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mercoledì 27 febbraio 2013

articoli di FABRIZIO FRATUS


Lettera aperta a Telmo Pievani

gennaio 16, 2013
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Ieri pomeriggio, dopo la consueta trasmissione radiofonica con Enzo Pennetta ricevo un sms in cui mi si invita ad andare sul sito di Pikaia, che io mi ostino a chiamare il suo sito. Appena ho trovato il tempo sono andato a visionare l’home page e ho trovato subito la sua “lettera aperta ad Enzo Pennetta”. Aprendo la lettera ho avuto, sono sincero, un po’ di paura, 12 pagine. O mamma mia, cosa avrà mai da scrivere così tanto? Dalle prime righe si scorge subito il tono, lei parte con una minaccia che poi rinnoverà durante tutto il suo scritto: attenzione, darò mandato ai miei avvocati per quello che i suoi commentatori si permettono di scrivere sul mio conto. Bene, è evidente che dalle prime righe si capisce dove è realmente il nervo scoperto. Continuando la lettera vi si trovano molteplici nomi di scienziati a cui lei testimonia reverenza e accredita un sapere assoluto sull’argomento in discussione, è un suo giudizio, e nulla vuol significare che la maggioranza degli scienziati siano d’accordo con lei, si può certamente sbagliare in molti.
Interessante è il fatto che lei cerchi di accreditare le sue tesi con l’uso di questi nomi prestigiosi, questo tentativo di accreditamento non porta nulla di più di ciò che realmente è la teoria di Darwin e di ciò che è stato provato sperimentalmente ed empiricamente. Le sue considerazioni, come tutte quelle a cui fa riferimento, sono interpretazioni di dati scientifici e non prove oggettive. Anche l’esperimento di Lenski, come ha dimostrato benissimo M. Giorgiev nel suo ottimo libro, non conferma nulla di quello che lei fa supporre nella sua lettera. Lei lo conosceva Georgiev e se ricorderà, nell’occasione che avete avuto di un confronto, non ha mica fatto passare Mihael Giorgiev per un “cialtrone”, tutt’altro. Giorgiev era un creazionista bello e finito ma, come è facilmente dimostrabile, molto preparato e conoscitore dell’argomento.
Continuando la sua lunga lettera trovo interessante il suo invito al prof. Pennetta di andare ad informarsi presso una facoltà di biologia evoluzionista; le debbo dire che qui sono scoppiato a ridere, di gusto, lei è simpatico. Io la invito ad andare in parrocchia a chiedere al prete sull’esistenza di Dio. Penso abbia compreso la metafora. Anzi ne sono sicuro perché la leggo spesso quando scrive su giornali che nulla hanno a che fare di politica, repubblica, Micromega etc. Nello scritto fa anche anche riferimento alle interviste sul quotidiano on-line la Voce d’Italia il cui direttore, evoluzionista, ateo e laico, ha dato spazio ad un confronto. E’ tutto pubblico e tutti possono verificare chi ha menzionato fatti oggettivi e chi ha solamente offeso e ridicolizzato, se ha letto sa bene che il Ferdinando Boero ha pure detto che J. Sanford è in pensione, come se uno scienziato che è in pensione fosse un rimbambito. Inoltre, le comunico, ma penso lei so sappia da se, Sanford non è in pensione ha contratti con università (due nello specifico) e coordina un suo gruppo di ricerca. Nei diversi interventi è stata anche lanciata una sfida al prof. Marco Ferraguti in quanto nel suo intervento, ci è sembrato, si fosse dimenticato di una ricerca molto importante. E’ tutto pubblico e tutti possono giudicare chi è trasparente e chi ha qualcosa da nascondere.
Vi sono molti scienziati evoluzionisti che hanno espresso dubbi sul neodarwinismo, l’elenco l’ho postato sul mio blog, può consultarlo quando vuole ma so che sa bene di cosa parlo. Vi è anche chi ha espressamente denominato il neodarwinismo come religione, si chiama M. Ruse, e non è certamente un creazionista ma al contrario uno dei più accreditati zoologi americani ed è un ex credente.
Le dico, sinceramente, che lei non è credibile nelle accuse che fa al Pennetta sull’insegnamento dell’evoluzionismo a scuola, lo sarà, forse, una volta che avrà condotto una battaglia per “pulire” le balle che vi sono sui libri di testo e cioè le diverse forme di ipotetiche transizioni tra una specie e d un’altra, il fossile di Lucy che rappresenterebbe l’anello mancante tra uomo e scimmia, la teoria della ricapitolazione con tanto di immagini, l’elenco di organi residuali etc. Forse solo dopo portrà essere persona che si può permettere di fare certe accuse al mondo antievoluzionista, dell’ID o creazionista.
Sono stato breve, al contrario di lei, e le ho scritto questa lettera aperta in quanto le sue parole scritte erano rivolte a tutto un mondo che è convinto del fatto che non vi siano prove oggettive a testimonianza del neodarwinismo, anzi vi siano maggiori prove che lo confutano. Ho diverse e-mail di professori suoi colleghi, nel senso che sono evoluzionisti, in cui ad un certo punto mi specificano che non vi è altra possibilità, la teoria di Darwin è l’unica accettabile. Questa affermazione è assolutamente la conferma di ciò che sosteniamo, non si parla di scienza ma di un dogma e come tale non va discusso. Ecco quale è la Vostra oggettività.
Nel 2014 sarà in Italia J. Sanford, credo che la sua conoscenza della genetica non sia discutibile; abbiamo invitato il prof. Ferraguti ad un confronto pubblico con Sanford, invitiamo anche lei e qui, caro Pievani, non può certo dirci che il confronto è con un cialtrone. Sappiamo che il confronto non ci sarà e sappiamo il perchè, è un fatto facilmente dimostrabile ogni qualvolta vi è un contraddittorio non sono gli antievoluzionisti ad uscire con la testa china ma sono i suoi colleghi, è sempre stato così e sempre sarà così perchè Voi non parlate di scienza ma di una religione che al contrario di ciò che scrive ha fatto molti danni sia in campo sociale che in quello medico.
Fabrizio Fratus

PARIGI 30 SETTEMBRE: Conférence: Science, Evolution et Foi

settembre 29, 2012
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L’événement s’organisera en deux parties de 18h à 20h puis de 20h30 à 22h avec une pause boulangère qui sera proposé au public entre 20h et 20h30.
Programme Prévisionnel :
Science, Evolution et Foi
18h00 : Accueil des participants et présentation des conférenciers,
ASN France
18h30 : Science, Evolution et Foi : Sélection Naturelle ou Action divine ?
Dr Oktar BABUNA, Neurochirurgien, Membre de la Fondation de Recherche Scientifique d’Istanbul
19h00 : Le darwinisme peut-il expliquer l’origine de la vie ? Dr Fabrizio FRATUS, Sociologue, Président de l’Association Italienne sur l’Etude des Origines (AISO)
19h30 : L’évolution, une difficulté pour la Science et pour la Foi
Dominique TASSOT, Ingénieur des Mines de Paris, Président du Centre d’Etudes et de Prospectives sur la Science (CEP)
PRESSO
Espace des Congrès des Esselières de Paris-Sud (Villejuif)
Salle 7, Parking P1
3 Boulevard Chastenet De Géry, 94800 Villejuif (Métro 7, Bus 131)

Informations Pratiques :
Renseignements :
06 27 05 33 12
ou
info@asn-france.fr

Contact Presse :
Emir POUSSE
Mail : emirpousse@hotmail.com
Tel : 06 27 05 33 12


Complessita’ irriducibile, la sconfitta dell’evoluzionismo

luglio 25, 2012
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Articolo tratto da: http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=84138&titolo=Complessita%27%20irriducibile,%20la%20sconfitta%20dell%27evoluzionismo
La teoria di Michael Behe non e’ mai stata realmente smentita
Complessita’ irriducibile, la sconfitta dell’evoluzionismo
L’esempio piu’ famoso e’ la trappola per topi
Sono passati 15 anni da quando Michael Behe propose sulla rivista Boston Review la sua teoria della complessità irriducibile poi presentata con maggiori dettagli ed esempi nel suo famosissimo saggio dal titolo Black Box di Darwin. Quanto esposto da M.Behe è divenuto poi, con la collaborazione del filosofo e matematico William Dembsky, uno dei punti fondamentali per la teoria del disegno intelligente (intelligent design). Tanti hanno provato a dimostrare errata l’idea di M.Behe, tra loro troviamo Jerry A. Coyne, Allen Orr, il famosissimo Russell F. Doolittle, Douglas J. Futuyma e altri, ma ad oggi ancora nessuno è riuscito a dimostrare che M.Behe non ha ragione. La complessità irriducibile spiega quello che è facile osservare in natura e cioè che il funzionamento di molti sistemi dipende da più parti che sono tutte indispensabili. La teoria dell’evoluzione non è in grado di spiegare i sistemi con complessità irriducibile che necessitano di progettazione. La definizione di M. Behe relativa alla complessità irriducibile è questa: «Un singolo sistema composto da diverse parti interagenti che contribuiscono alla funzione di base, e per il quale la rimozione di una qualunque delle parti causerebbe la cessazione del funzionamento del sistema». Anche W. Dembsky ha presentato una definizione precisa: «Un sistema che esegue una data funzionalità di base è a complessità irriducibile se comprende un insieme di parti ben assemblate, mutuamente interagenti, non arbitrariamente individuate tali che ciascuna di queste parti sia indispensabile a mantenere la funzionalità di base, e dunque originale, del sistema. Un insieme di queste parti indispensabili è noto come nucleo irriducibile del sistema». L’esempio più famoso per descrivere la complessità irriducibile è sicuramente quello della trappola per topi composta da soli 5 elementi: una tavoletta di legno, una piccola tagliola, una molla, una bacchetta metallica e un pezzo di formaggio per esca. La trappola per topi è molto semplice ma non ha nessun tipo di funzionalità se uno dei 5 elementi non vi fosse. La trappola non si potrebbe mai sviluppare a poco a poco; ecco alcuni esempi rintracciabili in natura proposti da M. Behe: la coagulazione del sangue, il sistema immunitario e il flagellum.

TROVATO (DI NUOVO?) L’ANTENATO DELL’UOMO…

settembre 12, 2011
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Ma è già una bufala
E ci risiamo, con scadenza quasi perfetta, ogni tot mesi viene annunciato il ritrovamento “dell’anello mancante”; molti quotidiani stanno riportando la sensazionale scoperta in Africa di uno scheletro di Australopithecus, denominato sediba (sorgente) risalente a quasi due milioni di anni fa (esattamente: 1.997.000). Molti scienziati (ci mancherebbe altro) lo ritengono l’anello mancante e sono in trepida attesa nell’annunciare la grande scoperta. Sarà mica, come sempre sino ad oggi, solamente una grande bufala?
In questi ultimi anni gli scienziati evoluzionisti hanno annunciato il ritrovamento di diversi anelli mancanti come il famoso fossile Ardy o ancora più conosciuto Ida ma che poi, dopo uno studio oggettivo si sono rivelati solamente una “bufala”. Lo sarà anche sediba?
È molto probabile visto che già ora il prof. Paolo Tortora, docente di biochimica presso l’Università degli Studi di Milano commentando il ritrovamento ha dichiarato che «Dubito che un tale annuncio sarà dato. Quello dell’anello mancante è una sorta di tormentone che ciclicamente torna. Ma gli elementi a disposizione sono troppo pochi per poter dire che di questo si tratti».
La ricerca dell’anello mancante, non è terminata e credo non terminerà mai. Dopo oltre 150 anni di ricerca nel campo della paleontologia e migliaia di fossili ritrovati completi una sola certezza si è potuta evidenziare e cioè che di specie in fase di trasformazione (il vero termine usato da C. Darwin) neanche l’ombra, al contrario il ritrovamento di pecie completamente formate è una costante e ciò sta a dimostrare che non vi sarebbe nessun tipo di trasformazione da specie ad altra specie.
Fabrizio Fratus

WIKIPEDIA E GLI ORGANI RESIDUALI

settembre 6, 2011
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Consuetudine di tutte le nuove generazioni è la ricerca di informazioni tramite il web ma senza un reale controllo delle informazioni trovate in rete. Questo diviene un problema soprattutto se a scrivere “baggianate” è un sito come Wikipedia denominato “enciclopedia libera”. Il sito di wikipedia può divenire un mezzo per informazioni errate come dimostra il link http://it.wikipedia.org/wiki/Vestigia_(biologia).
Molti, leggendo ciò che viene scritto sulla pagina del sito si convinceranno che la teoria di Darwin abbia prove inconfutabili tra cui i famosi (ex) organi vestigiali. Ma quanto c’è di vero in quello che viene divulgato sul sito?
Nulla, semplicemente nulla. Ho già avuto modo di parlare di come il Wikipedia sia pieno di vere e proprie informazioni errate riferendomi alla pagina dedicata ai famosi anelli mancanti.
Veniamo a noi. Tra i primi a stilare la lunga lista di organi “inutili” troviamo l’anatomista tedesco R. Wiedersheim; Wiedersheim nel 1895 comprese approssimativamente oltre 100 organi, inclusi l’appendice e il coccige.
Gli evoluzionisti, sostengono, molti ancora oggi, che nei corpi di alcune creature, é esistito un certo numero di organi non funzionali. Questi organi, ereditati dai progenitori, gradualmente divennero rudimentali a causa del mancato uso.
La realtà è che la loro funzione non era ancora stata scoperta…
Lo stesso S. R. Scadding, noto evoluzionista, scrisse sulla rivista Evolutionary Theory: “Dal momento che non è possibile identificare senza ambiguità strutture inutili e dal momento che la struttura dell’argomento utilizzata non è scientificamente valida, concludo che gli “organi vestigiali” non forniscono alcuna prova speciale per la teoria dell’evoluzione.” (Pag.154)
Tra i diversi organi ritenuti “rudimentali” troviamo il coccige, le tonsille e l’appendice. Il primo organo da me citato ha una funzione ben specifica e altro che organo residuale, infatti ha lo scopo di sostenere le ossa attorno al bacino ed è il punto di convergenza di piccoli muscoli indispensabili all’uomo.
Le tonsille, hanno un importante compito di protezione della gola dalle infezioni durante il periodo dell’adolescenza. L’appendice fa parte del sistema immunitario, non è un organo primario e l’uomo può vivere bene anche senza di esso ma il suo corretto funzionamento è utile a tutto l’organismo.
La funzione dell’appendice costituisce l’insieme del sistema immunitario che è composto da cellule, organi e molecole e tutti insieme contribuiscono in modo diverso ma omogeneo alla difesa da batteri, virus o funghi.
Anche senza udito, braccia, gambe, tatto etc. possiamo vivere, ma non per questo, ovviamente, qualcuno si è mai sognato di dire che sono organi rudimentali.
Ancora oggi le informazioni relative alla teoria di C. Darwin sono manipolate e strumentali al pensiero materialista che impregna la nostra società. Sostenere che la vita arrivi dalla materia inanimata, dallo spazio o altro è un’assurdità talmente grossolana che rasenta la stupidità umana. La verità è che non sappiamo, scientificamente parlando, come sia nata la vita.
Sappiamo solo che l’uomo non è una specie in transizione come non lo sono le altre specie; lo dimostrano i fossili. La teoria di Darwin non è dimostrata e, ancora oggi, fa molti danni sia in campo sociale come in quello medico.
Fabrizio Fratus


I MECCANISMI DEL DARWINISMO

luglio 27, 2011
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Secondo la teoria dell’evoluzione, gli esseri viventi giunsero all’esistenza per coincidenza e si svilupparono ulteriormente come conseguenza di effetti fortuiti. Circa 3,8 miliardi di anni fa, quando sulla terra non esisteva alcun essere vivente, comparvero i primi semplici organismi unicellulari (procarioti). Nel corso del tempo giunsero all’esistenza cellule più complesse (eucarioti) e organismi pluricellulari. In altre parole, secondo il darwinismo, le forze della natura trasformarono semplici elementi inanimati in progetti molto complessi e perfetti.
Nel valutare questa affermazione, bisogna prima considerare se tali forze esistono realmente in natura. Più esplicitamente, ci sono meccanismi veramente naturali che possono realizzare l’evoluzione secondo lo scenario del darwinismo?
Il modello neodarwinista, che prenderemo come la principale corrente della teoria dell’evoluzione oggi, ipotizza che la vita si è evoluta attraverso due meccanismi naturali: la selezione naturale e la mutazione. La teoria fondamentalmente afferma che selezione naturale e mutazione sono due meccanismi complementari. L’origine delle modificazioni evolutive sta nelle mutazioni casuali che ebbero luogo nelle strutture genetiche degli esseri viventi. I caratteri apportati dalle mutazioni sono selezionati dal meccanismo della selezione naturale e per mezzo di ciò gli esseri viventi si evolvono. Se, però, guardiamo meglio questa teoria, scopriamo che non esiste alcun meccanismo evolutivo questori questo genere. Né selezione naturale né mutazioni possono far sì che una specie si evolva in un’altra, diversa, e l’affermazione secondo cui ciò è possibile è del tutto infondata.

Selezione naturale
Il concetto di selezione naturale era alla base del darwinismo. Questa affermazione è sottolineata anche nel titolo del libro in cui Darwin propose la sua teoria: Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale…
La selezione naturale si basa sull’assunto secondo cui in natura ci sarebbe una costante lotta per la sopravvivenza e che i più forti, quelli più adatti alle condizioni naturali, sopravvivono. Per esempio, in una mandria di cervi minacciata dai predatori, in genere sopravvivrebbero quelli che corrono più velocemente. Alla fine la mandria di cervi consisterà solo di individui che corrono velocemente.
Per quanto tempo vada avanti questo processo, esso non trasformerà questi cervi in un’altra specie. I cervi deboli sono eliminati, i forti sopravvivono, ma siccome non ha luogo alcuna alterazione nei loro dati genetici, non avviene alcuna trasformazione della specie. Nonostante i continui processi di selezione, i cervi continuano a essere cervi.
L’esempio del cervo vale per tutte le specie. In ogni popolazione, per mezzo della selezione naturale, solo gli individui deboli o non adatti, incapaci di adattarsi alle condizioni naturali del loro habitat, sono eliminati. Nessuna nuova specie, nessuna informazione genetica, nessun nuovo organo possono essere prodotti. Cioè, la specie non può evolversi. Anche Darwin accettò questo fatto affermando che “la selezione naturale non può agire fin quando non compaiano differenze e variazioni individuali favorevoli”; ecco perché il neodarwinismo dovette aggiungere al concetto della selezione naturale il meccanismo della mutazione come fattore che altera le informazioni genetiche.7
Tratteremo successivamente le mutazioni. Ma prima di procedere dobbiamo esaminare meglio il concetto di selezione naturale per vederne le contraddizioni interne.

La lotta per la sopravvivenza
L’assunto essenziale della teoria della selezione naturale sostiene che c’è una strenua lotta per la sopravvivenza in natura e che ogni essere vivente si preoccupa solo di se stesso. Al tempo in cui Darwin proponeva la sua teoria, era fortemente influenzato dalle idee di Thomas Malthus, l’economista classico britannico. Malthus sosteneva che gli esseri umani erano inevitabilmente in lotta costante per la sopravvivenza e basava le sue opinioni sul fatto che la popolazione, e quindi il bisogno di risorse alimentari, cresce geometricamente, mentre le riserve alimentari stesse crescono solo aritmeticamente. Il risultato è che le dimensioni della popolazione sono inevitabilmente controllate da fattori dell’ambiente come la fame e le malattie. Darwin adattò la visione di Malthus della strenua lotta per la sopravivenza tra gli esseri umani alla natura nel suo insieme e affermò che la “selezione naturale” è una conseguenza di questa lotta.
Ulteriori ricerche, però, hanno rivelato che non c’è alcuna lotta per la vita in natura come Darwin aveva postulato. Alla fine di ampie ricerche in gruppi di animali negli anni ’60 e ’70, V. C. Wynne-Edwards, uno zoologo britannico, concluse che gli esseri viventi equilibrano la popolazione in un modo molto interessante che impedisce la concorrenza per il cibo.
I gruppi di animali studiati semplicemente gestivano la loro popolazione in base alle risorse alimentari. La popolazione non era regolata attraverso l’eliminazione dei deboli per mezzo di fattori come epidemie o fame ma da istintivi meccanismi di controllo. In altre parole, gli animali non controllavano il proprio numero per mezzo di una strenua competizione, come suggeriva Darwin, ma limitando la riproduzione. 8
Anche le piante mostrano esempi di controllo della popolazione che invalida il suggerimento di Darwin della selezione per mezzo della competizione. Le osservazioni del botanico A. D. Bradshaw hanno indicato che, durante la riproduzione, le piante si comportavano secondo la “densità” della piantagione e limitavano la riproduzione se l’area era densamente popolata da piante.9 D’altro canto, esempi di sacrifici osservati tra animali come formiche e api, mostrano un modello completamente opposto alla lotta per la sopravvivenza darwinista.
In anni recenti, la ricerca ha fatto altre scoperte a proposito del sacrificio di sé, persino tra i batteri. Questi esseri viventi, senza cervello o sistema nervoso, completamente privi di qualsiasi capacità di pensiero, si uccidono per salvare altri batteri quando sono invasi da virus.10
Questi esempi sicuramente invalidano l’assunto di base della selezione naturale – la lotta assoluta per la sopravvivenza. È vero che c’è competizione in natura, ma ci sono anche chiari modelli di sacrificio di sé.

Osservazioni ed esperimenti
Al di là della debolezza teorica citata in precedenza, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale si trova davanti a un’impasse fondamentale quando è messa di fronte alle scoperte scientifiche concrete. Il valore scientifico di una teoria deve essere valutato secondo il successo o il fallimento negli esperimenti e nelle osservazioni. L’evoluzione per selezione naturale fallisce da entrambi i punti di vista.
Sin dai tempi di Darwin, non è stata presentata la minima prova che dimostri che gli esseri viventi si evolvono attraverso la selezione naturale. Colin Patterson, il paleontologo con più anzianità presso il British Museum of Natural History di Londra e prominente evoluzionista, sottolinea che non è stato mai osservato che la selezione naturale fosse in grado di far sì che le cose si evolvessero.
Nessuno ha mai prodotto una specie con i meccanismi della selezione naturale. Nessuno vi si è mai neppure avvicinato e ciò rappresenta la questione di maggior discussione nell’ambito del neodarwinismo.11
Pierre-Paul Grassé, un famoso zoologo francese e critico del darwinismo, ha da dire questo in “evoluzione e selezione naturale,” un capitolo del suo libro L’ evolution du vivant.
La “evoluzione in azione” di J. Huxley e altri biologi è semplicemente l’osservazione di fatti demografici, fluttuazioni locali di genotipi, distribuzioni geografiche. Spesso le specie interessate sono invariate da centinaia di secoli. La fluttuazione come risultato di circostanze, con previa modificazione del genoma, non implica l’evoluzione e abbiamo prove tangibili di ciò in molte specie pancroniche [cioè fossili viventi rimasti invariati da milioni di anni].12
Uno sguardo attento ad alcuni “esempi osservati di selezione naturale” presentati da biologi che sostengono la teoria dell’evoluzione, rivelerebbe che, in realtà, essi non forniscono alcuna prova della teoria dell’evoluzione.

La vera storia del melanismo industriale
Quando si esaminano le fonti evoluzioniste, si vede come l’esempio delle falene in Inghilterra durante la rivoluzione industriale venga sempre citato come esempio dell’evoluzione per selezione naturale. Questo è presentato come il più concreto esempio osservato dell’evoluzione in libri di testo, riviste e persino fonti accademiche. In realtà, però, quell’esempio non ha assolutamente niente a che fare con l’evoluzione.
Ricordiamo prima di tutto che cosa si dice: secondo questa versione, all’inizio della rivoluzione industriale il colore delle cortecce degli alberi nell’area di Manchester sarebbe stato abbastanza chiaro. Per questo motivo, le falene di colore scuro che si posavano su questi alberi potevano essere facilmente avvistate dagli uccelli che se ne cibavano e, di conseguenza, avevano possibilità di sopravvivenza molto scarse. Cinquant‘anni dopo, nei boschi in cui l’inquinamento industriale aveva ucciso i licheni di colore chiaro, le cortecce degli alberi si erano scurite e le falene di colore chiaro divennero le prede più cacciate perché erano quelle più facilmente notate. Di conseguenza il rapporto tra falene di colore chiaro e quelle di colore scuro si invertì.
Gli evoluzionisti credono che questa sia una prova di grande importanza per la loro teoria.
Essi trovano rifugio e provano sollievo mostrando, con arte vetrinistica, il modo in cui le falene di colore chiaro “si erano evolute” nelle altre di colore scuro.
Anche se si accetta una tale versione dei fatti, però, deve essere chiaro che questi non possono essere usati in alcun modo come prova della teoria dell’evoluzione: non compare alcuna nuova forma che non esisteva in precedenza. Le falene di colore scuro erano esistite prima della rivoluzione Industriale. Solo le proporzioni relative alle diverse varietà della popolazione cambiarono. Le falene non avevano acquisito nuovi caratteri o nuovi organi tali da causare una “speciazione”13. Perché una falena si tramuti in un’altra specie vivente, ad esempio in un uccello, si dovrebbero realizzare nuove aggiunte ai suoi geni. Si sarebbe dovuto, cioè, caricare un programma genetico del tutto diverso, tale da includere informazioni contenenti le caratteristiche fisiche degli uccelli.
Questa è la risposta da dare alla storia evoluzionista del melanismo industriale. C’è, però, un lato più interessante della vicenda: non solo l’interpretazione, ma la storia stessa è errata. Come spiega il biologo molecolare Jonathan Wells nel suo libro Icone dell’evoluzione, la storia delle falene attaccate, che è inclusa praticamente in ogni libro di biologia evolutiva, diventando quindi una “icona”, non riflette la verità. Wells, nel suo libro, discute in che modo l’esperimento di Bernard Kettlewell, noto come la “prova sperimentale” della storia, costituisce in realtà uno scandalo scientifico. Alcuni elementi di base di questo scandalo sono:
• Molti esperimenti, condotti dopo quello di Kettlewell, rivelarono che solo un tipo di queste falene rimaneva sui tronchi degli alberi e tutti gli altri tipi preferivano restare sotto i rami orizzontali. Dagli anni Ottanta è largamente accettato che le falene molto raramente restano sui tronchi degli alberi. In 25 anni di lavoro sul campo, molti scienziati, come Cyril Clarke e Rory Howlett, Michael Majerus, Tony Liebert Paul Brakefield, hanno concluso che nell’esperimento di Kettlewell le falene furono costrette ad agire in modo atipico, quindi il risultato della prova non poteva essere accettato come scientifico.
• Gli scienziati che hanno messo alla prova le conclusioni di Kettlewell hanno raggiunto un risultato ancora più interessante: sebbene ci si sarebbe aspettato che il numero di falene chiare fosse più alto nelle regioni meno inquinate dell’Inghilterra, in quelle regioni le falene scure erano quattro volte più numerose di quelle chiare. Questo indicava che non c’era alcuna correlazione tra il rapporto nella popolazione di falene e i tronchi degli alberi, come sostenuto da Kettlewell e ripetuto da quasi tutte le fonti evoluzioniste.
• Man mano che la ricerca si approfondiva, lo scandalo cambiava dimensioni: “le falene sui tronchi degli alberi”, fotografate da Kettlewell, erano in realtà falene morte. Kettlewell usava esemplari morti, incollati o spillati sui tronchi degli alberi e poi fotografati. In verità sarebbe stato difficile riprendere l’immagine di falene che stavano non sui tronchi degli alberi ma sotto i rami.15
Questi fatti furono scoperti dalla comunità scientifica solo alla fine degli anni Novanta. Il crollo del mito del melanismo industriale, che per decenni era stato uno degli argomenti più valorizzati nei corsi universitari di “introduzione all’evoluzione”, dispiacque molto agli evoluzionisti. Uno di loro, Jerry Coyne, commentò:
la mia reazione somiglia alla delusione che seguì la scoperta, quando avevo sei anni, che era mio padre e non Babbo Natale a portare i regali la notte di Natale.16
Così “il più famoso esempio di selezione naturale” fu relegato nei cumuli di immondizia della storia come uno scandalo scientifico. Uno scandalo inevitabile, perché la selezione naturale non è un “meccanismo evolutivo” al contrario di quanto affermano gli evoluzionisti.
In breve, la selezione naturale non ha la capacità di aggiungere un nuovo organo a un organismo vivente, né di eliminarlo o di mutare l’organismo di una specie in quello di un’altra. La “più grande” prova avanzata a partire dall’epoca di Darwin non è stata in grado di andare oltre il “melanismo industriale” delle falene in Inghilterra.

Perché la selezione naturale non può
spiegare la complessità
Come abbiamo dimostrato all’inizio, il problema maggiore per la teoria dell’evoluzione per selezione naturale è che nuovi organi o caratteri non possono emergere negli esseri viventi attraverso la selezione naturale. I dati genetici di una specie non si sviluppano per mezzo della selezione naturale, quindi essa non può essere usata per spiegare l’emergere di una nuova specie. Il più strenuo difensore degli equilibri punteggiati, Stephen Jay Gould, fa riferimento a questa impasse della selezione naturale:
L’essenza del darwinismo è riassunta in una singola frase: la selezione naturale è la forza creativa del cambiamento evolutivo. Nessuno nega che la selezione naturale abbia un ruolo negativo nell’eliminazione del non adatto. Le teorie di Darwin richiedono che crei anche l’adatto.17
Un altro dei metodi fuorvianti usati dagli evoluzionisti quando trattano il problema della selezione naturale è il tentativo di presentare questo meccanismo come se fosse un progettista intelligente. La selezione naturale, però, non ha intelligenza. Non possiede una volontà che possa decidere ciò che è bene e ciò che è male per gli esseri viventi. Il risultato è che la selezione naturale non può spiegare in che modo i sistemi biologici e gli organi che hanno la caratteristica di “irriducibile complessità” siano giunti all’esistenza. Questi sistemi e organi sono composti da un gran numero di parti che collaborano assieme, e sono inutilizzabili se una di queste parti è mancante o difettosa (per esempio, l’occhio umano non funziona se non esiste con tutte le sue componenti intatte).
La volontà che mette insieme tutte queste parti, perciò, deve essere in grado di prevedere il futuro e mirare direttamente al vantaggio da raggiungere allo stadio finale. Poiché la selezione naturale non ha né consapevolezza o volontà, non può fare nulla di ciò. Questo fatto, che demolisce le basi della teoria dell’evoluzione, preoccupava anche Darwin, che scrisse: “Se si potesse dimostrare l’esistenza di un qualsiasi organo complesso che non abbia potuto essere formato attraverso modificazioni numerose, successive, lievi, la mia teoria dovrebbe assolutamente cadere.”18

Mutazioni
Le mutazioni sono definite come rotture o sostituzioni che avvengono nella molecola del DNA, che si trova nel nucleo delle cellule di un organismo vivente e contiene tutte le informazioni genetiche. Queste rotture o sostituzioni sono il risultato di effetti esterni quali le radiazioni o l’azione chimica. Ogni mutazione è un “incidente” che può danneggiare i nucleotidi che costituiscono il DNA o cambiarne la collocazione. Nella maggioranza dei casi, causano danni e modifiche tali che la cellula non può porvi rimedio.
Le mutazioni, dietro cui gli evoluzionisti spesso si nascondono, non trasformano gli organismi viventi in forme più avanzate e perfette. L’effetto diretto delle mutazioni è dannoso. I cambiamenti apportati dalle mutazioni possono essere equiparati solo a quelli subiti dagli abitanti di Hiroshima, Nagasaki e Chernobyl: cioè, morte e invalidità…
Il motivo è molto semplice: il DNA ha una struttura molto complessa e gli effetti casuali possono solo danneggiarla. Il biologo B. G. Ranganathan afferma:
Per prima cosa, le vere mutazioni sono molto rare in natura. In secondo luogo, quasi tutte le mutazioni sono dannose perché sono modifiche casuali, piuttosto che ordinate, alla struttura dei geni; ogni modifica casuale in un sistema altamente ordinato sarà per il peggio e non per il meglio. Per esempio, se un terremoto scuotesse una struttura altamente ordinata come un edificio, ci sarebbe una modifica casuale alla struttura dell’edificio stesso che, con ogni probabilità, non sarebbe un miglioramento. 19
Non sorprende che finora non sia mai stata osservata alcuna mutazione vantaggiosa. Tutte le mutazioni si sono dimostrate dannose. Lo scienziato evoluzionista Warren Weaver commenta la relazione stilata dalla Commissione sugli Effetti Genetici delle Radiazioni Atomiche, istituita per investigare le mutazioni provocate dalle armi atomiche utilizzate durante la Seconda Guerra Mondiale:
Molti saranno sconcertati dall’affermazione secondo cui, in pratica, tutti i geni mutanti noti sono dannosi. Perché le mutazioni sono una parte necessaria del processo dell’evoluzione. Come può un buon effetto – un’evoluzione verso forme superiori di vita – derivare da mutazioni che in pratica sono tutte dannose?20
Ogni sforzo compiuto per “generare mutazioni vantaggiose” è sfociato in un fallimento. Per decenni, gli evoluzionisti hanno condotto molti esperimenti per produrre mutazioni nei moscerini della frutta, poiché questi insetti si riproducono molto rapidamente e quindi le mutazioni compaiono rapidamente. Generazione dopo generazione, queste mosche sono mutate, tuttavia non è stata mai osservata alcuna mutazione vantaggiosa. Il genetista evoluzionista Gordon Taylor scrisse così:
È un fatto sorprendente, ma non molto citato, che sebbene i genetisti allevino moscerini della frutta da sessanta anni o più in tutto il mondo – mosche che producono nuove generazioni ogni undici giorni – non hanno mai visto emergere una sola nuova specie distinta e nemmeno un nuovo enzima.21
Un altro ricercatore, Michael Pitman, commenta il fallimento degli esperimenti svolti sui moscerini della frutta:
Morgan, Goldschmidt, Muller e altri genetisti hanno sottoposto generazioni di moscerini della frutta a condizioni estreme di caldo, freddo, luce, oscurità e a trattamenti con prodotti chimici e radiazioni. È stata prodotta ogni sorta di mutazione, praticamente tutte mutazioni insignificanti o addirittura deleterie. Evoluzione prodotta dall’uomo? In realtà no: pochi dei mostri creati dai genetisti avrebbero potuto sopravvivere al di fuori delle bottiglie nelle quali erano stati allevati. In pratica i mutanti muoiono, sono sterili o tendono a ritornare al tipo presente in natura.22
Lo stesso discorso vale anche per l’uomo. Tutte le mutazioni che sono state osservate negli esseri umani sono risultate deleterie. Tutte le mutazioni che hanno luogo negli esseri umani hanno come risultato deformità fisiche, infermità come *mongolismo, sindrome di Down, albinismo, nanismo o cancro. Inutile dire che un processo che lascia gli esseri umani invalidi o infermi non può essere un “meccanismo evolutivo” – si suppone che l’evoluzione produca forme migliori più adatte alla sopravvivenza.
Il patologo americano David A. Demick nota quanto segue in un articolo scientifico sulle mutazioni:
Letteralmente migliaia di patologie umane associate alle mutazioni genetiche sono state catalogate in anni recenti e se ne descrivono sempre di più. Un recente volume di riferimento di genetica medica elenca circa 4500 diverse malattie genetiche. Alcune delle sindromi ereditarie caratterizzate clinicamente nei tempi precedenti all’analisi genetica molecolare (come la sindrome di Marfan) si presentano ora come eterogenee; cioè associate a molte diverse mutazioni… Con questo insieme di malattie umane provocate dalle mutazioni, che ne è degli effetti positivi? Con migliaia di esempi di mutazioni dannose prontamente disponibili, sicuramente sarebbe possibile descrivere alcune mutazioni positive se la macroevoluzione fosse vera. Queste sarebbero necessarie non solo per l’evoluzione verso una maggiore complessità, ma anche per controbilanciare la spinta verso il basso delle mutazioni dannose. Ma, quando si giunge a identificare le mutazioni positive, gli scienziati evoluzionisti sono stranamente silenziosi.23
Il solo esempio che i biologi evoluzionisti danno di “mutazione vantaggiosa” è la malattia nota come anemia falciforme. In questa, la molecola di emoglobina, che serve a trasportare l’ossigeno nel sangue, viene danneggiata come risultato di una mutazione e subisce una modifica strutturale. Ne consegue che la capacità della molecola di emoglobina di trasportare ossigeno è seriamente compromessa. Per questo motivo, le persone affette da anemia falciforme soffrono di crescenti difficoltà respiratorie. Questo esempio di mutazione, discusso tra le malattie del sangue nei testi medici, è stranamente valutato da alcuni biologi evoluzionisti come “mutazione vantaggiosa”. Essi affermano che la parziale immunità alla malaria da parte di persone affette da questa malattia è un “dono” dell’evoluzione. Usando la stessa logica, si potrebbe dire che, poiché le persone nate con paralisi genetica alle gambe sono incapaci di camminare, e quindi sono immuni dall’essere uccise in incidenti stradali, la paralisi genetica alle gambe è una “caratteristica genetica vantaggiosa”. Questa logica è chiaramente del tutto infondata.
È ovvio che le mutazioni sono un meccanismo esclusivamente distruttivo. Pierre-Paul Grassé, ex presidente dell’Accademia francese delle scienze, si è espresso chiaramente su questo punto, parlando di mutazioni. Grassé ha paragonato le mutazioni a “errori di ortografia commessi copiando un testo scritto”. E come nel caso nelle mutazioni, gli errori di ortografia non possono dare origine ad alcuna informazione ma solo danneggiare informazioni che già esistono. Grassé lo ha spiegato così:
Le mutazioni, nel tempo, si verificano in modo incoerente. Non sono complementari fra di loro, né procedono in maniera cumulativa in generazioni successive verso una data direzione. Modificano il preesistente, ma lo fanno in modo disordinato, non importa come… Appena un tipo di disordine, anche piccolo, compare in un essere organizzato, segue la malattia, poi la morte. Non c’è alcun compromesso possibile tra i fenomeni della vita e l’anarchia. 24
Quindi, per tale motivo, come dice Grassé “non importa quanto numerose siano, le mutazioni non producono alcun tipo di evoluzione”25.

L’effetto pleiotropico
La prova più importante del fatto che le mutazioni portano solo danni è il processo della codificazione genetica. Quasi tutti i geni di un essere vivente portano con sé più di un‘informazione. Per esempio, lo stesso gene potrebbe controllare sia l’altezza che il colore degli occhi di quell’organismo. Il microbiologo Michael Denton spiega questa caratteristica dei geni negli organismi superiori, come gli esseri umani, in questo modo:
Gli effetti dei geni sullo sviluppo sono spesso sorprendentemente diversi. Nel topo domestico, quasi ogni gene del colore del manto ha un qualche effetto sulle dimensioni del corpo. Delle diciassette mutazioni al colore degli occhi indotte da raggi x nel moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, quattordici influenzavano la forma degli organi sessuali della femmina, una caratteristica che si sarebbe pensato fosse assolutamente non collegata al colore degli occhi. È stato scoperto che quasi ogni gene studiato negli organismi superiori ha effetti su più di un sistema corporeo, un effetto multiplo noto come pleiotropia. Come sostiene Mayr in Evoluzione e varietà dei viventi: “La stessa esistenza di non pleiotropici negli organismi superiori è in dubbio”.26
A causa di questa caratteristica della struttura genetica degli esseri viventi, qualunque modifica fortuita indotta da una mutazione, in qualsiasi gene del DNA, influenzerebbe più di un organo. Di conseguenza tale mutazione non sarebbe limitata a una parte del corpo, ma rivelerebbe più di un impatto distruttivo. Anche se uno di questi impatti si dimostrasse vantaggioso, come risultato di una coincidenza molto rara, gli inevitabili effetti degli altri danni che esso causa supererebbero di gran lunga tali benefici.
Per riassumere ci sono tre buoni motivi per cui le mutazioni non possono rendere possibile l’evoluzione:
1- L’effetto diretto delle mutazioni è dannoso: Dal momento che avvengono in modo causale, quasi sempre danneggiano l’organismo vivente che le subisce. La ragione ci dice che l’intervento inconsapevole in una struttura perfetta e complessa non migliorerà tale struttura, piuttosto le recherà danno. In realtà non è mai stata osservata alcuna “mutazione vantaggiosa”.
2- Le mutazioni non aggiungono alcuna nuova informazione al DNA di un organismo. Le particelle che costituiscono le informazioni genetiche sono tolte dal loro posto, distrutte o spostate in posti diversi. Le mutazioni non possono far sì che un essere vivente acquisisca un nuovo organo o una nuova caratteristica. Possono solo causare anomalie come una gamba attaccata al dorso o un orecchio che esce dall’addome.
3- Perché una mutazione sia trasferita alla generazione successiva, essa deve aver avuto luogo nelle cellule riproduttive dell’organismo. Una modifica casuale che avviene in una cellula o in un organo dell’organismo non può essere trasferita alla generazione successiva. Per esempio, un occhio umano alterato dagli effetti di radiazioni o da altre cause, non sarà trasferito alle generazioni successive.
Tutte le spiegazioni fornite in precedenza indicano che la selezione naturale e la mutazione non hanno alcun effetto evolutivo. Finora non si è riscontrato alcun esempio osservabile di “evoluzione” ottenuta con questo metodo. A volte, i biologi evoluzionisti affermano che “non è possibile osservare l’effetto evolutivo dei meccanismi della selezione naturale e della mutazione perché tali meccanismi avvengono solo nel corso di un lungo periodo di tempo. Questa argomentazione, però, che è solo un modo per farli sentire meglio, è priva di basi nel senso che manca di fondamenta scientifiche. Nel corso della vita, uno scienziato può osservare migliaia di generazioni di esseri viventi con vite brevi come i moscerini della frutta e i batteri e comunque non osserva alcuna “evoluzione”. Circa la natura immutabile dei batteri, un fatto che invalida l’evoluzione, Pierre-Paul Grassé afferma quanto segue:
i batteri…sono organismi che, a causa del loro enorme numero, producono la maggior parte dei mutanti. I batteri …mostrano una grande fedeltà alla propria specie. Il bacillo Escherichia coli, i cui mutanti sono stati attentamente studiati, è l’esempio migliore. Il lettore sarà d’accordo sul fatto che è a dir poco sorprendente voler provare l’evoluzione e scoprirne i meccanismi e poi scegliere come materiale di studio un essere che è praticamente stabile da miliardi di anni. A che servono le loro incessanti mutazioni se non producono alcuna modifica evolutiva? Insomma le mutazioni di batteri e virus sono solo fluttuazioni ereditarie intorno a una posizione mediana, un‘oscillazione a destra, una oscillazione a sinistra ma senza alcun effetto evolutivo finale. Le blatte, che sono uno dei gruppi di insetti più antichi, sono rimaste più o meno invariate dal Permiano tuttavia hanno subito tante mutazioni quante la Drosophila, un insetto del Terziario. 27
In breve è impossibile che gli esseri viventi si siano evoluti perché in natura non esiste alcun meccanismo che causi l’evoluzione. Inoltre questa conclusione va d’accordo con la prova dei reperti fossili che non dimostra l’esistenza di un processo evolutivo ma piuttosto proprio il contrario.

Tratto da: il darwinismo confutato


IL QUADRO COERENTE DELLA SCIENZA – STEFANO BERTOLINI RISPONDE ALLE 22 QUESTIONI DI ALDO PIOMBINO – QUESTIONE 16 DI 22 -

luglio 21, 2011
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Aldo Piombino ha posto 22 questioni in seguito alla pubblicazione del libro curato dal prof. Roberto de Mattei “Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi”. Queste 22 questioni sono state promosse entusiasticamente in internet fra i vari blog evoluzionisti come un’ottima sfida al creazionismo. Va considerata l’esperienza di Piombino che si è laureato in Scienze Geologiche, ma secondo la sua biografia “non ho fatto il geologo”. Le questioni vengono riprodotte per intero, corredate delle relative risposte.
Premessa A.Piombino: E’ vero. Non sono un ricercatore universitario, come lo sono invece tanti blogger scientifici. Proprio per questo mi sento libero di rivolgere alcune domande al Vice Presidente del CNR, il Professor Roberto De Mattei, che non solo è un antievoluzionista, ma ha organizzato, come ho già scritto, un convegno contro il darwinismo nella sede del CNR (convegno di cui peraltro non c’è traccia nel sito di questa organizzazione). Sono curioso di sapere come è possibile che oggi, quando l’evoluzionismo regge alla prova dei fatti “al dì là di ogni ragionevole dubbio,” un vicepresidenza [sic] del Consiglio Nazionale delle Ricerche, continui a contestarlo usando allo scopo i locali di questa organizzazione pubblica, che gli ha pure concesso 9.000 euro per stampare gli atti del suo workshop. Ammetto di essere molto lungo, ma la capacità di sintesi evidentemente non è il mio forte, e gli argomenti da toccare sono troppo vasti. Quindi, Caro Professor De Mattei, La prego di rispondermi o qui direttamente o inviandomi una E-mail al mio indirizzo aldo.piombino@tiscali.it per sapere dove mi ha risposto in modo che i miei 24 lettori ne siano informati.
16. IL QUADRO COERENTE DELLA SCIENZA: le osservazioni di uno sterminato numero di geologi, geofisici, biologi, paleontologi, astronomi, chimici, fisici, astrofisici, prendendo i dati dalle più disparate discipline forniscono un quadro coerente sulla storia della Terra, del Sistema Solare e dell’Universo, al di là di particolari nuovi che vengono fuori e che modificano in parte il quadro perchè ancora c’è parecchio da studiare.
Mi ha fatto piacere che Piombino riconosca che TUTTE le discipline della scienza nel loro insieme forniscono un quadro coerente della scienza. Siamo assolutamente daccordo su questo punto.

Il tutto praticamente senza voci contrarie all’interno della Scienza …

??????? Questo è una opinione personale non sostenuta da alcuna statistica o da un studio scientifico. Perché sempre più scienziati abbandonano l’ipotesi dell’evoluzione perché non regge all’indagine? Es:
  1. Anthony Flew, filosofo, ed il più noto ateo ha dichiarato di avere avuto torto nel suo libro “There is No A God”, “Dio esiste”.
  2. John Sanford, genetista.
  3. Più di 700 scienziati con dottorato: http://www.dissentfromdarwin.org. Fra gli iscritti ci sono anche coloro che non si riconoscono creazionisti ma non riescono a riconciliare l’ipotesi dellevoluzione con le prove nei loro vari campi di ricerca.








Molti scienziati creazionisti del passato che credevano in un Dio creatore hanno cambiato la storia della scienza. Per elencare solo alcuni dei più noti: Francis Bacon (1561–1626) Metodo scientifico, Galileo Galilei (1564–1642) Fisica, astronomia, Johann Kepler (1571–1630) Astronomia scientifica, Athanasius Kircher (1601–1680) Inventore, Blaise Pascal (1623–1662) Idrostatica; Barometro, Robert Boyle (1627–1691) Chimica; dinamica dei gas,
Nicolas Steno (1631–1686) Stratigrafia, Isaac Newton (1642–1727) Dinamica; calculo; legge gravitazionale; telescopio a riflessione; spettro visibile (scrisse più sulla bibbia che sulla scienza, e forte sostenitore di un Dio Creatore), Carolus Linnaeus (1707–1778) Tassonomia, Michael Faraday (1791–1867) Elettro magnetica; teoria del campo, generatore, Samuel F.B. Morse (1791–1872) Telegrafo, Joseph Henry (1797–1878) Motore elettrico; galvanometro, James Joule (1818–1889) Thermodinamica, Gregor Mendel (1822–1884) Genetica,
Louis Pasteur (1822–1895) Batteriologia; biochimica; sterilizzazione; immunizzazione, Nicolae Paulescu (1890–1960) Fisiologia umana; medicina. Gli scienziati creazionisti continuano le loro ricerche d’avanguardia, spesso riconosciuti fra i primi nei loro campi, per fare avanzare la scienza.
…nei confronti dell’impianto generale del sistema, nonostante i contrasti, anche forti, sulla interpretazione dei dati. Non La fa sentire a disagio essere in disaccordo totale con tutti ?
Siamo completamente sereni nella conoscenza che siamo in buona compagni con autorevoli scienziati delle storia della scienza umana. Personalmente, essendomi convertito da evoluzionista ed ateo, posso dire di essere contento della mia visione del mondo che mi permette di avere una mente aperta a considerare tutte le possibilità. Il riconosciuto leader mondiale Richard Lewontin (Prof. Biologia & Zoologia Harvard) che promuove la biologia evolutiva dichiara (corsivo presente nel testo originale):
Noi difendiamo la scienza nonostante l’evidente assurdità di alcune delle sue affermazioni, nonostante essa non riesca a realizzare molte delle sue stravaganti promesse sulla salute e sulla vita, nonostante la tolleranza della comunità scientifica per delle favole immaginarie prive di verifica, perché abbiamo un impegno aprioristico, un impegno materialista. Non è che i metodi e le istituzioni della scienza ci obblighino ad accettare una spiegazione materialista dei fenomeni, ma al contrario, siamo costretti dalla nostra adesione aprioristica alle cause materiali a creare un apparato d’investigazione ed una serie di concetti che generano spiegazioni materialistiche; non importa quanto contro-intuitive, non importa quanto mistificanti per i non addetti ai lavori. Non solo, ma tale materialismo è un assoluto, perché non possiamo aprire la porta al Piede Divino”, Billions and billions of demons, The New York Review, 9 January 1997, p. 31
Come è possibile che gli attacchi a questo quadro si basino esclusivamente su una interpretazione rigida della Bibbia?
Gli studi nelle varie discipline della scienza hanno fornito sufficienti prove da sostenere la veridicità di quanto la Bibbia afferma per le nostre origini. La Bibbia non è un libro di scienza, ma ci dà una struttura congrua con le osservazioni della scienza.
Leggendo il suo curriculum vitae, come può entrare così pesantemente in questioni di cui non si è mai minimamente occupato, al contrario della folta schiera di cui sopra, asserendo inoltre che questi dicono una montagna di fesserie?

Vediamo la biografia di A.Piombino: iscritto a Scienze Geologiche, “non ho fatto il geologo. Mi interesso di Scienze della Terra, Scienze della Vita, … e origine delle lingue”* (secondo il suo blog).
*Le consiglio di leggere: C.H.Kang, The Discovery of Genesis, Concordia Publishing House, St.Louis, ISBN 0-570-03792-1
Per lo stesso ragionamento, perché A.Piombino tratta argomenti in cui non è “qualificato”, come nel suo blog e il dibattito del 22 ottobre a Roma?
Lo studio delle nostre origini coinvolge un quadro completo di tutte le discipline, come anche scritto da Piombino nella premessa di questa questione. Questo non è compito che spetta esclusivamente alla biologia. Anzi, la scienza (inclusa la biologia) avanza senza l’evoluzione:
In realtà, negli ultimi 100 anni, quasi tutta la biologia è avanzata indipendentemente dall’evoluzione, eccetto la biologia evolutiva stessa. La biologia molecolare, la biochimica, la fisiologia non hanno assolutamente considerato l’evoluzione” Dr Marc Kirschner, presidente fondatore del Reparto dei Sistemi Biologici, Harvard Medical School, The Boston Globe, 23 Ottobre 2005.
L’evoluzione darwiniana – quali che siano le altre sue virtù – non fornisce una euristica vantaggiosa alla biologia sperimentale.” Philip S. Skell, Professore Emeritus dell’università di Pennsylvania State, e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, ‘Perché invochiamo Darwin? La teoria dell’evoluzione contribuisce ben poco alla biologia sperimentale’, The Scientist 19(16):10, 29 Agosto 2005.
Gli evoluzionisti non dicono fesserie, semplicemente i loro presupposti li portano ad interpretare i dati secondo il loro paradigma o visione del mondo.
Come fanno i suoi accoliti a negare tutto questo? Perchè rifiutano il confronto, le banche dati esistenti, la peer-review?
Prendiamo esempi reali del rifiuto del confronto:

  1. 16 Nov 2009: A.I.S.O. organizza un confronto scientifico all’Università di Bergamo. Il giorno dopo che esce la pubblicità in Internet per opposizione da parte della nomenklatura evoluzionista, all’ultimo momento l’Università di Bergamo annulla l’evento.
  2. Marzo 2010: Fu organizzato il Convegno Globale Ateo, Melbourne, Australia. Una delle prime associazioni creazioniste del mondo, Creation Ministries International, con un équipe di scienziati (biologi, genetisti, fisici, geologi, ecc) invita più volte i rappresentanti del convegno ateo (partecipava anche R.Dawkins) ad un dibattito pubblicizzato. Si sono rifiutati.
Chi ha orgaizzato il dibattito del 22 ottobre a Roma, ove ha partecipato anche Piombino? A.I.S.O! Con dei dati tangibili in mano, ripetiamo la domanda. Chi rifiuta il confronto?
I dati e le prove sono sempre le stesse. Cambia solo l’interpretazione!

I creazionisti sono costretti a pubblicare in riviste creazioniste ove vengono applicate le stesse regole per la peer-review. Le riviste evoluzioniste rifiutano a priori la pubblicazione di articoli creazionisti. Dei docenti evoluzionisti sono stati licenziati per aver osato mettere in dubbio l’evoluzione (o solo accennarvi con domande che stimolano la discussione), nonostante aderissero completamente al paradigma dell’evoluzionismo. Questa pressione della nomenklatura evoluzionista è stata presentata nel documentario Expelled, No Intelligence Allowed.








Perchè la maggior parte di loro non hanno una specifica formazione biologica in una Università “normale”?
Che delusione! Siamo partiti bene nella premessa della domanda, dichiarando che il quadro completo della scienza considera veramente ogni disciplina. Ora siamo tornati alla solita frottola della biologia…
Come esempio della specifica formazione del gruppo di scienziati creazionisti della Creation Ministries International, si trova a http://creation.com/about-us#who_we_are. Ci sono anche biologi! Anzi, 8 dei 27 elencati hanno una formazione nel campo della biologia (30%).

Ancora una volta torniamo ad unopinione personale non sostenuta da alcuna statistica o da uno studio scientifico. Piombino ha forse preparato una lista esaustiva di tutti i proponenti creazionisti, ha verificato sia la loro laurea che il loro campo di lavoro ed ha applicato un calcolo statistico per arrivare a questa conclusione? Direi proprio di no. Come si vede troppo frequentemente, gli evoluzionisti ricorrono a generalizzazioni infondate.
Perchè rifiutano esperimenti e osservazioni empiriche?
Gli scienziati creazionisti regolarmente conducono esperimenti e accettano dati empirici, come quelli della selezione naturale. Sicuramente Piombino sarà consapevole che, per definizione, non si possono condurre esperimenti empirici sull’evoluzione. Per definizione non ci sono dati empirici dell’evoluzione della vita (Es. abiogenesi). Ricordiamoci che l’evoluzione non è la stessa cosa della selezione naturale. Sono due meccanismi completamente diversi.
Mi è difficile capire perché gli evoluzionisti non riescono a comprendere che l’ipotesi dell’evoluzione non rientra nei criteri della scienza, anche prendendo definizioni diverse di quello che costituisce una vera scienza. Il padre del metodo scientifico moderno della falsificabilità ha dichiarato:

Sono arrivato alla conclusione che il Darwinismo non è una teoria verificabile, ma un programma di ricerca metafisica”, K.Popper, Unended Quest: An Intellectual Autobiography [1974], Open Court: La Salle, Ill., Revised Edition, 1982, p.168
Un’altra definizione di una teoria scientifica è che deve essere testabile, osservabile e ripetibile. Non possiamo testare labiogenesi (detta evoluzione chimica), né la mutazione di un organismo in uno completamente diverso per discendenza e modificazione, nessuno lo ha osservato e meno male che la abiogenesi e l’inizio della vita non sia ripetibile! 60 anni di ricerche ed il bombardamento di mosche con sostanze che causano mutazioni genetiche non hanno portato ad alcuna specie ex novo Sono sempre rimaste mosche. Mosche morte, mosche disabilitate, ma sempre mosche.
Come è possibile che ci sia una lobby di persone così gigantesca che ha il solo scopo di combattere la Religione?
Esiste un numero limitato di persone che hanno lo scopo di combattere la Religione, come Richard Dawkins. L’evoluzione è la loro Religione.
L’evoluzione viene promossa dai suoi praticanti come più che solo scienza. L’evoluzione viene promulgata come una ideologia, una religione secolare – una completa alternativa al cristianesimo, con significato e moralità. Sono un evoluzionista fervente ed ex-cristiano, ma devo ammettere … che chi si attiene alla lettera ha assolutamente ragione. L’evoluzione è una religione. Ruse, M. (Prof. di filosofia e zoologia), How evolution became a religion: creationists correct? National Post, pp. B1,B3,B7 May 13, 2000.
La maggioranza degli evoluzionisti lo è per “effetto collaterale” dovuto ad un sistema didattico evoluzionista e prevenuto.
Stefano Bertolini
Presidente AISO

Ferdinando Catalano: la vita nasce dal futuro (devoluzionismo?)

luglio 15, 2011
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Segnalo la recensione del libro del prof. Ferdinando Catalano rirpesa dal blog:

«Dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta,

per improbabile che sia, deve essere la verità»

Con questa citazione à la Sherlock Holmes si apre la breve e limpida indagine del professor Catalano – fisico e ricercatore nel campo dell’ottica oftalmica, insegna Optometria presso l’Università del Molise; si è occupato , tra l’altro, di datazione radiometrica in paleoantropologia e delle implicazioni tra fisica e teoria dell’evoluzione biologica – su quel tema, ormai sottratto ai “determinismi casualistici” (contraddizione in termini?) dell’evoluzionismo, che è la vita.
Dirò subito che di Catalano va apprezzato assolutamente il punto d’arrivo del suo saggio La vita e il respiro e ogni cosa (Aracne Editrice, Roma 2009): il primo tentativo – in cui mi sia imbattuto – di offrire una alternativa scientifica al flop della teoria dell’Evoluzione.
Che il darwinismo e i suoi epigoni siano al loro tramonto sono ormai in vari a sostenerlo (seppur ancora una minoranza), che altre teorie scientifiche – e non mere riflessioni filosofiche o mitologiche (nel senso nobile del termine) – siano possibili, questo l’ho trovato finora solo in Catalano. Il quale peraltro, lo vedremo, è costretto a ipotizzare qualcosa di shockante, tale da richiedere veramente la citazione con cui si è aperto il nostro pezzo.
A Catalano muovo subito l’unica obiezione di cui il sottoscritto sia capace: e se l’origine della vita, e della vita umana in particolare, fosse qualcosa tale da sfuggire all’indagine scientifica? Se si trattasse di una zona, per così dire, doganale, cui la scienza può affacciarsi senza punto poter esibire le proprie rivendicazioni?
Questa è in effetti fino ad oggi la mia posizione. Né però ritengo di dover dribblare un confronto scientifico, anzi è quanto mai urgente.
Con questi sentimenti possiamo avviarci alla lettura del saggio del prof. Catalano: La vita e il respiro e ogni cosa.
1. Punto primo, il testo vuole essere una risposta personale dell’autore all’attacco ateologico dell’evoluzionista Dawkins, autore di Illusione di Dio.
2. Punto secondo, l’autore vuole mostrarci solo che l’abiogenesi è impossibile: tanto meno avrà senso parlare di evoluzionismo. Abiogenesi è la generazione della vita dalla non vita. Tolta questa abbiamo troncato alla base l’ipotesi dell’evoluzionismo.
Tra le considerazioni di apertura ci sono gli asserti secondo i quali «scartiamo la possibilità che sia stata osservata in natura la generazione spontanea…Redi, Spallanzani e Pasteur hanno definitivamente chiarito che Omne vivo e vivo» e che «gli esperimenti di laboratorio… siano viziati sia nel metodo che nel merito» (p. 23).
Di più, si sostiene che «l’abiogenesi non possa avere lo status di teoria in quanto non confutabile attraverso esperimenti realizzati in modo neutro» (p. 24). Segue un capitolo e mezzo che va ad enucleare le tesi fin qui esposte.
3. Il terzo capitolo affronta l’ipotesi della panspermia. L’idea che la vita provenga da particelle spaziali, e in genere da elementi trasportati da altri pianeti viene rivisitata attraverso le intuizioni di Anassagora, W. Thomson e H. von Helmholtz, S. Arrhenius, F. Crick, C. Pillinger sempre più attratti dalle apparenti virtù biotiche di meteoriti o altri reperti cosmici. Contro tutti si alza una sola obiezione, l’unica che prema al nostro: «Pur volendo ammettere che tutte queste difficoltà siano state superate… il problema dell’origine della vita è solo spostato da un’altra parte: da dove proveniva la vita su Marte?» (p. 42).
4. Il fantomatico brodo primordiale è al centro del quarto capitolo: la vita sarebbe il prodotto di particolarissime condizioni atmosferiche dei tempi antichi?
Pare di no, infatti «oggi si afferma che, in base ai dati sperimentali ottenuti facendo la media di tutte le rocce disponibili di una certa età, l’atmosfera del passato non era molto diversa dall’attuale» (p. 44). Considerazione, questa, che dice molto sulla natura acriticamente pregiudiziale di tanta scienza contemporanea.
Ma se anche valesse l’ipotesi dell’eterogeneità atmosferica antica, rimarrebbe un altroinsuperabile gap: dovremmo cioè rinvenire «tracce abbondanti di sostanze organiche azotate nelle rocce sedimentarie dell’Archeozoico» ma non si trovano.
Certo, l’assenza si potrebbe giustificare con «una fase prebiotica ridotta nel tempo (non ci sarebbe stato il tempo sufficiente per un assorbimento significativo nelle rocce archeozoiche)» ma anche così vacilla un caposaldo dell’abiogenesi, per la quale «l’evento fortuito necessitò di tempi molto lunghi per verificarsi». Conclusione: i difensori dell’abiogenesi hanno a che fare con una «coperta troppo corta» (p. 47).
5. Quanto all’esperimento di Miller-Urey, se ne elencano le lacune di metodo e di risultato («In nessuno degli esperimenti… sono stati prodotti tutti e venti gli amminoacidi costituenti le proteine» p. 55), e si palesa come «le pubblicazioni scientifiche per gliaddetti ai lavori rispecchiano fedelmente tutto il pessimismo e la difficoltà nel sostenere una certa teoria» (p. 56).
6. Il nodo della coperta corta depone anche a sfavore delle cosiddette proto cellule di Fox – «disordinate catene di amminoacidi» che «con la cellula» non hanno a che fare «nulla o quasi» (p. 59) –: infatti «se l’assenza di ossigeno atmosferico è indispensabile per la sintesi di proteine, la stessa assenza di ossigeno è il principale responsabile dell’impossibilità di sopravvivenza di ciò che il caso avrebbe messo insieme» (p. 60).
Segue un tentativo esplicativo basato sul RNA, che però necessita ancora dell’ausilio delle proteine, e di cui quindi rimane insoluta l’origine.
E a ruota si snocciolano altre teorie e ipotesi (di Wachtershauser, di Cairns-Smith, di Gold, di Lancet, Segrè e Ben-Eli, di Dawkins, di Panno, di Brown e Kornberg, di De Sousa – p. 67). A questo punto Catalano propone di andare subito al sodo, cioè a quel principio fisico in grado di fallare ogni proposta abiogenetica: l’entropia e dintorni.
7. La termodinamica ci insegna che «è impossibile costruire un motore che lavori continuamente e produca dal nulla lavoro o energia cinetica» (p. 71), ma appunto questa è la pretesa dell’abiogenesi, che cioè «in un sistema caotico di molecole organiche immerso in un ambiente idoneo e prestabilito, l’apporto di energia dall’esterno possa aver innescato la scintilla della vita… Il risultato finale è un sistema – la cellula vivente – in cui si è creato “ordine” dal “disordine”» (p. 72).
Seguono varie pagine di formule ed esempi, i quali – passando anche per il celebre caso del “diavoletto di Maxwell” – mostrano come gli apporti energetici, privi di adeguate immissioni di informazione, siano per sé inadeguati a spiegare la comparsa della vita in un sistema entropico come il nostro. L’impasse ci raggiunge già a livello chimico – le proteine – ma «la complessità biochimica della vita è di molti ordini di grandezza superiore alla complessità delle reazioni chimiche» (p. 87). Detto altrimenti, «l’entropia è la misura della mancanza di informazione» (p. 89), il passaggio a livelli superiori di complessità biologica potrà allora avvenire solo con l’introduzione di massicce dosi di informazione.
8. Gli evoluzionisti obiettano, portando sul tavolo i casi di neghentropia o entropia negativa: «che interessa i sistemi aperti che scambiano energia e materia e nel quale una forte dissipazione di calore produce un aumento della complessità e quindi dell’informazione». Peccato che tali fenomeni riguardano una classe di complessità «che dista anni luce dalla complessità di un organismo vivente» (pp. 96-97).
9. Il colpo finale alla razionalità evoluzionista viene dal calcolo statistico: gli evoluzionisti oltre a giostrarsi con coperte troppo corte, e a violare le leggi della termodinamica, dovrebbero pure riuscire a collezionare successioni di eventi statisticamente impressionanti per portare a casa la realtà delle loro ipotesi.
Già Hoyle sosteneva che «la probabilità della generazione spontanea della vita nel brodo primordiale sarebbe uguale a quella che ha un tornado che passando attraverso un deposito di rottami riuscisse ad assemblare un Boeing 747» (p. 110).
Risposta degli evoluzionisti: basta avere molto tempo e puntare a piccole conquiste graduali, volendo rispondere per le rime diranno «prendete una scimmia, mettetela davanti a una macchina da scrivere e dategli tutto il tempo che vuole e vi scriverà la Divina Coommedia».
Sì, peccato che il contenuto informativo di una cellula vivente è circa 5000 volte superiore a quello dell’intera Divina Commedia (p. 112).
Ciò detto inizia una serie di calcoli che porta a due conclusioni.
Anzitutto si vede come il contenuto di informazione richiesto perché si generi spontaneamente la vita è tale da rendere la probabilità di realizzazione casuale dell’evento pari a 1/10-863 (pp. 112-120). Quindi si chiede di porre un limite di probabilità statistica oltre il quale non abbia più senso parlare del caso, un contenuto informativo cioè la cui complessità sia tale da poterlo ancora leggere come possibile fenomeno scientifico – anche casuale – e non già invece come dato di fede (religiosa, ideologica, temporale o altro).
Borel propone un limite statistico di 1/10-50, limite che Dembsky sposta a 1/10-150; laddove – tanto per esemplificare – la probabilità di vincere a una Lotteria su scala planetaria è pari a 1/10-9 (pp. 120-124).
Circa l’ipotesi di una evoluzione per rampe e accumuli successivi (Gould direbbeExaptations), essa contraddice la natura olistica e teleologica delle strutture biologiche [come sostenuto non solo da promotori dell’ID, ma anche da panteisti quali F. Capra, o agnostici alla G. Edelman – nomi cui il testo non fa riferimento, e che mi permetto di aggiungere io].
10. Il libro conclude con meditazioni attorno ai buchi dell’evoluzionismo, all’opportunità di un Dio che spieghi tali buchi, ma che non sia solo un tappabuchi, ecc.
11. Io invece avrei terminato col terz’ultimo capitolo, che fin qui non abbiamo visto, e che – pur nella sua eccentricità – mi pare introduca gli spunti più originali al dibattito sulla vita e l’evoluzione.

È una proposta di indicare una via d’uscita scientifica alle tesi antievoluzioniste, senza punto cadere nel creazionismo.

Il grimaldello argomentativo è la teoria sintropica della vita.

Il pioniere è Fantappiè, secondo il quale si danno «fenomeni che evolvono dal futuro verso il passato» il che «ha avuto riscontro sperimentale nell’osservazione, in laboratorio, di antiparticelle e di fenomeni di non-località quantistica». Forte delle premesse di Einstein e, superando la mera speculazione matematica del Poincaré, Fantappié pensa di risolvere l’equazione delle onde di D’Alembert riferendosi alle «onde convergenti o dei potenziali anticipati», e ritiene «che questa soluzione corrisponde ad una nuova classe di fenomeni che egli definì sintropici e sono quelli in cui si verifica un aumento dell’ordine e della complessità. In tali fenomeni si manifesta una finalità intrinseca: la causa sorgente delle onde convergenti è infatti posta nel futuro» (p. 104).

De Beauregard (1957), P. Heyl (1897) e Schrodinger (1925) confermano in vario modo la ipotesi sintropica; il cui limite maggiore, da un punto di vista di epistemologia scientifica, è la non riproducibilità in laboratorio. E si capisce: come influenzare una causa posta nel futuro rispetto a noi?

Rimane allora la provocazione – meno fideista di quella dell’evoluzionismo, meno frustrante del pessimismo razionalista dei creazionisti – di pensare che «la materia vivente, invece di diventare sempre più disorganizzata, potrebbe reagire a segnali quantistici provenienti dal futuro, cioè all’informazione necessaria per lo sviluppo della vita. E quanto all’universo, invece di essere destinato a un disordine e ad una decadenza sempre più grande, tenderebbe, al contrario, ad uno stato sempre più ordinato e complesso… Questa causa finale sarebbe una sorgente di informazione, un’Intelligenza situata nel remoto futuro la cui sorgente è nell’eternità».
Finale col botto, dunque.
Né appagabile dagli esperimenti di laboratorio, per le ragioni già spiegate.
Eppure più compatibile con le esigenze della spiegazione logica dei fenomeni universali; e infine curiosamente coerente con gli attuali studi circa lo sviluppo delle religioni.
Ma non si tratta di creazionismo camuffato? No.
In primis i creazionisti non osano tanto apporto scientifico, ma si basano sulla cogenza degli asserti biblici.
In secundis, appunto, una via di indagine scientifica è avviata, pur con i suoi limiti (o non sono forse i nostri limiti?).
Da ultimo, come sempre, tale fenomeno si presterebbe a varie interpretazioni, e questo – con tutti i rischi del caso – lo scagionerebbe almeno dall’accusa di cripto-cattolicismo: volete un esempio? La lettura fantascientifica che Giacobbo offre circa l’apocalisse Maya del 2012, basata sull’idea che marziani dal futuro ci stiano inviando messaggi per prepararci a eventi catastrofici.
Colpo basso agli evoluzionisti, quindi. Ma con l’urgenza di pensare più a fondo le suggestioni ricche di Fantappié-Catalano.
E per gli scettici non c’è che leggersi il libro.

 

vecchie interpretazioni passate come vere

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Tra i tanti articoli, notizie e altro che in questi giorni sono stati divulgati dal portale dell’evoluzione di Telmo Pievani vi è questo articolo segnalatomi da alcuni lettori del comitato antievoluzionista: http://www.pikaia.eu/EasyNe2/Notizie/Quando_i_mitocondri_avevano_la_coda.aspx.
Quando nel pezzo si riferiscono al Midichloria mitochondrii intendono il batterio flagellato parassita dei mitocondri “ospite” negli ovociti delle zecche identificato nel 2004 come IricES1.
Riporto la risposta di un ricercatore che non vuole sia fatto il suo nome a causa di problemi che avrebbe sul posto di lavoro:
…l’idea che i mitocondri siano dei batteri in simbiosi con le cellule eucariote e’ antica e tutta da dimostrare. Ci sono indizi, come al solito che puntano in questa direzione, ma che possono essere letti in altre chiavi. Questo batteri per la loro specifica azione di simbionti e fagocitatori dei mitocondri, si prestano bene a essere identificati come discendenti del progenitore che origino’ i mitocondri. Nella sostanza si parla, come sempre, di interpretazioni fatte passare come certezze.
Si badi bene, ad oggi sono le interpretazione dei dati a sostenere l’ipotesi neodarwiniana non prove oggettive.
F.F.

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