J.R.R.Tolkien era Anti-Luciferino: Ecco le prove
-di Davide Consonni-“Il bene e il male sono rimasti immutati da sempre, e il loro significato è il medesimo per gli Elfi, per i Nani e per gli Uomini. Tocca ad ognuno di noi discernerli, tanto nel Bosco d’Oro quanto nella propria dimora”
[Da ‘La Realtà in Trasparenza’ a cura di Humprey Carpenter e il figlio Christofer Tolkien]
Prima vorrei portare l’importante testimonianza di Thomas Howard, docente universitario di Letteratura Inglese, amico di Lewis e Williams (quest’ultimo veramente affiliato alla Golden Dawn, spiegheremo poi), e critico delle opere tolkieniane: “A un livello superficiale così come a un livello più profondo, siamo autorizzati a parlare de Il Signore degli Anelli come di un “capolavoro cattolico”. Chi ce ne da il diritto è lo stesso Tolkien, che ha detto che non avrebbe mai potuto scrivere la saga se non fosse stato cattolico. Inoltre egli ha individuato, in molti elementi della narrazione, una specifica analogia con categorie cattoliche (in una conversazione con Clyde Kilby disse che riteneva Gandalf un angelo). A un livello più profondo, naturalmente, scopriamo che l’intera struttura della Terra di Mezzo è assolutamente comprensibile per qualsiasi serio cattolico. Per esempio, il bene e il male, così come vengono intesi dalla Chiesa, nella Terra di Mezzo non sono diversi da come noi ne facciamo esperienza. Il male è parassitico, e non ha altra funzione che quella di distruggere la buona solidità e bellezza che caratterizza la creazione. Gollum è un esempio significativo: in origine creatura molto simile agli Hobbit, il male lo ha poi ridotto a un sibilante, ringhioso, inaridito frammento di quello che è un Hobbit. Lo stesso vale per il paesaggio di Mordor: il male ha distrutto tutto ciò che era meraviglioso e fertile, e vi ha lasciato solo cumuli di cenere e fango. Anche la sofferenza subita “in vece di qualcun altro” è di fondamentale importanza nella saga, come lo è per il cattolicesimo: la Compagnia dell’Anello sopporta ciò che sopporta per amore della salvezza del mondo, per così dire. Questo preannuncia ciò che è centrale per la nostra storia, ossia le sofferenze di Nostro Signore, e quelle dei santi, a favore dell’umanità peccatrice. Un avvertimento: Tolkien ha sempre dimostrato un’antipatia verso l’allegoria (riteneva che Narnia di Lewis fosse troppo allegorica), cosicché di fatto c’è il rischio di “battezzare” tutto con eccessivo zelo. Frodo non è Cristo, e nemmeno lo è Aragorn (lo sconosciuto, ma legittimo re che sta per tornare). Galadriel, per quanto pura e amabile possa essere, non è un’allegoria della Madonna. Ma, alla fine, possiamo con l’approvazione di Tolkien parlare della saga come di un capolavoro cattolico. Un post scriptum potrebbe essere l’osservazione che nessun protestante avrebbe plausibilmente potuto scrivere questa saga, poiché essa è profondamente “sacramentale”. Ossia: si raggiunge la salvezza solo attraverso mezzi concreti, fisici (l’Incarnazione, il Golgotha, la Resurrezione e l’Ascensione); e la storia di Tolkien è disseminata di “sacramentali” (il lembas, il viatico degli Elfi, dall’originario lennmbass, ”pane da viaggio”; la fiala di luce di Galadriel; il mithril, in elfico è l’argento di Moria, il vero argento; Vathelas, la foglia di re, erba risanatrice così chiamata dagli Elfi).” Dopo questa testimonianza chiarificatrice vorrei portare all’attenzione parte dell’introduzione alla prima edizione del 2000 del ‘Signore degli Anelli’ scritta da Elémire Zolla, il quale in questo passo mette a confronto la saga di Tolkien con la tradizione della fiaba moderna e contemporanea : “«Una differenza sottile e radicale, come fra la notte e il giorno, discrimina Tolkien, segnatamente da Graves, Williams e Powys: egli non cerca la mediazione tra male e bene, ma soltanto la vittoria sul male. I suoi draghi non sono da assimilare, da sentire in qualche modo fratelli, ma da annientare». In tutti codesti moderni favolisti, «sempre si assiste a una calata negli inferi non per debellarli ma per farsi contagiare, sì da ricevere una diabolica energia. […] In breve, ci si ritrova nell’atmosfera consueta, moderna, erotica, intrisa di confusioni, androgina, che fu inaugurata da Blake, che è stata nella scorsa generazione formulata da Jung. […] Il fascino che sprigiona da Tolkien proviene dal suo completo ripudio di quella tradizione sinistra. La sua fiaba non celebra il consueto signore delle favole moderne, Lucifero, ma celebra San Michele, Beowulf o San Giorgio». Zolla continua poco dopo: “ Anche quei favolisti dalla mano sinistra sanno cosa abbastanza nascoste, conoscono il potere immenso dei puri pensieri, eppure sono inconciliabili con la schiera dei favolisti della Tradizione benigna e luminosa: Tolkien o C.S Lewis. Non è esaltante che pure in tempi dediti al culto del Caos abbiano levato la voce anche questi ultimi, e che la Tradizione da loro cantata abbia avuto anche un altro servitore, dedito a narrare le opere della tenebra, Montague Summers?” 
Qui Zolla sintetizza, riassume e cristallizza in pochissime righe l’aspetto radicale e fondamentale della fiaba Tolkeniana: ‘La Vittoria sul Male’. Vittoria mai mediata, mai parziale ma sempre ricercata con il massimo degli strumenti e con il totale delle forze, questa epica ed universale battaglia contro il Male è oltremodo evidente nello sviluppo degli eventi contenuti nei tre romanzi del Signore degli Anelli. Proprio grazie all’interpretazione di Zolla della favolistica tolkeniana come Epica battaglia Anti-luciferina posso ora porre l’accento su ciò che ci è noto circa il rapporto tra Tolkien e uno dei più famosi membri della Golden Dawn, appartenente anch’egli, come Tolkien, agli Inklings (circolo di scrittori inglesi infiltrato dalla Golden Dawn). Mi riferisco a Charles Williams, il quale aveva una strana influenza su Lewis, (amico di vecchia data di Tolkien e anch’egli autore cattolico) che esercitò sempre più pesantemente, dalla fine degli anni Trenta in poi. «Membro devoto della Chiesa d’Inghilterra» scrive White (biografo di Tolkien), «Williams era contemporaneamente affascinato in maniera ossessiva dal misticismo e dall’occulto. Faceva parte di un famoso gruppo iniziatico noto come l’Ordine dell’Aurora dorata (Golden Dawn) di cui era membro il famigerato Aleister Crowley [il fondatore del satanismo moderno], ma la domenica andava in chiesa a pregare». La produzione letteraria di questi membri del gruppo, appartenenti contemporaneamente agli Inklings e alla Golden Dawn, aveva per Tolkien qualcosa di ambiguo. Le loro storie, sulla scia della tradizione favolistica moderna, erano pericolosamente attratte dal fascino dell’esoterico e dell’occulto come ci chiarifica benissimo Zolla nell’Introduzione alla prima edizione italiana, il quale mostra la radicale differenza tra la favolistica di Williams, Powys, Graves che decantano chiaramente Lucifero e la favolistica di Tolkien e Lewis i quali (Lewis in modo più esplicito) decantano principalmente San Michele e San Giorgio.
Ora passiamo a demolire quella che può superficialmente sembrare la principale prova a sostegno della tesi che Tolkien fosse iniziato alla Golden Dawn. Non so se chi sostiene tale tesi sia semplicemente un ingenuo ignorante oppure un mistificatore in malafede, ma resta il fatto che quello che a tale sostenitore può sembrare il principale elemento argomentativo reggente la sua tesi è invece uno dei più chiari ed espliciti esempi lasciatoci da Tolkien per comprendere il ‘verso’ e la ‘direzione’ della sua epica ed universale battaglia. Bene, la ‘sconvolgente’ prova dell’affiliazione di Tolkien secondo questi baldi ricercatori risiederebbe nella raffigurazione, disegnata dallo stesso Tolkien, che nella prima edizione italiana si trova a pg, 383. Questa raffigurazione è situata, nel romanzo tolkeniano, sulla Porta delle Miniere di Moria: l’accusa contesta l’assoluta somiglianza di questa raffigurazione con l’Arco Reale Alchemico appartenente alla Massoneria Iniziatica. Assolutamente verissimo, gli archi sono identici, il richiamo di Tolkien è chiaramente esplicito, forse il più esplicito dell’intera sua Opera. Ma la cosa fondamentale che dobbiamo notare circa la presenza esplicita di questo simbolo massonico è l’utilizzo che ne fa l’autore: è qui che la prova diventa contro-prova, è qui che la balzana argomentazione si auto-trasforma in contro argomentazione.
L’Arco Reale Alchemico, tipico della Massoneria, è stato posto da Tolkien proprio all’entrata di quelle Miniere che saranno il vero luogo d’inizio dell’epica battaglia tra Bene (Compagnia dell’Anello) e Male (Sauron) messa in mostra da Tolkien, ‘un posto maledetto’ citando direttamente l’autore. Infatti, all’interno delle Miniere di Moria, (un tempo luogo pacifico dove i nani scavavano avidi la roccia, ma ora conquistato e in balia delle ‘forze oscure’ di Sauron), quindi dopo aver oltrepassato la porta alchemica-massonica, Gandalf, stregone utilizzatore della magia bianca e della preghiera dovrà sconfiggere un’entità mostruosa dalle dimensioni gigantesche e dalle sembianze chiaramente sataniche: Balrog. Nel Silmarillion, unico testo esplicitamente religioso di Tolkien, Balrog, l’entità mostruosa incontrata e sconfitta a Moriah da Gandalf vien descritto come uno degli ‘spiriti di fuoco Caduti nella Tenebra’ perché corrotti da Melkor, il quale è al vera Origine del Male supremo nelle opere Tolkeniane, Melkor è anch’egli descritto come un’entità angelica ‘Caduta’ perché fu la prima a sfidare ed esser sconfitta da Eru, Il Creatore di Ea (Universo Tolkeniano), l’analogia a Lucifero è talmente lampante esplicita e palese che è inutile spiegarla. Balrog dopo esser stato sconfitto trascinerà con sé lo stregone Gandalf negli abissi della terra. L’analogia è chiarissima. L’iniziazione alchemica non lascia scampo neppure ad un guerriero potente e benigno come Gandalf, anch’egli soccombe agli oscuri poteri del Maligno nonostante l’immenso potere spirituale, salvo poi scoprire, con l’evolversi degli eventi, che Gandalf il Grigio ‘resusciterà’ nelle vesti di Gandalf il Bianco. V’è un’ulteriore doverosa precisazione da fare sull’episodio dell’entrata nelle Rovine-Miniere di Moriah per screditare ulteriormente le teorie secondo le quali anche Gandalf (personaggio centrale della Compagnia dell’Anello e della saga Tolkieniana) sarebbe un alto iniziato al Potere oscuro di Sauron perché utilizzatore della magia ‘pagana’ non cara alla dottrina cattolica (!!!). Nel momento in cui la Compagnia dell’Anello giunge alle tanto temute Mura di Moriah e alla tanto strumentalizzata (dai ricercatori ignoranti o mistificatori) Porta d’entrata Occidentale delle Miniere di Moriah, Gandalf, alto iniziato all’alchimia secondo le balzane teorie, trovandosi di fronte all’Arco Reale Alchemico tanto caro agli alchimisti massoni e malamente strumentalizzato dagli improvvisati ricercatori, non riesce in alcun modo ad aprire la porta, tenta ogni formula in ogni lingua a lui conosciuta ma nulla, la porta non si apre tanto da farlo spazientire e dissuadere dimostrando di non conoscere (ovviamente in forma di analogia, allegoria con la realtà) i segreti dell’alchimia massonica necessari per ‘aprire’ l’Arco Reale Alchemico; ciò cozza chiaramente con la visione che dipingerebbe Gandalf come alto iniziato ai poteri alchemici tanto cari alla massoneria, visione che si dimostra assolutamente assurda. Quindi, quella che dagli accusatori vien descritta come la prova centrale per la dimostrazione dell’affiliazione di Tolkien alla Golden Down s’è facilmente trasformata in un‘esplicita prova di come l’autore concepisse l’iniziazione all’immaginario alchemico-massonico vicina, se non coincidente alla figura di satana-lucifero e delle sue schiere demoniache, come moltissimi noti studiosi anti-massoneria sostengono. Potrebbe tornare utile ai baldi ricercatori sapere che Moriah, il nome utilizzato da Tolkien per descrivere il luogo maledetto che diede inizio all’epica battaglia tra Bene e Male, è riconducibile nella Bibbia al monte su cui Salomone e il suo architetto Hiram han costruito il loro primo Tempio, il Monte Moriah per l’appunto, evento che ha dato le basi ai miti fondativi della Massoneria Gnostica Iniziatica. Inoltre, giusto per concludere, potrei ricordare sempre ai nostri baldi ‘ricercatori’ di iniziati che la dicitura ‘Signore degli Anelli’ è riconducibile nella Dottrina Cristiana a Saturno, antichissima divinità demoniaca venerata dai circoli esoterico-occultisti fino ai giorni nostri (la Golden Dawn si trova ovviamente tra questi) : nella saga Tolkeniana Il Signore degli Anelli è Sauron, anche noto come: Oscuro Signore, Signore di Mordor, Creatore dell’Unico, Ingannatore, Mano Nera, Aborrito, Oscuro Potere, Negromante, Grande Occhio, Nemico e Crudele, egli è il creatore degli anelli prima, e dell’unico anello poi, anello creato per domarli, per trovarli, per ghermirli e nel buio incatenarli.
Bibliografia: – ‘Il Signore degli Anelli’ J.R.R.Tolkien, prima edizione 2000, Bompiani – ‘La vita di J.R.R.Tolkien’ White Michael, Bompianione – ‘La realtà in trasparenza’ Christopher Tolkien, Bompiani – ‘Il Silmarillion, J.R.R.Tolkien, Bompiani, prima edizione 2000 – ‘Intervista a Th. Howard’: http://www.gliscritti.it/approf/tolkien.htm****************
TOLKIEN SCRITTORE CATTOLICO
Il fascino che sprigiona da Tolkien proviene dal suo completo ripudio di quella tradizione sinistra. La sua fiaba non celebra il consueto signore delle favole moderne, Lucifero. Elémire Zolla
Negli ultimi anni la grande massa ha scoperto l’esistenza de Il signore degli anelli e Lo Hobbit attraverso dei film tutto sommato buoni nell’estetica commerciale ma ovviamente insufficienti a trasmettere l’impianto letterario e concettuale di J.R.R Tolkien. Questo ha avuto come buon effetto un rilancio di interesse per lo scrittore inglese , accompagnato da ottime ristampe della sua opera completa, nuove biografie e un notevole epistolario edito in Italia con il titolo La realtà in trasparenza. L’epistolario in questione è importante per avere una giusta prospettiva interpretativa dell’opera di Tolkien. Sotto l’epopea mitologica della compagnia dell’anello quindi, cosa si muove? Tolkien nasce nel 1892 da genitori inglesi a Bloemfontein in Sud Africa, dove il padre Arthur si trova avendo accettato un posto alla Bank of Africa. Il giovane Tolkien deve affrontare molto presto perdite affettive e difficoltà . Per motivi di salute torna assieme alla madre Mabel e al fratello Hilary in Inghilterra all’età di tre anni. Il padre morirà senza potersi ricongiungere con la famiglia nel 1896. La conversione al cattolicesimo della madre causa le ostilità della famiglia anglicana, fino al punto di lasciare la donna e i suoi due figli privi di sussistenza e abbandonati al loro destino. Dopo la prematura morte dell’amata madre nel 1904 viene affidato a padre Francis Xavier Morgan, sacerdote Oratoriano vicino a Mabel durante il suo percorso di conversione. Sotto la severa attenzione di padre Morgan il giovane Tolkien si dedica ad uno studio intenso delle lingue antiche, dal latino al greco passando per il finnico e lingue gotiche antiche, e delle relative letterature. Questi anni di studio lo porteranno in futuro ad essere uno dei più importanti filologi ed esperti di letteratura medioevale Inglesi, nonché docente all’università di Oxford dal 1925 al 1959. La rigidità di padre Morgan porta anche a tenere Tolkien lontano dall’amata Edith Bratt , quella che diventerà moglie e madre dei suoi figli, fino all’età di ventuno anni. Negli anni ’20 inizia a prendere forma la terra di mezzo, con i suoi abitanti e le loro storie. Evidentemente è molto importante l’influenza di antiche tradizioni ,mitologie e leggende medioevali ma sicuramente c’è dell’altro nell’epopea Tolkieniana. L’importanza del bagaglio immaginifico di storie e racconti ereditato dalla madre è necessario per il consolidamento concettuale della forza e dell’inestinguibilità della luce sulle tenebre nella parola della forma letteraria della fiaba. “Fu nelle fiabe che io intuii per la prima volta la potenza delle parole, e la meraviglia delle cose, di cose come pietra, e legno, e ferro; albero ed erba; casa e fuoco; pane e vino”. La potenza evocativa della creazione immaginifica si concretizza nella trasposizione letteraria di valori che si cementificano nella realtà e nella storia. L’epopea de il signore degli anelli è una storia di profonde radice cristiane e proprio nella fede pone le sue
fondamenta. Nell’opera di Tolkien non c’è l’intenzione di fare teologia attraverso l’uso di allegorie , ma volontà di creare un immaginario fondato su basi immobili riguardanti la visione del mondo e della storia dal punto di vista cristiano. Una volontà necessaria e non ragionata e del tutto spontanea dato che lo stesso Tolkien si rende conto nella parti finale dell’assemblaggio del Il signore degli anelli di quanto sia importante il peso dell’esperienza cristiana in esso. La bellezza e la purezza del creato è corrotta dall’esistenza del male, dalla tentazione e dal peccato, rappresentati raffinatamente dalla presenza dell’anello, artefatto che porta con se il fascino ambiguo e pericoloso del potere . L’anello è lo strumento attraverso il quale, con la lusinga del potere donato da esso, Sauron cerca di ghermire e dominare gli esseri viventi. Sauron era un tempo un maia ovvero una creatura angelica nella mitologia di Tolkien, decaduto a creatura malvagia che attraversa le ere sotto varie forme nell’ambizione di assoggettare a se ogni creatura. Sconfitto più volte nel passato ma presente sulla terra di mezzo , nell’era in cui si svolgono gli avvenimenti de Il Signore degli anelli come occhio infuocato che tutto vede dove l’anello è presente. La presenza del male e delle sue striscianti tentazioni nella terra di mezzo è trasfigurazione letteraria del male reale e presente nell’universo. La bellezza come testimonianza della grazia divina in contrasto con l’orrore della malvagità è una delle chiavi de Il signore degli anelli. Il deforme Gollum, devastato nella mente e nel corpo dalla possessione demoniaca dell’anello e del desiderio di esso. Boromir, nobile cavaliere incarnante virtù elevate, trascinato nell’abiezione a causa dell’attrazione al potere. E ancora la bellezza degli Elfi, popolo illuminato dalla verità che nel momento in cui si donano al male si trasformano nel fisico in orrendi Orchi . Manifestazione chiara dell’effetto del peccato oltre che della donazione di sé al male. Un passo dal Simmarillion :“Tutti coloro dei Quendi [gli Elfi] che caddero nelle mani di Melkor furono imprigionati in Utumno prima che esso fosse distrutto e per mezzo di lente arti crudeli vennero corrotti e resi schiavi; e così Melkor generò l’orrenda razza degli Orchi che sono un atto d’invidia e di scherno verso gli Elfi, dei quali in seguito furono i nemici più irriducibili.” Secondo Thomas Howard ,massimo studioso di Tolkien, la figura femminile in Tolkien racchiude manifestazione luminosa di purezza e virtù cristiana. La donna come guida , spinta e infusione di coraggio per le anime semplici degli Hobbit, uomini piccoli di statura e desiderosi solo di continuare la loro semplice vita, ma coinvolti nella necessità di distruggere l’anello per poter proteggere definitivamente la terra di mezzo, è una splendida immagine di derivazione Mariana e di grande importanza anche nella determinazione del rapporto maschile/femminile nell’universo Tolkieniano. Non solo faro per la salvezza del mondo ma anche motivo di coraggio . Riguardo l’importanza della fiaba: “La Fantasia resta un diritto umano: noi creiamo a nostra misura e secondo la nostra modalità derivata, perché siamo stati creati: e non soltanto creati, ma creati a immagine e somiglianza di un Creatore.” Tolkien respinge l’idea del racconto fantastico e della fiaba come evasione ma anzi sottolinea l’importanza storica che ricopre cioè la capacità di parlare attraverso un mondo secondario di ciò che davvero conta nel mondo reale, e proprio in questo si basa il biasimo del concetto di evasione che viene interpretato quasi come tradimento del reale. Paradossalmente la fiaba parla del mondo con maggiore realtà di quanto si presenti nella vita di tutti i giorni.
“Quanto reale, quanto sorprendentemente viva, è infatti la ciminiera di una fabbrica a paragone di un olmo: povera cosa obsoleta, sogno inconsistente di chi cerca di evadere la realtà! Per parte mia, non posso convincermi che il tetto della stazione di Bletchley sia più “reale” delle nuvole. E in quanto manufatto, lo trovo meno ispiratore della leggendaria volta del cielo.” Rivoltando l’accusa Tolkien definisce evasione dalla realtà la caduta dell’uomo nell’infelicità creata con il progresso industriale e tecnologico selvaggio che lascia alle proprie spalle mancanza di bellezza e di verità nel mondo. Rilevando l’impossibilità di coniugare bellezza e malvagità, la creazione fantastica in termini letterari rimanda ad una ricerca di bellezza e verità concretizzata nella promessa cristiana della prevaricazione del bene sul male. La consolazione del lieto fine è quindi la consolazione della speranza che non nega l’esistenza del dolore e del male , ma si rivolge alla gioia e alla commozione della salvezza nell’esperienza cristiana. Rispetto al momento della gioia nella rivelazione del lieto fine nella fiaba Tolkien conia il termine eucatastrofe in opposizione alla catastrofe dell’assenza del buon finale, della perdita della speranza. “I Vangeli contengono molte meraviglie —peculiarmente artistiche, splendide, e commoventi: «mitiche» nel loro significato perfetto e autosufficiente; e, tra le meraviglie, vi è la più grande e più completa eucatastrofe che si possa immaginare. Ma questa storia è penetrata nella Storia e nel mondo primario; il desiderio e l’aspirazione della sub-creazione sono stati elevati sino al compimento della Creazione. La Nascita di Cristo è l’eucatastrofe della storia dell’Uomo. La Resurrezione è l’eucatastrofe della storia dell’Incarnazione. Questa storia comincia e finisce nella gioia.” C’è ancora da dire che Tolkien immagina le ere descritte nel Simmarillion ( storia e genesi del mondo precedenti alle vicende de Il signore degli anelli )come precedenti la venuta di Cristo, tanto che il male incarnato da Sauron e da altre entità rimanda ad un male superiore che un giorno Cristo affronterà e questo aiuta ad inquadrare il fatto che questo mondo secondario è privo di una germinazione divina del male, poiché c’è un unico Dio e non c’è una contrapposizione politeistica come invece si tenderebbe ad immaginare in una ambientazione fantasy. Il male nasce dalla volontà degli esseri liberi e non c’è entità che nasca maligna. Esiste la caduta nel male ma solo a causa del libero arbitrio. Ci sarebbero tantissime cose da dire riguardo Tolkien , ma concludo questo breve articolo ricordando che la passione e l’entusiasmo cristiano dello scrittore portò ad avvicinarsi alla religione Cattolica e poi alla conversione dell’amico C.S. Lewis , autore de Le cronache di Narnia.
fondamenta. Nell’opera di Tolkien non c’è l’intenzione di fare teologia attraverso l’uso di allegorie , ma volontà di creare un immaginario fondato su basi immobili riguardanti la visione del mondo e della storia dal punto di vista cristiano. Una volontà necessaria e non ragionata e del tutto spontanea dato che lo stesso Tolkien si rende conto nella parti finale dell’assemblaggio del Il signore degli anelli di quanto sia importante il peso dell’esperienza cristiana in esso. La bellezza e la purezza del creato è corrotta dall’esistenza del male, dalla tentazione e dal peccato, rappresentati raffinatamente dalla presenza dell’anello, artefatto che porta con se il fascino ambiguo e pericoloso del potere . L’anello è lo strumento attraverso il quale, con la lusinga del potere donato da esso, Sauron cerca di ghermire e dominare gli esseri viventi. Sauron era un tempo un maia ovvero una creatura angelica nella mitologia di Tolkien, decaduto a creatura malvagia che attraversa le ere sotto varie forme nell’ambizione di assoggettare a se ogni creatura. Sconfitto più volte nel passato ma presente sulla terra di mezzo , nell’era in cui si svolgono gli avvenimenti de Il Signore degli anelli come occhio infuocato che tutto vede dove l’anello è presente. La presenza del male e delle sue striscianti tentazioni nella terra di mezzo è trasfigurazione letteraria del male reale e presente nell’universo. La bellezza come testimonianza della grazia divina in contrasto con l’orrore della malvagità è una delle chiavi de Il signore degli anelli. Il deforme Gollum, devastato nella mente e nel corpo dalla possessione demoniaca dell’anello e del desiderio di esso. Boromir, nobile cavaliere incarnante virtù elevate, trascinato nell’abiezione a causa dell’attrazione al potere. E ancora la bellezza degli Elfi, popolo illuminato dalla verità che nel momento in cui si donano al male si trasformano nel fisico in orrendi Orchi . Manifestazione chiara dell’effetto del peccato oltre che della donazione di sé al male. Un passo dal Simmarillion :“Tutti coloro dei Quendi [gli Elfi] che caddero nelle mani di Melkor furono imprigionati in Utumno prima che esso fosse distrutto e per mezzo di lente arti crudeli vennero corrotti e resi schiavi; e così Melkor generò l’orrenda razza degli Orchi che sono un atto d’invidia e di scherno verso gli Elfi, dei quali in seguito furono i nemici più irriducibili.” Secondo Thomas Howard ,massimo studioso di Tolkien, la figura femminile in Tolkien racchiude manifestazione luminosa di purezza e virtù cristiana. La donna come guida , spinta e infusione di coraggio per le anime semplici degli Hobbit, uomini piccoli di statura e desiderosi solo di continuare la loro semplice vita, ma coinvolti nella necessità di distruggere l’anello per poter proteggere definitivamente la terra di mezzo, è una splendida immagine di derivazione Mariana e di grande importanza anche nella determinazione del rapporto maschile/femminile nell’universo Tolkieniano. Non solo faro per la salvezza del mondo ma anche motivo di coraggio . Riguardo l’importanza della fiaba: “La Fantasia resta un diritto umano: noi creiamo a nostra misura e secondo la nostra modalità derivata, perché siamo stati creati: e non soltanto creati, ma creati a immagine e somiglianza di un Creatore.” Tolkien respinge l’idea del racconto fantastico e della fiaba come evasione ma anzi sottolinea l’importanza storica che ricopre cioè la capacità di parlare attraverso un mondo secondario di ciò che davvero conta nel mondo reale, e proprio in questo si basa il biasimo del concetto di evasione che viene interpretato quasi come tradimento del reale. Paradossalmente la fiaba parla del mondo con maggiore realtà di quanto si presenti nella vita di tutti i giorni.
“Quanto reale, quanto sorprendentemente viva, è infatti la ciminiera di una fabbrica a paragone di un olmo: povera cosa obsoleta, sogno inconsistente di chi cerca di evadere la realtà! Per parte mia, non posso convincermi che il tetto della stazione di Bletchley sia più “reale” delle nuvole. E in quanto manufatto, lo trovo meno ispiratore della leggendaria volta del cielo.” Rivoltando l’accusa Tolkien definisce evasione dalla realtà la caduta dell’uomo nell’infelicità creata con il progresso industriale e tecnologico selvaggio che lascia alle proprie spalle mancanza di bellezza e di verità nel mondo. Rilevando l’impossibilità di coniugare bellezza e malvagità, la creazione fantastica in termini letterari rimanda ad una ricerca di bellezza e verità concretizzata nella promessa cristiana della prevaricazione del bene sul male. La consolazione del lieto fine è quindi la consolazione della speranza che non nega l’esistenza del dolore e del male , ma si rivolge alla gioia e alla commozione della salvezza nell’esperienza cristiana. Rispetto al momento della gioia nella rivelazione del lieto fine nella fiaba Tolkien conia il termine eucatastrofe in opposizione alla catastrofe dell’assenza del buon finale, della perdita della speranza. “I Vangeli contengono molte meraviglie —peculiarmente artistiche, splendide, e commoventi: «mitiche» nel loro significato perfetto e autosufficiente; e, tra le meraviglie, vi è la più grande e più completa eucatastrofe che si possa immaginare. Ma questa storia è penetrata nella Storia e nel mondo primario; il desiderio e l’aspirazione della sub-creazione sono stati elevati sino al compimento della Creazione. La Nascita di Cristo è l’eucatastrofe della storia dell’Uomo. La Resurrezione è l’eucatastrofe della storia dell’Incarnazione. Questa storia comincia e finisce nella gioia.” C’è ancora da dire che Tolkien immagina le ere descritte nel Simmarillion ( storia e genesi del mondo precedenti alle vicende de Il signore degli anelli )come precedenti la venuta di Cristo, tanto che il male incarnato da Sauron e da altre entità rimanda ad un male superiore che un giorno Cristo affronterà e questo aiuta ad inquadrare il fatto che questo mondo secondario è privo di una germinazione divina del male, poiché c’è un unico Dio e non c’è una contrapposizione politeistica come invece si tenderebbe ad immaginare in una ambientazione fantasy. Il male nasce dalla volontà degli esseri liberi e non c’è entità che nasca maligna. Esiste la caduta nel male ma solo a causa del libero arbitrio. Ci sarebbero tantissime cose da dire riguardo Tolkien , ma concludo questo breve articolo ricordando che la passione e l’entusiasmo cristiano dello scrittore portò ad avvicinarsi alla religione Cattolica e poi alla conversione dell’amico C.S. Lewis , autore de Le cronache di Narnia.
Federico Franzin
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