Translate

domenica 12 maggio 2013

d. CURZIO NITOGLIA - LIBERALISMO E MODERNISMO


LIBERALISMO E MODERNISMO
d. CURZIO NITOGLIA
28 maggio 2011
“Nulla oltre l’uomo, nulla al di fuori dell’uomo, nulla senza l’uomo. Questo è il parossismo del liberalismo, che si chiama modernismo”
(Louis Billot).
I) IL LIBERALISMO
Il cardinal Louis Billot ha confutato in maniera concisa e acutissima sia il liberalismo (De Ecclesia Christi. Tomo II, De abitudine Ecclesiae ad civilem Societatem, III ed., Roma, Gregoriana, 1929, Questione VIII, De errore liberalismi et variis ejus formis, pp. 21-63) che il suo figlio il modernismo (De Virtutibus infusis, Roma, Gregoriana, 1928. De obiecto Fidei, pp. 264-272).
Il principio liberale
Per quanto riguarda il liberalismo Billot spiega che esso è la dottrina la quale vuole emancipare o “liberare” l’uomo da Dio, dalla sua Legge, dalla sua Rivelazione e dalla sua Chiesa, sia individualmente che socialmente. Per ottenere questo scopo esso pone la libertà come fine e bene sommo, ossia rimpiazza Dio con la “libertà”.
I) tale principio in sé considerato (la libertà è il fine dell’uomo), secondo Billot, è:
assurdo, infatti la libertà non può essere un fine e tanto meno il fine ultimo e il sommo bene, poiché essa è una potenza o capacità di agire liberamente. Ora l’azione o operazione consiste nel tendere verso il fine. Quindi la libertà è strumento o mezzo atto a cogliere il fine e non è il fine. Ma se si prende la libertà come mezzo atto ad agire liberamente bene e a cogliere il fine (o liberamente male e a mancare il fine) si distrugge la nozione stessa di liberalismo, il quale è una assurdità o contraddizione nei termini, in quanto pone la libertà come fine e non come mezzo.
●Innaturale, infatti pretende che tutto debba essere ordinato alla libertà individuale. Ma l’individualismo è contro la natura stessa dell’uomo, il quale è fatto per vivere assieme ad altri ossia è “animale socievole” (cfr. S. Tommaso D’Aquino, De regimine principum, lib. I, cap. 1). Il colmo è che il liberalismo il quale si richiama sempre alla natura (essendo una conseguenza del naturalismo rinascimentale) erra contro la natura dell’uomo.
Chimerico, poiché non corrisponde alla realtà: scambia il mezzo per il fine e snatura l’uomo rendendolo un puro individuo autistico. La Conclusione cui spesso giunge il liberalismo è l’esatto contrario di ciò che ha posto al punto di partenza: la distruzione della libertà individuale, poiché è foriero di sistemi socio-politico democratisti nei quali il numero e la massa tiranneggia sull’individuo e sulla minoranza.
II) Il Principio Liberale Applicato Alle Cose Umane conduce:
●all’anarchia, in quanto distrugge la natura sociale dell’uomo e quindi la famiglia (tramite il divorzio, l’aborto e le unioni libere) e conseguentemente lo Stato, che è l’unione di più famiglie; oppure all’assolutismo delle oligarchie finanziarie, in quanto se l’individuo - specialmente il più debole e povero - è privato di ogni aiuto dei corpi intermedi (corporazioni) e dello Stato, sarà tiranneggiato dai poteri forti, dall’alta finanza apolide, dalle oligarchie economiche (cfr. Pio XI, Quadragesimo anno, 1931).
III) Il Principio Liberale Applicato Alla Religione conduce almeno implicitamente all’ateismo, poiché Dio limita la “libertà” umana intesa come fine ultimo e quindi bisogna negare la Sua esistenza per rendere veramente libero l’uomo.
I tre diversi gradi di liberalismo
Liberalismo Assoluto, che nega l’esistenza di Dio, dell’ordine soprannaturale e della Chiesa come una vera Religione fondata da Dio. Esso porta al materialismo, all’ateismo e all’irreligiosità.
Liberalismo Moderato, che non nega Dio e la Chiesa, ma vuole la completa separazione tra Stato e Religione. Dio è un Re che regna ma non governa e lascia che l’uomo prenda praticamente il suo posto di governante, accontentandosi – come dicono i deisti – di esistere senza essere provvido. Dal deismo, si passa al panteismo in quanto Dio e l’uomo praticamente fanno una sola cosa, poiché è l’uomo che governa al posto di Dio. Ma il panteismo è un ateismo mascherato da una menzogna. Ora se l’ipocrisia panteistica cede e lascia il campo alla sincerità si giunge all’ateismo nichilistico: Dio non esiste e deve essere cancellato dalla costituzione e legislazione degli Stati. Inoltre il liberalismo è una forma di manicheismo o di dualismo assurdo. Infatti se considera che esiste un solo Principio e un solo Fine per l’uomo: esso è Dio ed allora il liberalismo cade a pezzi; oppure è lo Stato ed allora si ritorna al liberalismo assoluto, ateo e materialista. Se invece si considera l’uomo, allora, o si ammette che egli ha una sola anima, una sola intelligenza e volontà e quindi vi è cooperazione e subordinazione tra Stato e Religione, come tra corpo e anima, ed eccoci nuovamente nel cattolicesimo. Oppure l’uomo ha due anime e allora vi è un “dio” delle cose temporali e un “dio” delle cose spirituali (manicheismo). Ma ciò è assurdo, poiché Dio è infinito e non può ammettere la coesistenza di un altro infinito; inoltre tale dottrina fa dell’uomo uno schizofrenico: un solo uomo con due personalità, una atea e una religiosa. Infine equivarrebbe a mettere in un carro due motori o due cavalli, di cui uno va a nord e uno a sud. Ebbene il carro si spezzerebbe. Se invece i due motori (Stato e Chiesa) vanno nella stessa direzione (Dio) allora essi debbono cooperare in maniera subordinata (come i due motori di un aereo).
●Il cattolicesimo-liberale, che vorrebbe coniugare cattolicesimo con liberalismo, ossia sottomissione a Dio e liberazione da Dio. Esso è “la contraddizione stessa sussistente”. La separazione tra Stato e Chiesa non è presentata dai catto-liberali come una verità di diritto, ma come una convenienza di fatto. Ora anche ciò è contraddittorio. Infatti i princìpi sono regole teoriche che guidano l’azione pratica e come tali vanno applicati in concreto, invece i catto-liberali li accettano, o dicono di accettarli, come puri principi speculativi, ma non vogliono metterli in pratica, poiché non utili o sconvenienti di fatto. Questa contraddizione evidente porta i catto-liberali ad ammettere di diritto le Virtù e i Comandamenti, ma al rifiuto pratico di viverle, poiché non convenienti. Ecco come l’immoralità di diritto e non per fragilità è entrata in ambiente cattolico ed ecclesiale, della quale constatiamo i tristissimi esempi odierni che sono i frutti del liberalismo e del modernismo e non solamente del peccato originale. Tale incoerenza co-essenziale al cattolicesimo liberale lo porta immancabilmente ad ogni sorta di compromesso per poter sopravvivere. La sua natura è quella di “negoziare, colloquiare”. Ma la sua sconfitta è sicura, poiché le contraddizioni generano le rivoluzioni e queste lo spargimento di sangue[1]. Il trinomio liberale “Libertà, fraternità e uguaglianza” della Rivoluzione francese è la sintesi di tale spirito contraddittorio. Infatti l’assoluta libertà individualistica del liberalismo uccide l’uguaglianza sostanziale (che non esclude le disuguaglianze accidentali) degli uomini creati da Dio e ordinati a Dio, in quanto il liberalismo vuole liberare l’uomo da Dio. Inoltre la libertà assoluta uccide la vera fraternità che è l’amore reciproco di benevolenza tra gli uomini, tutti sostanzialmente figli di Dio e fratelli tra loro e la rimpiazza con la libera concorrenza poiché il liberalismo vuole eliminare ogni dipendenza da Dio e quindi la figliolanza da parte dell’uomo, la paternità da parte di Dio e la fratellanza degli uomini tra loro.
II) IL MODERNISMO
Modernismo dogmatico
Il liberalismo condannato da Gregorio XVI (Mirari vos, 1832), da Pio IX (Quanta cura e Syllabus, 1864), da Leone XIII (Immortale Dei, 1885; Libertas, 1888; Testem benevolentiae, 1889) si è trasformato - passando tramite l’americanismo - in modernismo dogmatico condannato da S. Pio X (Lamentabili, 1907; Pascendi, 1907; Sacrorum Antistitum, 1910) e sociale, condannato con il ‘motu proprio’ su L’azione popolare cristiana (1903) e la Lettera apostolica Notre charge apostolique (1910).
Il cardinal Louis Billot ha riassunto la dottrina magisteriale (cfr. De Virtutibus infusis, Roma, Gregoriana, 1928. De obiecto Fidei, pp. 264-272) ed ha definito il modernismo come uno sviluppo dell’assoluta libertà individuale proprio del liberalismo, in individualismo e soggettivismo dogmatico proprio del modernismo. Il modernismo è lo stadio finale e parossistico degli errori filosofici e teologici naturalistici e liberali, chiamato da S. Pio X “la cloaca che raccoglie tutte le eresie” (Pascendi, 1907). I modernisti vorrebbero trasformare, rimanendo nella Chiesa, la sostanza del cattolicesimo, mantenendone solo le apparenze o gli accidenti, in un cristianesimo a-dogmatico per ingannare i fedeli e l’autorità ecclesiastica.
Billot insiste soprattutto sul concetto di esperienza o sentimento religioso del modernismo e spiega che ciò che fecero i positivisti in filosofia: rinunzia a conoscere le sostanze, la natura e l’essere delle cose per osservare solo le esperienze e i fenomeni; il modernismo lo ha fatto in teologia: non c’è più un dogma oggettivo e reale, non c’è una verità extramentale, ma solo il soggetto o l’individuo assoluto, che produce dei fenomeni, i quali debbono essere osservati e sperimentati: ecco l’esperienza religiosa o il sentimentalismo teologico, che fa di Dio il prodotto delle esigenze del subconscio e del sentimento religioso dell’individuo. Per cui la religione e il nuovo cristianesimo modernistico sono solo un’esperienza sentimentalistica del prodotto “religioso” dell’inconscio dell’uomo.
Nulla oltre l’uomo, nulla al di fuori dell’uomo, nulla senza l’uomo. Questo è il parossismo del liberalismo che si chiama modernismo. Il culto dell’Uomo, proclamato non dai laicisti e dagli anticlericali, ma dagli uomini di Chiesa, e questa è la seconda caratteristica del modernismo, come “setta segreta” o “clandestinum foedus” (S. Pio X, Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910), che lavora dentro la Chiesa occultamente a cambiare la sostanza della dottrina cattolica per lasciarne solo le apparenze. Per il modernismo il cattolicesimo nei tempi moderni non può sopravvivere se non sposa i princìpi della filosofia moderna: soggettivismo, relativismo, immanentismo. Quindi per salvare la Chiesa bisogna aggiornarla. La modernità non sopporta più l’idea di un Dio personale e trascendente il mondo, perciò bisogna sostituirla con il concetto di Dio immanente al mondo e far coincidere il teocentrismo coll’antropocentrismo[2], distruggendo la sostanza del primo e mantenendone solo la parola a tutto vantaggio del secondo. Ecco il risultato e la conclusione coerentemente radicale del liberalismo: Dio è solo un’idea, una parola dell’individuo o del soggetto libero, che per affermare la propria assolta libertà elimina l’oggettività reale di Dio e lo crea quale frutto del pensiero dell’uomo.
Modernismo sociale
●San Pio X nel “motu proprio” Sull’azione popolare cristiana (18 dicembre 1903) riprende e condensa in una specie di “sillabo” di 19 proposizioni la dottrina sociale cattolica espressa da Leone XIII nell’encicliche Quod Apostolici muneris, 1878; Rerum novarum, 1891; Graves de communi re, 1901 e nell’Istruzione della ‘S. Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari’ (27 gennaio 1902), che condannavano il liberismo economico e il socialismo. Il § 1° insegna che la Società civile è composta da membri ineguali, come sono ineguali le membra del corpo umano (cfr. Quod Apostolici muneris). Il § 2° afferma che l’eguaglianza sostanziale tra gli uomini riguarda solo la loro natura di creature di Dio (cfr. Quod Apostolici muneris). Il § 3° espone che Dio ha stabilito che nella Società civile vi siano disuguaglianze accidentali: governanti e sudditi, padroni e operai, ricchi e poveri, dotti e ignoranti, che debbono aiutarsi a vicenda (Quod Apostolici). I § 4° e 6°, riprendono la soluzione della questione sociale proposta dalla Rerum novarum, ricordando la liceità del diritto di proprietà. Il § 7° raccomanda agli operai di lavorare onestamente e non danneggiare la proprietà del padrone. Il § 8° rammenta al padrone che “frodare la giusta mercede agli operai è un peccato che grida vendetta in Cielo”. Il § 12° affronta la questione della “democrazia cristiana” già trattata da Leone XIII nell’enciclica Graves de communi re (1901) e ribadisce che La “democrazia cristiana” è solo l’“azione popolare cristiana”, che ha per base la fede e la Morale cattoliche e non deve assolutamente formare un partito politico, ma deve svolgere un’azione caritativa e benefica nei confronti del popolo indigente e deve dipendere dall’autorità ecclesiastica[3]. Infine i § 18 e 19 riprendono la ‘Istruzione della S. Congregazione per gli Affari esteri Straordinari’ che sprona tutti i cristiani a fare ogni sforzo per far regnare tra loro concordia e armonia, evitando i rimproveri e le critiche reciproche. Quando vi sono motivi di divergenza occorre ricorrere al vescovo affinché giudichi e corregga e non pubblicare attacchi personali tra cristiani sui giornali. Inoltre non bisogna mai ispirare sentimenti di odio di classe a chicchessia.
●Nel 1910 San Pio X condanna il Sillon o democrazia sociale francese nella Lettera apostolica Notre charge apostolique come vero e proprio “modernismo sociale”. Il Papa costata la trasposizione in campo sociale e politico dei vecchi errori del liberalismo classico, del liberismo economico, dell’americanismo e dei nuovi e più radicali errori del modernismo dogmatico. Il modernismo sociale è una forma di democratismo politico di stampo rousseauiano, che vorrebbe fare del Vangelo un’ideologia messianica terrena e rivoluzionaria, la quale poi ha portato alla ‘teologia della liberazione’. Esso traspone l’immanentismo dal campo filosofico a quello politico e fa dell’autorità un prodotto della massa, che viene dal basso e non dall’Alto.
Conclusione
L’homo faber fortunae suae dell’Umanesimo, che ha voluto rimpiazzare la Provvidenza di Dio ha prodotto il naturalismo o il culto della natura senza la Grazia del rinascimento. Il soggettivismo religioso di Lutero, quello filosofico di Cartesio e quello socio-politico di Rousseau hanno preparato la modernità, caratterizzata dall’individualismo, dal relativismo, dall’immanentismo e dall’idealismo kantiano-hegeliano. Oggi la libertà individuale assoluta è diventata, agli occhi della maggior parte degli uomini comuni e non solo dei filosofi, il proprio fine ultimo e il proprio “dio”. L’uomo non vive più in famiglia, in società, ma è diventato un animale solivago e computerizzato in relazione virtuale ‘internetica’ e non reale e sociale, una rotella di un ingranaggio che è l’assolutismo sinarchico mondialista che lo schiaccia nel gran Leviatano della globalizzazione. La separazione tra Stato e Chiesa è stata sancita dalla Dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II e calata in pratica dal nuovo Concordato tra Vaticano e Italia del ** 1984, definito da Giovanni Paolo II “ideale” (v. L’Osservatore Romano, *, *, 1984). Le nuove generazioni postconciliari sono state dis-educate alla vaga religiosità sentimentalistica o “esperienza religiosa” protestantico-liberale-modernista. Il Culto dell’Uomo è stato affermato a chiare lettere da Gaudium et spes, Paolo VI e da Giovanni Paolo II spinto sino all’antropocentrismo panteistico in cui l’Io pensante produce l’idea di “Dio” (vedi nota n. 2).
Da un punto di vista sociale si è scivolati verso il modernismo politico moderatamente progressista e liberale, specialmente in Italia, con la “Democrazia Cristiana” quale partito politico di maggioranza (già condannato da Leone XIII nel 1901 e da S. Pio X nel 1903 e 1910), che dal 1945 al 1995 ha scristianizzato le masse una volta realmente cattoliche; mentre in America latina si è scivolati verso il catto-comunismo radicale, rivoluzionario e armato della Teologia della Liberazione.
Come si vede questo coacervo di aberrazioni dottrinali del XIV-XVI secolo ha prodotto due errori teologici: il cattolicesimo-liberale dell’Ottocento e il modernismo del Novecento, che fanno del soggettivismo e dell’individualismo il loro campo di battaglia per rendere veramente l’homo faber fortunae suae, liberandolo dalla dipendenza da Dio, dalla religione e da ogni autorità (liberalismo) e sino a giungere a renderlo talmente “onni-potente” da farlo “creatore” di Dio o meglio dell’Idea di Dio (modernismo), poiché Dio non esiste realmente, ma è soltanto il prodotto del pensiero dell’individuo. Ogni errore teologico presuppone un errore filosofico: la libertà come fine e bene assoluto, il soggetto umano come creatore della realtà extramentale e spirituale. Il mondo contemporaneo è sommerso dal soggettivismo teoretico e morale, per cui è vero ciò che mi pare esserlo ed è bene ciò che mi piace. A partire da queste premesse si può giungere solo al caos, che oramai ha invaso ogni ambiente: naturale e spirituale, individuale, familiare e sociale. Se la dottrina cattolica insegna la regalità sociale di Cristo, il mondo moderno e attuale vuole e vive, invece, il regno sociale di satana, che prepara la venuta dell’Anticristo finale, di cui i vari neo-teologi conciliari sono ‘anti-cristi iniziali’ o figurativi. Umanamente parlando possiamo solo cercare di salvarci l’anima e di aiutare il prossimo più vicino a salvare la propria, infatti siamo soltanto una goccia in un oceano. Quindi affinché la civiltà europea e la Chiesa possano uscire da questa “notte buia” è necessario l’intervento della giustizia di Dio, che sarà molto pesante, proporzionatamente alla gravità del male da correggere e castigare, che è quasi immenso, “a mali estremi, estremi rimedi”, recita il proverbio popolare. Tuttavia “alla fine il mio Cuore immacolato trionferà!”, ci ha assicurato nel 1917 la Madonna a Fatima.
d. CURZIO NITOGLIA
28 maggio 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/liberalismo_e_modernismo.htm
Note
[1]Dietro i sofismi vengono le rivoluzioni, dopo i sofisti è il turno del boia” (J. Donoso Cortés, saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, Milano, Rusconi, 1972, p. 51).
[2] Gaudium et spes n° 24 specifica che «L’uomo su questa terra è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa (propter seipsam)». Questo errore va letto alla luce del pancristismo teilhardiano di Gaudium et spes n° 22: «per il fatto stesso che il Verbo si è incarnato ha unito a Sé ogni uomo».
Durante “l’omelia nella 9a Sessione del Concilio Vaticano II”, il 7 dicembre del 1965, Papa Montini giunse a proclamare: «la religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Tale poteva essere; ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa verso ogni uomo ha pervaso tutto il Concilio. Dategli merito almeno in questo, voi umanisti moderni, che rifiutate le verità, le quali trascendono la natura delle cose terrestri, e riconoscete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, più di tutti, abbiamo il culto dell’uomo».
Karol Wojtyla nel 1976 da cardinale, predicando un ritiro spirituale a Paolo VI e ai suoi collaboratori, pubblicato in italiano sotto il titolo Segno di contraddizione. Meditazioni, (Milano, Gribaudi, 1977), inizia la meditazione “Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo” (cap. XII, pp. 114-122) con Gaudium et spes n.° 22 e asserisce: «il testo conciliare, applicando a sua volta la categoria del mistero all’uomo, spiega il carattere antropologico o perfino antropocentrico della Rivelazione offerta agli uomini in Cristo. Questa Rivelazione è concentrata sull’uomo […]. Il Figlio di Dio, attraverso la sua Incarnazione, si è unito ad ogni uomo, è diventato - come Uomo - uno di noi. […]. Ecco i punti centrali ai quali si potrebbe ridurre l’insegnamento conciliare sull’uomo e sul suo mistero» (pp. 115-116).
Papa Giovanni Paolo II afferma nella sua seconda enciclica (del 1980) “Dives in misericordia” n.° 1: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [nel Concilio Vaticano II, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio».
[3] Anche S. Pio X ha parlato di “democrazia cristiana”, ben distinta dal democratismo sociale modernistico come aveva fatto Leone XIII. La storiella di Leone XIII papa liberale e repubblicano non regge oppure si dovrebbe applicare anche a S. Pio X…

Nessun commento:

Posta un commento