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giovedì 25 aprile 2013

L'illusione liberale, risposta di don F. CHAZAL a don F. LAISNEY

L'illusione pseudo-anti-liberale

di Don François Laisney, FSSPX

13 marzo 2013


L'articolo è stato pubblicato nel sito della Fraternità in Asia e ripreso dal sito americano Angelus Press

A questo articolo ha risposto un altro sacerdote della Fraternità,  Don François Chazal, col titolo L'illusione liberale


Da qualche tempo, certe persone stanno pubblicando le accuse più gravi contro i Superiori della Fraternità San Pio X, a ritmo quasi ossessivo, senza che si rendano conto di aver perso il contatto con la realtà; esse sono cadute in errori che chiamerò “pseudo-anti-liberali”, perché mentre pretendono di essere anti-liberali, esse stesse cadono nello stesso difetto che condannano, come scrive san Paolo: “… perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose.” (Rm. 2, 1).

UNA REGOLARIZZAZIONE CANONICA - COSA BUONA IN SE’
Dopo aver definito la nozione di liberale - chi rifiuta l’autorità di Dio e la Sua legge –,  allo scopo di concludere che le autorità della FSSPX sono liberali, esse hanno bisogno logicamente di dimostrare che tali autorità avrebbero rifiutato Dio e la Sua legge.
Ora, non solo non sono riusciti a dimostrare che Mons. Fellay e le autorità della FSSPX rifiutano Dio e la Sua Legge, ma non sono riusciti a riconoscere che è proprio per obbedire alla legge di Dio, che - seguendo l'esempio di Mons. Lefebvre (che ha sempre rigettato il sedevacantismo) - queste autorità sono legate alla Chiesa cattolica, com’essa è oggi concretamente (purtroppo sfigurata dal modernismo e dal liberalismo come Cristo era sfigurato sulla Croce), ma che rimane comunque la Chiesa cattolica fondata da Cristo su Pietro e contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno.
San Tommaso d'Aquino spiega che ogni legge è essenzialmente un ordine, ordo rationis: la sottomissione alla legge di Dio implica quindi necessariamente l’amore per l’ordine, e quindi il desiderio di essere in ordine all’interno della Chiesa di Dio; una regolarizzazione canonica non ha altro scopo. Non vi è quindi nulla di liberale in questo, anzi.


DISTINZIONE: SOTTOMISSIONE AL SUCCESSORE DI PIETRO

Dove sta allora il problema? Esso deriva dal fatto che molti di coloro che oggi detengono l’autorità nella Chiesa sono infetti di liberalismo a gradi diversi. Questo né Mons. Fellay né alcun sacerdote della FSSPX lo nega. Ma, mentre Mons. Fellay e i sacerdoti fedeli della FSSPX, seguendo l’esempio di Mons. Lefebvre, fanno la distinzione tra l’essere soggetto al successore di Pietro come successore di Pietro e non come liberale, anzi resistono al suo liberalismo, coloro che si oppongono a Mons. Fellay sembrano essere visceralmente incapaci di fare tale distinzione e perseverano nella loro ignoranza dell’insegnamento di Sant’Agostino contro i Donatisti: nella Chiesa cattolica la comunione con i cattivi non danneggia i buoni fintanto che questi non acconsentano alla loro malvagità. La parola cattivi traduce il latino mali. Basta mettere “liberali” al posto di “cattivi”, poiché il liberalismo è un male, e il principio di Sant’Agostino corrisponde esattamente alla posizione di Mons. Fellay e alla confutazione di coloro che gli si oppongono: nella Chiesa cattolica, la comunione con i liberali non danneggia i buoni fintanto che essi non acconsentano al liberalismo dei primi.

Per capire il principio di Sant’Agostino, ci si deve ricordare della grande verità che Padre Calmel spesso ricordava: il capo della Chiesa è Cristo, il Papa è solo il suo vicario. È per questo che la comunione con i membri della Chiesa è prima di tutto comunione con Cristo, che non danneggia i buoni, fintanto che essi non acconsentano al male. Ed è perché dimenticano che è Cristo il capo della Chiesa, che certe persone hanno così paura di questa comunione, prestando attenzione solo al lato umano della Chiesa e dimenticando il Sacro Cuore, che controlla ogni cosa nella Sua Chiesa.
Il loro zelo così amaro – e così opposto allo spirito di Mons. Lefebvre - manifesta questa negligenza del Sacro Cuore. Preghiamo per loro.


GRADI DI LIBERALISMO

Mons. Lefebvre ha spesso sottolineato che ci sono molti gradi di liberalismo. Alcuni rifiutano sistematicamente il principio stesso di ogni legge e di ogni obbligo: questi liberali non hanno chiaramente la vera Fede. Altri, pur riconoscendo Dio e la Sua legge, e tutte le verità della fede cattolica, non le applicano in misura sufficiente alle situazioni concrete o non hanno il coraggio di riconoscere le loro conseguenze nella società moderna; e tra questi liberali ci sono diversi gradi. Questi hanno ancora la fede, anche se si meritano questo rimprovero di Nostro Signore ai suoi Apostoli: “Oh, gente di poca fede” (Mt 8, 26, 17, 16, ecc.)
Non si devono quindi condannare indifferentemente tutti coloro che sono affetti dal liberalismo, come se fossero tutti ugualmente colpevoli del delitto più orribile, cioè di essere in guerra con Dio. Inoltre non si deve sistematicamente interpretare ogni azione di un liberale come il male; nel XIX secolo, alcuni grandi cattolici anti-liberali come Papa Pio IX o il Cardinale Pie non temevano di lodare il bene fatto da alcuni liberali come Mons. Dupanloup o il Conte Montalembert, pur denunciando con forza il loro liberalismo.


LA CHIESA VISIBILE

Inoltre vi è una sorprendente carenza di logica negli accusatori di Mons. Fellay. Cito: «Dicono che dobbiamo riunirci alla Chiesa visibile, perché essa è la Chiesa cattolica. Ma anche la “chiesa” anglicana è visibile, in tutta l’Inghilterra. Questo la rende cattolica?»
Questo argomento starebbe in piedi solo se i dirigenti della FSSPX avessero detto: “è cattolica perché è visibile” o “tutte le chiese visibili sono cattoliche”. Ma evidentemente essi non hanno detto nulla di simile; così che questa pretesa confutazione (“ma anche la chiesa anglicana”) è un mero sofisma.

La verità su cui Mons. Fellay e le autorità della FSSPX insistono è che la Chiesa cattolica è visibile, non solo ieri ma anche oggi. Era questa visibile, concreta, romana, Chiesa cattolica, che ieri era riconosciuta da Mons. Lefebvre e che oggi è riconosciuta da Mons. Fellay e dalla FSSPX (di cui siamo stati membri fin dal suo inizio nel 1970, e nella quale abbiamo il dovere di essere “in ordine”). Non c'è nulla di liberale in tutto questo.

Se coloro che si oppongono a Mons. Fellay oggi rifiutano questa visibile, concreta, romana Chiesa cattolica, qual è la loto chiesa? Dov’è? È visibile? O essa è come la loro “libera associazione”, senza autorità né obblighi?
Tale concetto non ha nulla di cattolico!
Non che io pensi che questa sia la loro idea di Chiesa, ma mi sembra che il loro errore consista nel considerare l’unità della Chiesa come secondaria e accessoria rispetto alla fede, come se l’avere la fede li dispensasse dalla comunione ecclesiale con gli altri membri della Chiesa, quantunque siano liberali.

Certo, si dovrebbe mantenere salda la fede in tutta la sua purezza, perché “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb 11, 6), ma la fede senza la carità non dà alcun profitto (1 Cor 13, 3). È la carità “il vincolo di perfezione” (Col 3, 14), che impone di mantenere questo vincolo di comunione, come ha spesso spiegato Sant’Agostino (Mons. di Noia ha citato alcuni bei passi sull’argomento, e se ne potrebbero facilmente trovare un gran numero di simili).
Ecco un vero brutto pericolo: per salvare la fede tradizionale, si guarda alla sola fide?

Tre mesi fa, in un testo intitolato “Diverse chiese?” ho scritto: “Si può leggere [in uno dei loro articoli]: ‘Solo una parte della Chiesa visibile è cattolica, che è una, santa, universale e apostolica. Il resto è ogni sorta di marciume’. Subito sorge la domanda: la Chiesa cattolica  è semplicemente ‘una parte della Chiesa visibile’? E questo porta a un’altra domanda più fondamentale: è legittimo distinguere tra Chiesa cattolica, Chiesa di Cristo e Chiesa visibile? Al contrario, la fede cattolica non ci obbliga a professare l’identità tra Chiesa di Cristo, Chiesa cattolica e Chiesa visibile? Sì! La Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica e questa Chiesa è visibile!
Questa era la fede di Mons. Lefebvre.


LA LOTTA CONTRO LA “ROMA CONCILIARE”

A me sembra che chi “non ha mai capito la fede di Mons. Lefebvre” siano veramente coloro che rifiutano questa visibile, concreta, romana Chiesa cattolica, nella quale credeva Mons. Lefebvre e alla quale egli dedicò tutta la sua vita, inclusi i suoi ultimi anni.

Un’altra accusa contro Mons. Fellay è che egli “usa la sua autorità per obbligare i suoi sottoposti a seguire una direzione contraria a quella che avevano quando si sono uniti alla FSSPX, vale a dire il rifiuto della lotta contro la Roma conciliare.
Innanzi tutto, si deve chiarire l’espressione “Roma conciliare”: se con essa si intende lo spirito conciliare, gli errori del Vaticano II e le loro molteplici applicazioni, una tale accusa è una calunnia, cioè è falsa e gravemente offensiva della reputazione di Mons. Fellay. La stessa scelta dei membri della FSSPX per i colloqui teologici con Roma dimostra che Mons. Fellay non ha voluto alcuna debolezza nella difesa della verità cattolica contro le novità conciliari, e proprio all’inizio dello scorso anno ha chiaramente fissato come suo primo principio: “nessun compromesso sulla fede!” E i mesi successivi hanno provato solo che è rimasto fedele a questo principio, nonostante le false profezie che annunciavano che avrebbe compromesso la FSSPX.
Se invece per “Roma conciliare” si intende una struttura ecclesiale diversa dalla Chiesa cattolica, allora bisogna dire che queste persone avevano una errata concezione della crisi della Chiesa, una concezione diversa da quella di Mons. Lefebvre!
No, Mons. Fellay non è un “padre depravato”, quanto piuttosto un padre fedele (con un piccolo numero di bambini ribelli!).


PER
ROMA
CATTOLICA
Si aggiunga, e questo è un argomento fondamentale, che la posizione essenziale di Mons. Lefebvre non era primariamente una posizione contro, ma una posizione per. È perché era per la totale fedeltà alla fede cattolica di tutti i tempi, che Mons. Lefebvre fu contro le novità conciliari. Tale atteggiamento prima di tutto “per” e solo poi “contro” è molto chiaro nella sua celebre dichiarazione: «Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.»
Ma coloro che assumono per prima cosa la posizione contro lo stato di modernismo trionfante come quello degli anni ‘70 e ‘80, non possono poi più porsi in una posizione diversa, come nei confronti di Benedetto XVI che promosse un tentativo (incompleto ma reale) per correggere alcune evidenti deviazioni e tornare ad un approccio più tradizionale sulla liturgia e la vita della Chiesa. Essi non sanno più come collocare se stessi, perché non hanno (o hanno dimenticato) il principio positivo superiore, che di per sé rimane valido in ogni situazione.


RESISTENZA INETTA

Vi è un'altra fin troppo frequente illusione tra questi critici: paragonano la loro resistenza a Mons. Fellay alla resistenza di Mons. Lefebvre alle novità conciliari; li sentiamo che mettono in parallelo “la rivoluzione conciliare e la rivoluzione accordista”, ma questa comparazione mostra piuttosto l’inanità della loro posizione. Anzi, questo paragone si rivela essere invece un forte contrasto. Possiamo considerare tre aspetti.
In primo luogo, Mons. Lefebvre resistette alle novità conciliari dopo che furono introdotte: fu dopo il Concilio e dopo la nuova Messa che iniziò il suo lavoro a Ecône; fu dopo Assisi che fece le consacrazioni. Al contrario, è stato prima di ogni compromesso, nel timore di un compromesso a venire e che non è mai venuto, che questi critici attaccano Mons. Fellay.
In secondo luogo, consideriamo la portata della causa. Da un lato vi sono il Concilio, la nuova Messa (e tutta la riforma liturgica, dato che non è stato risparmiato alcun sacramento) e Assisi: che sono stati  degli scandali enormi, che hanno causato immensi danni a milioni di anime. Dall’altro vi è la segnalazione di poche parole tratte da un’intervista improvvisata e da un paio di altre occasioni che si possono contare sulle dita di una mano. Tra i due vi è un tale contrasto che fa pensare alla cecità di chi non vede.
In terzo luogo, Mons. Lefebvre non chiese mai le dimissioni di Paolo VI, nonostante la gravità delle riforme conciliari e di quella liturgica, né di Giovanni Paolo II, nonostante la gravità di Assisi, mentre invece questi critici chiedono le dimissioni di Mons. Fellay. Sant’Agostino insegna che non è la sofferenza e la morte che fanno il martire, ma prima di tutto la sua causa: Mons. Lefebvre aveva una causa giusta e proporzionata per la sua resistenza alle novità conciliari e liturgiche, mentre invece nei critici di Mons. Fellay non c’è proporzione per la loro resistenza, che è un’evidente ribellione.


LIBERALI ANTI-LIBERALI

Ho scritto all’inizio che “pretendono di essere anti-liberali, … ma… cadono nello stesso difetto che condannano”. Infatti, la caratteristica dei liberali è il rifiuto dell’autorità, sia essa l’autorità della verità dogmatica, della legge divina o dell’autorità ecclesiastica. “Il liberale è un fanatico dell’indipendenza, egli la promuove fino all’assurdo, in tutti i campi”, così lo definiva Canon Roussel, citato da Mons. Lefebvre (Lo hanno detronizzato, Ed. Amicizia Cristiana, 2009, p. 26).
Ed ora, ecco i nostri grandi anti-liberali propongono “cellule indipendenti”, cioè una libera associazione tra di loro ... senza autorità! Perché non avendo saputo come obbedire, adesso non sanno come comandare. E dal momento che l’autorità viene dall’alto, dopo aver separato se stessi dai loro legittimi superiori, hanno perso ogni autorità. Al contrario, Mons. Lefebvre fondò la sua Fraternità come un ramo vivente ben radicato nel tronco della Chiesa, con l’approvazione canonica di Mons. Charrière, e quindi con una linea legittima di autorità, come ogni opera veramente cattolica ... non è lo stesso per i nostri critici.

Mons. Lefebvre stesso sapeva come esercitare questa autorità (tra gli altri esempi, espellendo i sedevacantisti). Anche qui si vede il contrasto tra la legittima resistenza di Mons. Lefebvre e la ribellione dei nostri critici, i quali, per il loro rifiuto dell’autorità, sono caduti nello stesso peccato che criticano.
Vi è una grande illusione nel pretendere di “contare su un modello di paternità (che include l’autorità) e non su una struttura autorevole come tale”, perché proprio rifiutando quella struttura autorevole ricadono volenti o nolenti in una paternità senza autorità, tipica del liberalismo.
Essi dicono: “se non fosse contraddittorio, vorrei prevedere una struttura senza autorità, ma con la paternità, sì, con la paternità! Questo è indispensabile!” Purtroppo per loro, questo è contraddittorio! La stessa parola autorità deriva dalla parola autore, un padre che non fosse l’autore dei suoi figli non sarebbe davvero padre! Un padre che rifiutasse di avere una vera autorità sui suoi figli sarebbe ... un padre liberale! Non c'è vera paternità senza autorità. Fanno bene a denunciare il liberalismo come “una religione senza regole, tranne la propria volontà.” Ma perché allora stanno facendo una libera associazione di sacerdoti, un’associazione senza regole, tranne la propria volontà?

Preghiamo perché si correggano e umilmente chiedano di essere riammessi nella Fraternità San Pio X. Che San Giuseppe ottenga questa grazia per loro!

Don François Laisney
 
 
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L'illusione liberale

di Don François Chazal, FSSPX

10 aprile 2013

L'articolo è stato pubblicato nel sito francese Avec l'Immaculée, e risponde a quello scritto da Don François Laisney contro i critici di Mons. Fellay
Caro Don Laisney,
dal momento che in passato Lei ha aiutato la nostra causa, sono rimasto sorpreso del suo ultimo attacco contro il nostro piccolo gruppo (un vescovo, 50 sacerdoti – inclusi i 6 nuovi del mese di marzo – 3 monasteri e un carmelo in Germania) di resistenza alla FSSPX riconciliatrice, che don Couture ha raccomandato lui stesso in cattedra. È segno che il liberalismo si diffonde con la benedizione delle autorità.

La ringrazio per essersi accontentato di 3 pagine di sofismi, che sono un buon compendio delle falsità che ci vengono rinfacciate.


Sofisma n° 1 – Sarebbe bene essere regolarizzati adesso

Lei incomincia col dire che non siamo riusciti a dimostrare che Mons. Fellay è in errore… Bene, ma lo provi!

Noi citiamo soprattutto le sue stesse parole o i suoi scritti. Se si dice che la Dichiarazione del 15 aprile è una calunnia, Lei sarebbe il primo a pensare che questa Dichiarazione è un falso. Il doppio linguaggio di Menzingen è un processo in crescita e ben documentato, basato sull’idea che il Vaticano II e la nuova Messa possono essere migliorati e che non si può chiedere al Nuovo Ordine di condannarli (intervista  del 15 febbraio a Nouvelles de France).

La regolarizzazione è come uno stuzzicadenti, indifferente, il che significa che posso usarlo sull’occhio della mia sorellina. Un sacerdote non ha bisogno di essere regolato da Robespierre, ma dal buon Papa Pio VI. Ma no, Lei dice che noi dobbiamo essere in regola perché la legge è ordine. “Ordine!” dice il moderatore del Parlamento inglese. Sfortunatamente, il Nuovo Ordine è un ordine solo di nome. Esso è il disordine, il disorientamento diabolico, come ha detto Suor Lucia di Fatima e come Mons. Lefebvre ha detto a noi: “sottomettersi al male per obbedienza è peccatoNel giorno del giudizio, Dio [non ci chiederebbe] se abbiamo obbedito a delle autorità infedeli” (9 agosto 1986).

Perché non presenta ai fedeli il seguito della definizione di “legge”? Questo non è giusto.
Una legge è un ordine della ragione dato dal responsabile di un gruppo per il bene comune della comunità.

È ragionevole essere in regola con i demolitori della Chiesa? Cos’è successo al bene comune di Campos, dell’Istituto del Buon Pastore, dell’Istituto Cristo Re, della Fraternità San Pietro?

Quando la fede è in pericolo, il Diritto Canonico mette in regola coloro che si rifiutano di fare il bagno con gli squali. Dunque… serve un altro sofisma.


Sofisma n° 2 – I nuovi papi sono cattivi e liberali, ma non eretici

Per essere in comunione con gli squali, si deve provare che sono degli squali caritatevoli, non accettando come siamo noi, la loro preda, visto che noi distinguiamo chiaramente in essi ciò che è buono da ciò che è un po’ crudele.

Anche qui, Lei avrebbe dovuto dire, a noi che siamo dei lettori ignoranti, in che consiste il donatismo (un’eresia rigorista: le persone in stato di peccato devono essere evitate del tutto e non possono amministrare dei sacramenti validi.)

Ma noi, invece, parliamo volentieri con i liberali, con quelli del Nuovo Ordine e con i non-cattolici, ed essi sono anche i benvenuti nelle nostre Messe; ma condanniamo i loro errati modi d’agire.
Questo è quello che facciamo e credo che sia cattolico.
Facendo parte di un club di peccatori, cercando, con la grazia di Dio, di liberarci, invitando i peccatori, anche i liberali, non vedo come Lei possa paragonarci ai donatisti… A meno che il suo stomaco non riesca a digerire il fatto che noi chiamiamo le cose col loro nome.
Tutti i peccatori non sono eretici, ma gli eretici sono una specie particolare e pericolosa che noi dobbiamo evitare (devo provarglielo?).

Secondo Lei, il modo migliore per non vedere gli eretici è di non vedere le eresie, come per esempio impedire la pubblicazione in inglese del libro di Mons. Tissier, che si vende in Francia e che prova che Benedetto XVI è un eretico [NdT: La strana teologia di Benedetto XVI, ed. Ichthys, 2012]. Io avrei dovuto pensarci: se vogliamo una Roma migliore, tutto quello che dobbiamo fare è dire che tali cose non sono delle super-eresie e attirare l’attenzione sui gesti “tradizionali” di Benedetto XVI, evitando accuratamente di dire che ha benedetto un centro islamico, che ha nominato un massone alla Pontificia Accademia delle Scienze, che ha recitato i Vespri con i Protestanti in San Paolo fuori le mura, che ha preparato la beatificazione di Paolo VI, ecc… La maggior parte di queste informazioni non si trovano su DICI o su FSSPX.org, le si deve cercare penosamente altrove.

Dunque, come può dire che voi resistete al liberalismo, quando vi rifiutate di esporre le eresie (cosa più grave)? In che modo il Capitolo Generale può pretendere di conservare la libertà di rifiutare gli errori, quando, anche prima di essere regolarizzati, quello che constatiamo è il silenzio assordante sugli scandali del papato attuale?


Sofisma n° 3 – I nuovi papi non sono così liberali

Sì Sì No No chiamava il cardinale Ratzinger “un Prefetto della Congregazione della Fede senza la Fede”. Tutti coloro che hanno studiato i suoi scritti giungono alla stessa conclusione. Egli non è liberale allo stesso grado di Dupanloup e Montalembert, ma rallegriamoci, adesso abbiamo Papa Francesco.
Disperando di trovare qualcosa su DICI o su FSSPX.org, ho seguito la sua Messa inaugurale su Youtube… Questa la nuova religione: donne che fanno la lettura, comunione ai fautori dell’aborto Joe Biden e Nancy Perosi, rappresentanti delle false religioni vicino all’altare, dal lato del Vangelo, l’anello di Paolo VI, la preghiera alla tomba di San Pietro col Patriarca scismatico, paramenti Novus Ordo, abusi liturgici di ogni sorta, omelia di sinistra, omaggio dei cardinali in piedi, ecc. E non parlo degli altri aspetti di questo papa gesuita… ve ne sono tanti e ben più importanti di quelli riferiti da Don Bouchacourt.

Anche se potete contare sul fatto che molti fedeli non verificheranno i fatti, io penso che Papa Francesco vi renderà più difficile il compito di provare che Roma è cambiata… tranne che in peggio. Se voi persevererete in questo accecamento liberale, un po’ meno forse rispetto agli altri gradi di liberalismo, aspettatevi che la crisi nella FSSPX continuerà.
Volete davvero che ci raggiungano altri sacerdoti?

Se fossi Mons. Fellay, ammetterei umilmente di aver “presentato male la situazione e l’ampiezza dell’eresia a Roma” o che “Roma va di male in peggio e noi lo denunciamo ed escludiamo ogni accordo con essa”. Ma non c’è alcun segno di questo. Che Dio vi aiuti a capire le cose con questo nuovo papa, che è meno pericoloso per noi perché è meno ambiguo. L’etichetta corrisponde al contenuto della bottiglia, mentre con Benedetto XVI abbiamo avuto perfino le scarpe rosse.


Sofisma n° 4 – Ci si deve riunire alla Chiesa visibile

Il suo paragrafo successivo è un po’ complesso e ammetto che gli argomenti dell’anglicanesimo sono un po’ forzati. Ma resta il fatto che il suo ragionamento, che è una ripresa dell’infame lettera di Mons. Fellay del 14 aprile, corrisponde allo stesso manchevole ragionamento usato da Dom Gérard per abbandonare Mons. Lefebvre nel 1988.
Come Lei stesso dice più avanti, dopo il Vaticano II “si è manifestata chiaramente” una nuova Chiesa. Ciò che abbiamo è un grosso groviglio di verità ed errori, con persone buone che hanno la fede e altre marce. In mezzo a tale miscuglio dove mal si distingue il grano dal loglio, che facciamo? Andiamo in mezzo al campo? No! Dio sbroglierà tutto a suo tempo.

Nel frattempo, noi dobbiamo rimanere legati il più possibile alla Chiesa cattolica visibile, pregando e riconoscendo papi e vescovi e dando prova di cortesia nei confronti dei preti del Novus Ordo che stanno dalle nostre parti, ottenendo talvolta il permesso di servirci delle belle chiese ed astenendoci dal dire che tutti quelli del Nuovo Ordine sono cattivi.

Ma per voi liberali, come per i Galati insensati di una volta, si tratta della salvezza nella melma, come dice Mons. Williamson. Voi volete confondervi canonicamente in questa melma vischiosa e inestricabile. Non avete appreso alcunché dalle esperienze del passato, e il fatto che la situazione a Roma sia peggiorata (Papa Francesco, Müller, Kasper, Bertone, ecc.) non fa cambiare il vostro ragionamento. Buona fortuna!
Farete parte del parlamento delle religioni, prima di essere calpestati come i Redentoristi di Papa Stronsay [NdT: nome dell’isola in cui abitano i Redentoristi].
Vi è ben altro di più importante nella vita che avere i documenti in regola.
Noi piangiamo amaramente perché l’umanità ha perso i suoi mezzi visibili per la salvezza, perché la Chiesa visibile ha perduto la sua identità missionaria col Vaticano II, così che un numero enorme di anime scendono all’inferno come fiocchi di neve.

No, Reverendo, noi amiamo la Chiesa visibile più di quanto Lei pensi: insegnare la fede a tutte le nazioni, come ha comandato Nostro Signore, questo significa compiere un atto di visibilità che non si ritrova più nella Chiesa conciliare.

È triste vederLa seguire le false argomentazioni di Mons. di Noia.


Sofisma n° 5 – Mons. Fellay lotta contro il Vaticano II

Come può conciliare ciò che dice in seguito, con la dichiarazione che fece Mons. Lefebvre nel 1976: «Nella misura in cui il Papa, i vescovi, i preti e i fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, si separano dalla Chiesa attolica»?
Nel corso degli stessi mesi durante i quali Lei afferma che era fedele, Mons. Fellay scriveva accuratamente il suo preambolo dottrinale, che potrebbe essere il manifesto dottrinale di qualunque altro movimento dell’ambito Ecclesia Dei.
Sorprendentemente, il Papa non può accettarlo per ragioni politiche che ancora non conosciamo o perché non si fidava di poter catturare così tutta la FSSPX.
Se l’avesse accettato, noi oggi riconosceremmo il Vaticano II, la validità e la legittimità della nuova Messa, la validità di tutti i sacramenti del Novus Ordo, perfino i sacramenti dubbi della Cresima e dell’Ordine. Saremmo in accordo con la professione di fede del 1989, che comprende la sottomissione al Vaticano II e seguiremmo il Magistero attuale, secondo i termini di Lumen Gentium 25. Dovremmo dire che la libertà religiosa è conciliabile con la Tradizione (quantunque difficilmente). Faremmo nostro il Diritto Canonico, senza neanche menzionare il vecchio Codice che Mons. Lefebvre ci chiedeva di seguire.

Una liquidazione completa che, secondo il fratello del Papa, Benedetto XVI si è dispiaciuto molto di non essere riuscito a farci accettare.

Ma il 14 luglio, il Capitolo Generale ha esposto un grosso cartello: IN VENDITA!

Guardi le dichiarazioni inquietanti del passato, le interviste, specialmente quella della CNS, la lettera del 14 aprile, le sei condizioni, le parole dei due Assistenti, e la sentenza è chiara: Mons. Fellay combatte forse il Vaticano II… con un quarto delle sue energie.


Sofisma n° 6 – Roma si riavvicina alla tradizione

L’elezione trionfale e l’istallazione di Francesco, confermano perfettamente che questo “reale sforzo” di Roma per ritornare alla Tradizione era solo una fase della Rivoluzione. Spesso è necessario fare qualche passo indietro per meglio saltare.
Imparerete la lezione di Papa Francesco e sarete più prudenti? Considerando il silenzio dei siti ufficiali della FSSPX, io temo di no. Ma, se voi pensate ancora di farvi riconoscere dalla trionfante Roma modernista, questo può dare più tempo ai buoni sacerdoti anti-liberali che fanno ancora parte della Fraternità ufficiale (e sono numerosi), perché aprano gli occhi. Anche noi abbiamo bisogno di più tempo per preparare la scialuppa di salvataggio. Io penso anche che Papa Francesco terrà presente Mons. Fellay, almeno lo spero.


Sofisma n° 7 – Meglio prevenire che guarire

Lei vuole che, per reagire, noi si aspetti l’arrivo nelle nostre cappelle della nuova Messa, del Vaticano II e di tutti i loro armamentari.
Lei vorrebbe che noi ci lasciassimo ingannare ancora una volta e che ci trovassimo obbligati a nuotare verso un altro battello solo quando il primo sarà colato a picco.
Ma, Reverendo, noi siamo già stati ingannati una volta, e in maniera magistrale, dal Concilio. Abbiamo studiato nei particolari il processo e abbiamo constatato che il medesimo procedimento è stato impiegato nei confronti di coloro che hanno abbandonato la battaglia vicino a Mons. Lefebvre. Vuole davvero che ci si inganni nuovamente?
Prima di agire, dovremmo attendere l’accettazione ufficiale del Vaticano II, avvolta in un linguaggio a doppio senso e accompagnata da un apparente passo indietro.
Ma è proprio questo linguaggio ambiguo che ci stimola ad agire, per paura che gli spiriti semplici si lascino ingannare.
Il nostro compito è difficile e ai suoi occhi è penoso, ma noi ci dobbiamo assicurare che rimarrà un gruppo importante di resistenti quando sarà fatta la riconciliazione che voi auspicate.
La vostra determinazione a ritornare nella Chiesa ufficiale del Nuovo Ordine, nutre a sua volta la nostra di determinazione.


Sofisma n° 8 – Pregate, pagate e obbedite

Il suo ultimo paragrafo, Reverendo, è indirizzato direttamente a Mons. Williamson, attuale capo della resistenza.
Io non so, Reverendo, se Lei si rende conto che l’obbedienza è la vostra arma principale, esattamente come per il Novus Ordo nei confronti della FSSPX; e noi cinquanta constatiamo con tristezza che si tratta della sola risposta presentata ai problemi dottrinali che abbiamo esposto.

Ecco quindi che si può comprendere la perplessità di Mons. Williamson per creare uno stretto legame d’obbedienza, poiché è già la seconda volta che ci si vuole imporre l’obbedienza per disobbedire a Dio.

Certo, alcuni di noi amerebbero costituire una organizzazione, un’armata, un po’ come i primi Gesuiti, Ma Sua Eccellenza non gradisce l’idea e non accetterebbe di farne parte, né di dirigere un seminario.
Peraltro, i nostri fedeli aspirano alla sicurezza di un corpo organizzato di sacerdoti; vogliono dei combattenti uniti in una rete mondiale. Allora, che facciamo?
Indovini! Noi ubbidiamo a Mons. Williamson, fidando nel fatto che la necessità di una “armata mariana” emergerà gradualmente dai legami di carità che esistono tra noi, dalla necessità di provvedere ai sacramenti e a quell’aiuto sacerdotale di cui le famiglie hanno bisogno.
Già emergono dei capi regionali, come Don Pfeiffer nell’America del Nord, Dom Thomas nell’America del Sud, Don Pinaud, io penso, in Francia. Don Ringrose è un buon capo nel suo ambito e Don Ortiz lavora gioiosamente con lui. Da parte mia, io mando una copia dei miei documenti canonici a Notre-Dame du Mont Carmel.

Noti che si era profetizzato che si sarebbe trattato di “una dozzina”, che “non si sarebbe tenuta insieme”. I fatti lo smentiscono: noi siamo in contatto e ci aiutiamo a vicenda dottrinalmente, spiritualmente e finanziariamente.
No, non c’è il caos fra noi. Noi siamo una organizzazione nascente in via di sviluppo.
I nostri concorrenti vorrebbero che noi prendessimo delle decisioni affrettate, ma per il momento noi siamo solo dei sacerdoti rigettati dalla FSSPX e cerchiamo di sopravvivere allo choc. I nostri giuramenti e le nostre promesse noi le osserviamo nel dolore, senza casa da un anno, e senza niente in banca.

Dopo questi abusi di fiducia da parte delle autorità, è anche difficile per i fedeli orientarsi (talvolta l’autorità dovrebbe provare a guadagnarsi la fiducia dei sottoposti).
Certi fedeli vengono colpiti dall’ostracismo, altri non possono più sopportare il liberalismo di certi sacerdoti locali… e devono accontentarsi di rare visite di un missionario che copre un vasto territorio. Ma vi sono i fortunati di Vienne, in Virginia, di Los Angeles (Don Perez), della Florida, del Brasile, ecc.

Non si preoccupi, Reverendo, se ancora non abbiamo una inquadratura secondo i suoi desideri, una inquadratura ben definita, questo serve a riflettere bene per la struttura migliore. Pensi a due periodi di 12 anni per un Superiore generale… un quarto di secolo!

Per finire con una nota gaia, parliamo dello zelo amaro.
Qui si affacciano diverse domande:
Chi ha lasciato il pranzo pieno di amarezza prima della fine, perché non poteva più trattenere la collera, ed ha ripetuto l’esperienza altrove?
Chi ci ha rifiutato l’assoluzione?
Chi dice ai poveri paesani che noi saremmo scismatici?
Chi vuole che noi si mangi in biblioteca e si dica Messa nelle nostre camere?
Chi rifiuta di parlarci, perfino per valutare le sue argomentazioni in privato?
Chi ci dice che sarebbe illegale per noi andare nelle cappelle e nelle proprietà della FSSPX? Chi scomunica i fedeli negli Stati Uniti e in Italia?
Chi ha detto a Dom Cypriano di cacciare Dom Raphael?

No, reverendo, io non Le rifiuterei l’assoluzione perché si fa delle illusioni e non rifiuterei di offrirLe un bicchiere della birra che amo (la Guinnes amara, lo confesso). Venga quando vuole alla mia tavola o venga a passare un momento davanti ad una bibita. Io non penso che Lei per questo vada all’Inferno. Si potrebbe perfino gustare un po’ di whisky al Priorato di Singapore, visto che ne restano ancora un po’ di bottiglie nella FSSPX.

Senza volerLa ubriacare, alzo la mia birra amara e Le auguro di essere così poco amaro come me.

In Gesù e Maria

François Chazal +
 
 
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Dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012,
inviata da Mons. Fellay al cardinale Levada

Pubblicata sul sito internet francese La Sapiniére


I
Noi promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa cattolica e al romano Pontefice, suo Pastore supremo, Vicario di Cristo, successore di Pietro e capo del Corpo dei vescovi.

II
Noi dichiariamo di accettare gli insegnamenti del Magistero della Chiesa in materia di fede e di morale, dando ad ogni affermazione dottrinale il grado di adesione richiesto, secondo la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II (1).

III In particolare:

1 - Noi dichiariamo di accettare la dottrina sul romano Pontefice e sul Collegio dei vescovi, col suo capo, il Papa, insegnata dalla Costituzione dogmatica Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I e dalla Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, capitolo 3 (De constitutione hierarchica Ecclesiæ et in specie de episcopatu), spiegata e interpretata dalla Nota explicativa prævia a questo stesso capitolo.

2 - Noi riconosciamo l’autorità del Magistero, il solo a cui è affidato il compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa (2) nella fedeltà alla Tradizione, ricordando che «lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perché essi facciano conoscere, sotto la sua rivelazione, una nuova dottrina, ma perché, con la sua assistenza, essi conservino santamente ed esprimano fedelmente la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede» (3).

3 - La Tradizione è la trasmissione vivente della Rivelazione «usque ad nos» (4) e la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni ciò che essa è e tutto ciò che essa crede. La Tradizione progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo (5), non come una novità contraria (6), ma con una migliore comprensione del depositum fidei (7).

4 - L’intera Tradizione della fede cattolica dev’essere il criterio e la guida per la comprensione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, il quale, a sua volta, illumina – cioè approfondisce ed esplicita ulteriormente – certi aspetti della vita e della dottrina della Chiesa, implicitamente presenti in essa o non ancora formulati concettualmente (8).

5 - Le affermazioni del Concilio Vaticano II e del Magistero pontificio posteriore, relative alla relazione fra la Chiesa cattolica e le confessioni cristiane non cattoliche, come al dovere sociale della religione e al diritto alla libertà religiosa, la cui formulazione è difficilmente conciliabile con le precedenti affermazioni dottrinali del Magistero, devono essere comprese alla luce della Tradizione intera e ininterrotta, in maniera coerente con le verità precedentemente insegnate dal Magistero della Chiesa, senza accettare alcuna interpretazione di queste affermazioni che possa portare ad esporre la dottrina cattolica in opposizione o in rottura con la Tradizione e con questo Magistero.

6 - Per questo è legittimo promuovere, con una legittima discussione, lo studio e la spiegazione teologica di espressioni e di formulazioni del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo, nel caso in cui esse non apparissero conciliabili col Magistero precedente della Chiesa ( ).

7 - Noi dichiariamo di riconoscere la validità del sacrificio della Messa e dei Sacramenti celebrati con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del Messale romano e dei Rituali dei Sacramenti legittimamente promulgati dai papi Paolo VI e Giovanni Paolo II.

8 - Secondo i criteri enunciati sopra (III, 5) e il canone 21 del Codice, noi promettiamo di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche, specialmente quelle che sono contenute nel Codice di Diritto Canonico promulgato dal papa Giovanni Paolo II (1983) e nel Codice di Diritto Canonico delle chiese orientali promulgato dallo stesso Pontefice (1990), fatta salva la disciplina da concedere con una legge particolare alla Fraternità Sacerdotale San Pio X.

Note1 - Cfr. anche la nuova formula della Professione di fede e del Giuramento di fedeltà per assumere un incarico esercitato a nome della Chiesa, 1989: cfr. CIC, canoni 749; 750, 1 e 2; 752; CCEO, canoni 597; 598, 1 e 2; 599.
2 – Cfr. Pio XII, enciclica Humani Generis.
3 – Vaticano I, Costituzione dogmatica Pastor Aeternus, DH. 3070.
4 – Concilio di Trento, DH 1501: «questa verità e normativa [ogni verità salvifica e ogni norma morale] è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte che, raccolte dagli Apostoli dalla bocca dello stesso Cristo, o dagli stessi Apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, trasmesse quasi di mano in mano, sono giunte fino a noi.»
5 – Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Dei Verbum, 8 e 9, DH 4209-4210.
6 – Vaticano I, Costituzione dogmatica Dei Filius, DH 3020: «Di conseguenza, il senso dei sacri dogmi che deve sempre essere conservato è quello che Santa Madre Chiesa ha determinato una volta per tutte e non bisogna mai allontanarsi da esso sotto il pretesto e in nome di una intelligenza più profonda. «Crescano pure, quindi, e progrediscano largamente e intensamente, per ciascuno come per tutti, per un sol uomo come per tutta la Chiesa, l’intelligenza, la scienza, la sapienza, secondo i ritmi propri a ciascuna generazione e a ciascun tempo, ma esclusivamente nel loro ordine, nella stessa credenza, nello stesso senso e nello stesso pensiero. (San Vincenzo di Lerino, Commonitorium, 28)»
7 – Vaticano I, Costituzione dogmatica Dei Filius, DH 3011; Giuramento antimodernista, n° 4: Pio XII, Lettera enciclica Humani Generis, DH 3886; Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 10, DH 4213.
8 – Come per esempio l’insegnamento sulla sacralità dell’episcopato in Lumen Gentium, n° 21.
9 – Si trova un parallelo nella storia, con il Decreto degli Armeni del Concilio di Firenze, in cui il modo di porgere gli strumenti era indicato come materia del sacramento dell’Ordine. Nondimeno, i teologi discussero legittimamente, anche dopo questo decreto, sull’esattezza di una tale asserzione; infine la questione fu risolta in altro modo dal papa Pio XII.


marzo 2013
 
 
 
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Intervista di Mons. Bernard Fellay Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X
rilasciata al giornale Nouvelles de France
15 febbraio 2013


Mons. Fellay è il Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da Mons. Lefebvre. Egli parla con Nouvelles de France dei tentativi di avvicinamento della FSSPX con Roma, che hanno segnato il pontificato di Benedetto XVI.



Monsignore, apprezzerebbe il fatto che l’ultimo atto principale del pontificato di Benedetto XVI fosse la reintegrazione della Fraternità San Pio X?
Per un breve istante ho pensato che annunciando la sua rinuncia, Benedetto XVI potesse fare forse un ultimo gesto nei nostri confronti come Papa. Detto questo, vedo difficilmente come questo possa essere possibile. Probabilmente bisognerà attendere il prossimo Papa. Le dico anche, a rischio di sorprenderla, che per la Chiesa vi sono dei problemi più importanti di quello della Fraternità San Pio X, e in qualche modo è regolando questi che si regolerà il problema della Fraternità.

Certuni dicono che Lei si augura che Roma riconosca il rito ordinario come illecito, può chiarire questo punto?
Siamo perfettamente coscienti che è molto difficile chiedere alle autorità una condanna della nuova Messa. In realtà, se si correggesse ciò che dev’essere corretto, questo sarebbe già un gran passo.

Come si può fare?
Questo può essere realizzato con un’istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina del Sacramenti. Non è poi così complicato in fin dei conti. Io penso che vi sono dei cambiamenti importanti da fare a causa di gravi e pericolose deficienze che fanno sì che questo rito sia condannabile. La Chiesa può benissimo effettuare queste importanti correzioni senza perdere la faccia o la sua autorità. Ma io vedo attualmente l’opposizione di una parte dei vescovi alla legittima richiesta del Papa di correggere, nel canone della Messa, la traduzione del «pro multis» con «per molti» e non con «per tutti», traduzione falsa che si ritrova in diverse lingue.

Pensa di parlare del Concilio Vaticano II?
Per quanto riguarda il Vaticano II, come per la Messa, noi riteniamo che sia necessario chiarire e correggere un certo numero di punti che sono, sia errati sia forieri d’errore. Detto questo, noi non ci aspettiamo che Roma condanni il Vaticano II prima di un lungo tempo. Essa può ricordare la Verità, correggere discretamente gli errori e salvaguardare la sua autorità. Tuttavia, noi pensiamo che la Fraternità, denunciando certi punti litigiosi, apporti la sua pietra all’edificio del Signore.

In concreto, voi sapete bene che le vostre rivendicazioni non saranno soddisfatte da un giorno all’altro.
Certo, ma un po’ la volta lo saranno, io penso. E arriverà un momento in cui la situazione diventerà accettabile e potremo trovarci d’accordo, anche se oggi questo non sembra possibile.

Lei ha incontrato Benedetto XVI nei primi mesi del suo pontificato, può dirci qual è stata la sua impressione in quel momento?
Posso dire che ho incontrato un Papa che aveva un sincero desiderio di realizzare l’unità della Chiesa, anche se non siamo riusciti ad accordarci. Ma, mi creda, io prego per lui tutti i giorni.

Qual è stato secondo Lei l’atto più importante del suo pontificato?
Io penso che senza dubbio, l’atto più importante sia stato la pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, che accorda ai preti del mondo intero la libertà di celebrare la Messa tradizionale. Egli l’ha fatto, bisogna dirlo, con coraggio, poiché vi erano delle opposizioni. Peraltro, penso che quest’atto alla lunga porterà dei frutti molto positivi.
 
 
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Sul nuovo Papa,

il pensiero il Don Bouchacourt,
Superiore del Distretto dell’America del Sud della Fraternità San Pio X


Pubblicato su DICI del 15 marzo 2013



Il cardinale Bergoglio vuole essere un povero tra i poveri. Egli coltiva un’umiltà militante, ma che per la Chiesa può dimostrarsi umiliante. La sua apparizione alla loggia di San Pietro in semplice tonaca senza rocchetto e mozzetta da papa ne è la perfetta illustrazione.

È un fine politico… Apostolo idealista della povertà degli anni ’70, è interamente rivolto verso il popolo, i poveri, senza per questo essere un discepolo della teologia della liberazione.

Molto cosciente dello stato di degrado del suo clero, non ha fatto niente per sistemare le cose. Mai il seminario di Buenos Aires ha avuto così pochi seminaristi come oggi. È un disastro, come sono stati un disastro le liturgie presiedute dal «cardinale dei poveri». Con lui, rischiamo di rivedere le Messe del pontificato di Paolo VI, molto lontane dagli sforzi di Benedetto XVI per rimettere in piedi delle cerimonie liturgiche più degne.

Egli si è opposto molto fermamente all’aborto. Ma se ha scritto una bella lettera alle carmelitane di Buenos Aires, contro il progetto di “matrimonio” omosessuale – che alla fine è stato disgraziatamente votato – ha fatto anche leggere un discorso deludente al momento della manifestazione per l’opposizione a questo progetto. Discorso dove il nome di Nostro Signore fu pronunciato una sola volta, mentre il pastore evangelico che aveva precedentemente arringato la folla aveva fatto un discorso più coraggioso… (si veda
DICI 219 del 24.7.2010).
Nel corso di una riunione ecumenica, egli si è inginocchiato per ricevere la benedizione di due pastori.

È un uomo di consenso, che ha orrore dei contrasti. Si dissociò dai cattolici che denunciarono delle esposizioni blasfeme tenutesi a Buenos Aires.

Io l’ho incontrato 5 o 6 volte e mi ha sempre ricevuto con benevolenza, cercando di accordarmi ciò che chiedevo, senza impegnarsi in caso di ostacoli…




marzo 2013
 
 
 
 
 
 

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