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venerdì 28 settembre 2012

L'ERESIARCA MARTINI: Chiedo che mi si dia una risposta …

A proposito del cardinale Martini. Chiedo che mi si dia una risposta …


(di Corrado Gnerre su Riscossa Cristiana del 06-09-2012) Mi rivolgo a tutti quei cattolici –gerarchia in testa- che in questi giorni si sono spesi nel cantare le lodi del defunto cardinale Carlo Maria Martini. Mi rivolgo a costoro per dire semplicemente che ciò che avvenuto è assai grave. Il Cammino dei Tre Sentieri –che indegnamente guido- nella sua Rassegna stampa n.14 ha fatto un comunicato che in alcuni suoi passaggi dice:
Per la morte del cardinale Martini stiamo assistendo ad uno spettacolo che, se da una parte era ampiamente prevedibile, dall’altra appare del tutto avvilente. Ci riferiamo non tanto agli organi laicisti e progressisti che in un certo senso fanno il loro mestiere, quanto a chi ha idee più chiare rispetto a quelle che ha avuto il Cardinale, ma formula panegirici di cui dovrà render conto al Signore. Tacere sugli errori del cardinale Martini vuol dire continuare a confondere e generare scandalo ai più semplici che potrebbero essere indotti a pensare che essere possibilisti su tante questioni (eutanasia, divorzio, omosessualità, contraccezione, ecc…) non costituisca una grave disobbedienza al Magistero della Chiesa. Un conto è dire che bisogna pregare per la sua anima e sperare che il Signore lo accolga; un conto è offrire sacrifici e penitenze per la sua anima; altro è tacere sui suoi tanti errori. Guai se lo si fa. (…) Un vescovo è chiamato a difendere il gregge dai lupi. I lupi sono: il diavolo, il mondo e la carne … non il Magistero tradizionale della Chiesa.
Il punto è proprio questo. Non si tratta qui del dovere di pregare e di sperare per l’anima del defunto cardinale, quanto di essere chiari. E’ un dovere verso la Verità e verso i fratelli, quelli più semplici, che potrebbero facilmente essere scandalizzati da chi rinuncia a fare chiarezza sulle tante cose dette dal cardinale Martini.
Questi non si è limitato ad esprimere opinioni personali su questioni che la Dottrina giudica opinabili. Se si fosse limitato a questo, ovviamente non ci sarebbe nulla da ridire. Si potrebbe condividere o non condividere. Il cardinale Martini ha invece messo in discussione non pochi punti definiti ed inopinabili della dottrina cattolica, soprattutto in materia di morale. Lo ha fatto non nel chiuso di qualche aula di seminario o di università (il che non sarebbe stato ugualmente giustificabile) e nemmeno in qualche ristretta cerchia di teologi, ma giovandosi di un’amplificazione offerta dai mezzi di comunicazione: nella sua ultima intervista, rilasciata al Corriere della Sera, disse chiaramente che la Chiesa sarebbe indietro di 200 anni.
Quei pochi che non erano a conoscenza delle sue convinzioni, in questi giorni di “canonizzazione” mediatica hanno avuto modo di sapere ciò che era meglio non sapere, ovvero ciò che il Cardinale ha detto in tema di celibato ecclesiastico, divorzio, fine-vita, contraccezione, omosessualità e altro ancora.
Come dice il comunicato de Il Cammino dei Tre Sentieri, i media, soprattutto quelli di estrazione laicista, progressista e liberal-massonica, non hanno fatto altro che il loro mestiere e non c’è da stupirsene. Ma gli altri? Quei cattolici che non si riconoscono nel laicismo e in una certa teologia progressista cosa hanno detto? E la gerarchia cosa ha detto?
Chiedo a quest’ultima: può un cattolico mettere in discussione la validità dell’obbligo del celibato ecclesiastico, essere transigente sulle questioni del fine-vita, affermare che l’enciclica Humanae Vitae sia stata un grosso errore? Il cardinale Martini nel libro-intervista con il gesuita tedesco Sporschill dice che tale enciclica ha prodotto “un grave danno”. A Paolo VI, Martini imputa d’aver celato deliberatamente la verità, lasciando che fossero poi i teologi e i pastori a rimediare, adattando i precetti alla pratica: “Io Paolo VI l’ho conosciuto bene. Con l’enciclica voleva esprimere considerazione per la vita umana. Ad alcuni amici spiegò il suo intento servendosi di un paragone: anche se non si deve mentire, a volte non è possibile fare altrimenti; forse occorre nascondere la verità, oppure è inevitabile dire una bugia. Spetta ai moralisti spiegare dove comincia il peccato, soprattutto nei casi in cui esiste un dovere più grande della trasmissione della vita”. In effetti, prosegue il cardinale, “dopo l’enciclica Humanae Vitae i vescovi austriaci e tedeschi, e molti altri vescovi, seguirono, con le loro dichiarazioni di preoccupazione, un orientamento che oggi potremmo portare avanti”. Un orientamento che esprime “una nuova cultura della tenerezza e un approccio alla sessualità più libero da pregiudizi”.
Io –semplice fedele- voglio che la gerarchia mi risponda su questo. Potrebbe dire qualcuno: è inutile una risposta perché il Catechismo della Chiesa Cattolica parla chiaro: non è possibile transigere sui punti elencati. E allora, se non è possibile per un semplice fedele, a maggior ragione non dovrebbe essere possibile per un vescovo, cioè per un successore degli apostoli. Ma chi ha avuto il coraggio di dirlo?
In tempi più seri (mi duole dirlo) … in tempi più seri le cose sarebbero state risolte diversamente … a beneficio di coloro che nella loro semplicità esigono sapere dall’autorità quale strada percorrere e in quali insegnamenti credere.
Qualcuno potrebbe anche dire: in realtà ci si è limitati a riconoscere lo spessore culturale del personaggio. Ora, oltre al fatto, che non ci si è limitati solo a questo; verrebbe da dire che anche questo è tutto da dimostrare. Un conto è la conoscenza intellettuale della Scrittura, altro la sapienza della Scrittura … che non è data dal mero studio. Quando manca quest’ultima, non c’è da stupirsi se si dicono cose talmente contraddittorie che possono essere confutate anche da un bambino.
Può darsi che sia io a non capire, ma faccio un solo esempio: come si fa a coniugare il “non separi l’uomo ciò che Dio ha unito” (Matteo 19,8) con affermazioni come queste, dette nella sua ultima intervista: “Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l’indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (…). L’atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l’avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura.” E’ conoscenza della Scrittura questa?
Qualcuno potrebbe dire: ma non si deve giudicare nessuno. Verissimo. Nessuno pretende giudicare la coscienza del cardinale Martini, che solo Dio conosce e quindi solo Dio può giudicare. Ma gli errori sì: questi si possono e si devono giudicare. Altrimenti va bene tutto … e se va bene tutto, ognuno può costruirsi il suo cristianesimo.
Qualcuno potrebbe dire ancora: non conviene condannare per non offrire il “destro” a chi cerca ogni occasione per sparlare della Chiesa con il desiderio di scoprire in essa divisioni e litigiosità. E la salvezza delle anime? Torniamo alla questione della contraccezione. Un semplice fedele che pratica la contraccezione (anche quella che può essere abortiva, come per esempio la spirale) se conosce ciò che il cardinale Martini ha detto in proposito e sente poi che il cardinale in questione viene definito un “grande uomo di Dio e servitore del Vangelo”, perché dovrebbe smettere? E’ giusto dinanzi a Dio prendersi questa terribile responsabilità facendo silenzio?
Siamo in un mondo in cui gravi vizi come: la sodomia, la tossicodipendenza, la pornografia – e crimini come l’aborto – vengono tollerati, mentre si fanno le “crociate” contro qualche sigaretta in più (preciso che io non fumo né sopporto fumatori a fianco a me) o contro qualche bollicina di troppo nelle bibite. Diciamocelo: negli ambienti ecclesiali siamo quasi allo stesso punto. Sono stato fra i firmatari tempo fa dell’appello perché il Papa non andasse all’incontro interreligioso di Assisi per evitare che i media tornassero ad interpretarlo come un assenso al relativismo religioso … apriti cielo! Eppure, insieme ad alcuni amici, ci permettemmo di dire la nostra su una scelta del Santo Padre su cui si poteva e si può discutere.
Vengono rifiutati verità su verità della dottrina ed è come se non succedesse nulla. Il cardinale Martini ha firmato una sorta di prefazione di un libro di Mancuso, che – a detta della Civiltà Cattolica (rivista dei gesuiti) – nega o perlomeno svuota circa una dozzina di verità del Cattolicesimo … ed è come se non fosse successo nulla, anzi: viene definito un grande “uomo di Dio e servitore del Vangelo”. Gesù dice: “ … filtrano il moscerino e ingoiano il cammello.” (Matteo 23,24).
Chiedo scusa per l’impeto delle mie parole, ma –sottolineo- è per amore della Chiesa e della Sua Santa Verità che ho deciso di intervenire … e inoltre è già è molto ciò di cui dovrò render conto al Signore, non voglio che a questo si aggiunga anche la sciagurata scelta di aver fatto silenzio in questi giorni.


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Il Cardinale che preferiva gli applausi alla Chiesa


(di Antonio Socci su Libero del 02-09-2012) Vedendo il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì i suoi così: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26).
I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20).
Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Luca 6,20-23).
Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi.
E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni. O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI?
A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei nostri”.
Lui rispondeva indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”.
E ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.
Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.
Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”.
Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
E’ del tutto legittimo – per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà?
Quando un cardinale afferma: “sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le religioni?
Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati?
Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui – “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche.
Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).
Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”.
Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti.
Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.
Ma il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”).
Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura.
Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.
I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”.
Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera.
Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.
Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25).
E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).
Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.

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Cardinale Martini: l’ipocrisia di chi lo osanna


(di Marcello Veneziani su Il Giornale del 03-09-2012) Il cardinale è stato celebrato come il Papa dei non credenti, ma un conto è dialogare con tutti e un altro è omologarsi a chi ti combatte.
Il papa dei non credenti. Così è stato celebrato il Cardinal Martini dai giornali, dai telegiornali e dagli intellettuali. Salutandolo come capofila del cattolicesimo progressista, sono stati elencati i suoi principali meriti: istituì la cattedra dei non credenti, preferì rivolgersi ai pensanti piuttosto che ai credenti, si distinse dalla Chiesa aprendo all’eutanasia, al preservativo, alle coppie gay, agli atei, rifiutò la messa in latino e sostenne la necessità di «superare le tradizioni religiose».
Un curriculum notevole per un intellettuale, con i suoi dubbi e le sue aperture; ma per un sacerdote, per un cardinale, per un uomo della Chiesa, può dirsi altrettanto? Certo, il Cardinal Martini non fu solo questo, fu anche un biblista insigne, una figura carismatica, si ritirò a Gerusalemme; ma la ragione per cui è stato osannato dai media è questa e l’ha ben riassunta un intervistato: «Non ragionava come un uomo della Chiesa, non sembrava un Cardinale».
Ma è davvero un elogio non sembrare quel che si è, mimetizzare la propria missione, confondersi con il proprio tempo e tingersi dei suoi colori? E allora torno a domandare: ma è questo che chiediamo a un pastore, a un uomo di fede e di chiesa, di parlare come tutti gli altri, di assecondare lo spirito del tempo anziché invocare il tempo dello spirito? Non ci bastano e ci avanzano le tante cattedre di ateismo, di laicismo e di progressismo che ci sono in giro per chiedere che anche dentro la religione vi siano spazi e argomenti in favore dei non credenti e delle loro tesi? Siamo bombardati dai precetti laici della modernità miscredente e dai canoni del progresso; non avremmo piuttosto bisogno di qualcuno che ci rappresenti l’amore per il sacro, per la trascendenza e per la tradizione?
E chi dovrebbe farlo se non un uomo della Chiesa, un Arcivescovo, un Sacerdote? É demolita ovunque l’Autorità e l’autorevolezza delle istituzioni, anche se poi al loro posto ci sono nuovi canoni obbligati, nuovi poteri dominanti a volte più dispotici e intolleranti degli altri: non si chiede oggi a chi rappresenta la religione di assumersi sulle spalle la croce di contravvenire a questi nuovi dispotismi nel nome perenne della Tradizione e della fede in Dio? Un conto è dialogare con i «gentili», come fa anche Ratzinger, un altro è sposare il loro punto di vista o scendere sul loro stesso terreno, fino a omologarsi, e rappresentare soltanto la versione religiosa all’interno dell’ateismo dominante.
Non si tratta di barricarsi nella Chiesa degli anatemi e dell’integralismo e di ignorare il mondo e il nichilismo che avanza; si tratta di affrontare il mondo a viso aperto, testimoniando la passione di verità e non la priorità del dubbio, testimoniando l’amore per l’eterno e non solo per il proprio tempo. Una scelta spirituale che si incarna, e non una scelta intellettuale, o peggio ideologica, che si storicizza.Giunge a proposito la questione sollevata da Papa Ratzinger su Giuda. Secondo Benedetto XVI, Giuda tradì Gesù perché voleva spingere Cristo non a fondare una nuovo religione, ma un movimento politico ribelle contro l’impero romano.
La lettura di Ratzinger lancia un forte messaggio al nostro tempo: chi riduce Gesù a un rivoluzionario e il cristianesimo a messaggio di redenzione politica e di riscatto sociale, tradisce Cristo come Giuda. Il ribelle zelota Giuda nega il valore religioso del cristianesimo e lo riduce a rivolta politica, attaccando l’impero romano ma non intaccando la religione ebraica. Viceversa, Cristo secondo Ratzinger non è avversario di Roma e non è un rivoluzionario, ma fonda una nuova religione, e dunque dissente dal sinedrio, che lo condanna al patibolo.
Su la Repubblica Gustavo Zagrebelsky ha scritto un dotto excursus tra le interpretazioni di Giuda per sposare alla fine la tesi di don Primo Mazzolari di un Cristo ribelle, distruttore, liberatore e nemico del potere. Un Gesù giacobino, da popolo viola, «uno come noi», scrive il professore giustizialista. Uno come noi, è anche la parola d’ordine per elogiare il cardinal Martini dal punto di vista dei non credenti. Il Cristo di Mazzolari-Zagrebelsky è una versione opposta a quella di Ratzinger. E si sposa assai bene con l’elogio progressista di Martini.
Peccato che il giurista non citi tra le interpretazioni di Giuda come esecutore del disegno divino quella di Giuseppe Berto (ripresa da scrittori cattolici come Mario Pomilio e Francesco Grisi): Giuda tradendo provoca la morte e la resurrezione di Cristo. Come in una vera eterogenesi dei fini – espressione del cattolico Augusto del Noce che però piace a Zagrebelskj – il tradimento di Giuda ha un movente politico ma produce un risultato escatologico: non provoca la ribellione degli zeloti ma la salvezza del mondo tramite il sacrificio di Cristo sulla Croce. Perché la promessa cristiana è la resurrezione, non la rivoluzione; è l’eternità, non il progresso. Post scriptum. A proposito di Crocifisso, avrete letto la profanazione di Ulrich Seidl alla Mostra del Cinema di Venezia.
Una trovata miserabile, non solo perché offende i credenti e coloro che, pur non credenti, sono nati e cresciuti in una civiltà cristiana. Ma per due altre ragioni: la sua profanazione non ha nemmeno l’alibi di sfidare coraggiosamente un regime teocratico, ma infierisce contro una fede debole, soccombente, e su questo piano, inoffensiva. E poi non ha nemmeno il crisma dell’originalità, perché arriva dopo decenni di profanazioni spettacolari, dai film di Pasolini, che però erano almeno tormentati vangeli, alle esibizioni di Madonna, Lady Gaga e dei Soliti Idioti. Quel film rientra nello squallido conformismo della profanazione contro una fede inerme, come Colui che fu inchiodato sulla croce.


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Martini, l’aborto e la vera carità

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Attenzione: l’articolo contiene una foto di aborto, molto cruda. Chi fosse impressionabile, è pregato di non leggere.
Ritengo che vada rispettata ogni persona che, magari dopo molta riflessione e sofferenza, in questi casi estremi segue la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare“.
Questo il pronunciamento sibillino del defunto cardinal Martini sull’aborto citato nei giorni della sua dipartita, a prova della sua apertura e della sua bontà (insieme ai tanti silenzi e ai tanti gesti per prendere le distanze dai principi non negoziabili). Non ritornerei su questo argomento, per rispetto ad un defunto, se questa frase come tante altre in cui apriva ad eutanasia ecc. non fosse ormai il manifesto non solo dei nemici della Chiesa ma anche di tanti che si dicono cattolici.
Cosa si può notare in questa visione dell’aborto proposta da Martini, prendendo le distanze dalla posizione ufficiale della Chiesa? Anzitutto un fatto: Martini si è sempre voluto presentare come l’uomo del dialogo, l’uomo che non condanna, l’uomo di Chiesa buono… a differenza degli altri. Gli altri, dal papa a Ruini…, condannano, stigmatizzano, fulminano… perché sono personaggi cattivi, reazionari, oscurantisti… Io, Martini, sono diverso, voglio una Chiesa diversa….io non condanno, io capisco, io comprendo…
Vediamo prima allora, quale è la posizione della Chiesa. La Chiesa condanna, da sempre, l’aborto. Lo condanna perché è l’uccisione di una creatura umana, già formata, innocente, chiamata alla vita e perciò degna di rispetto. La Chiesa, condannando l’aborto, dimostra anche cosa sia la vera pietà: perché l’uccisione di un figlio è, anche per chi la realizza, la rinuncia al grande dono della vita; perché la donna che abortisce, come ormai è sempre più chiaro dagli studi medici, vivrà sempre come un dolore immenso questo suo gesto. L’aborto è contro il figlio, contro la madre ed il padre, contro la società.
Foto di aborto procurato
La condanna dell’aborto, va di pari passo con la necessità, proclamata dalla Chiesa, di aiutare le famiglie: la Chiesa ha creato gli orfanatrofi e i Centri Aiuto alla vita. Non si limita a predicare, ma va incontro ai bisogni. I teorici dell’aborto libero, dell’aborto come diritto, non hanno mai fatto nulla per aiutare le ragazze madri in difficoltà. Anzi, con la loro visione (“tanto c’è l’aborto”), hanno legittimato anche il disinteresse dello Stato dinnanzi alle maternità difficili!
Infine, la Chiesa, condannano l’atto dell’aborto, non giudica, non condanna, come vorrebbe far credere Martini, la persona, non le toglie il rispetto: il giudizio ultimo su di lei è infatti di Dio e di Dio solo.
Per questo ogni cattolico direbbe: “L’aborto è un abominevole delitto (Concilio Vaticano II, in accordo con secoli di Tradizione); uccide il figlio e la madre; danneggia la famiglia e la società; è sangue innocente versato; ogni coscienza retta lo rinnega; lo Stato dovrebbe impedirlo, e, nello stesso tempo, venire incontro a chi si trova in condizioni di difficoltà, per prevenire questa tragedia. Questo non è un giudizio sulla persona che abortisce, che anzi, va aiutata, dopo ciò che ha fatto, a rinascere”. Potrebbe poi dire: “non è questione di quello che ‘io mi sento o non mi sento’, come per Martini, perché io non sono nessuno. E’ questione di fatti: abortire è uccidere. Non è questione di ‘rispetto’, perché il rispetto è sempre dovuto, anche agli assassini di persone adulte. Lo Stato che mette in galera un criminale non significa che non lo rispetti: fa solo osservare la legge, senza la quale la società precipiterebbe nel caos”. E concluderebbe: “condannare l’aborto non è mancanza di carità, ma al contrario, è carità, perché la carità è legata alla verità. Un padre che sgrida il figlio perché si droga, non manca di carità, ma al contrario, lo ama. Così la Chiesa indica a tutti che il figlio è un dono, che la vita va rispettata, e così facendo insegna agli uomini l’amore (e a rifuggire l’odio e la tristezza della morte)”.


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