“Tutto
è perduto con la guerra, tutto può essere salvato con la pace” (Pio
XII)
CASO WILLIAMSON, VATICANO II e GIUDAISMO
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DON CURZIO NITOGLIA
20 febbraio 2009
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1°) Benedetto XVI (il 21 gennaio 2009) ha revocato la
scomunica del 1° luglio 1988, che fu comminata ai quattro vescovi della FSSPX
consacrati il 30 giugno ’88, da mons. Marcel Lefebvre e Antonio de Castro Mayer.
2°) Immediatamente i ‘media’ hanno orchestrato una campagna
di linciaggio contro papa Ratzinger e la FSSX, specificatamente nella
persona di mons. Williamson, reo di aver esposto (in Canada, venti anni or sono)
una sua opinione sulle tesi degli storici che hanno rivisitato la ‘shoah’
(parola ebraica, che tradotta in italiano significa “catastrofe” e non
“olocausto” come si vorrebbe far intendere) e sulla quale è stato chiamato a
rispondere di nuovo nell’ottobre 2008 dalla TV svedese, in Germania.
3°) Il rabbinato mondiale ha chiesto al Papa di ri-scomunicare
Williamson, e alla FSSPX di dire chiaramente se accetta totalmente il
Vaticano II, specialmente “Nostra aetate” e l’insegnamento sull’ebraismo
del post-concilio. Purtroppo tale richiesta è stata fatta propria, in pieno, da
Benedetto XVI nella ‘Nota della Segreteria di Stato’ (4 febbraio 2009).
4°) Il rabbino capo di Roma ha detto che il problema centrale
non è tanto la revisione della volgata sulla ‘shoah’ (sollevata dai ‘media’ a
proposito di mons. Williamson) quanto quello della non accettazione del
mutamento di atteggiamento teologico verso l’ebraismo, iniziato da
Giovanni XXIII col Vaticano II e portato avanti da Paolo VI e soprattutto da
Giovanni Paolo II. Quando Ratzinger emanò il “Motu proprio” sulla Messa
tridentina era lecito (non doveroso) sperare, senza farsi illusioni, che volesse
riassorbire, gradualmente, il disastro liturgico provocato da Paolo VI col NOM
(1970); nulla di più ma pur sempre qualcosa. Credere ancora adesso, dopo le sue
ultime affermazioni, che voglia rivedere e correggere il Vaticano II,
significherebbe “impugnare la verità conosciuta”.
5°) Chi è realmente Ratzinger? Qual’è la sua posizione attuale
sul Vaticano II e sul giudaismo? Si poteva sperare che le macerie del
post-concilio lo avessero fatto ricredere almeno in parte, specialmente sulla
liturgia. Invece il caso Williamson ha scoperto ciò che realmente bolliva in
pentola. Ratzinger vuole l’attuazione piena e totale del concilio e specialmente
del dialogo inter-religioso soprattutto col giudaismo. Se la risposta di
Ratzinger, dell’agosto 2007, al libro di rabbi Jacob Neusner, Disputa immaginaria
tra un rabbino e Gesù. Quale maestro seguire? (Casale Monferrato, Piemme,
1996) ci aveva dato qualche speranza, le prese di posizione odierne ce l’hanno
tolta totalmente. Alfred Lapple, vecchio professore di Ratzinger, presso il
Seminario di Frisinga, ha raccontato all’Avvenire (4 febbraio 2009, p.
32) che all’origine della formazione intellettuale di Benedetto XVI vi sono,
oltre de Lubac e von Balthasar, addirittura Martin Buber, colui che ha
volgarizzato, reso “di massa” la cultura ebraico-chassidica mistica ed
esoterica. Il professore israeliano Israel Shahak (che ha perso i genitori
nel campo di lavoro nazional-socialista di Bergen Belsen, ove anche lui fu
rinchiuso) ha scritto che Buber è stato «uno dei maggiori mistificatori (…),
nelle sue numerose opere in cui esalta l’intero movimento chassidico, non si
trova una sola riga sulle vere dottrine chassidiche che riguardano i non-ebrei
(…). Le opere di Buber furono tradotte in ebraico e diventarono un formidabile
strumento educativo nelle scuole d’Israele, aumentando il potere dei leader
chassidici, letteralmente ‘assetati di sangue’, nel promuovere lo sciovinismo
israeliano e l’odio verso tutti i non-ebrei (…). Sono convinto che
nessuno ha lasciato un’eredità più malefica della sua [di Buber]» (Storia
ebraica e giudaismo, Verrua Savoia, CLS, 1997, pp. 57-58). Inoltre Maurizio
Crippa su Il Foglio (4 febbraio 2009, p. 3) scrive che Benedetto XVI «è
il teologo che ha scavato di più nelle premesse ebraiche del cristianesimo […].
Nei primi anni Settanta Ratzinger entra in rapporto con ‘La Comunità
Cattolica di Integrazione’, che dal primo dopoguerra aveva avviato una
profonda revisione teologica e spirituale del cattolicesimo tedesco […]. “Dio
può avere due spose [Sinagoga e Chiesa]? Non è forse questa divisione tra
sinagoga e ‘ecclesia’, così piena di male, il motivo più profondo di tutte le
divisioni che seguirono nella storia della Chiesa? … Non è forse che la
Chiesa debba radicarsi nell’ebraismo, per poter essere del tutto cattolica, e
cioè universale?”. Il rapporto di stima tra Ratzinger e questa Comunità
(sarà lui, arcivescovo di Monaco, ad approvarne nel 1978 gli statuti) non si è
mai interrotto» ([1]) e lo si vede.
6°) Padre Federico Lombardi, ha dichiarato che “chi nega la
‘shoah’ nega la Croce di Cristo”! “Tenebrae factae sunt”! “Questa è l’ora
vostra e del potere delle tenebre”.
7°) Cosa succede realmente? Penso occorra distinguere.
a) Innanzitutto non bisogna illudersi: Benedetto XVI non è san Pio X, ha
avuto una formazione neo-modernista, intellettualmente è influenzato,
tuttora, fortemente dall’hegelismo e dal modernismo. Se nel 2007 si poteva
sperare “contra spem” senza illudersi, ora non più. Se ha ceduto per
debolezza o se era tutto studiato a tavolino, solo Dio lo sa con certezza. Noi
possiamo avere soltanto delle congetture o opinioni. Bisogna riconoscere che ha
subìto delle pressioni notevolissime da parte del giudaismo ad extra e
dell’episcopato ad intra. Ma se è umano aver paura del leone che vuol
sbranarci ‘al Colosseo’, non licet “cambiare fede” per paura dei leoni.
b) Alla luce
di quanto successo si può pensare (è un’opinione molto probabile, non una
certezza, almeno per me) che la manovra dal “Motu proprio” del 7 luglio
2007, sino alla revoca della scomunica (21 gennaio 2009) sia stata una
“trappola” tesa, lucidamente, a chi ancora non aveva ceduto alle “novità”
conciliari e post-conciliari, ivi inclusa la teologia del
“giudeo-cristianesimo”, iniziata con “Nostra aetate” (1965), proseguita
con “l’Antica Alleanza mai revocata” (1981) e “i fratelli maggiori
nella fede” (1986), portata poi a termine proprio da Benedetto XVI ad
Auschwitz, il 28 maggio 2006, quando ha esclamato rivolgendosi a Dio:
“Svegliati! Non dimenticare la Tua creatura, l’uomo!”, riprendendo così
la ‘teologia del silenzio di Dio’, cara a Hans Jonas e a G.B. Metz, i quali
negano la bontà, onnipotenza, provvidenza di Dio e dubitano persino della sua
esistenza, per aver taciuto di fronte alla ‘shoah’. Tra non molto i rabbini
chiederanno a Ratzinger di scomunicare anche Dio. Allora si poteva
pensare che Ratzinger equiparasse la “catastrofe” del popolo ebraico
all’Olocausto di Cristo; oggi, 4 febbraio 2009, se ne ha la certezza di
fronte alla “Nota della Segreteria di Stato”, dettata da Ratzinger stesso, in
cui si legge che “le posizioni di mons. Williamson sono assolutamente
inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre”, il quale il 28 gennaio
scorso “ha ribadito la sua piena e indiscutibile solidarietà con i nostri
Fratelli destinatari della Prima Alleanza”, onde il “Vescovo
Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa, dovrà
anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle
sue posizioni riguardanti la shoah”. Non si parla più di Antica o
Vecchia Alleanza, cui è succeduta la Nuova ed Eterna, ma di
Prima, quasi vi fossero due Alleanze parallele, una (la Prima) per
l’ebraismo e l’altra (la Seconda) per le Genti convertitesi a Cristo
([2]). Inoltre, che io
sappia, la ‘shoah’ non è un dogma di Fede rivelata e definita, onde per far
parte della Chiesa occorra professare la propria “fede” nella ‘shoah’. Questa è
la prova provata della evoluzione eterogenea del “dogma” conciliare e
post-conciliare, dell’ “ermeneutica” della discontinuità o ‘rottura’ e
dell’inconciliabilità tra concilio e Tradizione.
8°) Quali sono i punti in questione, per noi,
irrinunciabili?
a) Il
deicidio: per i cattolici Gesù è
vero Dio e vero uomo, la sua uccisione, perciò, è un vero ‘Dei-cidio’.
L’ebraismo non crede alla sua divinità, ma non può imporre ai cristiani di
rinnegarla o di non professarla pubblicamente (cfr. mons. Brunero Gherardini, La vexata
quaestio del deicidio, Città del Vaticano, in “Divinitas”, n.° 2/2008, pp.
215-223. Id, Sugli Ebrei: così,
serenamente, Frigento, in “Fides Cattolica”, n.° 1/2009, pp. 245-278). Per i
Vangeli e tutti i Padri della Chiesa, da sant’Ignazio d’Antiochia (+ 107) a
sant’Agostino (+ 430), e quindi infallibilmente, il giudaismo religione
rabbinica o post-biblica è responsabile della morte di Gesù. San Tommaso
d’Aquino, il Dottore Comune della Chiesa, insegna che “i giudei peccarono, non
solo uccidendo Cristo come uomo, ma anche come crocifissori di Dio” (S. Th.,
III, q. 47, a. 5). Infatti per il dogma dell’Unione Ipostatica, la natura umana
di Cristo sussiste nella Persona divina, onde ciò che è fatto contro Cristo uomo
è fatto anche contro Cristo Dio, perciò vi è vero “deicidio”, anche se non è
morta la divinità ma solo l’umanità di Gesù, sussistente nella Persona del
Figlio consustanziale al Padre e allo Spirito Santo.
b) La
frase sui “fratelli maggiori nella Fede” pronunciata da Giovanni Paolo II, il 13 aprile 1986 alla sinagoga di
Roma, per la Fede cattolica è falsa non solo ambigua, poiché l’ebraismo dopo
Cristo è fedele al Talmùd e non a Mosè; infine è divinamente rivelato (san Paolo
1 Tess., II, 15-16) che “Gli ebrei hanno ucciso il Signore. Non piacciono a Dio,
sono nemici di tutti gli uomini, poiché ci impediscono di predicare ai pagani
affinché si salvino”. Quindi con gli ebrei post-biblici non abbiamo nulla in
comune quanto alla religione, non possono essere nostri fratelli maggiori (nel
senso ontologico di “prediletti”, come ha precisato poi G.P. II e non
cronologico in quanto sono nati prima di noi), essi sono un ostacolo alla
salvezza degli uomini, poiché nemici tuttora del Vangelo di Cristo che è l’unico
mezzo di salvezza. La religione ebraica dopo Cristo non è una realtà viva, ma
‘morta e mortifera’. Gli ebrei che vissero prima di Cristo e furono fedeli ad
Abramo e all’Antico Testamento sono nostri fratelli maggiori (solo
cronologicamente, infatti ontologicamente o quanto al valore, sono in uno stato
oggettivamente inferiore, poiché l’Antica Alleanza è imperfetta rispetto alla
Nuova ed Eterna, onde il cristianesimo è superiore, quanto al valore oggettivo,
all’ebraismo dell’Antico Testamento). Lo stesso Gesù, quando gli ebrei increduli
professano di avere per padre Abramo, risponde che lo è carnalmente, ma non
spiritualmente o quanto alla Fede, poiché Abramo credeva in Cristo venturo
mentre loro lo rinnegano e quindi hanno “per padre il diavolo” (Gv., VIII, 42).
Se fossero “nostri fratelli maggiori quanto alla fede” (G. P. II, 13
aprile 1986), anche noi avremmo “per padre il diavolo”. Spero proprio di
no!
c) L’Antica Alleanza è stata
rimpiazzata dalla Nuova ed Eterna, nel Sangue di Cristo, onde la Chiesa fondata
da Gesù è il nuovo e vero Israele. San Paolo, divinamente ispirato, insegna:
“dicendo Alleanza Nuova, Cristo ha dichiarato antiquata la prima; ora ciò
che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire” (Ebr., VIII, 13). È
di Fede rivelata.
d) Se
Cristo è Dio, il giudaismo
post-biblico che nega la sua divinità è una falsa religione. Per il
principio di non-contraddizione: “una stessa cosa [Cristo] non può essere [Dio]
e non essere [Dio] nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto” (Aristotele).
Gesù o è Dio o non è Dio, “tertium non datur”. Se è Dio il cristianesimo
è vero e il giudaismo falso; se non è Dio viceversa. È assolutamente
certo.
e) La
‘shoah’ non è una questione
puramente storico-politica (come è stato rimproverato a mons. Williamson), ma
essa pretende essere la nuova ‘religione immanente’ dell’ebraismo “messia
collettivo”, padrone e signore di questo mondo (cfr. “Il caso Williamson”
e “Giona: un uomo per il nostro tempo” su questo stesso “sito”). Tutto
questo, per la Fede cattolica, è inaccettabile. Inoltre la storia la si fa con
prove certe di documenti, di archivi, di reperti bellici e non a forza di
minacce di incarcerazione e di scomuniche laiche ed ecclesiastiche. Inoltre è
una questione di “verità”, ossia di conformità del nostro intelletto e
giudizio alla realtà. Non si può chiedere di aderire all’errore
(difformità tra giudizio e realtà), per il vero rispetto della dignità
della natura umana, fatta per aderire al vero e al bene. Occorrono le prove
storiche, chimiche e fisiche per aderire alla volgata olocaustica. Gesù ci ha
insegnato “la verità vi farà liberi”; l’errore, invece, rende schiavi del padre
della menzogna.
Conclusione: un appello all’unità
interna nella verità
a) Purtroppo
alcuni sacerdoti ‘tradizionalisti’ non hanno mostrato molta dignità,
fermezza e carità ed hanno linciato, defenestrato o “buttato a mare”
pubblicamente e ferocemente, senza possibilità di appello mons. Williamson (come
lui stesso ha riconosciuto, paragonandosi a Giona), in un nuovo tribunale di
“Norimberga-bis”, che ha lasciato più che perplessi, anzi chiaramente
disgustati, moltissimi fedeli “tradizionalisti” e non. La professione,
implicita, di “fede” nell’olocausto ebraico, anche da parte di una fetta
del mondo “tradizionalista”, è strabiliante e ci fa toccare con mano quanto
estesa e profonda sia la crisi di Fede in ambiente cattolico. San Tommaso
d’Aquino insegna che “Cristo ha predicato pubblicamente agli ebrei la verità che
loro odiavano, senza paura di urtarli” (S. Th., III, q. 42, a. 2). Quindi è
dovere del vescovo come di ogni cristiano professare la verità non solo di Fede,
ma anche connessa con la Fede. Ora, oggi si è fatto dell’olocausto ebraico una
verità di “fede” talmudica, [s]-connessa con quella cattolica. Mi si
obietterà che in certi momenti occorre prudenza per non scandalizzare i pusilli.
San Gregorio Magno risponde che: “Se lo scandalo viene dalla verità, bisogna
sopportare lo scandalo piuttosto che abbandonare la verità” (Homil., VII in
Ezech.), essendo la prudenza cristiana una virtù soprannaturale. Ora la
questione storica della ‘shoah’, come tutte le altre, deve essere affrontata
secondo i criteri di “conformità alla realtà” (verità) e non sull’onda
dell’emozione o della paura. Perciò non è lecito chiedere a mons. Williamson una
ritrattazione, dettata dalla “prudenza della carne”, che sia “difforme dalla
realtà dei fatti” (falsità).
b) Spiace
dirlo, ma oggettivamente, il comunicato stampa di mons. Fellay sul ‘caso
Williamson’ non è stato bello, specialmente verso un vescovo più anziano, che è
stato in seminario a Ecône il nostro maestro di filosofia e teologia, e che ci
ha insegnato a ragionare col suo rigore logico. “Errare humanum est”.
Tuttavia sarebbe ingeneroso prendersela con mons. Fellay, anche lui può
sbagliare, soprattutto in una situazione di “pressione” o “lobbyng” come
questa che stiamo vivendo. Il dovere attuale è l’unità nella verità,
evitando ogni divisione interna, e contrattaccando il nemico esterno.
c) Il
Vaticano II è caro all’ebraismo. È
un fatto che specialmente in questi giorni abbiamo sentito, letto e constatato,
e “contro il fatto non vale l’argomento”. Ma san Paolo (I Tess., II, 15-16)
rivela, divinamente ispirato, che “I giudei hanno ucciso il Signore Gesù e i
profeti, perseguitano noi Apostoli, non piacciono a Dio e son nemici di
tutti gli uomini [non-ebrei, nda]. Ci proibiscono di evangelizzare le Genti per
la loro salvezza”. Nella misura in cui i giudei attuali continuano e proseguono
quelli che rifiutarono Cristo, lo crocifissero e perseguitarono i Dodici
Apostoli, essi non piacciono a Dio. Se non piacciono a Dio, non possono
essere cari neppure a noi; se son cari al Vaticano II, significa che esso non ha
lo stesso spirito di Dio. Inoltre, l’ebraismo nega la SS. Trinità e la divinità
di Cristo, che sono i due misteri principali della Fede cattolica. Quindi o
l’ebraismo è impazzito e si contraddice, ma non è così, oppure il Vaticano II è
in contraddizione col cattolicesimo e non può piacere a chi vuol restare
cristiano, piacendo a chi odia Cristo e il cristianesimo. Il fatto che proprio i
rabbini ci ingiungano di accettare il Vaticano II ‘suona male’ e dovrebbe far
riflettere “tutti gli uomini di buona dottrina”. Sempre san Paolo (Tito,
I, 10-14) rivela che: “Vi sono molti spiriti mestatori, parolai e ingannatori,
soprattutto quelli che provengono dalla circoncisione [giudaismo]: a costoro
bisogna tappare la bocca (…). Perciò riprendili duramente,
affinché siano saldi nella Fede e non si volgano a favole
giudaiche”. L’Apostolo non dice di ritrattare o scusarsi, ma di “tappar
la bocca” a loro (non a mons. Williamson) e di “non credere alle favole
giudaiche”.
d) È
storicamente accertato che la “Nostra aetate” fu preparata da Jules
Isaac, ebreo ateo filo-comunista,
con l’aiuto del Bené Berìth (la massoneria giudaica) di cui era membro
(come ha dichiarato, il 16 novembre 1991, in occasione della premiazione del
card. Decourtray, Marc Aron, presidente del “B.B.” francese) e dal card.
Agostino Bea coadiuvato da p. Paul Démann, ebreo “convertito” e da p. Jean de
Menasce (idem). L’accordo tra Jules Isaac e papa Roncalli fu organizzato
dal “B.B.” e da alcuni politici social-comunisti (J. Madiran, “Itineraires” III,
settembre 1990, p. 3, nota 2). Un altro artefice di “Nostra aetate” fu
Nahum Goldman, presidente del “Congresso Mondiale Ebraico”, che preparò anche la
bozza di “Dignitatis humanae” sulla libertà religiosa. I documenti furono
presentati dal Goldman assieme a Label Katz (anche lui del “B.B.”) a nome
della “Conferenza Mondiale delle Organizzazioni Ebraiche”. Quindi “Nostra
aetate” e “Dignitatis humanae” sono state preparate, materialmente,
dalla massoneria ebraica. Dulcis in fundo, il rabbino Abraham Heschel,
collaborò intensamente con Bea e compagni alla elaborazione di “Nostra
aetate”. Tutto ciò è stato svelato dall’israelita Lazare Landau (“Tribune
Juive”, n° 903, gennaio 1986 e n° 1001, dicembre 1987), che scrive:
“nell’inverno del 1962, i dirigenti ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo
della sinagoga di Strasburgo, p. Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di
chiederci, ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa, alla vigilia del concilio (…).
La nostra completa riabilitazione, fu la risposta”(j. madiran, “Itineraires”,
autunno 1990, III, pp.1-2).
L’interpretazione retta del Vaticano II è quella data in
questi giorni da Benedetto XVI, esso fa un tuttuno col giudaismo, ancora caro a
Dio, che non ha bisogno di Cristo poiché ha il suo “olocausto”. Se si vuol
restare cristiani non si può accettare il Vaticano II. Oramai dovrebbe essere
chiaro che ogni colloquio sulla sua interpretazione alla luce della Tradizione
sarebbe equivalente a “dialogare col diavolo”, il che è molto pericoloso.
e) Voler
occuparsi di Vaticano II e antimodernismo, senza voler conoscere
(storicamente e teologicamente)
il problema ebraico (cfr. l de
poncins, Il problema degli ebrei nel concilio, Roma, 1962)
significa fare un buco nell’acqua e farsi raggirare dai “fratelli
peggiori”. Parlavo con un gran teologo della vecchia scuola, il quale mi diceva
che mons. Antonio Piolanti, pensava che entro pochi anni “Nostra aetate”
sarebbe stata completamente dimenticata, tanto era priva di fondamenti
scritturari, patristici e teologici (è l’unico documento del Vaticano II che non
contiene neppure una citazione della Santa Scrittura, dei Padri, dei Dottori e
del Magistero). Invece essa è diventata il cavallo di battaglia del pontificato
di G. P. II (“fratelli maggiori nella fede”). Quindi, il suddetto teologo
concludeva, per affrontare adeguatamente il “problema del concilio” da un punto
di vista teologico, occorre conoscere il “problema ebraico” che è teologico,
storico, politico e socio-economico. Purtroppo, molti “tradizionalisti” da Messa
di san Pio V et non plus ultra, (ma la FSSPX non è l’ “Ecclesia
Dei afflicta”, essa è stata fondata da mons. Lefebvre per combattere
gli errori del Vaticano II e la salvaguardia della Messa cattolica, però non
tutti i suoi membri sembrano esserne consapevoli), gridano
“all’antisemita!” se si affronta il problema ebraico anche solo da un
punto di vista teologico. Vorrebbero che si parlasse solo di Blondel,
della “Pascendi” e “Humani generis”. Sarebbe come se (tanto per
fare un esempio) in una ipotetica guerra tra Francia e Italia, dichiarataci da
Sarkozy, ci dicessero di partire ma di sparare solo contro De Gaulle, che giace
sotto terra e di non mirare a Sarkozy! La guerra sarebbe persa in partenza. Il
nemico di oggi (gennaio 2009) non è Blondel (1893) e figli, ma il giudaismo
internazionale. Questo spiega l’incertezza della reazione al Vaticano II in
ambiente “tradizionalista da Messa san Pio V et non plus ultra” e anche
da parte di alcuni membri della FSSPX, del perché si spari contro mons.
Williamson e si chieda scusa “a tutti gli uomini di buona volontà”, fratelli
peggiori inclusi. Invece si deve passare al contrattacco,
poiché “il diavolo si fa leone se tu ti fai formica, mentre se tu ti mostri
leone egli diventa una formica” (san Leone Magno). Passato il primo momento di
smarrimento, occorre far sentire la propria voce, uniti nella verità,
servendosi dei mezzi di stampa che si hanno a disposizione compresi quelli di
contro-informazione “on line”. Sarebbe un errore madornale dividersi, espellere
mons. Williamson e “riverire” la ‘sinagoga di satana’, la quale non solo non
perdona chi cede, ma raddoppia la sua rabbia. La FSSPX rischia di spaccarsi in
due o in mille pezzi, di essere assorbita dalla “chiesa conciliare” (come la
chiamava il card. Benelli), la quale oggi ha esposto chiaramente il suo diktat e
ha cessato di parlare con ambiguità, onde non ci si può più illudere di
dialogare con lei - “rebus sic stantibus” - essa chiede una resa
incondizionata alle novità del Vaticano II, accettarla sarebbe l’apostasia.
Se vi è stata dell’incertezza o anche un cedimento iniziale, ci si può
risollevare come san Pietro (“errare humanum est”), occorre mettere una
pietra sopra le incomprensioni passate e ricominciare, uniti senza ambiguità, la
battaglia delle idee.
f) È
impressionante constatare quanto profondamente “la Sinagoga di satana” (Ap., II,
9) sia infiltrata in Vaticano. Ciò che turba non è quello che chiede il
rabbinato (fa il suo mestiere), ma il fatto che il Papa ceda ad esso (non fa il
suo dovere, ma purtroppo da cinquanta anni ci siamo abituati). Ciò che però
lascia maggiormente attoniti è che una parte del “tradizionalismo”
cattolico non abbia nulla da obiettare, sia pronto ad onorare l’olocausto
ebraico (implicitamente a fianco di quello di Gesù).
g) Il rabbino
capo di Roma Riccardo Di Segni il 5 febbraio 2009 ha scritto che se i cattolici
vogliono che il dialogo inter-religioso con l’ebraismo continui, «1° come è
stato fatto per il negazionismo, deve esser chiaro che (…) non c’è posto non
solo per l’antisemitismo ma anche per l’antigiudaismo [teologico] (…); 2° ci
deve esser coerenza tra documenti e comportamento, evitando incidenti (…)».
Inoltre, conclude, il problema di fondo resta sempre, anche se si elimina il
negazionismo, l’antisemitismo e l’antigiudaismo, poiché non si deve parlare di
conversione dall’ebraismo a Cristo, come invece ha fatto Benedetto XVI durante
l’Angelus di domenica 25 gennaio 2009, festa della conversione di san
Paolo. Ora, stando così le cose, non è più solo una questione di prudenza
soprannaturale parlare o meno di unicità della persecuzione contro gli ebrei tra
il 1942-45, di antigiudaismo teologico, di necessità dell’unico Salvatore di
tutti gli uomini, Gesù Cristo, ma è una questione di Fede e, se Gesù ci ha
autorizzato a ‘fuggire da una città se vogliono martirizzarci’, non ci permette
di non proclamare la Fede quando siamo interpellati, anche a costo di perdere la
vita. I primi cristiani non si son comportati così, Gesù neppure, anzi è salito
a Gerusalemme per essere crocifisso e ha proclamato, dietro domanda del Sommo
Sacerdote, la sua divinità. San Paolo ha scritto: “Guai a me se non predicassi
il Vangelo!”, San Pietro ha risposto al Sacerdote il quale gli intimava di non
predicare Gesù che “non poteva non predicare” e che “è meglio obbedire a Dio che
agli uomini”, inoltre il Verbo Incarnato stesso nel Vangelo ci ha insegnato a
“non temere coloro che possono uccidere il corpo, ma colui che uccide l’anima e
poi la getta nell’inferno”. Ora, se oggi si tace o ci si accorda con costoro, si
perde l’anima, se invece si predica chiaramente si può perdere tutto (case,
chiese e anche la vita) ma ci si salva per l’eternità.
Il
2009 è iniziato male e finirà peggio, ma è quello che ci meritiamo, come ci
aveva avvisato la Madonna a Fatima nel 1917; “se il mondo non si convertirà…”.
ma Gesù ci ha promesso che “le porte dell’inferno non prevarranno!”. Adesso
tocca a noi di essere uniti nella verità senza sconti né ambiguità.
Benedetto XVI non è più ambiguo, la FSSPX dovrebbe ritrovare l’unità interna,
nella verità, e dire “pane al pane e vino al vino” o come ha detto Gesù “il
vostro parlare sia sì sì no no, quel che è di più viene dal Maligno”. Solo così
manterrà la sua identità, che è quella del suo fondatore e la sua unità. “Tutto
è perduto con la guerra [interna], tutto può essere salvato con la pace” (Pio
XII).
don Curzio Nitoglia
[1] Cfr. G. Valente, Ratzinger professore,
Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009.
[2] Cfr. l’articolo
dell’allora card. Joseph
Ratzinger, L’eredità di Abramo dono di Natale, “L’Osservatore
Romano” 29 dicembre 2000, p. 1. In esso il porporato spiegava che Cristo è
l’unico Salvatore per i Gentili e i Cristiani, ma Israele mantiene il suo ruolo
di popolo eletto per primo da Dio, onde «compito del popolo eletto è (…)
donare il loro Dio, il Dio unico e vero, a tutti gli altri popoli (…). I
nostri fratelli ebrei (…) hanno conservato, sino ad oggi, la Fede in questo
Dio». Ma allora Gesù, che gli ebrei non accettano, non è il Dio unico e vero?
Oppure ci sono due Dei, uno per gli israeliti e un altro per i goyim?
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lunedì 11 marzo 2013
don curzio - CASO WILLIAMSON, VATICANO II e GIUDAISMO
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