di Daniel Artur 1
postato: 3 giugno 2013
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Il presunto silenzio di Pio XII a riguardo della persecuzione degli ebrei è, insieme ad altre calunnie e falsificazioni storiche (l'Inquisizione, le Crociate, la Conquista dell'America del Latina, ecc...), una delle accuse preferite dai nemici della Chiesa cattolica. Questa menzogna, messa in circolazione dopo qualche anno dalla morte di Papa Pacelli da un commediografo tedesco, è stata successivamente ripresa da diversi autori (Cornwell, Lewi, Goldhagen, ecc...). In particolare, ogni qualvolta la Santa Sede ha prospettato l'ipotesi di beatificare questo santo Papa, numerosi rappresentanti delle varie comunità ebraiche (non tutti, fortunatamente), e diverse personalità del mondo laico, hanno alzato la loro voce per far sentire il loro dissenso a questo riconoscimento e, dimentichi degli enormi benefici ricevuti dai loro padri durante la guerra, hanno schiumato rabbiosi come i loro antenati nel pretorio di Pilato chiedendo la crocifissione morale di questo grande Pontefice. Appare dunque utile più che mai ribadire la verità storica e ricordare le gesta generose di questo successore di Pietro e fare luce sulle ragioni che a volte lo obbligarono a tacere a riguardo dell'oppressione degli ebrei attuata dai nazisti.
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l Prefazione a cura dell'Editore francese
Sull'esempio del Suo Maestro, la Chiesa cattolica non ha mai cessato di essere perseguitata. Da alcuni anni, tuttavia, la rabbia anticattolica si scatena in modo sempre più accanito. Da certi film ignobili sulla Madonna e sul Suo divin Figlio, alle «pubblicità» della Benetton, agli innumerevoli sarcasmi, caricature e insulti che vengono quotidianamente diffusi dai media, senza poi dimenticare le molteplici menzogne e i silenzi delle stesse pubblicazioni «cattoliche», tutto ci mostra che un'ennesima offensiva è in corso. Oggi essa sembra riprendere il vecchio tema di una pretesa connivenza della Chiesa col nazionalsocialismo hitleriano, o almeno di una supposta indulgenza a suo riguardo. È per tale motivo che giudichiamo utile ricordare i principali fatti concernenti i rapporti tra la Chiesa e la Germania nazista: il Cardinale Pacelli, divenuto più tardi Papa Pio XII, giocò il ruolo principale nella vicenda. Eugenio Pacelli nacque a Roma nel 1876; ordinato sacerdote nel 1899, egli venne consacrato Vescovo nel 1917. Nel 1920, venne nominato Nunzio in Baviera, e in seguito a Berlino. Nel 1929, ricevette la berretta cardinalizia, e l'anno seguente Papa Pio XI (1857-1939) lo volle come suo Segretario di Stato. Venne eletto Papa nel marzo del 1939, e definì solennemente il dogma dell'Assunzione della Beata Vergine Maria nel 1950. La sua morte sopraggiunse nell'ottobre del 1958. Appena cinque anni dopo, nel 1963, un oscuro scrittore tedesco, Rolf Hochhuth (1931-1998), compose la scandalosa opera teatrale Der Stellvertetrer («Il Vicario») che attaccava Pio XII: quasi subito, essa venne vietata in Germania, in Inghilterra e in Svizzera, fu rifiutata negli Stati Uniti e in Israele, ma rappresentata liberamente nella Francia del cattolico Charles De Gaulle (1890-1970). Fu il segnale di un ampio tentativo di ribaltamento dell'opinione pubblica, fino a quel momento favorevole a Papa Pacelli, a cui si rimproverava improvvisamente il suo filo-germanesimo, la sua debolezza e addirittura la sua benevolenza nei riguardi del nazismo. Questa tesi non poggia su nulla di serio, come vedremo nelle pagine che seguono. Ma Pio XII, agli occhi dei nostri liberali e progressisti di ogni risma, aveva avuto il torto imperdonabile di rinnovare la condanna dei principali errori modernisti con l'Enciclica Humani generis (1950), di canonizzare San Pio X (1835-1914), l'autore dell'Enciclica Pascendi Dominici gregis (1907) e della Lettera sul Sillon (1910); aveva messo vigorosamente in guardia contro gli scritti eterodossi del Padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), celebrità intellettuale degli anni '50-'60; aveva definito il dogma dell'Assunzione della Madonna e proclamato la Regalità Universale della Madre di tutti gli uomini.
Rolf Hochhuth | Il Vicario | Papa Pio XII |
Il 10 luglio 1939, egli aveva inoltre condannato il naturalismo dell'Action Française. Nello scritto che segue, composto essenzialmente da citazioni, l'Autore mostra la vera personalità di questo santo Papa attraverso le sue parole e i suoi atti. Quelli che non sono vissuti negli anni 1933-1945 provino ad immaginare quale poteva essere la libertà d'azione di Pio XII, padre spirituale delle folle cattoliche europee, ridotto alle uniche armi spirituali e diplomatiche, praticamente prigioniero in Vaticano fino a giugno del 1944, di fronte ad un dittatore straordinariamente armato e padrone dell'Europa; tanto più che gli «alleati democratici» accolsero l'Enciclica Mit brennender Sorge (1937), che condannava il nazionalsocialismo, con indifferenza, mentre l'Unione Sovietica si alleava con Hitler nel 1939. Due Appendici completano questo studio: la prima fornisce i riferimenti cronologici necessari alla comprensione dell'insieme, mentre la seconda reca la testimonianza di un diplomatico tedesco insediato a Roma durante l'ultima guerra.
l Le accuse
«Non abbiamo avuto la consolazione di sentire il successore del galileo Simon Pietro condannare chiaramente, nettamente e non mediante le allusioni diplomatiche la crocifissione di innumerevoli fratelli del Signore». Così si esprimeva lo scrittore François Mauriac (1885-1970), le cui parole costituirono l'epigrafe delle prime edizioni del dramma di Rolf Hochhuth Il Vicario, in cui viene messo in scena un Pio XII senza angoscia, senza rimorso, bassamente materialista, che ha acconsentito per cinque anni al genocidio per vigliaccheria o anche per compiacenza. È vero, come dice lo scrittore Alexis Curvers (1906-1992), che «è fare troppo onore a una simile rapa citarne anche solo il nome». Ma è per avere un'idea dei toni assunti dalla campagna che si è scatenata in modo abbastanza meschino contro la memoria di Pio XII, cinque anni dopo la sua morte, una campagna che, com'è noto, è stata orchestrata da Jacques Nobécourt (1923-2013) col suo libro Le Vicaire et l'Histoire («Il Vicario e la Storia»), da Guenter Lewy col suo libro The Catholic Church and Nazi Germany («La Chiesa cattolica e la Germania nazista»), e da Saul Friedländer con l'altra opera Pie XII et le IIIème Reich («Pio XII e il III Reich»), senza contare i numerosi articoli e recensioni apparsi sulla stampa a quell'epoca. Bisogna dire subito che nelle edizioni successive della rappresentazione teatrale Il Vicario, si dovette attenuare l'effetto dell'epigrafe iniziale aggiungendo una frase alla citazione di Mauriac, il che lo riduce considerevolmente: «Nessuno dubita che l'occupante abbia avuto a disposizione dei mezzi di pressione irresistibili e che il silenzio del Papa e della Gerarchia non sia stato un terribile dovere; si trattava di evitare peggiori disgrazie». Tuttavia, occorre ristabilire la verità nella sua pienezza, perché Pio XII «ha alzato la voce», per riprendere l'espressione del premier israeliano Golda Meir (1898-1978), Pio XII ha condannato, Pio XII ha agito.
François Mauriac | Jacques Nobécourt | Saul Friedländer |
l Simpatie e antipatie attribuite a Pio XII
Cominciamo col confutare un certo numero di idee diffuse al momento di questi attacchi contro la memoria di Pio XII, riportandoci a Saul Friedländer che lo presenta come un cieco di fronte alle atrocità naziste a causa della sua simpatia filo-tedesca e di una vera fobia per il comunismo sovietico.
- Pio XII e il nazismo
È inverosimile che si sia potuto dire che Pio XII è stato più o meno favorevole ad Adolf Hitler (1889-1945). Uno degli storici di questo Papa, Nazareno Padellaro (1892-1980), scrive del Cardinale Pacelli che, dal momento in cui Hitler ha fatto parlare di sé fino al 1929, solamente in questo breve periodo, su quarantaquattro discorsi del Nunzio, quaranta furono di ispirazione antinazista 2. D'altra parte, egli ricorda che il Cardinal Pacelli, in quanto Segretario di Stato, ha lavorato alacremente per mettere a punto l'Enciclica sul nazismo Mit brennender Sorge. Egli ne fu anche il redattore. A questo riguardo, diceva Pio XI: «Ringraziatelo: è lui che ha fatto tutto, ormai è lui che fà tutto; occorre che lui cresca e che io diminuisca» 3. La Mit brennender Sorge fu diffusa alcuni giorni dopo l'Enciclica sul comunismo Divini Redemptoris, il 21 marzo 1937. «Non c'è stata condanna del nazismo più energica di questa e più fondamentalmente motivata. Come avrebbe potuto essere diversamente? Il totalitarismo hitleriano era un ateismo, un neopaganesimo che mirava a sostituire Dio con il culto esclusivo della razza tedesca, dogma evidentemente inconciliabile con il cristianesimo» 4. «Bisogna ricordare che all'epoca della pubblicazione della "Mit brennender Sorge" il mondo intero faceva a gara nell’immaginazione per trovare delle attenuanti al nazionalsocialismo; che le cancellerie, i governi e gli uomini di Stato moltiplicavano le loro attenzioni verso la Germania, e che non mancavano giornalisti e scrittori in Inghilterra, in Francia e in Italia che diffondevano le nuove idee del capo della Germania nazionalsocialista e difendevano le sue concezioni pacifiche» 5. Ricordiamo ora alcuni dati storici. Nel luglio del 1934, Hitler tentò di annettere l'Austria alla Germania; fu il primo tentativo di Anschluss: solo l'Italia di Mussolini reagì... e lo impedì. L'anno 1935 vide il ricongiungimento dal Saar alla Germania senza reazione da parte inglese o francese, e la firma di un Trattato anglo-tedesco di riarmo navale (giugno 1935), per il quale la Francia non fu nemmeno consultata. Nel marzo del 1936, Hitler riarmò la riva sinistra del Reno in violazione del trattato di Versailles: l'Inghilterra e la Francia si accontentarono di infliggergli un biasimo, mentre Hitler stesso confessò più tardi che si trattava di un bluff. La reazione alleata all'Anschluss riuscito di marzo del 1938 non fu più virulenta. Una conferenza ad Évian nel luglio del 1938, per iniziativa del Presidente Franklyn Delano Roosevelt (1882-1945), vide riuniti i rappresentanti di trentadue Paesi: tentò, senza successo, di trovare dei Paesi di accoglienza per gli ebrei che la Germania voleva espellere. L'annessione dei Sudeti operata dalla Germania fu accettata dalla Francia e dall'Inghilterra a Monaco verso la fine di settembre del 1938: Hitler aveva promesso di fermarsi lì. L'anno seguente, egli invase la Polonia, d'accordo con l'Unione Sovietica. «Venne tuttavia un tempo in cui il mondo, avendo infine preso coscienza del dramma dell'errore dottrinale contenuto nel nazionalsocialismo, dimenticò che il primo avvertimento, l'unico prima che l'irreparabile venisse consumato, era stato lanciato dalla Chiesa cattolica e formulato da colui che cercò di limitare, in circostanze che nessun Papa aveva mai affrontato, le conseguenze diquesto disprezzo manifestato da parte degli uomini di Stato» 6. «Questa posizione irriducibile della Santa Sede stupì non poco il cancelliere tedesco che stava, colpo su colpo, ottenendo con la sua politica di fermezza e di provocazione nei confronti degli alleati risultati apprezzabili» 7. Hitler lo considerava come «il peggiore focolaio di resistenza ai suoi disegni». In Wilhelmstrasse, il Ministero degli Esteri della Germania cercò di mantenere le distanze nei confronti della Santa Sede, al punto che all'epoca dell'«incoronazione di Pio XII, in cui si fecero rappresentare tramite missioni speciali trentacinque nazioni, delle quali parecchie non intrattenevano relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Germania brillò per la sua assenza» 8. L'animosità di Pio XI a riguardo della Germania nazista si era attenuata alla fine dei suoi giorni, per il fatto che l'anno che aveva seguito la pubblicazione dell'Enciclica Mit brennender Sorge era stato «per la Chiesa cattolica in Germania un anno di amarezze indicibili e di terribili tempeste» 9; egli era d'accordo per «difendere al prezzo di un negoziato col "diavolo" la politica del Concordato con la Germania» 10. Una volta Papa, Pio XII perseguì questa politica diplomatica a riguardo del governo tedesco per tentare di indurre a più o meno lunga scadenza un cambiamento nella politica religiosa della Germania, procurando alla Chiesa un tempo di tregua dopo le persecuzioni che avevano seguito la pubblicazione dell'Enciclica. Ne è risultato, a detta di Diego von Bergen (1872-1944) 11, all'inizio del pontificato, «non un'intesa, ma una stabilizzazione della tensione che poteva dare talvolta all'esterno la falsa impressione di un vicino compromesso» 12. «Ma appena i principî furono messi in discussione, alla diplomazia succedette l'intransigenza: Pio XII era stato l'artigiano della prima, ma fu anche il sostenitore della seconda» 13. «Chi non sa che in questi anni amari la Santa Sede fu implicata in un conflitto mortale col regime hitleriano, che l'esistenza stessa della Chiesa fu messa in gioco, perché i nazisti si vantavano che appena avessero ottenuto la vittoria militare l'avrebbero finita per sempre con la Chiesa»? 14. «Numerosi sono i testi pontifici che stigmatizzano i principî del nazionalsocialismo, le chiese cattoliche e le scuole chiuse, le case religiose perquisite, invase, i sacerdoti arrestati, i Vescovi tenuti lontani dal loro gregge, l'insegnamento religioso e il culto ostacolato in mille modi, specialmente in Polonia» 15. Non dimentichiamo che il solo campo di concentramento di Dachau vide passare 2.800 preti cattolici, dei quali solamente 816 erano vivi nel 1945. L'Osservatore Romano non smise mai di denunciare le atrocità naziste, senza dimenticare i crimini sovietici, fatto che ebbe come conseguenza la riduzione per la maggior parte degli storici di questo periodo delle molteplici proteste della Santa Sede contro la persecuzione religiosa in Germania e in Polonia, contro la politica razziale e contro i campi di concentramento, proteste di cui il Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop (1893-1946) al processo di Norimberga disse erano «pieni i cassetti» in Wilhelmstrasse.
- La sollecitudine di Pio XII verso la Germania
«Che Pio XII avesse conservato dalle sue missioni a Monaco e a Berlino una stima e un interesse particolare per la Germania non era un segreto per nessuno» 16. Egli disse a Ribbentrop, nel 1940, che quei dodici anni passati in Germania - dal 1917 al 1930 - erano stati i più felici della sua vita. E in cambio, egli era amato dal popolo tedesco al punto che il Governo germanico dopo la guerra riconobbe che fu la simpatia del Papa per questo popolo nella sua più grande miseria e le sue macerie nel 1945 che lo aveva aiutato a rialzarsi. La benevolenza filo-germanica del Papa, il suo amore per la cultura tedesca è stato solamente un supporto nella sua sollecitudine per la Chiesa di Germania, una sollecitudine che non conobbe tregua. Pio XII conosceva bene l'ambiente in cui questa Chiesa doveva operare e le difficoltà che incontrava. «In molti casi, un intervento del Papa rischiava di passare per una presa di posizione contro la Germania e di provocare o una rappresaglia contro i cattolici, o dei malintesi» 17. «Perciò, era meglio lasciare ai Vescovi residenti l'onere di assumersi le proprie responsabilità» 18. Oggi, si conservano centoventiquattro lettere di Pio XII ai Vescovi tedeschi, la cui collezione non era ancora pronta nel momento in cui gli attacchi contro questo Papa furono più violenti, perché queste lettere venivano abitualmente spedite al di fuori delle trafile amministrative normali, e probabilmente non sono state archiviate con i documenti ufficiali. Scriveva Papa Pacelli a Mons. Konrad Graf von Preysing (1880-1950), Vescovo di Berlino: «Lo sottolineiamo: la Chiesa in Germania dipende in buona parte dalla vostra azione pubblica, poiché la situazione politica generale delicata e spesso contraddittoria impone al capo della Chiesa il dovere di parlare con riserbo nelle sue dichiarazioni pubbliche. Ma i Vescovi, che intervenendo per la causa di Dio e della Santa Chiesa, con altrettanto coraggio e in una forma così perfetta come Mons. von Galen, debbano sempre trovare il loro appoggio presso di Noi, è una cosa di cui non abbiamo bisogno di assicurarvi» 19. Mons. Clemens August von Galen (1878-1946), Vescovo di Münster, si era pubblicamente ribellato nell'agosto del 1941 contro la condanna a morte dei malati mentali, e aveva obbligato Hitler a mettere fine a questa azione. Scrive altrove Pio XII: «Le energiche parole del Vescovo di Münster ci hanno causato una consolazione e una soddisfazione che non avevamo provato più da molto tempo sulla strada dolorosa che percorriamo con i cattolici tedeschi» 20. «Immunizzare i cattolici tedeschi dalla propaganda razziale diventò il tema essenziale delle lettere di Pio XII» 21. Scriveva a Mons. Preysing il 30 aprile 1943: «Che non si vada a dire che le coraggiose prese di posizione dei Vescovi nuocciono alla vostra patria davanti all'opinione mondiale quando questi rivendicano verso il loro Governo i diritti della religione, della Chiesa e della persona umana, intervenendo in favore di chi è indifeso e oppresso dalla forza pubblica, che le vittime siano o no dei figli della Chiesa [...]. Fu per Noi una consolazione apprendere che i cattolici, particolarmente quelli di Berlino, avevano dato prova di tanta carità davanti alle sofferenze dei "non-ariani". Che questa sia per Noi l'opportunità di esprimere la Nostra paterna riconoscenza e la Nostra profonda simpatia a Mons Lichtenberg che si trova in prigione». Mons. Bernhard Lichtenberg (1863-1965) era diventato noto per avere pubblicamente protestato quando era Vicario generale della Cattedrale di Sant'Edvige a Berlino, contro gli orrori della Kristallnacht. La «notte dei cristalli» fu un vasto pogrom organizzato dai nazisti nel novembre del 1938 in seguito all'assassinio a Parigi di un diplomatico tedesco per mano di un giovane ebreo: 30.000 israeliti furono arrestati, diverse sinagoghe vennero incendiate, e numerosi negozi ebraici furono saccheggiati. «L'attenzione particolare di Pio XII per la Chiesa di Germania corrispondeva alla sollecitudine del Padre comune verso i fedeli, la cui fede era particolarmente provata dalle persecuzioni naziste» 22.
Mons. von Preysing | Mons. von Galen | Mons. B. Lichtenberg |
- Papa Pio XII e l'Unione Sovietica durante la guerra
Saul Friedländer termina il suo libro Pie XII et le Illème Reich dicendo che Pio XII sperava, sembra, che la Germania nazista, eventualmente riconciliata con gli anglosassoni, sarebbe divenuto il bastione fondamentale contro ogni avanzata dell'Unione Sovietica verso Ovest... Bisogna notare nei confronti di questa opinione che, durante tutta la guerra, Pio XII non parlò mai, neanche per allusione, di «crociata contro il bolscevismo» o di «guerra santa» 23. Al momento della sua offensiva contro la Russia, Hitler aiutato da Mussolini, cercò di far passare la Germania per il bastione della cristianità e chiese l'appoggio della Santa Sede affinché reiterasse la sua condanna del comunismo. Dal canto loro, certi Vescovi tedeschi sollecitarono una parola di sostegno da parte di Pio XII ai soldati tedeschi che combattevano il comunismo. «Il disappunto fu grande non solamente quando Pio XII non si lasciò scappare dalla sua penna nessun segno di approvazione o di incoraggiamento, ma che, al contrario, smise manifestamente di condannare il comunismo, mentre il suo pensiero rimaneva lo stesso: la collaborazione con il comunismo è impossibile» 24. «Radio Mosca annunciò che Pio XII "rifiuta di collaborare con Hitler in una crociata contro la Russia sovietica". A loro volta, gli alleati cercarono di rompere questo silenzio del Santo Padre in favore della crociata antinazista» 25. Pio XII si è sempre rifiutato di assumere una posizione politica: «Una condanna - diceva il Papa - non avrebbe nessun valore se dettata da un'adesione esplicita ad uno dei due campi in armi e in lotta. Ciò equivarrebbe a usare per fini temporali - che hanno sempre come origine la passione o l'interesse - una spada che non ci è stata consegnata per questo scopo» 26. Pio XII mantenne dunque il silenzio nei confronti del comunismo. «Se Hitler fosse uscito vincitore della guerra, sarebbe stata sicuramente scritta un'opera teatrale in cui Pio XII sarebbe stato accusato di non avere abbastanza condannato il bolscevismo, e sarebbero gli stessi spettatori ad applaudire» 27.
l La questione ebraica prima della guerra in Germania
Molto prima che la persecuzione degli ebrei si rivelasse in tutta la sua ampiezza, «il 1º aprile 1933, ai primi segnali di antisemitismo, la Santa Sede aveva fatto opportunamente rileggere in tutte le chiese della Germania il Decreto del Sant'Uffizio del 25 settembre 1928 che, in modo formale, condannava l'antisemitismo sotto tutte le sue forme e l'ondata di odio che si abbatteva in quei giorni in Germania sugli ebrei, accusati di essere i responsabili della miseria e dell'inflazione: "Per la Chiesa è una pratica costante - precisava questo Decreto - pregare per il popolo ebraico nel quale, fino a Cristo, la promessa divina si era manifestata, e ciò malgrado, o piuttosto a causa dell'accecamento che questo popolo ha testimoniato in seguito. Mossa dalla sua carità verso questo popolo, la Sede Apostolica lo ha preso sotto la sua protezione per risparmiargli maltrattamenti ingiustificati e, siccome la Santa Sede disapprova ogni sentimento di invidia e di gelosia tra i popoli, condanna parimenti in modo particolare l'odio contro il popolo un tempo eletto di Dio, e particolarmente quell'odio che si ha l'abitudine di designare con la parola "antisemitismo"» 28. «Il 26 aprile 1933, Mons. Berning, Vescovo di Osnabrück, venne ricevuto dal Führer. Egli andò ad esporgli il malcontento dei cattolici tedeschi davanti alla discriminazione imposta agli ebrei, un atteggiamento contrario alla tradizione cristiana. Hitler gli oppose la necessità per il Reich di difendere i fondamenti della cristianità. Il 2 settembre 1933 [...], il Cardinale Bertram [...] pregò (il Cardinal Pacelli) di pronunciare "parole cordiali in favore degli ebrei battezzati e perseguitati a causa della loro origine". Il Cardinal Pacelli [...] minacciò di interrompere le trattative in vista di un Concordato con la Germania e si vide rispondere dal ministro tedesco che "la questione ebraica non è una faccenda di religione, ma di razza, e che ogni insistenza della Santa Sede verrà considerata come un intervento negli affari interni del Reich" [...]. Dal canto suo, il Cardinal Faulhaber, di fronte alle provocazioni dei fanatici del nazionalsocialismo, si assunse il rischio di pronunciare cinque omelie ritrasmesse da altoparlanti in parecchie chiese, cosa che provocò il furore dei capi del partito [...] e scatenò subito una serie di persecuzioni che indussero la Santa Sede a dubitare dell'efficacia delle dimostrazioni pubbliche. L'Episcopato tedesco decise allora la fondazione di un'associazione che in seguito divenne l'opera "San Raffaele" e che sotto la copertura del Concordato avrebbe intrapreso un'azione in favore degli ebrei [...]. Nel 1938, le violenze diventarono così gravi che Mons. Pacelli, desideroso di compiere un gesto pubblico, manifestando la riprovazione della Santa Sede, mandò al Gran Rabbino della Baviera la sua automobile personale per trasportare nel palazzo arcivescovile la Toràh e gli oggetti di culto della sinagoga. In quel periodo Hitler era onnipotente, il mondo intero non gli risparmiava i suoi incoraggiamenti e nessuna voce si alzava contro la persecuzione. Il gesto del Cardinal Pacelli rimase sconosciuto al mondo intero. Il 15 luglio 1938, Pio XI ebbe l'opportunità di rispondere agli ideologi del fascismo italiano che avevano abbracciato le teorie antisemite» 29. Dopo il 9 novembre 1938, data della famosa «notte dei cristalli», «Mons. von Preysing inviò un rapporto circostanziato al Segretario di Stato, informandolo che numerosi israeliti avevano trovato rifugio negli edifici religiosi [...], ma che ogni posizione pubblica assunta dalla Chiesa avrebbe aggravato questa proscrizione e avrebbe reso più difficile il soccorso delle vittime. Il Cardinal Pacelli si servì di queste notizie trasmesse dall'Episcopato tedesco per porre i responsabili del fascismo italiano davanti alle atroci conseguenze derivanti dall'attuazione delle ingiuste leggi razziali. Il Ministro italiano degli Esteri, il conte Galeazzo Ciano, toccato da questi argomenti, si mostrò titubante circa la proposta di un'alleanza militare che il suo collega tedesco, von Ribbentrop, era venuto a proporgli» 30. L'Angriff, il giornale di Joseph Goebbels (1897-1945), Ministro della Propaganda del Reich, accusò l'ex Nunzio Pacelli, «divenuto il cattivo consigliere del Papa», di essere il sostenitore di un cattolicesimo politico che era una dichiarazione di guerra al nazionalsocialismo. Il Cardinal Pacelli non rispose a queste accuse, ma preoccupato inviò il 10 gennaio 1939 una lettera ai Cardinali degli Stati Uniti e del Canada sulla grave situazione creatasi a causa dei rifiuti reiterati dell'amministrazione americana di incorporare nelle Università del Nordamerica i professori e gli scienziati ebrei cacciati dalla Germania. Egli scrisse personalmente a Mons. Francis Joseph Spellman (1889-1967), ricordandogli «che non è possibile ai cristiani aderire all'antisemitismo, tanto più - aggiunse - che siamo spiritualmente semiti» 31. «È curioso che la condanna della Chiesa riguardante la politica razziale in Germania abbia incontrato rare approvazioni da parte dei governi e, più curioso ancora, da parte dei responsabili dei culti religiosi» 32.
l Informazioni e reazioni tardive da parte degli alleati
«Fu solamente il 17 dicembre 1942 che i governi americano, inglese e russo si decisero a redigere una dichiarazione congiunta sulla situazione degli ebrei. Pio XII venne invitato da Myron Taylor (ambasciatore degli Stati Uniti presso il Vaticano) ad associarsi pubblicamente a questa dichiarazione. Pio XII, pur rallegrandosi "di vedere i governi americano, russo e inglese preoccuparsi di un problema che la Chiesa cattolica ha posto al mondo senza interruzione anche prima dell'avvento del nazionalsocialismo", declinò l'invito degli alleati in quanto l'intervento nelle questioni politiche avrebbe leso l'imparzialità della Santa Sede. Egli fece sapere al governo americano che, dal canto suo, avrebbe continuato ad agire tramite la Croce Rossa Internazionale, evitando le provocazioni verbali che le stesse vittime del nazionalsocialismo non desideravano» 33. La Croce Rossa aveva pensato di formulare una protesta solenne, ma vi rinunciò dopo consultazione dei suoi membri che decisero unanimemente di continuare il loro lavoro senza clamori 34. Max Isaac Dimont (1912-1992), storico ebreo, scrive nella sua opera Les Juifs, Dieu et l'Histoire («Gli ebrei, Dio e la Storia»): «Gli ebrei, come il resto del mondo, ignoravano totalmente ciò che accadeva nei campi di concentramento. Quando l'atroce verità venne a galla, gli ebrei, come il resto del mondo, si rifiutarono di credere che degli uomini potessero agire in modo così disumano. Tuttavia, verso il 1943, essi iniziarono a rendersi conto che le voci che correvano sui campi della morte erano vere. Ma era già troppo tardi per organizzare una resistenza efficace» 35. «Nel suo libro "The Night" ("La notte"), Elie Wiesel racconta come, nonostante gli innumerevoli avvertimenti alla comunità ebraica di Sighet, in Transilvania (Ungheria), di cui suo padre era rabbino, "nessuno credeva, nella primavera del 1944, alla realtà dei campi di concentramento"» 36. «La dichiarazione di Mosca del 1943, firmata dai tre grandi, aveva escluso praticamente gli ebrei dalle vittime del nazismo» 37. Fu solamente il 22 marzo 1944, su pressione del War Refuge Board («Ufficio dei rifugiati di guerra»), creato nel gennaio del 1944 per ostacolare la persecuzione degli ebrei, e su istanze di Albert Einstein (1879-1955), che aveva scritto personalmente alla moglie del Presidente Roosevelt, che lo stesso Presidente pubblicò la prima energica dichiarazione contro i crimini razziali che gli inglesi non mancarono di diffondere, ma che fu boicottata dai russi che obiettarono che «ogni russo e non solamente gli ebrei sono in pericolo» 38.
Max Isaac Dimont | Elie Wiesel | Albert Einstein |
l Pio XII ha parlato
«Coloro che si sono rifugiati nella città del Vaticano - dichiarò Wladimir d'Ormesson (1888-1973) 39 - possono testimoniare dell'isolamento totale in cui era tenuta la Santa Sede. Il fascismo e presto anche le truppe di Hitler avevano alzato un vero "muro" tra la piccola città pontificia e il resto del mondo. Il telegrafo era nelle mani dei fascisti [...], la radio straniera terribilmente disturbata. Non parliamo poi del telefono. La polizia fascista, presto affiancata dalla polizia nazista, non allentava la sua morsa [...]. Sono assolutamente convinto che Pio XII, come il resto del mondo, non fosse a conoscenza delle mostruosità di cui gli ebrei erano vittime» 40. «Tuttavia, l'abilità di Pio XII gli permise di utilizzare il privilegio diplomatico internazionale che gli conferiva il Trattato del Laterano» 41. «La presenza delle rappresentanze diplomatiche dei Paesi in guerra con l'Italia, all'interno del Vaticano, gli permise di proseguire con efficacia l'azione diplomatica e l'opera caritatevole che erano condotte dalla Santa Sede [...]. La rete delle nunziature, tramite cui giungevano alle vittime del mondo intero i messaggi, le notizie, i soccorsi ai Paesi occupati, poté essere mantenuta, e così si affermò l'azione della più alta autorità morale del mondo» 42. Nel settembre del 1942, Myron Taylor (1874-1959), ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, informò il Santo Padre di certe misure prese contro gli ebrei. Pio XII annotò sulla sua agenda personale verso la fine di settembre di quell'anno: «Come rimanere insensibili di fronte alle sofferenze che sopportano i non-ariani e di cui il rapporto di Taylor fà una spaventosa descrizione? La distruzione del ghetto di Varsavia - più di sessantamila persone - lo sterminio dei deportati della Germania, del Belgio, dell'Olanda, della Francia e della Slovacchia [...], altre deportazioni di prigionieri politici verso la Lituania, Lublino o Theresientad gonfiano il cuore di indignazione, di disgusto e superano assolutamente le esigenze reali della guerra. Come credere che le tali abominazioni siano possibili? [...]. Ma più ancora dei massacri e del torto materiale che causano, i nazisti sono responsabili di crimini spirituali poiché rifiutano ogni assistenza religiosa a tanti morti. Coloro che sono a conoscenza di questi misfatti si lamentano che il Papa non parla. La verità è che non può parlare; se parla accadrebbe il peggio» 43.
Wladimir d'Ormesson | Myron Taylor |
Tuttavia, il Papa non poté non elevare la voce. Queste misure di persecuzione, di cui nessuno sospettava l'ampiezza, le denunciò solennemente per primo nel suo radio-messaggio di Natale del 1942 in cui considerò con spavento la sorte di questi infelici. «"Queste centinaia di migliaia di persone che, a causa unicamente della loro nazionalità o della loro razza, sono state destinate alla morte mediante una progressiva estinzione". Non è parlare abbastanza chiaro? Non è rompere il silenzio? In quanto ai motivi e alla necessità di questo preteso silenzio, sotto cui traspare l'eloquente riprovazione dell'anatema più formale, il Papa li aveva indicati fin dal 29 giugno 1941 rievocando "le indicibili sofferenze e le persecuzioni che la sollecitudine stessa per coloro che soffrono non permette di rivelare in tutti i loro dolorosi e commoventi dettagli"» 44. «Nella sua allocuzione al Collegio dei Cardinali, il 2 giugno 1943, Pio XII rievocando ancora una volta le "suppliche ansiose di tutti coloro che, a causa della loro nazionalità o della loro razza, sono prostrati dalle più grandi prove e talvolta persino destinati senza colpa personale a misure di sterminio", aggiunse: "Tutte le nostre parole inviate all'autorità competente su questo argomento, come tutte le nostre dichiarazioni pubbliche, devono essere pesate seriamente e misurate da Noi, nell'interesse stesso delle vittime per non rendere, contrariamente alle nostre intenzioni, più pesante e più insopportabile la loro situazione. Perlomeno i miglioramenti apparentemente ottenuti non rispondono all'ampiezza della sollecitudine materna della Chiesa in favore di questi gruppi particolari sottomessi alla più atroce sventura. Il Vicario di Cristo, che chiedeva solamente pietà e ritorno sincero alle norme elementari del diritto e dell'umanità, si è trovato davanti ad una porta che nessuna chiave può aprire"» 45.
l Le necessità del momento impongono la prudenza
Scrive Curvers: «Non si può al tempo stesso chiedere grazia per le vittime, siano esse ebree o cristiane, e lanciare l'anatema in faccia ai loro boia onnipotenti» 46. Cosa ci si poteva aspettare da parte di Hitler? Nel momento in cui lasciò la Germania, il Nunzio Pacelli, avendo ben compreso il personaggio di Hitler, mise in guardia il suo entourage contro il pericolo che lo minacciava: «È un uomo che passa sui cadaveri - diceva - e che calpesta ciò che trova sulla sua strada» 47. E, infatti, ovunque e in ogni occasione crebbe la spirale della violenza. Nel suo discorso del 30 gennaio 1939, Hitler dichiarò: «Sembra che all'estero regni in certi ambienti l'opinione secondo cui il fatto di manifestare ad alta voce la simpatia per quegli elementi che sono entrati in conflitto con la legge in Germania, potrebbe indurre una mitigazione della loro situazione [...]. Tale opinione poggia su un errore capitale [...]. Non vedremo, in ogni caso particolare, che una ragione imperativa di rafforzare le misure da prendere da parte nostra» 48. E, più tardi, in uno dei suoi Tischgespräche («discorsi conviviali»), pubblicato in Germania, Hitler dichiarò il 7 aprile 1942: «In caso di protesta, chiunque sia, tutti i dirigenti, ivi compresi quelli del "cattolicesimo politico", verranno immediatamente arrestati e messi a morte. Verrà dato anche l'ordine di fucilare nei tre giorni successivi tutti i detenuti nei campi di concentramento» 49. «Infatti, le cose peggioravano ogni volta che la Chiesa rischiava di prendere una posizione ufficiale. Una protesta collettiva che i Vescovi olandesi firmarono nel luglio del 1942 contro l'antisemitismo non ebbe altro effetto che causare la deportazione degli ebrei battezzati che fino a quel momento era stata risparmiata» 50. Segnaliamo che fu in queste circostanze che Suor Benedicta, (Edith Stein; 1891-1942), e sua sorella Rosa, furono prelevate dal Carmelo da due ufficiali delle SS e arrestate. A proposito di questa rappresaglia, Suor Pascalina Lehnert (1894-1983), che per quarant'anni fu al servizio di Pio XII, raccontò che una mattina, il Papa, che aveva appena appreso la sorte degli ebrei olandesi, tenendo in mano due grandi fogli disse: «Vorrei bruciare questi fogli. È la mia protesta contro la terribile persecuzione degli ebrei. Doveva essere pubblicata questa sera sull'"Osservatore Romano". Ma se la Lettera dei Vescovi olandesi è costata 40.000 vite umane, la mia protesta forse ne provocherebbe 200.000. Non devo né posso assumermi questa responsabilità. Perciò è meglio tacere in pubblico e fare in silenzio come prima tutto ciò che è possibile per queste povere persone» 51. Altro aneddoto che rivela quanto stretta fosse la via che bisognava percorrere e quanto «arduo e sassoso» fosse «per il rappresentante di Cristo il sentiero su cui doveva camminare per rimanere in equilibrio tra le esigenze contraddittorie del suo incarico» 52: nel 1946, il Cardinal von Galen (di cui abbiamo parlato poc'anzi) uscendo da una lunga udienza dal Santo Padre, raccontò che Pio XII gli aveva ripetuto a memoria i diversi passaggi dei sermoni fatti da lui al tempo di Hitler, come se il Papa li avesse imparati a memoria. «Sì, Santo Padre - gli rispose il Cardinale - ma quanti dei miei migliori sacerdoti sono finiti in un campo di concentramento e sono morti per aver diffuso le mie omelie»! Pio XII gli disse allora che era proprio la terribile certezza di sapere che la rappresaglia sarebbe caduta su migliaia di persone che l'avevano costretto a tacere 53. «I perseguitati stessi non smettevano di scongiurare il Santo Padre di aiutarli solamente in segreto» 54. E non è senza ragione che, nella redazione delle loro lettere, i Vescovi polacchi avevano assunto un atteggiamento di estremo riserbo. La lettera del Cardinale Adam Sapieha (1867-1951), del 28 febbraio 1942, fu tuttavia un'eccezione. L'Arcivescovo rinunciò ad ogni precauzione e descrisse il rigore dell'oppressione nazista e la tragedia dei campi di concentramento.
Edith Stein | Suor Pascalina | Cardinal Sapieha |
Ma dopo avere confidato questa testimonianza ad un sacerdote italiano, mandò a quest'ultimo un messaggero per pregarlo di bruciare il documento «affinché non cadesse nelle mani dei tedeschi che avrebbero fucilato tutti i Vescovi» 55, e in nome dei Vescovi polacchi chiese contemporaneamente al Santo Padre «di non rendere pubbliche le lettere inviate dall'Episcopato polacco per denunciare le atrocità naziste» 56. Fu per questo che il 30 aprile 1943 Pio XII scrisse segretamente a Mons. von Preysing, Vescovo di Berlino, queste sconvolgenti parole, riassunto della tragedia morale nella quale la sua alta coscienza si trovava impegnata: «Lasciamo ai pastori residenti la cura di soppesare se, e in quale misura, il pericolo di rappresaglia e di pressioni, come forse altre circostanze dovute alla lunghezza e alla psicologia della guerra, consigliano il riserbo - malgrado le ragioni che avrebbero per intervenire - al fine di evitare mali più grandi. È uno dei motivi per i quali Noi ci siamo imposti dei limiti nelle Nostre dichiarazioni. L'esperienza che abbiamo fatto nel 1942, lasciando liberamente riprodurre ad uso dei fedeli alcuni documenti pontifici, giustifica la nostra attitudine nella misura in cui Noi possiamo vedere» 57. Ci si lamenta del fatto che non ci furono solenni proteste contro uno dei crimini più orribili della Storia 58. Ci si lamenta del fatto che Pio XII non abbia minimamente protestato: «Doveva forse mettere un altoparlante in Piazza Santo Pietro? Ne aveva uno assai migliore: la Chiesa, che a quei tempi ubbidiva ancora al Papa. Dato che parlava e scriveva ai Cardinali, ai Nunzi, ai Vescovi del mondo intero, non potendo negare i suoi interventi, lo si biasima di non essere stato abbastanza vigoroso: ma quale organo di trasmissione avrebbe avuto maggiore vigore e fedeltà di questa Gerarchia che diffuse ovunque l'influenza e i benefici del suo capo»? 59. E ciò valeva molto di più di ogni altra denuncia che in quelle circostanze avrebbe «fatto meno scalpore che male» 60, attirando oltre tutto sull'azione della Chiesa «il fulmine che avrebbe bruciato tutto ad un tratto tutte le sue probabilità di successo» 61.
Sacerdoti martiri del nazismo: da sinistra, Padre Tito Brandsma, carmelitano calzato olandese, morto nel campo di Dachau il 26 luglio 1942; don Karl Leisner, sacerdote secolare tedesco - morto il 12 agosto 1945 dopo quasi sei anni di indicibili sofferenze fisiche e morali inflittegli dalle SS, soprattutto nel campo di concentramento di Dachau - venne perseguitato perché era uno dei protagonisti del Movimento cattolico giovanile; il frate polacco Padre Massimiliano Kolbe o.f.m., accusato di nazionalismo e di aver nascosto nel suo convento 1.500 ebrei, morto nel campo di Auschwitz il 14 agosto 1941.
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l Pio XII ha agito
Fu in Italia che la Santa Sede poté esercitare più efficacemente la sua influenza, poiché la questione ebraica fu per lei un problema quotidiano. Essa era sollecitata ad intervenire senza tregua nella lunga lotta di quei mesi di guerra quando non si potevano ancora prevedere le scelte del Duce. Fu così che Mussolini, che tuttavia in certi momenti non aveva nascosto la sua ostilità verso Pio XII, si impegnò in ciò che concerne l'antisemitismo, in una tacita politica di rinvio o di ostruzione che finì per diventare evidente persino per i tedeschi. Invano, Berlino chiese che gli consegnasse le migliaia di ebrei che si erano rifugiati in Italia o nei territori sottomessi all'influenza militare italiana, specialmente in Francia e in Iugoslavia. Sotto il fascismo, benché ci sia stata la discriminazione razziale, «nessun profugo ebreo venne consegnato ai tedeschi per essere deportato» 62. «La ricerca storica ha trascurato di approfondire come conveniva i motivi di [...] questo atteggiamento di resistenza. Era un'espressione di un istintivo sentimento antitedesco? Chi conosceva realmente la destinazione ultima dei deportati ebrei? [...]. Nella primavera del 1943, il Ministro degli Esteri italiano entrò in possesso di un documento "in cui venivano descritti, sotto una luce particolarmente tragica, i massacri operati dalle SS in un campo di concentramento in Polonia". Questo documento pervenne a Mussolini "insieme ad una lettera in cui si affermava apertamente che nessun Paese, neanche la Germania alleata, può pretendere di associare l'Italia, culla della cristianità e del Diritto, a simili misfatti di cui un giorno il popolo italiano potrebbe essere chiamato a rendere conto. La partita fu vinta. Gli ebrei non furono consegnati ai tedeschi» 63. Ecco alcuni esempi dell'intervento della Santa Sede in Italia: a Ferramonti, in Calabria, si trovava un campo di internamento che raggruppava 4.000 persone di origine ebraica. Nell’autunno del 1942 e nella primavera del 1943, alcuni segni fecero presagire che si era prossimi alla deportazione. Gli agenti ebrei si rivolsero allora attraverso tutti i canali possibili alla Santa Sede, l'unica che sembrava in grado di bloccare la minaccia. L'American Jewish Congress («Congresso Americano Ebraico») chiese l'intervento del Vaticano per «gli iugoslavi di origine ebraica che erano in pericolo di essere consegnati ai tedeschi». Un altro appello della sezione londinese del World Jewish Congress («Congresso Mondiale Ebraico») venne indirizzato al Cardinale Segretario di Stato non solamente per gli iugoslavi, ma anche per i cecoslovacchi e i polacchi del campo. Tutti ebbero infine salva la vita. Il campo di Ferramonti venne liberato dalle truppe alleate nel settembre del 1943. Un gruppo di personalità in vista di questo campo venne ricevuto in udienza da Pio XII alla fine di ottobre del 1944, e gli lesse un messaggio di ringraziamento: per prudenza, non si fece menzione dell'evento sull'Osservatore Romano. Il Vaticano intervenne anche in favore degli ebrei insediati nei territori occupati dalle truppe italiane, come la Iugoslavia. Alla fine di febbraio del 1943, von Ribentropp si recò personalmente a Roma con l'obiettivo di assicurare la consegna degli ebrei. Mussolini, messo in guardia dal suo Ministro degli Esteri, anch'egli in costante contatto con il Vaticano, rispose in maniera ambigua ed evasiva. Poi, in un secondo tempo, dopo la caduta di Mussolini, A. L. Easterman, membro della sezione londinese del World Jewish Congress, di fronte ad una situazione che si rivelava nuovamente pericolosa per gli ebrei croati, mandò direttamente il 2 agosto 1943 un telegramma a Pio XII a nome del World Jewish Congress. Il 24 settembre, al termine di un rapporto che indicava che 4.000 profughi ebrei erano stati trasferiti in un'isola dell'Adriatico che li poneva fuori pericolo immediato, terminava con i suoi più calorosi ringraziamenti per l'aiuto della Santa Sede prestato in questa circostanza 64. «Nel 1941, Pio XII organizzò un ufficio di mutua assistenza, coadiuvato dal "Catholic Refuge Comittee" installato a Roma, in collegamento diretto con Padre Leiber e sotto gli ordini di Pio XII. Fino al 1945, esso ricevette 102.026 richieste di informazioni sugli ebrei ed ottenne 37.867 risposte. L'opera "San Raffaele", animata da Padre Anton Webern, venne incaricata di procurare i documenti e fornire i fondi per l'espatrio di decine di migliaia di ebrei in America. Quest'opera, grazie a passaporti ottenuti da Stati compiacenti, rese possibile il trasferimento da Roma all'America di ebrei in pericolo. Molto spesso questi candidati alla libertà soggiornarono in Vaticano, e più particolarmente nella proprietà del Santo Padre a Castel Gandolfo dove aspettavano il semaforo verde delle trafile di Lisbona e di Madrid, dove gli episcopati spagnolo e portoghese agivano sulle ambasciate inglesi e americane per ottenere i visti d'immigrazione. Un vero servizio di documenti falsi e di falsi certificati di battesimo si organizzò a partire dall'ufficio di suor Pascalina che si affannò senza posa esercitando tutte le influenze vaticane nelle ambasciate straniere e presso la polizia italiana. Alla fine del 1943, più di 6.000 ebrei soggiornarono a Castel Gandolfo, e, ogni mattina, il Papa temeva che le polizie tedesca e italiana, che non ignoravano affatto il traffico che si svolgeva in Vaticano, invadessero gli Stati pontifici. Accogliendo gli ebrei, Pio XII fu fedele all'attitudine di tutti i Papi che l'hanno preceduto. In effetti, è notevole constatare che, nel corso della Storia, gli ebrei hanno sempre trovato una terra ospitale, quella del capo della Chiesa, ad Avignone o a Roma. Mentre gli ebrei venivano osteggiati ovunque, il Papa di Avignone li accolse, e il Papa di Roma aprì loro i monasteri e gli arcivescovadi. Accanto all'opera "San Raffaele", quella di Padre Benoît permise di disporre dei mezzi necessari alla protezione di 50.000 israeliti profughi nel Sud-Est della Francia. Mons. Valerio Valeri introdusse Padre Benoît presso le autorità di Vichy che lo aiutarono nella sua missione. Il 16 luglio 1943, Pio XII accolse personalmente Padre Benoît a Roma e facilitò la sua introduzione presso il governo spagnolo, tramite il delegato apostolico a Madrid, Mons. Cicognani che, il 9 settembre 1943, fece conoscere alla Santa Sede la risposta favorevole del governo spagnolo all'esilio verso Madrid di parecchie migliaia di israeliti» 65. «Dal momento dell'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, avvenuta il 10 settembre 1943, l'occupante praticò apertamente e senza tregua la caccia all'uomo [...]. Gli ebrei tentavano di nascondersi in tutti i modi possibili e immaginabili» 66.
Padre Benoît | Mons. Valeri | Mons. Cicognani |
Anche in questo caso, fu il Santo Padre che fece aprire le porte del Vaticano. «Le istruzioni al clero italiano erano di mettere al riparo nei monasteri il 90% della popolazione israelitica che risiedeva in Italia» 67. «Il Vaticano, i numerosi monasteri, i collegi, tutto diventò luogo d'asilo per coloro che erano braccati e perseguitati» 68. «A Roma stessa, in barba alla Gestapo, 40.000 profughi clandestini finirono direttamente sotto la protezione del Papa. Più di quattrocento profughi vennero ospitati tra le mura del Vaticano, persino negli appartamenti privati. Tra di essi, la maggioranza erano israeliti. Una sessantina di ebrei si nascosero nel seminario lombardo. I più minacciati portavano la veste talare per depistare le perquisizioni [...]. Ce n'erano più di quattrocento tra i frati di San Giovanni di Dio, nell'isola del Tevere» 69. «Un cappuccino, Padre Jean, durante un'udienza, si vide gratificare da un sorriso complice di Pio XII. Quest'ultimo era stato informato da suor Pascalina che il frate cappuccino aveva aperto, contro tutte le prescrizioni canoniche, i monasteri delle suore ai profughi israeliti» 70. «Pio XII stesso aiutò a rifornire i clandestini e a rendere il loro alloggiamento accettabile. E tutto doveva accadere nel più grande segreto, perché arrivavano senza tregua dei nuovi fuggiaschi, e quelli che erano già al sicuro non dovevano essere messi in pericolo. Pio XII volle aiutare tutti quelli che erano in preda allo sconforto. Non si faceva differenza. Vennero accolte anche delle persone che in seguito ripagarono il Papa con l'ingratitudine, addirittura con le calunnie. Guai se egli avesse appreso che erano state fatte delle riserve per accogliere persone che avevano una pessima reputazione»! 71. «La popolazione ebraica di Roma [...] che si era rifugiata nelle chiese e nei monasteri, era convinta che i tedeschi non avrebbero osato violare gli asili religiosi. Il 16 ottobre 1943, essi osarono. Nella notte, 1.600 persone vennero strappate dai conventi e dalle case religiose, e arrestate immediatamente. Pio XII chiamò subito Padre Pfeiffer, Superiore Generale della Società del Divin Salvatore. Padre Pfeiffer era tedesco. Pio XII lo supplicò di intercedere presso il suo compatriota, il Generale Stahel, Comandante militare di Roma. Costui, cattolico convinto, accettò di collaborare contro la Gestapo, e l'ambasciatore di Germania presso la Santa Sede, informato da Pio XII di questa aggressione, accettò di trasmettere al suo governo la protesta del Santo Padre. Il rettore tedesco della chiesa tedesca di Roma, Mons. Hudal, unì i suoi sforzi a quelli del Papa, e ottenne dal Generale Stahel la seguente risposta: "Ho comunicato immediatamente la protesta del Santo Padre alla Gestapo di Roma e a Himmler in persona. Ho il piacere di annunciarvi che egli ha dato l'ordine con un riguardo al carattere speciale di Roma: gli arresti sono sospesi". Infatti, lo furono. Ma ben presto si dovette nuovamente constatare che ogni protesta pubblica aggravava il caso degli israeliti. Il 25 ottobre 1943, il Papa, che aveva vissuto questi avvenimenti con grande tristezza, pensò di avere il dovere di lasciare che l'"Osservatore Romano" esprimesse l'indignazione del mondo cristiano davanti ai maltrattamenti inflitti agli innocenti [...]. I tedeschi confiscarono l'"Osservatore Romano" nelle edicole, e avvisarono la Segreteria di Stato che i servizi di sicurezza avrebbero ripreso le perquisizioni nei monasteri se l'organo ufficiale del Vaticano avesse continuato la sua campagna. Per dare a questa minaccia il peso che fece piegare Pio XII, il Comandante delle SS di Roma convocò il capo della comunità israelitica e gli ordinò di consegnare entro trentasei ore cinquanta chili d'oro, altrimenti duecento ebrei sarebbero stati immediatamente deportati. Pio XII, informato di questo vergognoso mercanteggiamento, fece venire il conte Galeazzi, e lo supplicò di accumulare i cinquanta chili d'oro raccogliendo tutto ciò che c'era d'oro in Vaticano. Il capo della comunità ebraica ricevette dalle mani del Papa il peso del riscatto. Gli ebrei che si erano riparati in Vaticano, presso Mons. Anichini Beretti, e che alloggiavano negli appartamenti privati del Santo Padre, vennero in delegazione a ringraziare Pio XII. Tutte queste azioni vennero organizzate mentre un picchetto di guardie tedesche sostava davanti alla porta di bronzo. Attraverso la sagrestia di San Pietro, alcuni camion di rifornimento si dirigevano verso i quartieri popolari, e durante la notte i braccati entravano all’interno del Vaticano» 72.
Padre Pfeiffer | Mons. Hudal | Il conte Galeazzi |
«Il sacrosanto diritto d'asilo dietro la porta di bronzo, imposto ai conquistatori che regnavano da padroni in Roma, andò a beneficio delle vittime del mondo intero e dei profughi di tutte le confessioni e di tutte le razze, che ne godettero fino alla fine della guerra. Non era un segreto, e soprattutto non lo era per la Gestapo che sapeva che, nel 1944, più di 7.000 israeliti avevano trovato rifugio nella città di San Pietro e a Castel Gandolfo e che, ovunque nel mondo, i monasteri, i presbiteri e i recinti divini ospitavano più di un milione di vittime» 73. «Pio XII ha dimostrato il suo sangue freddo davanti a tutte le minacce - la più grave delle quali era l'occupazione della Santa Sede e la cattura del Papa 74 - e non temeva un'azione violenta contro la sua persona» 75. «Aggiungiamo agli ebrei d'Italia e di Francia quelli che sappiamo che la Chiesa ha salvato in Belgio, delle migliaia tra cui il Gran Rabbino Ulman, sottratto due volte alla deportazione grazie agli interventi del Cardinale van Roey; quelli d'Olanda; quelli della Slovacchia dove, secondo un rapporto diplomatico tedesco, le "pressioni" della Santa Sede ottennero "nell'estate del 1943 la cessazione delle deportazioni degli ebrei, e di conseguenza la sopravvivenza di quasi un quarto di essi"; quelli di Romania, tra cui il Gran Rabbino Safran, che testimoniarono che il Papa, tramite la mediazione del suo Nunzio Mons. Cassulo, li salvò "dal disastro nell'ora in cui la deportazione degli ebrei rumeni era decisa"» 76. In effetti, Mons. Andrea Cassulo (1869-1952), su intervento del Segretariato di Stato, aveva fatto delle pressioni sul Maresciallo Ion Antonescu (1882-1946) che nel febbraio del 1943 accettò il principio di trasferimento delle vittime verso un luogo d'asilo stabilito dagli alleati: 70.000 ebrei rumeni poterono così sfuggire alla deportazione. «I fuggiaschi rinnovano il loro saluto a Mons. Roncalli, Nunzio ad Istambul, che agì - come confermò poi Pinchas Lapide, console d'Israele a Milano - "su ordine preciso di Pio XII"» 77. «Scriveva il Santo Padre sul suo taccuino il 15 ottobre 1943: "Che Mons. Roncalli non risparmi nessuno sforzo per soccorrere gli ebrei dell'Europa centrale e dei Balcani, che invii degli incoraggiamenti ad imitarlo ai rappresentanti dalla Santa Sede a Bucarest e a Budapest, e che questi si prodighino in favore dei perseguitati"» 78. Fu così che l'influenza di Mons. Giuseppe Roncalli (1881-1963) si estese a tutto il Sud-Est dell'Europa. «Grazie alla sua amicizia con re Boris, egli riuscì a salvare tutta la comunità ebraica di Bulgaria» 79. «25.000 ebrei di Sofia furono disseminati nella campagna bulgara e nascosti in tutte le istituzioni religiose» 80. Mons. Roncalli venne sollecitato dal War Refuge Board, organismo creato dagli americani per tentare di bloccare - come abbiamo già detto - la deportazione degli ebrei e di altri perseguitati d'Europa. Il successo di questo organismo dipendeva dall'accoglienza che i suoi agenti ricevevano dai Paesi neutrali che intrattenevano con il Vaticano delle relazioni efficaci, e più particolarmente dal Portogallo e dalla Spagna che - notiamo en passant - accolsero 250.000 ebrei durante la persecuzione nazista 81.
Cardinale van Roey | Mons. Andrea Cassulo | Pinchas Lapide |
Questi due Paesi permisero il transito degli ebrei verso l'Africa settentrionale, la Palestina, gli Stati Uniti e l'America del Sud. Mons. Roncalli chiese al Santo Padre pieni poteri per negoziare col War Refuge Board. Egli diede il suo appoggio a questo organismo andando a trovare il direttore dei visti, Kemel Aziz Payman, che accettò di semplificare le formalità di tutti i dossier che gli sarebbero stati presentati. Egli fece in modo che l'Ambasciatore della Romania in Turchia, Alexandre Cretzianu, accettasse di collaborare col War Refuge Board, e così 48.000 ebrei, tra i 185.000 deportati furono strappati dai campi della Transistria 82. Nel 1944, per i perseguitati dell'Ungheria, il Papa chiese al reggente Miklòs Horthy (1868-1957) «di fare tutto il possibile affinché non siano aggravate le sofferenze già così pesanti patite da un gran numero di disgraziati a causa della loro nazionalità o della loro razza» 83 (vedi foto sotto). «La responsabilità della Chiesa venne aggravata dal fatto che le pressioni della Santa Sede sul reggente Horthy lo avevano convinto, nonostante le violente proteste di Hitler, ad accogliere 400.000 profughi dei Paesi vicini che si trovavano minacciati di arresto e di deportazione dal nuovo governo ungherese imposto al reggente Horthy dai tedeschi. Il 3 luglio 1944, il Cardinale Serédi, Primate d'Ungheria, informò Pio XII della spietata caccia all'uomo alla quale si dedicavano le autorità ungheresi. Il Papa inviò una lettera personale al reggente Horthy e suggerì al Cardinale Serédi, che aveva ottenuto dal reggente certe garanzie per gli ebrei battezzati, di proporre alle comunità ebraiche il battesimo in massa dei loro fedeli. Egli suggerì anche al Primate di invitare la Croce Rossa Internazionale a moltiplicare i suoi sforzi in Ungheria. Pio XII inviò al Presidente Roosevelt una copia del suo messaggio al reggente Horthy, ma precisò a Myron Taylor che non rientrava nei suoi poteri "minacciare il governo ungherese". Roosevelt capì l'allusione del Papa e scrisse, a sua volta, al reggente Horthy minacciando l'Ungheria di bombardamenti, se le deportazioni non fossero cessate. Dal canto suo, il re di Svezia, allertato dalla nunziatura di Stoccolma, aveva comunicato a Giorgio V la lettera del Papa a Horthy. Un cattolico svedese, Raoul Wallenberg, finanziato dal "Joint Distribution Committee", compì - con la benedizione di Mons. Roncalli, incontrato il 1º agosto ad Istambul - un'opera di ampio respiro che mobilitò tutte le associazioni religiose degli episcopati dell'Europa Centrale. Pio XII impartì degli ordini al Cardinale Maglione e invitò tutte le nunziature a sostenere questa azione in favore della carità. Il 18 agosto, d'accordo con Pio XII, Mons. Roncalli inviò al Nunzio d'Ungheria migliaia di certificati d'immigrazione verso la Palestina. Le cerimonie di battesimo si moltiplicarono nei rifugi antiaerei e le reti cattoliche fecero evadere più di 25.000 israeliti dall'Ungheria. I tedeschi se la presero con Horthy, arrestarono suo figlio e minacciarono Mons. Roncalli che continuò a distribuire alla Croce Rossa dei salvacondotti. Questi documenti, su cui apparivano le insegne pontificie, impressionarono le autorità tedesche. Il Vescovo di Györ, Mons. William Aport, fornì più di 10.000 documenti a Raoul Wallenberg. Furono i russi che posero fine all'azione di Raoul Wallenberg, il quale venne arrestato il 17 gennaio e morì per un attacco cardiaco in una prigione di Mosca nel 1947 84.
Miklòs Horthy | Cardinal Serédi | Raoul Wallenberg |
L'azione di Wallenberg non sarebbe mai stata possibile senza l'influenza di Mons. Roncalli e l'appoggio morale e finanziario che questi aveva trovato presso il Santo Padre. Il 1º agosto 1944, mentre Wallenberg lottava per ampliare la protezione degli ebrei di Budapest, il presidente del "War Refuge Board" si recò da Mons. Roncalli per descrivere la situazione esasperata degli ebrei in Ungheria. Il Delegato apostolico spiegò allora gli sforzi segreti intrapresi da Pio XII, dispiacendosi di non poter dissipare il velo che copriva gli interventi del Papa presso le autorità ungheresi, rumene, bulgare, tedesche e alleate» 85. È in tutta verità che Pio XII potè dire: «Non c'è nessuno sforzo che non abbiamo tentato, nessuna pena che ci siamo risparmiati per evitare alle popolazioni gli orrori delle deportazioni e dell'esilio; e quando la dura realtà è venuta a deludere le Nostre più legittime attese, abbiamo operato almeno per attenuarne il rigore».
Sopra, telegramma in lingua francese inviato da Pio XII al reggente ungherese Miklòs Horthy il 25 giugno 1944. Eccone il testo: «Da più parti Noi supplichiamo tutti di fare ogni sforzo affinché in questa nobile e cavalleresca nazione, non sia estesa e aggravata la sofferenza già così pesante subite da molti infelici a causa della loro nazionalità o dalla loro razza. Il nostro cuore di padre non può restare insensibile a questi appelli urgenti a causa del nostro ministero di carità, che abbraccia tutti gli uomini. Noi ci rivolgiamo personalmente a Vostra Altezza facendo appello ai Suoi nobili sentimenti nella piena fiducia che lei vorrà fare tutto quanto in suo potere perché siano risparmiati a tanti infelici altri lutti e altri dolori. Pius P. XII».
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l Testimonianze
«Istintivamente, le vittime stritolate in questi anni infernali si volgono verso l'unico capo dalle mani pure, il solo che non aveva parlato e agito che per il bene e il sollievo delle vittime» 86. Fu così che nel 1946, settanta scampati alla deportazione, con il volto segnato dalla sofferenza, vennero a ringraziare Pio XII per il suo atteggiamento tenuto durante la guerra 87. «Da Israele e da tutti i punti d'Europa affluirono in Vaticano gli omaggi - sia ufficiali che privati - degli ebrei che Pio XII aveva soccorso con interventi necessariamente segreti. Un buon numero di questi messaggi di gratitudine fu accompagnato da udienze personali, da visite collettive, da doni, da offerte musicali come quella della nona sinfonia di Beethoven che vennero ad eseguire il 26 maggio 1955, sotto la direzione di Paul Kletzki, novantaquattro musicisti ebrei, originari di quattordici Paesi "in ringraziamento della grandiosa opera umanitaria compiuta da Sua Santità per salvare un gran numero di ebrei durante la seconda guerra mondiale"» 88. Albert Einstein si fece portavoce dei superstiti del dramma ebraico dichiarando: «La Chiesa cattolica è stata l'unica ad elevare la voce contro l'attacco condotto da Hitler contro la libertà. Fino ad oggi, la Chiesa non aveva mai richiamato la mia attenzione, ma oggi esprimo la mia grande ammirazione e il mio profondo attaccamento a questa Chiesa che, unica, ha avuto l'incrollabile coraggio di lottare per le libertà morali e spirituali» 89. Il Gran Rabbino di Roma Israel Zolli (1881-1956) celebrò pubblicamente «la grande bontà compassionevole e la magnanimità del Papa» cui egli e molti dei suoi dovevano la vita. Toccato dalla grazia, egli si fece battezzare con il nome di Eugenio. «Nessun eroe della Storia - disse - ha mai comandato un esercito più valoroso, più attaccato e più eroico di Pio XII in nome della carità cristiana» 90. Pinchas Lapide, che fu Ambasciatore d'Israele a Milano al tempo di Pio XII, dichiarò al corrispondente di Le Monde il 13 dicembre 1963: «Posso affermare che il Papa personalmente, la Santa Sede, i Nunzi e tutta la Chiesa cattolica hanno salvato dai 150.000 ai 400.000 ebrei da morte certa. Quando fui ricevuto a Venezia da Mons. Roncalli, e gli espressi la gratitudine del mio Paese per la sua azione in favore degli ebrei mentre era Nunzio ad Istambul, mi interruppe a più riprese per ricordarmi che ogni volta aveva agito su ordine preciso di Pio XII. Non capisco per quale motivo ora qualcuno se la prenda con Pio XII, mentre per numerosi anni ci si è recati a rendergli omaggio. All'indomani della liberazione di Roma, facevo parte di una delegazione di soldati della squadra palestinese che venne ricevuta dal Papa e che gli manifestò la riconoscenza [...] per ciò che aveva fatto in favore degli ebrei» 91.
Paul Kletzki | Eugenio Zolli |
Il corrispondente di Le Monde aggiunge: «Pinchas Lapide non riesce a comprendere perché ora ci si accanisca contro Pio XII che non disponeva né di divisioni blindate, né di una flotta aerea, mentre Stalin, Roosevelt e Churchill, che ne comandavano, non hanno mai voluto servirsene per distruggere la rete ferroviaria che conduceva gli ebrei ai campi di concentramento» 92. La Gazzette de Liège, del 23 gennaio 1964, riaffermò la stima già espressa da Pinchas Lapide per il Santo Padre, dando la seguente notizia: «Maurice Edelman, deputato laburista, presidente dell'Associazione anglo-ebraica, ha dichiarato che "l'intervento di Papa Pio XII ha permesso di salvare decine di migliaia di ebrei durante la guerra". Edelman ha rivelato che, fin dalla fine della guerra, era stato ricevuto in udienza privata da Papa Pio XII che gli aveva parlato della Chiesa cattolica nei suoi rapporti con i nazisti e gli ebrei. Dopo avere denunciato l'antisemitismo come un peccato, ha detto che, durante la guerra, aveva dato segretamente al clero cattolico l'ordine di accogliere e di proteggere gli ebrei. Grazie a questo intervento, decine di migliaia di ebrei sono stati salvati» 93. «Sulle cifre, Maurice Edelman è dunque d'accordo con Pinchas Lapide, il quale, come abbiamo detto, fissò ad un minimo di 150.000 il numero di ebrei salvati da Pio XII 94. Il primo, deputato laburista inglese, e, se non è ebreo, perlomeno attivamente giudeofilo, e il secondo, ex Ambasciatore d'Israele a Milano, si sono entrambi informati presso una buona fonte, poco sospetta di simpatie pregiudiziali verso Pio XII» 95. «Alla morte di Pio XII, le più alte cariche ebraiche si distinsero per gli espliciti omaggi di riconoscenza. Golda Meir, a quel tempo Ministro degli Esteri d'Israele, proclamò: "Condividiamo il dolore dell'umanità [...]. Durante il decennio del terrore nazista, quando il nostro popolo subì un martirio terribile, la voce del Papa si è elevata per condannare i persecutori e per invocare la pietà verso le loro vittime". I Gran Rabbini di tutti i Paesi, uomini di Stato, e perfino il radicale Mendès-France, parlarono nello stesso senso. Non una nota discordante si udì, non più di quante ce ne fossero state alla fine della guerra, quando le squadre ebraiche dell'esercito americano che entrarono in Roma avevano celebrato solennemente i benefici e l'azione del grande Papa, considerato da tutti come il vero liberatore e salvatore non solo della città, ma di centinaia di migliaia di ebrei che la Chiesa aveva accolto su suo ordine in tutti i conventi d'Europa e in un gran numero di famiglie cattoliche» 96. Cinque anni dopo la sua morte, i cattolici stessi non hanno reagito come conveniva agli attacchi, alle deformazioni e alle elucubrazioni di coloro che rifanno la Storia a posteriori e che non rischiano nulla a mentire «al condizionale passato», come disse Alexis Curvers. Occorreva una voce che si esprimesse in modo altisonante per tagliare corto con questi propositi diffamatori. Fu quella del Cardinale Giovanni Battista Montini (1897-1978) che, dopo aver concesso un'intervista l'11 maggio 1963, alla vigilia della sua elezione al soglio pontificio, alla rivista inglese The Tablet, a proposito dell'opera teatrale Il Vicario, fece questa solenne dichiarazione, all'epoca del suo viaggio in Terra Santa, il 5 gennaio 1964, prima di lasciare il territorio israeliano, davanti alla porta del mandorlo dove i tappeti preziosi cospargevano il suolo mentre le truppe presentavano le armi: «Non nutriamo, verso tutti gli uomini e verso tutti i tuoi popoli, che pensieri di benevolenza. La Chiesa, infatti, li ama tutti. Il nostro grande predecessore, Pio XII, lo affermò con forza e a più riprese durante l'ultimo conflitto mondiale, e tutto il mondo sa che lo ha fatto per la difesa e la salvezza di tutti quelli che erano nella prova senza nessuna distinzione. E tuttavia, come sapete, si è voluto gettare dei sospetti e persino delle accuse, contro la memoria di questo grande Pontefice. Siamo felici di avere l'opportunità di affermarlo in questo giorno e in questo luogo: niente di più ingiusto di questo attentato ad una tanto venerabile memoria. Quelli che, come Noi, hanno conosciuto da vicino questa anima ammirevole sanno fin dove potevano andare la sua sensibilità, la sua compassione per le sofferenze umane, il suo coraggio, la sua delicatezza di cuore. Lo sapevano anche quelli che, all'indomani della guerra, vennero, con le lacrime agli occhi, a ringraziarlo per aver salvato loro la vita. Veramente, sull'esempio di Colui che rappresenta quaggiù, il Papa non desidera nient'altro che il vero bene di tutti gli uomini». Concludiamo dicendo con Alexis Curvers che «di fronte all'empietà e alla menzogna, i cui colpi si confondono, Pio XII portò al più alto grado della loro armonia la verità soprannaturale e la prudenza terrestre» 97, che «contrariamente a ciò che si vorrebbe far credere oggi alla massa delle persone malinformate, Pio XII ha parlato, Pio XII ha condannato, Pio XII ha agito», e che «se non ha parlato, condannato o agito, fu perché aveva l'intima convinzione che sarebbe stato il più grande danno per coloro ai quali, con tutta la sua anima, voleva evitare il peggio» 98.
Armeria anticattolica
Da sinistra: la locandina del film Amen (Cecchi Gori 2002), diretto dal regista Costa Gavras. La pellicola racconta la storia di un chimico, cristiano e ufficiale delle SS, che scopre che le sue ricerche sul gas Zyclon B verranno utilizzate contro gli ebrei nei campi di concentramento. L'ufficiale informa del progetto il Vaticano, ma la sua denuncia non provoca l'effetto desiderato. Seguono i libri di John Corwell The Hitler's Pope («Il
Papa di Hitler») e The Catholich Church and Nazi Germany («La Chiesa cattolica e la Germania nazista») di Guenter Lewy, altre due opere ferocemente critiche nei confronti del presunto «silenzio» di Papa Pio XII. |
APPENDICE I
CRONOLOGIA
CRONOLOGIA
- 1917-1920: Mons. Pacelli Nunzio a Monaco;
- 1922: elezione di Pio XI;
- 1920-1929: Mons. Pacelli Nunzio a Berlino;
- 1929: Mons. Pacelli nominato Cardinale;
- 11 febbraio 1929: Trattato del Laterano;
- 1930: il Cardinale Pacelli nominato Segretario di Stato;
- 1931: Enciclica Non Abbiamo Bisogno, in risposta agli attacchi fascisti;
- Gennaio 1933; Hitler diventa Cancelliere del Reich;
- 20 luglio 1933: firma del Concordato tra la Santa Sede e la Germania;
- 1936: inizio della deportazione degli ebrei in Germania;
- 1936: entrata delle truppe tedesche in Renania;
- 14 marzo 1937: Enciclica Mit brennender Sorge, contro il nazismo;
- 19 marzo 1937: Enciclica Divini Redemptoris, contro il comunismo;
- 13 marzo 1938: l'Anschluss (annessione dell'Austria alla Germania);
- 29 settembre 1938: Monaco;
- 9-10 novembre 1938: la Kristallnacht;
- 9 febbraio 1939: morte di Pio XI;
- 2 marzo 1939: il Cardinal Pacelli eletto Papa Pio XII;
- 15 marzo 1939: le truppe tedesche entrano a Praga;
- 23 agosto 1939: Stalin tratta con la Germania;
- 1º settembre 1939: le truppe tedesche entrano in Polonia;
- 20 ottobre 1939: Enciclica Summi Pontificatus, sul materialismo politico;
- 21 giugno 1941: offensiva tedesca contro l'Unione Sovietica;
- 7 dicembre 1941: attacco a Pearl Harbour;
- Febbraio 1942: primi insuccessi dell’esercito tedesco sul fronte dell'Est;
- Novembre 1942: sbarco degli alleati in Africa Settentrionale;
- 10 luglio 1943: gli alleati sbarcano in Sicilia:
- 19 luglio 1943: primo bombardamento di Roma;
- 25 luglio 1943: Mussolini destituito e arrestato;
- Luglio 1943: Weizsäcker succede a Bergen come Ambasciatore della Germania presso il Vaticano;
- 10 settembre 1943: i tedeschi invadono Roma;
- 19 marzo 1944: le truppe tedesche occupano l'Ungheria;
- 6 giugno 1944: Roma è nelle mani degli Alleati;
- 8 maggio 1945: capitolazione della Germania;
- 9 ottobre 1958: morte di Pio XII.
A sinistra, lo scrittore ebreo statunitense Daniel Jonah Goldhagen, e a destra il suo libro Die katholische Kirche und der Holocaust. Eine Untersuchung über Schuld und Sühne («La Chiesa cattolica e l'Olocausto. Un esame sulla colpa e sull'espiazione»), un'opera fortemente critica nei confronti di Papa Pacelli a causa del suo «silenzio».
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APPENDICE II
TESTIMONIANZA DI ALBRECHT VON KESSEL 99
TESTIMONIANZA DI ALBRECHT VON KESSEL 99
«Rompo il silenzio in questi mesi in cui viene messa in scena l'opera teatrale "Il Vicario" perché ero membro dell'ambasciata tedesca presso la Santa Sede e perché credo, con la mia esperienza di dodici anni di nazismo e di terrore, di potere contribuire ad esprimere un giudizio sui fatti romani. Il compito della nostra ambasciata presso il Vaticano non era facile. Nel suo isterismo, Hitler era capace di ogni crimine. Aveva sempre ventilato la possibilità di fare prigioniero il Papa e di deportarlo nel "Grande Reich" - nel periodo che va da settembre del 1943 a giugno del 1944 - vale a dire fino all'arrivo degli alleati. Se il Papa si fosse opposto a questa misura, forse sarebbe stato passato per le armi. Pensavamo che il nostro principale dovere fosse di impedire almeno questo crimine (l'assassinio del Papa), malefatta che sarebbe stata perpetrata nel nome del popolo tedesco. Von Weizsäcker doveva lottare su due fronti: raccomandare alla Santa Sede - e dunque al Papa - di non intraprendere azioni sconsiderate, ossia azioni di cui forse non percepiva tutte le ultime e catastrofiche conseguenze... D'altra parte, dovevamo cercare di persuadere i nazisti, per mezzo di rapporti diplomatici fatti ad arte, che il Vaticano dava prova di "buona volontà" e che le innumerevoli azioni particolari della Santa Sede in favore degli ebrei erano cose insignificanti da non prendere sul serio. Ogni membro dell'ambasciata tedesca presso il Vaticano, sebbene ci fossero opinioni diverse sulla situazione, era senza eccezione d'accordo su questo punto: una protesta solenne di Pio XII contro la persecuzione degli ebrei avrebbe probabilmente esposto lui e tutta la Curia romana ad un gravissimo pericolo, e certamente nell'autunno del 1943, questa non avrebbe salvato la vita a nessun ebreo. Hitler scatenato, reagiva tanto più orribilmente quanto più incontrava resistenza».
Albrecht von Kessel | Ernst von Weizsäcker |
APPENDICE III
CALUNNIA ANTICATTOLICA
CALUNNIA ANTICATTOLICA
Nel 1976, Alain Peyrefitte (1925-1999), membro dell'Académie Française e sette volte ministro, pubblicò il libro Le mal français («Il male francese»), edito da Plon. La tesi centrale era semplice: il male francese è il cattolicesimo. Si rivelò come un vero best seller, vigorosamente sostenuto da una pubblicità del tutto eccezionale. Tra le altre, esso conteneva questa affermazione: «Hitler, austriaco di nascita, conobbe nella Baviera (cattolica) il più grande appoggio popolare. Mentre i congiurati di luglio del 1944 contro Hitler erano tutti protestanti, e in particolare calvinisti» 100. Peyrefitte si sbagliava e ingannava grossolanamente, come dimostra il libro di Erik von Kuehnelt-Leddihn (1909-1999) Liberty and Equality 101, pubblicato a Londra da Mellis & Carter nel 1952: fu nelle regioni a maggioranza cattolica, tra cui la Baviera, che alle elezioni del 31 luglio 1932 in Germania, il partito di Hitler ottenne la più debole percentuale di voti. Quanto agli autori dell'attentato mancato di luglio del 1944 contro Hitler, colui che pose e innescò la bomba, in presenza di Hitler, Claus von Stauffenberg (1907-1944) era cattolico, come lo erano molti altri congiurati. Nel numero di aprile 1992 di Reconquête, il bollettino del Centro H. e A. Charlier, Albert Chambon (1909-1992), ex partigiano e deportato, ex ambasciatore di Francia, si indignò per gli attacchi isterici lanciati contro la Chiesa cattolica, e offrì la sua testimonianza in questi termini: «Se ci sono degli strampalati che vogliono fare il processo alla Chiesa sotto l'occupazione, e persino quello alla cristianità, ci troverebbero presenti, noi, i superstiti della resistenza e dei campi di concentramento, in tribunale, per ricordare che conosciamo lo stato civile, la data di arresto e i nomi dei cinquecento sacerdoti francesi che furono deportati per fatti di resistenza nei campi della morte, che conosciamo lo stato civile e la data in cui furono fucilati o uccisi nelle prigioni della Gestapo più di cento di essi, che conosciamo lo stato civile e la diocesi dei duecentodieci preti incarcerati dalla Gestapo» 102.
Alain Peyrefitte | Kuehnelt-Leddihn | Claus von Stauffenberg |
Note
1 Traduzione dall'originale francese Le Vatican et les Juifs au temps du nazisme («Il Vaticano e gli ebrei ai tempi del nazismo»), a cura di Paolo Baroni. Opuscolo pubblicato da Action Familiale et Scolaire.
2 Cfr. R. Casin, Mensonges et silences sur Pie XII («Menzogne e silenzi su Pio XII»), Ed. Regain, 1965, pag. 68.
3 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, Pie XII devant l'Histoire («Pio XII davanti alla Storia»), Ed. R. Laffont, 1972, pagg. 68-69.
4 Cfr. R. Casin, op. cit., pag. 34.
5 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 71.
6 Ibid.
7 Ibid., pag. 78.
8 Ibid., pag. 421.
9 Così Pio XII; cit. in P. R. A. Graham s.j. in un articolo intitolato Les projets de Hitler sur l'Église et l'attitude de Pie XII («I progetti di Hitler sulla Chiesa e l'atteggiamento di Pio XII»), in Documentation Catholique, del 3 gennaio 1988, pag. 43.
10 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 119.
11 Ambasciatore della Germania presso il Vaticano fino a luglio del 1943.
12 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 314.
13 Cfr. A. Curvers, Le Pape outragé («Il Papa oltraggiato»), D.M.M. 1988, pag. 71.
14 Cfr. P. R. A. Graham s.j., art. cit.
15 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 272.
16 Ibid., pag. 426.
17 Ibid., pag. 298.
18 Ibid., pag. 299.
19 Ibid.
20 Ibid., pag. 305.
21 Ibid., pag. 298.
22 Ibid., pag. 426.
23 Ibid., pag. 302.
24 Ibid., pag. 334.
25 Ibid., pag. 320.
26 Ibid., pag. 193.
27 Cfr. A. Curvers, op. cit.
28 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 366.
29 Ibid., pagg. 366-367.
30 Ibid., pag. 103.
31 Ibid., pagg. 367-368.
32 Ibid., pag. 100.
33 Ibid., pag. 368.
34 Ibid., pag. 355.
35 Cfr. M. I. Dimont, Les Juifs, Dieu et l'Histoire, pag. 407; cit. in A. Curvers, op. cit.
36 Cfr. A. Chambon, An 2000. Déclin et renouveau de la civilisation occidentale («Anno 2000. Declino e rinnovamento della civiltà occidentale »), Ed. du Cerf, 1991, pag. 33. L'ex ambasciatore Albert Chambon, autore di questo libro, fece parte della Resistenza e venne deportato.
37 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 403.
38 Ibid., pag. 403.
39 Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede durante la Seconda Guerra Mondiale.
40 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 369.
41 Ibid., pag. 310.
42 Ibid., pag. 235.
43 Ibid., pag. 380.
44 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 70.
45 Ibid., pag. 121.
46 Ibid., pag. 18.
47 Cfr. S. P. Lehnert, Mon privilège fut de le servir («Il mio privilegio fu di servirlo»), Téqui 1982, pag. 51.
48 Ibid., pag. 136.
49 Riprodotto nell'Osservatore Romano in lingua francese, del 10 aprile 1964.
50 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 59.
51 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 135.
52 Lettera di Pio XII a Mons. von Preysing, del 30 aprile 1943.
53 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 173.
54 Ibid., pag. 136.
55 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 253.
56 Ibid., pag. 368.
57 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 59. Questa ultima frase del Papa lascia intravedere la sua umiltà e ansia intellettuale.
58 Vedi Appendice II.
59 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 102.
60 Ibid., pag. 60.
61 Ibid., pag. 89.
62 Cfr. P. R. A. Graham s.j., «Le Vatican et les Juifes réfugiés en Italie pendant la guerre» («Il Vaticano e i profughi ebrei in Italia durante la guerra»), in Documentation Catholique, n° 1945, 2-16 agosto 1987, pag. 808.
63 Cfr. P. R. A. Graham s.j., art. cit.
64 Ibid.
65 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pagg. 355-356.
66 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 138.
67 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 356.
68 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 138.
69 Cfr. A. Curvers, op. cit., pagg. 81, 82.
70 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 357.
71 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 138. L'Autore si riferisce a non pochi comunisti nascosti nei conventi che all'indomani della liberazione ricominciarono a fare propaganda anticattolica.
72 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pagg. 356-357.
73 Ibid., pag. 281.
74 Nel febbraio del 1944, i tedeschi, con il pretesto dei bombardamenti alleati, presero in considerazione il trasferimento di Pio XII in Germania. Dal canto suo, Weizäcker sapeva che certi fanatici, molto addentro al Quartier Generale, volevano l'esecuzione del Papa nel caso in cui questi avesse resistito alla rimozione prevista dalle autorità tedesche (cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 395). Vedi Appendice II.
75 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 310.
76 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 85.
77 Ibid.
78 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 396.
79 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 85.
80 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 401.
81 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 86, nota nº 1. Estratto da uno studio apparso sulla rivista America, di Washington.
82 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pagg. 401, 402.
83 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 86. A questo proposito, Curvers cita Padre Toulat da un libro scritto dall'ebreo Poliakov, un'autorità in materia di persecuzione ebraica e di nazismo, che scrive: «È certo che le istruzioni segrete partivano dal Vaticano, raccomandando alle Chiese nazionali di intervenire in favore degli ebrei».
84 Mons. Roche espone la versione ufficiale - quella sovietica - della morte di Wallemberg. Essa è molto contestata.
85 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pagg. 404, 405.
86 Cfr. R. Casin, op. cit., pag. 17.
87 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 19.
88 Ibid., pag. 41.
89 Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint Germain, op. cit., pag. 14.
90 Cfr. S. P. Lehnert, op. cit., pag. 135.
91 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 94.
92 Ibid., pag. 45.
93 Ibid., pag. 85.
94 In realtà, si tratta di una cifra ben più elevata.
95 Cfr. A. Curvers, op. cit., pag. 81.
96 Ibid., pagg. 199, 200.
97 Ibid., pag. 126.
98 Ibid., pag. 53. Le ultime due citazioni sono di Padre Riquet.
99 Collaboratore di M. von Weizsäcker, ambasciatore del Terzo Reich presso il Vaticano (cfr. Osservatore Romano, del 28 giugno 1964).
100 Cfr. E. von Kuehnelt-Leddihn, Liberty and Equality («Libertà ed uguaglianza»), pagg. 16-17.
101 Cfr. Permanences, nº 144, novembre 1977.
102 Cfr. A. Chambon, op. cit.
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