essa (mediante la Carità).
d. CURZIO NITOGLIA
22 aprile 2012
[1] R.
GARRIGOU-LAGRANGE,
Santificazione sacerdotale, cit., p. 149.
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lunedì 11 marzo 2013
DON CURZIO - I PERICOLI del modernismo PER LA VITA SACERDOTALE
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