Il testo del libro
in questione, probabilmente composto dal “Ministero della Propaganda” di Joseph
Goebbels (Ministro della Propaganda e dell’Informazione) e da Alfred Rosenberg
(Ministro dei Territori Occupati nell’Europa Orientale), il cui libro Il mito
del XX secolo (1930) vi è abbondantemente citato, era preceduto da
un’introduzione elogiativa di Hitler scritta l’8 gennaio 1944. Quindi il suo
contenuto rispecchia non solo il pensiero del Ministero della Propaganda del dr
Joseph Goebbels e dell’ideologo anticristiano Alfred Rosenberg, ma anche quello
di Hitler in persona, una anno e quattro mesi prima della sua morte. Il Führer
scriveva: «Il libro “Per che cosa noi combattiamo?” dovrà costituire per
l’ufficiale il cartello stradale che gli indichi l’orientamento della sua
Weltanschauung [concezione della vita] e gli dia la preparazione
spirituale e mentale per poter dare l’educazione politica e la formazione al suo
soldato» (tr. it., p. 32). Questo testo quindi ha un valore non solo pratico e
bellico ma contiene la filosofia del nazionalsocialismo e la sua visione della
vita e della realtà.
Perché studiare
oggi questo libro del 1944?
Studiandolo da un
punto di vista teologico si scorgono in questo testo luci ed ombre. Le luci sono
la riaffermazione di alcuni valori naturali: ordine, disciplina, forza,
coraggio, individuazione esatta del nemico da combattere; mentre le ombre
possono essere riassunte nella mancanza dell’ordine soprannaturale, che è
rimpiazzato da un surrogato di vaga spiritualità o religiosità naturalista,
immanentista, biologico-razziale e tendenzialmente panteista. Si badi bene: la
filosofia del nazionalsocialismo non è atea e materialista come il comunismo,
non è contro il Dio trascendente e personale, non è anti-cristiana, ma
ne prescinde, non ne sente il bisogno, anzi pensa di poterne fare a meno
poiché la razza germanica basta a se stessa non avendo il peccato originale.
Due scogli da
evitare
Nel giudicare tale
dottrina bisogna evitare il duplice scoglio del “pelagianesimo”, il quale
reputava che l’uomo non avesse contratto il peccato originale e quindi bastasse
naturalisticamente a se stesso e non avesse bisogno della gratia sanans,
come pure lo scoglio opposto del “bajanesimo”, secondo il quale ogni
atto del “pagano”, ossia di colui che non è stato rigenerato dalla grazia
santificante di Cristo, è intrinsecamente cattivo. La Chiesa, invece, insegna
che anche il pagano e il peccatore possono compiere atti naturalmente buoni,
benché non meritori soprannaturalmente e possono conoscere delle verità
accessibili alla retta ragione naturale. Si comprende allora perché non tutto il
libro che esamineremo è da rigettare. Ma vediamo le cose in dettaglio
a) LE “OMBRE”
«Il vero potere
formativo è stato quello Germanico e poi Tedesco» (p. 37). Il germanesimo è
considerato superiore alla civiltà greco-romana e a quella cristiana, che,
benché non cattive in sé, sono imperfette rispetto al pangermanismo
nazionalsocialista. A pagina 38 si espone una concezione erronea del
cattolicesimo, che sarebbe una trasformazione sostanziale del cristianesimo
primitivo, come per Charles Maurras. Inoltre i Vescovi sono considerati
«funzionari del Reich» che «sostennero il Kaiser contro il Papa», come per
Enrico IV. Il Reich infine non si fonda sulla religione, ma «sulla razza e sulla
cultura nazionale [germanica]» (p. 39). Queste prime trentanove pagine sono
state scritte e firmate da Alfred Rosenberg e fanno parte di una sorta di
introduzione al libro (che non reca il nome dell’autore) intitolata “L’idea
del Reich”. Tuttavia anche nel resto del libro (sino alla pagina finale 227)
si ritrovano idee non conformi alla retta filosofia e alla sana teologia, miste
a parecchie considerazioni di alto valore naturale, alle quali manca, però, la
dimensione soprannaturale, che è la vita della grazia, intesa come
partecipazione finita da parte dell’uomo alla vita infinita di Dio. A pagina 46
si inizia a confondere il giudaismo dell’Antico Testamento con il giudaismo
post-biblico. Per la Chiesa il primo è buono, ma imperfetto dovendo essere
perfezionato dalla Nuova Alleanza nel Sangue di Cristo, mentre per il
nazionalsocialismo anche l’Antico Testamento è cattivo in sé, e questo perché lo
legge secondo la “lettera” e non secondo lo “spirito” ovvero il ‘significato’
che gli dà il Nuovo Testamento, verso il quale tutto l’Antico Testamento è
orientato. Ora “la lettera uccide e lo spirito vivifica”: se si legge il Vecchio
testamento senza riferirlo a Cristo, lo si mutila e deforma e non si coglie il
suo vero significato, come facevano i farisei al tempo di Gesù. A pagina 53 si
parla di “Idealismo” germanico, senza altre specificazioni. Tuttavia non ci si
può impedire di pensare all’idealismo filosofico che da Kant arriva sino ad
Hegel passando per Fichte che ha fondato il pangermanesimo e la dottrina della
superiorità della pura razza germanica. Penso che proprio questo idealismo
filosofico, soggettivista, immanentista, relativista ha impedito al III Reich di
fare il passo che, invece, fecero i Barbari germanici, i quali invadendo Roma
nel V secolo seppero assimilarne le idee e la Fede e le apportarono la forza che
oramai le faceva difetto. Purtroppo il III Reich germanico ha rifiutato la
metafisica dell’essere greco-romana e la scolastica, preferendo loro l’idealismo
filosofico germanico, figlio del soggettivismo teologico luterano. Infatti nel
libro a pagina 92 è citato positivamente Kant, il quale avrebbe contrapposto
all’empirismo inglese «un prussianesimo disciplinato e militare». Anche lo
spirito luterano di allontanamento da Roma (“Los von Rom”, “Lontani da
Roma”) ha impregnato di sé, anche se in maniera non radicale, il III Reich.
A pagina 61 si legge una critica al cattolicesimo romano, visto come «pressione
psicologica proveniente da Roma […]. Eccessivo pensiero autoritario della
Chiesa», mentre l’Illuminismo del Settecento è visto come «un movimento
intellettuale motivato da ideologie germanico-europee» e quindi positivo. Il
culto della “razza e del sangue”, che sono assurte ad Assoluto o a forme divine,
impedisce al III Reich di vedere che anche il romanticismo, l’illuminismo e
l’idealismo tedeschi sono stati una delle tappe della sovversione dell’Europa.
L’errore del nazionalsocialismo è fondamentalmente questo: tutto ciò che è
germanico è buono. Il che non corrisponde a realtà, come l’affermazione
contraria secondo la quale il germanesimo sarebbe il “Male assoluto”.
Naturalmente col germanesimo è esaltato tutto ciò che è nordico a
discapito anche della civiltà greco-romana, che è mediterranea, e perciò è
ritenuta meno perfetta del germanesimo e del “carattere nordico” (p. 121).
Inoltre a pagina 126 e 127 si muovono delle accuse del tutto infondate alla
Chiesa romana, la quale avrebbe protetto l’ebraismo talmudico e sarebbe arrivata
a “sovrapporsi” con esso, data la «l’azione antipopolare della chiesa romana
politicizzata». Non si esce da Enrico IV e Martin Lutero. Anzi si giunge a
sostituire a Dio, non negandolo esplicitamente come ha fatto il comunismo, il
popolo germanico. Infatti a pagina 138 si legge: «la cognizione razziale per noi
è la più elevata conoscenza. […]. I valori più alti sono quelli della vita,
della razza, del lavoro, della natura, della Patria [...], perché attraverso
tutto ciò c’è la via che conduce a Dio». Ma non si parla di Cristo:
“Via, Verità e Vita”, né Fede teologale che ci unisce, assieme alla virtù
soprannaturale di Carità, al vero Dio personale e trascendente il mondo; si
resta in una vaga religiosità naturalistica e panteistica. Infatti a pagina 189
leggiamo: «siamo religiosi e pii. Noi crediamo in Dio come la forza creativa
intorno a noi e in noi […]. La fede che risiede nell’animo tedesco è
l’obbligo nei confronti del proprio sangue […], di tutto il popolo» e a
pagina 139 si specifica: «Al centro della nostra concezione del mondo c’è
l’idea del sangue e della razza. Il sangue è la forza motrice della vita del
singolo così come quella del popolo». Ora, se l’identità etnica o “razziale” in
senso largo (dacché la razza pura è un concetto meramente logico e non reale, in
quanto varie “razze” si sono unite nel corso della storia ed hanno dato luogo a
popoli ed etnie) è qualcosa da preservare dal miscuglio della società
multietnica, multireligiosa e multiculturale, essa tuttavia non è un Assoluto,
un Centro, un Fine o una “divinità”. Il nazionalsocialismo non distingue l’unità
sostanziale di tutti gli uomini, tutti aventi corpo e anima razionale, dalle
differenze accidentali di qualità maggiori o minori nei vari individui e anche
nei vari popoli e quindi incolpa il Cristianesimo di aver «infettato il sangue
nordico con il dogma dell’uguaglianza fra tutti i Cristiani» (p. 139), i quali
sono eguali quanto alla sostanza, poiché tutti creati a “immagine e somiglianza”
di Dio, ma conservano tra loro delle diversità accidentali e qualitative che
stabiliscono una gerarchia tra gli uomini. Nella gerarchia di valori per il
cattolicesimo al primo posto c’è Dio, per il nazionalsocialismo «al primo
posto c’è la tutela e la valorizzazione del nostro Popolo. Per Hitler vi è
una sola dottrina “Popolo e Patria!”, per il Führer al centro di tutto
il pensiero nazionalsocialista vi è il Popolo» (p. 140). Come si vede il
Popolo germanico è idolatrato e messo al posto di “Dio primo servito”. Il
Patriottismo o amore della terra Patrum è cosa buona e giusta, ma
l’idolatria che mette la creatura al posto del Creatore è cosa cattiva e
ingiusta. Il libro continua: «ogni istituzione pubblica [quindi anche la Chiesa]
deve servire alla prosperità del popolo e della sua terra» (p. 140). Invece il
Fine ultimo della Chiesa è la salus animarum e il benessere comune
temporale è solo un mezzo o il fine prossimo in vista di quello ultimo o remoto:
Dio e la salvezza eterna. Il libro specifica che «la sua
[nazionalsocialista] profonda religiosità […] è l’insegnamento del
sangue e dell’onore» (p. 150). A pagina 164 esplicita meglio: «Il
nazionalsocialismo mira allo sviluppo positivo del suo popolo! È una questione
di sangue! […]. Etico è ciò che favorisce la salvaguardia del popolo tedesco.
Immorale è ciò che ne impedisce la conservazione». Non più i Comandamenti di
Dio o la Sua Volontà, ma la salvaguardia del popolo germanico è il criterio per
distinguere il bene dal male o ciò che è morale dall’immorale. Certamente, la
salvaguardia della propria Patria, del proprio ceppo etnico, del proprio popolo
è una cosa lodevole e doverosa per il governante, ma non è il Fine ultimo né
dell’uomo né del Capo della Nazione. Infine a pagina 173 si legge: «non
abbiamo ereditato nessuna colpa e nessun peccato». È questa la negazione
esplicita del peccato originale e l’affermazione pura del naturalismo pelagiano.
b) LE “LUCI”
La maggior parte
del libro è dedicata a “I nostri avversari”: il giudaismo (pp. 45-65), il
bolscevismo (pp. 66-85), l’Inghilterra (pp. 86-102), l’America (pp. 103-120).
Questa è la parte migliore del libro. Occorre dire che il III Reich aveva bene
individuato il nemico dell’Europa e dell’umanità: l’ebraismo nazionale e
internazionale, che muove ad est il comunismo bolscevico e ad ovest l’America e
l’Inghilterra liberiste. Quello che è mancato al Reich germanico è stata la vera
teologia poiché il problema ebraico, prima di essere una questione sociale,
politica ed economica, è una questione teologica. San Paolo (1a Tess, II,
15) ha scritto degli ebrei talmudici: «hanno ucciso il Signore Gesù e i
Profeti e non piacciono a Dio, ci perseguitano e sono nemici di tutto il genere
umano, impedendoci di predicare il Vangelo alle Genti per la loro salvezza».
La sola natura senza la grazia non può bastare all’uomo ferito dal peccato
originale, ma ciò non significa che tutto ciò che fa il “pagano”, non sanato
dalla grazia santificante meritataci dal Verbo Incarnato e crocifisso, sia
malvagio e falso. No. Il libro in questione ne è una prova: molte verità di
ordine naturale, storiche, filosofiche, sociali, economiche vi sono state messe
a fuoco.
Il
giudaismo
Suo obiettivo è
«ottenere il dominio sul mondo [tramite] un governo mondiale internazionale […]
senza riguardo alle caratteristiche del singolo popolo» (p. 45). È la
descrizione esatta del ‘Nuovo Ordine Mondiale’ che ha iniziato ad instaurarsi
prima sulle rovine dell’Europa nel dopo-guerra (1945) e dal 2003 in Medio
Oriente, ove però la battaglia è tuttora in pieno svolgimento e ricca di
incognite. Il giudaismo vuole la «decomposizione della visione del mondo dei
popoli ospitanti e con ciò la cancellazione dei loro peculiari stili di vita»
(ivi), per instaurare una «repubblica mondiale» (p. 46). Quanto
assomiglia a ciò che avevano previsto Orwell e Benson! (Cfr. l’articolo
“Mondialismo, Benson, Orwell e il cardinale Newman” in due parti). Una
delle armi del giudaismo è l’economia individualistico-materialistica del
liberismo (ivi). Purtroppo, come scritto sopra, non si fa la distinzione
dovuta tra giudaismo veterotestamentario e quello talmudico, anzi si ingloba
l’Antico Testamento nella degenerazione rabbinico-farisaica del giudaismo
post-biblico (cfr. Antico Testamento, Cristianesimo e Nazionalsocialismo,
in questo stesso sito). Le due principali correnti del materialismo economico
giudaico sono il bolscevismo sovietico (materialismo collettivistico) e il
liberismo anglo-americano (materialismo individualistico). Siccome la Germania -
scrive il libro in esame - «non vuol soggiacere ad un ordine mondiale ebraico»
(p. 53), il giudaismo la vuol distruggere da est (Urss) e da ovest (GB-Usa).
Inoltre il materialismo liberista rende più povero spiritualmente l’uomo, mentre
il materialismo collettivista lo impoverisce materialmente ed anche
spiritualmente, poiché entrambe gli tolgono la Fede, la Speranza e la Carità e
il comunismo anche la prosperità materiale. Ora le sole ricchezze o il solo odio
di classe non possono arricchire e perfezionare l’animo umano, che è spirituale
e fatto per il Vero e il Bene Supremi. Quindi togliendo la Fede e lo spirituale
impoveriscono l’anima e il corpo dell’uomo. E poiché la Germania con Spagna,
Portogallo, Italia era la forza principale della rinascita europea dalla prima
metà del XX secolo era necessario abbatterla. Un’Europa unita con le idee e la
Fede della Spagna (Franco), del Portogallo (Salazar) e dell’Italia (Mussolini)
assieme alla forza bellico-economica della Germania faceva paura al giudaismo,
all’Urss, all’anglo-americanismo e alla massoneria, la setta segreta di cui essi
si servivano per distruggere le ultime vestigia della Cristianità europea.
Certo, Hitler non aveva delle idee simili a quelle mediterranee, greco-romane e
cattoliche, ma il giudaismo temeva che si ricreasse una situazione simile a
quella di Costantino, Clodoveo, Carlo Magno, Ottone I e che il Sacro Romano
Impero Germanico (Clodoveo e Carlo Magno erano Franchi, ossia antichi Germani)
avesse potuto riprendere forza. Tutto ciò era da stroncare prima del nascere.
L’obiettivo principale era la Germania e quello secondario l’Italia.
La
massoneria
È lo strumento del
giudaismo, una «associazione internazionale con una classe dirigente segreta [i
piccoli massoncelli possono essere semi-pubblici], che all’esterno sostiene
l’aspirazione verso altissimi valori umanitari, ma che in verità è un ordine
segreto, con l’aiuto del quale il giudaismo influenza la politica mondiale» (p.
54). La massoneria tende a realizzare la «fratellanza umana universale, […]
libera da qualsiasi barriera di classe, nazionalità, colore e razza» (p. 55). Il
trinomio massonico di “Libertà, Fraternità e Uguaglianza” avrebbe portato al
«generale caos razziale e, quindi, alla concretizzazione del dominio [ebraico]
sul pianeta» (ivi). La massoneria serve al giudaismo per la
ricostruzione del «futuro Tempio mondiale di Salomone» e per la
creazione di «una repubblica universale» (p. 57). Una delle creature principali
della massoneria è il liberalismo (pp. 61-65).
Il
bolscevismo
Vuole fondare «uno
Stato internazionale proletario e mondiale […]. Esso è la distruzione
dell’ordine naturale delle razze e dei popoli ed è lo strumento per la creazione
del dominio mondiale ebraico» (p. 67). Il marxismo «nega ogni ordine divino del
mondo, […] respinge anche i valori spirituali e caratteriali. […] Afferma che
tutti i corsi e ricorsi storici siano procedimenti meramente economici. […].
Nega il valore della personalità […] la proprietà […] e la libera agricoltura.
[…]. Glorifica la tecnica. […]. Insegna l’ateismo» (pp. 68-69). La maggior parte
dei suoi leader sono di origine ebraica.
L’Inghilterra
È il «nemico
mortale di ogni potere forte nel continente europeo. Per via della sua fede
puritana si sente il popolo chiamato da Dio a governare sugli altri popoli. […].
Per di più l’Inghilterra è governata dagli ebrei» (p. 86). L’unificazione
dell’Europa dà fastidio all’Inghilterra, come all’America e all’Urss. Quindi
esse debbono combattere le nazioni che potrebbero realizzarla, come aveva già
fatto l’Inghilterra nel XVII secolo (cfr. i tre articoli apparsi su questo sito:
“Giudeo-protestantesimo anglicano”; “Giudeo-calvinismo contro
cattolicesimo”; “La regina Elisabetta contro Roma”) contro la
Spagna e l’Olanda (p. 95). Nella guerra civile spagnola Inghilterra, America e
Unione Sovietica si schierarono con i rossi, poi nel 1939 dichiararono guerra
alla Germania per distruggerla e con essa impedire la eventuale rinascita di
un’Europa forte, né sovietica, né americanizzata, né giudaizzata. «Il
Puritanesimo di Cromwell e l’ebraismo sono la stessa cosa» (p. 88). Al
puritanesimo il libro in esame affianca l’utilitarismo di Geremia Bentham e il
liberismo britannico (pp. 91-92). Purtroppo, però all’utilitarismo il libro
oppone il kantismo, che non è un rimedio ma soltanto un altro tipo di veleno
(cfr. Guido Mattiussi, Il veleno kantiano, Verona, 1904). Certamente il
“peccato originale” del nazionalsocialismo è il pangermanesimo: non si può
combattere una rivoluzione con un’altra rivoluzione di segno diverso, ma
solamente tramite il contrario della sovversione. Ora il III Reich ha preteso
combattere il supernazionalismo razzista ebraico con un pangermanesimo
altrettanto razzista e sciovinista.
L’America
La plutocrazia
giudeo-americanista «si vede minacciata nel suo sistema supercapitalistico,
fondato sull’economia. Inoltre anche l’americano medio, nella sua
visione puritana del mondo, crede ad un’estensione del dominio degli Usa
su tutti i popoli» (p. 103). Un’Europa autosufficiente avrebbe ridimensionato il
mercato americano non ancora uscito dalla crisi del 1929 ed è per questo che si
scatenò la seconda guerra mondiale (come pure la seconda guerra del Golfo
Persico nel 2003). Dietro l’imperialismo atlantico-occidentale anglo-americano e
quello panslavista orientale il libro in esame vede il mondialismo giudaico
(ivi). A pagina 109 è colta la sostanziale e reale unione ideale intima
tra liberismo e comunismo, sotto apparenze accidentalmente diverse: “il
bolscevismo è l’americanismo del XX secolo”. Oggi, dopo il 1989, si può
dire: “l’americanismo è il neo-bolscevismo del XXI secolo”. Indubbiamente
la parte più debole del libro è quella che va da pagina 135 a 227, poiché il III
Reich si fermava all’ordine naturale, spingendosi tutt’al più verso una vaga
spiritualità immanentistica e panteistica neo-pagana, e gli mancava la sana
teologia dell’unica vera Religione soprannaturale rivelata dall’Unico vero Dio.
Tuttavia, dal punto di vista naturale, alcune virtù acquisite, che sono
imperfette ma non intrinsecamente cattive, sono state ammirevoli nel III Reich.
Esse hanno formato l’uomo, la famiglia, il popolo forte, lavoratore,
combattente, patriottico, che ha resistito da solo contro i due mostri “della
terra” (Urss) e “del mare” (GB-Usa), i quali infine lo hanno sopraffatto ed
hanno poi distrutto le ultime vestigia della cultura europea classica, che era
stata salvata dai monaci benedettini e sublimata dai Padri della Chiesa e dagli
Scolastici. Il bombardamento a tappeto dell’Abbazia di Monte Cassino non è stato
un caso, ma un simbolo della nuova “civiltà” mondialista.
***
Nazionalsocialismo e “olocaustismo”: due razzismi di segno
opposto
Prologo
Un giovane
ricercatore, Andrea Giacobazzi, ha scritto un libro intitolato L’Asse
Roma-Berlino-Tel Aviv (Rimini, Il Cerchio, 2010, 240 pagine, 20 euro), che
tratta del sionismo, della sua corrente radicale di destra chiamata
“revisionista”, dei rapporti internazionali tra il sionismo, il fascismo e il
nazionalsocialismo. È un libro ben documentato, che ha attirato la mia
attenzione soprattutto in quanto fa luce sui rapporti tra hitlerismo e questione
ebraica e mi ha dato nuove prove per quanto riguarda la non veridicità della
vulgata sterminazionista di 6 milioni di ebrei tramite camere a gas. Mi fermerò,
perciò, solo sul III capitolo “I rapporti delle organizzazioni ebraiche con
la Germania nazionalsocialista” (pp. 141-191).
Il Sangue e il
Suolo
Non è soltanto il
motto del nazionalsocialismo, ma anche quello del sionismo. La differenza è che
per il primo il sangue è quello germanico e il suolo è quello tedesco, mentre
per il secondo il sangue deve essere ebraico e il suolo israeliano. Come si vede
si tratta di due “concezioni della vita” di segno opposto, ma entrambe basate
sul razzismo biologico, sul culto della razza e della Nazione. A partire da ciò
si formò una certa intesa “diplomatica” o di interessi pratici tra III Reich e
ebraismo sionista, affinché gli ebrei lasciassero la Germania e giungessero
nella Palestina che 2000 anni prima era stata la loro Patria. Il Reich voleva
risolvere la questione ebraica perché vedeva nel giudaismo il nemico principale
della Germania e dell’Europa. Quindi cercava una “soluzione definitiva” o
“finale” del problema ebraico, la quale, però, da quel che si
legge nei documenti riportati nel libro di Giacobazzi, non consta che
consistesse nel genocidio di tutti gli ebrei europei tramite camere a gas, ma
nel voler espellere possibilmente gli ebrei che vivevano nel territorio del III
Reich, per trasferirli secondo un primo piano nella colonia francese del
Madagascar (dopo l’occupazione tedesca della Francia, nel 1940) e poi, con la
seconda guerra mondiale in atto e la conquista tedesca della parte europea
dell’Urss nel 1941-42, nella Russia occidentale. Infine i gerarchi
nazionalsocialisti e i dirigenti sionisti si misero d’accordo per far giungere
un gran numero di ebrei in Palestina, pagando una certa cauzione.
Le leggi razziali
di Norimberga
Furono accolte con
favore da alcuni esponenti del movimento sionista, i quali vedevano
nell’assimilazione degli ebrei ai costumi “pagani” o “non-ebraici” un pericolo
per la sopravvivenza del giudaismo. Siccome le Leggi di Norimberga del 1935
proibivano i matrimoni misti, proibiti anche dai rabbini, esse furono ben
accolte dai giudei ortodossi e dai sionisti.
Rivalità tra
ostjuden, askenaziti e sefarditi
I sionisti - spiega
Andrea Giacobazzi - erano fortemente ostili agli “ostjuden” (ebrei
asiatici), ritenuti dagli stessi ebrei nord-occidentali «creature pietose […] di
un livello quasi non-umano». L’ebreo asiatico o dell’est (come pure il
sefardita) non era paragonabile a quello askenazi o tedesco. In molti casi si
giunse persino ad “arianizzare” gli askenaziti e i “mischlinge” (mezzi
ebrei), che combatterono nella Wehrmacht raggiungendo le 150 mila unità. Per
essere promossi di grado essi dovevano ottenere una speciale esenzione da parte
di Hitler in persona. Giacobazzi, rifacendosi a fonti precise, scrive che: «Non
furono rari i casi in cui Hitler concesse esenzioni e promozioni “eccellenti”».
Fecero parte di queste esenzioni “eccellenti” Frank, il Governatore della
Polonia occupata, Heydrich generale delle SS e capo della Gestapo, il
feldmaresciallo dell’aviazione tedesca Milch, il generale Wilberg. Secondo
Giacobazzi anche Rosenberg, Hess ed Eichmann erano di origine ebraica e furono
promossi da Hitler, il quale manifestò così una notevole elasticità mentale che
mal si concilia con quel mostro o “Male assoluto” che la propaganda dei
vincitori ci ha dipinto. In pratica il motto nazionalsocialista “Juden
rauss” era accettato anche dagli ebrei ortodossi e dai sionisti, che, per
non assimilarsi ai “gojim”, se ne andavano volentieri. Addirittura il
rabbino filosionista J. Prinz nel 1937 scrisse: «Nessuno ha affrontato il
problema ebraico così seriamente come la Germania. Soluzione della questione
ebraica? Era il nostro sogno sionista! Dis-assimilazione? Era il nostro
appello!». «Il più grande frutto delle relazioni della Germania
nazionalsocialista con l’Organizzazione Sionista tedesca è stato l’accordo
logistico-commerciale passato poi alle cronache come “Haavara”,
“trasferimento” appunto». Trasferimento geografico, non eliminazione
fisica; soluzione definitiva geografica, non fisica. Quindi se l’Ebraismo
anglo-americano aveva votato una risoluzione di boicottaggio
economico-finanziario contro la Germania sin dal 1933 a causa dell’antisemitismo
del III Reich, il sionismo tedesco e i rabbini ortodossi nord-europei, invece,
vedevano di buon occhio la politica di separazione del Reich germanico
(si badi bene: non il nazionalsocialismo in sé, ma la sua politica che
separava nettamente gli ebrei da tedeschi).
Il Piano di
evacuazione degli ebrei tedeschi
Prese avvio
concreto nel 1937. Nel 1938 fu incoraggiato da Hitler stesso con un suo impegno
specifico e pratico. Nel 1938 Goering pensava al Madagascar, ma la guerra del
1939 impedì tale trasferimento, e nel 1942, dopo l’invasione dell’Urss, si pensò
alla Russia occidentale occupata e nello stesso tempo anche alla Palestina, in
cui in quel medesimo anno si recò Adolf Eichmann. Tale trasferimento era
chiamato “soluzione finale o definitiva della questione ebraica” e, come
risulta dai piani, non era assolutamente una soluzione di sterminio fisico,
ma di evacuazione degli ebrei dal territorio del III Reich. Questo disegno
fu perseguito sino alla primavera del 1944: quando la guerra volgeva al peggio
per la Germania, i nazionalsocialisti avrebbero consentito l’emigrazione in
Palestina di 1 milione di ebrei in cambio di 10 mila camion, ma l’offerta fu
rifiutata da parte ebraica. Perciò proprio ciò che opponeva per diametrum
ideologicamente nazionalsocialismo ed ebraismo, rendeva possibile un
accordo pratico di separazione tramite evacuazione geografica
degli ebrei dalla Germania. Dopo la primavera del 1944, quando i bombardamenti
alleati sulla Germania resero ogni spostamento assai difficoltoso, gli ebrei
restati in Germania furono deportati in campi di concentramento per essere
utilizzati come “forza lavoro”. Sarebbe stato, infatti, controproducente e
autolesionista ucciderli invece di farli lavorare, certamente in condizioni
disumane e come schiavi; il resto lo fecero il tifo, la fame, le bombe alleate,
il lavoro massacrante di 16 ore giornaliere e anche le percosse delle guardie
dei campi di lavoro, che non erano solo tedesche perché numerosi kapò
erano “mezzi-ebrei” arianizzati. Del resto non solo la Germania ha avuto i campi
di concentramento. Purtroppo ogni guerra comporta morte, prigionia e lavori
forzati. Asserire che gli unici ad aver sofferto la reclusione siano stati gli
ebrei è irreale. L’olocaustismo vorrebbe imporci, sotto pena di detenzione,
scomunica ed emarginazione dalla società civile, un falso “dogma” che è contro
(non oltre) la ragione, un “passato che non passa”, ossia una “contradictio
in terminis”.
***
CHIESA E III REICH
Proemio
Padre Giovanni
Sale, lo storico gesuita della Università Gregoriana che ha continuato l’opera
di padre Pierre Blet sui rapporti tra Chiesa, nazionalsocialismo e fascismo, su
La Civiltà Cattolica del 20 novembre 2010 (quaderno 3850) ha affrontato
il tema dei rapporti tra Pio XII e III Reich, facendo delle giuste e doverose
distinzioni. Infatti vi è chi, come Pierre Maximin, sostiene che la Chiesa di
Pio XI e XII, a partire dalla enciclica Mit brennender Sorge del 1937,
tra Hitler e Stalin abbia finito per preferire Stalin. Maximin sostiene che il
III Reich sia stato una sorta di neo Sacro Romano Impero Germanico allo stato
perfetto e che non sia stato sostenuto dal Papa. Questa tesi pecca di univocità
per eccesso di giudizio positivo sul nazionalsocialismo, nel quale
si vedono solo luci e nessuna ombra. Vi è poi la quasi totalità degli storici
“politicamente corretti”, che presentano il III Reich come il “Male assoluto”
appoggiato dalla Chiesa preconciliare, che si sarebbe aperta al mondo moderno
solo a partire dal Concilio Vaticano II. Anche questa tesi, però, pecca per
difetto di valutazione obiettiva del III Reich, che non è
certamente il “Male assoluto”, specialmente se confrontato con i sistemi che
hanno governato il mondo dal 1945 ad oggi (stalinismo; imperialismo
americanista, che ha toccato il suo vertice nella seconda guerra del Golfo
Persico del 2003; sionismo, che, governando l’America, dirige indirettamente il
mondo e lo sta portando sul baratro di una terza guerra mondiale e nucleare; le
repubbliche europee americanizzate e “sessantottizzate” che hanno distrutto
Stato, famiglia e individuo). Certamente, al III Reich mancava il vero rapporto
col soprannaturale e la Fede infusa nell’Unico vero Dio trascendente e
personale, ma promuoveva alcuni valori naturali che hanno formato dei
“cives” retti, per quanto umana fragilità lo permetta. L’uomo e il mondo
post-moderno o attuale, invece, è soprannaturalmente cieco e naturalmente
invertito e degenerato; è il “Regno sociale di satana”, ove il diavolo regna e
il male trionfa (sino a che Dio lo permetterà e non un istante di più). Allora
mi sembra che, seguendo le distinzioni fatte già molte volte nei suoi precedenti
articoli e libri da padre Sale, si possa giungere alla tesi secondo cui nel III
Reich vi furono ombre (naturalismo tendenzialmente panteista, che
compromette il soprannaturale), ma anche luci (ordine, disciplina, forza,
coraggio, intelligenza, fedeltà, che hanno rafforzato le virtù naturali e
acquisite del popolo germanico). La Chiesa nella enciclica Mit brennender
Sorge del 14 marzo 1937 mise in guardia dalle ombre, sperando che i
dirigenti del Reich germanico le correggessero. Ma non scomunicò come
“intrinsecamente perverso” il nazionalsocialismo, cosa che invece hanno fatto
con il comunismo Pio XI (Divini Redemptoris missio, 19 marzo 1937) e Pio
XII (‘Decreto generale’, 1° luglio del 1949). La Chiesa sa che “gratia
non tollit naturam sed supponit e perficit eam” e considerando le
potenzialità dell’ordine naturale restaurato dal III Reich dopo lo sfacelo della
Repubblica di Weimar (1919-33), comprese che esse avrebbero potuto supportar la
grazia. Però così non fu.
Pio XII e Reich
germanico
Padre Sale scrive
nell’articolo succitato che Pio XII quando fu eletto Papa, si consultò con i
Vescovi della Germania sulla lettera per partecipare ad Hitler la sua elezione
al Soglio. Hitler aveva già inviato a papa Pacelli una lettera di auguri,
tramite l’ambasciatore del Reich presso la S. Sede, Diego von Bergen. «Il Papa e
i quattro cardinali tedeschi furono concordi nel ritenere che sarebbe stato
opportuno avvalersi dell’occasione offerta dall’inizio del nuovo Pontificato per
cercare di migliorare i rapporti tra le due autorità. […]. Tale gesto
avrebbe dovuto apparire come una sorta di mano tesa della S. Sede verso il
Governo tedesco. […]. In tale circostanza i cardinali tedeschi, preferivano
distinguere […] tra i membri del Governo legittimamente incaricati del pubblico
potere […] e gli “estremisti neopagani del partito nazionalsocialista”».
Inoltre «in più occasioni, soprattutto negli ultimi tempi della guerra, il Papa
intervenne, anche pubblicamente, contro la tesi della colpa collettiva da
addebitare indistintamente a tutto il popolo tedesco propagandata dagli Alleati
– in particolar modo Gran Bretagna e Francia – per giustificare il bombardamento
sui civili, che abitavano le città tedesche». Appare chiara la distinzione
operata dal Papa e dai cardinali tedeschi tra l’estremismo neopagano di
alcuni membri del partito nazionalsocialista e il legittimo Governo
germanico, col quale si sarebbe potuto sperare di trovare un’intesa.
Conclusione
Per tirare le somme
mi sembra che ogni manicheismo storico sia falso e non corrisponda alla realtà
dei fatti. Un nazionalsocialismo totalmente e assolutamente buono o malvagio è
un “ente di ragione” che non è esistito nella realtà. Certamente la filosofia
nazionalsocialista era idealistica e naturalistica, ma nell’ordine naturale il
Governo germanico assicurò al suo popolo l’ordine interno, il benessere
socio-economico che era stato distrutto dal Patto di Versailles e dalla
Repubblica di Weimar. La Germania a partire dal 1933 in un solo anno tolse dalla
disoccupazione 6 milioni di lavoratori, impiegati nella costruzione di
autostrade, automobili, ferrovie, treni e nell’industria bellica. Favorì la
crescita demografica e sfavorì le pratiche abortistiche, tuttavia occorre anche
dire che ammise la sterilizzazione dei minorati e le sperimentazioni
eugenetiche. Mise al bando la massoneria, il comunismo, il liberalismo, il
democraticismo rousseauiano. Cercò di espellere l’ebraismo dal territorio
germanico. Sradicò l’usura, non lasciò l’economia nelle mani dell’alta finanza
apolide, ma la assoggettò al Governo dello Stato. Stilò un concordato con la
Chiesa (1934). Ridiede dignità al cittadino tedesco, facendone un “secondo
antico romano” molto più che un antico barbaro germanico, ossia
l’“agricola-miles”, che lavora la sua terra per il sostentamento della
sua gente ed è pronto a difenderla con le armi se necessario, Purtroppo il
luteranesimo, l’idealismo, il neopaganesimo impedirono alla natura germanica
formata dal III Reich di essere vivificata dalla grazia. La Religione
pagana, però, non è da confondersi con la civiltà e cultura precristiana
europea o “pagana”. Si pensi alla filosofia greca e al diritto romano. S.
Ambrogio da Milano ha ben distinto Romanità da religiosità pagana, anzi
questa religiosità politeistica e orgiastica secondo lui era l’unica cosa che
accomunava Roma ai Barbari. Purtroppo il nazionalsocialismo si lasciò impigliare
nelle sabbie mobili della vecchia religiosità pagano-germanica, in un certo
luteranesimo e nell’ideologia neopagana dell’idealismo tedesco. Questo fu
l’obex che gli impedì il trionfo, che invece Costantino aveva conseguito
a Ponte Milvio contro Massenzio sotto il vessillo della Croce di Cristo (“in
hoc signo vinces”).
d. CURZIO NITOGLIA
13 gennaio 2011
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