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d. CURZIO NITOGLIA
9 novembre 2011
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●Nacque a Parigi nel 1905. Nel primo dopoguerra - specialmente negli
anni Cinquanta/Sessanta - fu il pensatore più celebre in Francia, a partire
dalla quale ha ammorbato l’Europa intera. Molto vicino al ‘Partito Comunista
Francese’, anche se in maniera critica, ha svolto il ruolo del contestatore
feroce della “civiltà borghese”, pur avendone tutti i difetti e nessuna qualità.
È morto nel 1980, dopo avere spinto al suicidio, tramite i suoi libri, molti
giovani sbandati e disorientati. Le sue opere principali sono La nausea (1938);
L’essere e il nulla (1943); Critica della ragione dialettica (1960); La
trascendenza dell’Io (1962).
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Esistenzialismo nichilistico e
disperato
●Sartre oltrepassa il nichilismo di Nietzsche senza averne la genialità
seppur maligna e col suo esistenzialismo negativo, volgare, di bassa lega e
distruttore di ogni cosa (l’essere, la conoscenza razionale, la morale, l’uomo
animale razionale e sociale) è giunto colla rivoluzione del maggio Sessantotto a
dissolvere l’individuo sin in interiore homine. Secondo Sartre la coscienza è
un’Idra negativa che distrugge l’essere umano e quindi va combattuta in primis
et ante omnia.
●L’essere, che per San Tommaso è “la perfezione di ogni perfezione”, per
Sartre è “una massa inerte, informe, gonfia, fastidiosa, vale a dire un’enorme
marmellata gelatinosa” (La nausea, 1938). In breve Sartre confonde l’essere o
l’atto con la materia prima priva di ogni attualità. Infatti secondo il filosofo
sessantottino l’essere è “qualcosa di troppo”, di “ripugnante e disgustoso” per
due ragioni: a) innanzitutto perché la coscienza non riesce mai ad esaurirne
tutta la portata, ragione sciocca poiché anche l’infinito, che è perfezione
assoluta, sarebbe sartrianamente ripugnante; b) in secondo luogo perché possiede
più di quanto occorre, come un obeso; ragione stupida poiché l’essere non è
quantità, ma perfezione suprema. Si scorge qui nella teoria sartriana l’influsso
sia del materialismo comunista che dell’odio metafisico per l’essere, il quale
accompagna i dannati dell’inferno, che vorrebbero non-essere piuttosto che
subire il rimorso di coscienza, che li divora come un verme (“ubi vermis eorum
non morietur”). È per questo che il nichilismo disperato di Sartre è
paragonabile all’avangusto della dannazione eterna, il quale è stato fatto
sperimentare ai giovani sessantottini e alla Società europea, che è nata dai
princìpi del Sessantotto, i quali grazie alla globalizzazione oramai sono sparsi
nel mondo intero.
●Un’altra caratteristica dell’essere è la contingenza e la finitudine.
Sartre completamente digiuno di sana metafisica ignora la distinzione tra
‘Essere per essenza’ (‘Necessario’) ed ‘essere per partecipazione’
(‘contingente’). Egli nega l’esistenza dell’Essere necessario o Dio e disdegna –
gnosticamente – la contingenza del creato come qualcosa di ripugnante, non
ammette limiti né imperfezioni e nello stesso tempo rifiuta anche l’Atto puro o
l’Essere perfettissimo, ritrovandosi così senza creature e senza Creatore, come
i dannati nell’inferno.
●La caratteristica più importante dell’essere, secondo Sartre, è
l’assurdità o la contraddittorietà. Egli scorge nell’assurdità la chiave
dell’esistenza di ogni cosa. Tutto è assurdo, il mondo e Dio. Ciò che esiste non
ha alcuna spiegazione, significato, ragion d’essere, finalità, è un “non
senso”[1]. Non è difficile capire come
tali idee abbiano spinto tanti poveri giovani, privati di ogni scopo e ideale,
al suicidio e come – se applicate alla Società – la portino all’anarchia e al
caos totale, come avviene in questi ultimi anni nel mondo intero: le crisi
economiche che attanagliano gli Usa e l’Europa, le rivolte sociali, le guerre in
tutto il mondo sono l’effetto terminale di una malattia letale scoppiata nel
Sessantotto. La crisi comatica del mondo contemporaneo e post-moderno è
l’effetto di certe idee impazzite, che hanno trionfato nel Sessantotto e
travolto come un fiume in piena quasi ogni cosa.
●Nel suo libro del 1943 L’essere e il nulla Sartre approfondisce
quanto aveva scritto nel 1939 e si sofferma sulla funzione nullificatrice e
distruttrice della coscienza (come Pinocchio che la schiacciò nella figura del
“grillo parlante”). La coscienza per la sana filosofia è la voce dell’anima, che
ci condanna se abbiamo agito male e ci loda se abbiamo fatto il bene. Ora per il
nichilismo, che è votato alla distruzione dell’essere e della morale,
all’esaltazione dell’errore e del male, la coscienza dev’essere schiacciata come
il “grillo parlante” di Pinocchio. Sartre è convinto che la coscienza divori
l’essere ed abbia come sbocco immancabile la “nausea”, poiché la coscienza trova
davanti a sé qualcosa di troppo[2]
(il male, il rimprovero), ed è paragonata epicureamente da lui ad
un’indigestione. Per Sartre la fase cronologica più importante dell’uomo non è
il futuro, ma il presente accompagnato indissolubilmente da nausea, egli è
continuamente disgustato da tutto ciò che lo circonda. Sartre è un egocentrico
fastidioso, che disprezza e disdegna tutti tranne se stesso.
●Anche il liberalismo ha influito sul pensiero di Sartre. Infatti
per lui la natura dell’uomo è la libertà. Invece per la retta ragione la libertà
è una facoltà o proprietà di cui l’uomo può servirsi per fare liberamente il
bene ed evitare il male. Addirittura per Sartre la libertà produce la natura
umana ed essa è illimitata, tutto è lecito: “non siamo liberi di cessare di
essere liberi”[3].
La libertà non è vincolata da nessuna legge morale, l’unica regola cui è
sottoposta è la libertà stessa[4].
La conclusione cui giunge è la stessa cui era arrivato Ivan Karamazov: “se Dio
non esiste, allora tutto è permesso”, da questa massima Ivan arriva a spingere
un servo (Smerdiakov) ad uccidere suo Padre Feodor Karamazov, ma poi presi dal
rimorso di coscienza Ivan impazzisce e il servo si impicca. Sartre no. La
coscienza non gli appartiene, l’ha affogata nel culto del suo Io che - secondo
lui - è trascendente; tra tante macerie si salva e si erge come un ancora di
salvezza solo l’Io trascendente di Sartre, poiché quello degli altri è
l’inferno. Sartre ha lanciato lo slogan dell’Ateismo coerente sino in fondo,
secondo cui se Dio non esiste è inutile rimpiazzarlo kantianamente con una
nostra idea o bisogno subconscio di Lui, ma occorre giungere coerentemente alla
conclusione che nessun ordine, essere, valore possono sussistere e quindi
occorre distruggerli: è il Deicidio pianificato.
●L’egoismo patologico di Sartre giunge al vertice quando afferma
che “l’altro è l’inferno”, opprimendo la nostra individualità e tenendoci sotto
il suo sguardo[5].
Allora l’unico modo per sottrarsi all’invadenza dell’altro è quello di renderlo
un nostro oggetto, uno schiavo, togliendoli la sua libertà e soggettività.
●Come si vede tutta la filosofia di Sartre, che ha influenzato il
modo di essere, di pensare e di agire dell’Europa dal Sessantotto ad oggi, è
caratterizzata da un nichilismo pessimistico e disperato, che non può non farci
pensare alla pena del danno dell’inferno, che non è “l’altro”, ma è “il luogo di
ogni male senza alcun bene”. Sartre non ha indicato, come i rivoluzionari prima
di lui, un modo – anche se erroneo – di costruire utopisticamente un mondo
nuovo, ma ha voluto soltanto spingere - specialmente la gioventù - a distruggere
ogni cosa e se tessa, l’altro, Dio e il mondo circostante. Sartre rappresenta
bene il mondo contemporaneo caratterizzato dalla dissoluzione di ogni valore, di
ogni istituzione e dell’uomo stesso. Tale progetto non può che produrre
angoscia, dolore e morte. I frutti della semina di Sartre li stiamo raccogliendo
proprio ora[6].
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PAUL
RICOEUR
●Nacque a Valence in Francia nel 1913 ed è morto nel 2005. Ha studiato
Jaspers, Husserl e Marcel. Negli anni Settanta ha insegnato anche a Chicago. Le
sue opere più famose sono Karl Jaspers (1947); Gabriel Marcel e Karl Jaspers
(1948); Della interpretazione. Saggio su Freud (1965); Se stesso come un altro
(1990). È il meno profondo dei tre esistenzialisti qui studiati.
Esistenzialismo fenomenologico e
psicoanalitico
●Ricoeur muove dalla fenomenologia di Husserl e
dall’esistenzialismo di Jaspers e Marcel per sfociare in una sorta di
sincretismo in cui tenta di far coabitare Husserl, Marcel, Spinoza, Kant, Freud,
Hegel, Marx, Nietzsche, Heidegger; il tutto alla luce della
psicoanalisi[7].
●Lo storicismo è il filo conduttore del pensiero di Ricoeur.
Infatti secondo lui ogni conoscenza della verità umana è essenzialmente
storicistica poiché ha luogo entro un determinato tempo, che libera la dottrina
o conoscenza umana da ogni valore assoluto, stabile, immutabile e lo sottomette
al relativismo e soggettivismo, in quanto “la verità cambia col cambiare del
tempo”: ciò che era vero ieri non lo è oggi e ciò che lo è oggi non lo sarà
domani[8]. Come si vede egli toglie ogni
base stabile alla verità e alla certezza della conoscenza raziocinativa,
gettando l’uomo nel dubbio perpetuo e nell’incertezza agnostica.
●Il criticismo kantiano è un’altra componente del pensiero di
Ricoeur. Secondo lui non possiamo conoscere la realtà in sé, ma come ci appare,
in un intreccio di elementi soggettivi e oggettivi. Quindi la realtà non essendo
razionalmente conoscibile può essere compresa attraverso il simbolismo, ossia un
paragone, una rappresentazione simbolica, figurativa o immaginativa di un
sentimento umano, che diventa regola di azione. Il simbolismo in Ricoeur ha un
carattere essenzialmente religioso, mutuato dal modernismo. Infatti secondo lui
è il sentimento che tramite la rappresentazione immaginativa produce la ‘prassi’
o l’esperienza religiosa. Solo il simbolismo (modernistico e psicanalitico)
permette all’uomo di mettersi in rapporto con la “divinità”. I simboli rinviano
ad una realtà occulta e misteriosa (esoterica) ed hanno, perciò, bisogno
d’interpretazione. La Fede per Ricoeur non è la virtù teologale cristiana, ma
l’interpretazione o l’ermeneutica come condizione moderna del credere[9]. L’ermeneutica è un dono della
modernità, che aiuta l’uomo contemporaneo ad avere la sua “credenza” o
interpretazione religiosa soggettivistica.
●L’uomo da Ricoeur è visto soprattutto nei suoi limiti e
deficienze: sproporzione, fragilità e fallibilità[10], e va studiato mediante la
psicologia del profondo o del subconscio, ove la psicanalisi prevale sulla
filosofia e ne decreta la crisi. Infatti la psicanalisi ci aiuta a dubitare
persino del Cogito e a de-costruirlo, è tutto il contrario del Cartesianismo.
Freud è il padre della crisi e della morte della filosofia moderna o della crisi
della coscienza di sé. Infatti per Ricoeur la filosofia post-moderna ritiene che
la coscienza non sia più un ‘dato di fatto’ (esser conscio di sapere) ma un
‘compito’ (dover divenire conscio, dubitando della coscienza, senza esserlo mai
in atto). Ricoeur ha fondato la “ermeneutica della demistificazione” ossia lo
studio di coloro che sono chiamati da lui “Maestri del sospetto” (Marx,
Nietzsche e Freud)[11],
la quale va completata e sorpassata dall’ermeneutica restauratrice, tipica dei
filosofi del simbolismo (modernisti ed esoteristi)[12]. In ciò è prefigurativo di
Joseph Ratzinger, che prima (1960-70) ha applicato la teologia demistificatrice
alla Tradizione apostolica, la quale era un mito da abbattere, e poi (1975-2011)
ha rispolverato la teologia o ermeneutica restauratrice - simbolicamente e non
realmente – della Tradizione, la quale è un mito da far rivivere per poter
reggersi a galla.
●L’etica di Ricoeur si basa su quella di Lévinas; essa è molto
critica verso la filosofia moderna, che si fonda sulla soggettività e il
soggettivismo relativistico, ma non intende assolutamente tornare al realismo
della conoscenza e si accontenta con Lévinas di sposare la filosofia
dell’alterità ove il tu sta avanti all’io[13].
●La carenza di una solida metafisica rende l’ermeneutica di Ricoeur
una sorta di discorso monco e incompiuto, parziale e distorto, che non riesce a
cogliere l’essenza delle cose. Infatti egli assume come punto di partenza non
l’essere, ma l’intimità dell’io e la sua responsabilità di fronte all’altro. Ma
l’io e l’altro senza l’essere non hanno una base o sostanza stabile sulla quale
posare[14].
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CLAUDE
LÉVY-STRAUSS
*
Esistenzialismo
strutturalistico
●Lo strutturalismo francese è la dottrina secondo la quale si
debbono studiare le relazioni (o “strutture”) tra i vari termini, senza
conoscere i termini stessi. Il fondatore dello strutturalismo Claude
Lévy-Strauss scrive: «lo strutturalismo preleva i fatti sociali nell’esperienza
e li trasporta in laboratorio. Là li rappresenta sotto forma di modelli,
prendendo in considerazione non i termini, ma le relazioni tra i
termini»[19].
È come se si volesse parlare della relazione di paternità o figliolanza, che
intercorre tra padre e figlio e viceversa, senza conoscere e prendere in
considerazione il padre e il figlio. S. Tommaso D’Aquino (S. Th., I, q. 13, a.
7) spiega che i termini della relazione o rapporto di una cosa all’altra sono
quattro: 1°) il soggetto: l’ente al quale la relazione si riferisce (p. es.
paternità-padre); 2°) il termine: con il quale il soggetto è posto in relazione
(figlio); 3°) fondamento: del rapporto tra soggetto e termine (generazione
attiva); 4°) il rapporto o vincolo che lega soggetto e termine (parentela o
paternità). La relazione (paternità) ha un essere accidentale proprio, che è
l’inerire (“esse in”) alla sostanza (padre). Quindi se non c’è un padre non
esiste un figlio e non sussiste relazione di paternità; se non c’è un figlio non
esiste un padre e non sussiste relazione o “struttura” di figliolanza. Quindi è
impossibile studiare la paternità se non c’è il padre (S. Th., II-II, q. 23, a.
3). Lo strutturalismo, perciò, è una relazione che non ha fondamento nella
realtà.
●La prima caratteristica dello strutturalismo è una metodologia
nichilistica che studia “strutture” fondate sul nulla. Esso cerca di costruire o
meglio “creare ex nihilo” – come fa la mente del pazzo allucinato – schemi di
relazioni o strutture, facendo astrazione dai termini reali che fondano la
relazione, soprattutto in campo antropologico e sociologico con Lévy-Strauss,
(che rilancia il marxismo classico secondo cui l’economia è la struttura su cui
si basano le sovrastrutture) e in campo psicologico con Jacques Lacan
(elaborando schemi di relazioni oscure dell’inconscio, affiancandosi al
freudismo e sorpassandolo nell’elogio del folle).
●Il metodo dello strutturalismo si fonda sulla teoria della
conoscenza secondo cui la ragione umana può conoscere solo le relazioni (o
“strutture”) e non le sostanze o essenze delle cose, che - se esistono - sono
inconoscibili. Niente di nuovo: è solo la estensione del soggettivismo moderno
specialmente kantiano, secondo cui non conosco la cosa in sé (noumeno), ma come
essa mi appare (fenomeno), al campo della sociologia materialista (Marx) e della
psicanalisi del subconscio o dell’inconscio (Freud). Lo strutturalismo
oltrepassa, tuttavia, la modernità kantiano-hegeliana e si colloca in piena
post-modernità nichilistica in quanto nega non solo la possibilità di conoscere
la realtà oggettiva (Kant) o la sua esistenza (Hegel), i fenomeni (sensismo o
empirismo inglese), i fatti o esperienze individuali (positivismo), ma anche la
conoscenza e l’esistenza di un Soggetto (esistenzialismo classico), un Io o
Spirito assoluto, poiché non conosciamo termini o soggetti, ma solo le loro
relazioni, il che è assurdo perché senza soggetto o termine non c’è relazione.
Perciò lo strutturalismo come metodo e come gnoseologia è essenzialmente
nichilistico e postmoderno. La “contro-filosofia” strutturalista è stata ben
definita dal suo fondatore Claude Lévy-Strauss come Pensiero selvaggio[20]. Infatti – secondo lui – la
logica, la ragione stessa dell’uomo è una mistificazione, un’invenzione fondata
sulla filosofia realistica e la metafisica dell’essere, secondo le quali esiste
una realtà oggettiva, un soggetto conoscente e dei termini; invece per lo
strutturalismo esistono solo le strutture o le relazioni, che si manifestano
psicanaliticamente (Freud) nel subconscio umano o sociologicamente (Marx) nelle
relazioni dei popoli selvaggi, che non sono stati deviati dal pensiero logico e
dalla metafisica classica (il marxismo dalla lotta di classe del proletariato è
trasposto all’irrazionale e al delirio, che distruggono la cultura europea
meglio di quanto abbia fatto la lotta e l’odio di classe). Il compito dello
strutturalismo è quello di cancellare anche in Europa il ricordo della logica e
della metafisica, per rendere il “vecchio Continente” simile ai selvaggi
aborigeni delle tribù primitive. È quello che porterà a compimento entro breve
la crisi economico-finanziaria della ‘Comunità Europea’ diretta da Usa e
Israele. Quindi Lévy-Strauss propone una contro-evangelizzazione, che renda
selvaggia anche l’Europa, la quale prima evangelizzava e civilizzava i selvaggi,
mentre adesso sta per essere tribalizzata e imbarbarita dall’invasione di massa
dei nuovi selvaggi, che vengono - anzi sono chiamati - d’oltre Oceano a
inselvatichire la vecchia Europa.
●La conclusione teoretica cui giunge lo strutturalismo è il
nichilismo metafisico, la cui conseguenza pratica è quello morale. Infatti, se
per la filosofia moderna più spinta ossia l’hegelismo esiste uno Spirito o Io
assoluto, lo strutturalismo decreta la morte della realtà di ogni realtà non
solo oggettiva, ma anche del soggetto o Io assoluto. Non c’è oggetto né
soggetto, materia o spirito, vi sono solo strutture o relazioni fondate sul
nulla. Ora ex nixilo nihil fit. Quindi la stessa struttura è impossibile. Se lo
strutturalismo decreta teoreticamente la morte del reale oggettivo e soggettivo,
dell’uomo, della conoscenza, praticamente ne segue la morte o il ribaltamento
della morale rimpiazzata dalla psicanalisi dell’inconscio, che rende lecite
tutte le azioni più immorali e perverse, in quanto strutture o relazioni del
subconscio più oscuro, al quale deve essere lasciata ogni libertà[21].
●Lévy-Strauss dice che “l’uomo non ha alcun senso”[22]. Quindi, praticamente o
“eticamente”, conviene lasciarsi andare verso l’inconscio, l’incosciente, la
follia, la droga, l’allucinazione. La materia di Marx, l’Io di Hegel, sono
rimpiazzati dal nulla dello strutturalismo francese, che tanto ruolo ha avuto
nella Rivoluzione studentesca del 1968, assieme alla Scuola di Francoforte, le
quali hanno dato il colpo di grazia alle ultime vestigia della civiltà
greco-romana e cristiana. Queste dottrine deliranti, selvagge, irrazionali ed
illogiche hanno portato alle riforme medico-psichiatriche secondo le quali i
pazzi, essendo selvaggi illogici e non corrotti dalla metafisica classica,
dovevano essere considerati normali (Lacan, Basaglia[23] e Focault[24]). Lacan ha teorizzato e
Basaglia ha messo in pratica la dottrina secondo cui l’inconscio prevale sul
conscio (neo-psicanalisi freudiano strutturalista) e quindi ha tessuto l’elogio
della pazzia. Questo è l’esito del pensiero filosofico moderno e post-moderno:
il nulla, la follia, la droga, il tribalismo cavernicolo, il mondo impazzito.
Quando alla radio si sentono notizie assurde che sembrano inverosimili, come
succede sempre più frequentemente, non ci si deve stupire: sono la conseguenza
pratica - anche se illogica - dello Strutturalismo francese. Oltre la modernità
vi è il nichilismo e il precipitare nell’abisso del nulla ove tutto affonda.
Questo è il suicidio della Rivoluzione iniziata con la modernità e giunta allo
stadio terminale con la post-modernità. Perciò più il male sembra prevalere più
vicina è la resurrezione. “Nolite timere pusillus grex: Ego vici mundum!”.
Questo Modo di sragionare ha “vinto” la battaglia presente, ma non la
guerra finale. Il mondo, la scuola, la famiglia, persino gli uomini di Chiesa
(col Concilio Vaticano II) hanno respirato a pieni polmoni questa nube tossica
chiamata modernità, postmodernità e strutturalismo. Umanamente parlando la lotta
è impari, infatti l’individuo è stato corrotto sin nelle profondità dell’anima,
passando prima attraverso i sensi (musica, droga, apatia). Quindi solo Dio potrà
tirarci fuori dl pozzo dell’abisso in cui siamo stati precipitati.
*
Conclusione
●L’esistenzialismo contemporaneo o postmoderno ha annichilato, come si
era prefisso, l’uomo, la sua ragione, la morale, la nozione di Dio. Esso è una
miscela esplosiva di Marxismo o materialismo sociologico e di odio metafisico
per l’essere creato e Increato, mutuato da Nietzsche. Il tutto è condito da
un’abbondante salsa di Freudismo, in cui l’inconscio e il subconscio rimpiazzano
la ragione e la libera volontà, per cui l’uomo diviene un animale bruto:
istintivo, irrazionale e determinato ad unum (il sesso disordinato) ossia senza
libero arbitrio. Anche il liberalismo radicale tendenzialmente anarcoide con la
falsa dottrina secondo cui la libertà è l’essenza stessa dell’uomo ed è
assoluto, onde tutto è lecito (anche il parricidio, l’infanticidio, il
“deicidio”), ha influito enormemente sull’esistenzialismo disperato e
nichilistico. L’Egoismo radicale ed eminente è il risultato dell’individualismo
liberale, che fa dell’Io il vero unico trascendente (il quale ha rimpiazzato
Dio) e dell’altro solo un ostacolo da eliminare. La noia ed angoscia
esistenziale, che accompagna l’esistenza assurda e contraddittoria di ogni uomo,
limitato dal mondo e dagli altri, lo spingono all’auto-distruzione e sono una
specie di inferno sulla terra. Freud ha vinto (la battaglia ma non la guerra) ed
ha innescato (grazie ai suoi discepoli di Francoforte e di Francia) la miccia
esplosiva del sentimento e della passione sregolata umana nel processo
rivoluzionario: liberale, soggettivista, comunista, nichilista ed egoista,
rendendola enormemente dirompente. Non c’è nulla di più distruttivo delle
passioni disordinate, come nulla di più costruttivo della sane passioni ben
finalizzate ed educate. Le macerie della Società civile e religiosa, la larva
dell’uomo che è diventato l’europeo sono l’effetto di questa conflagrazione di
rivoluzione sociologica e sessuale. Esse sono sotto i nostri occhi.
●Che fare? Di fronte a tanto disastro il rimedio è duplice: a)
innanzitutto il braccio di Dio “che non s’è accorciato”; b) secondariamente la
cooperazione umana alla grazia divina. Il male è intellettuale: agnosticismo
soggettivistico e relativistico, che si spinge sino alla furia nichilistica
fondata sugli istinti umani disordinati scientificamente sino al parossismo, e,
quindi morale: la dissoluzione di ogni arte di ben vivere virtuosamente, sia
individualmente sia socialmente. Purtroppo la rivoluzione
esistenzialistico-nichilistica ha invaso ogni ambiente (anche quello ecclesiale)
e non ha risparmiato l’individuo nell’intimo della sua anima. Sta a noi, con
l’aiuto di Dio, ri-apprendere la sana metafisica ed applicarla e viverla tramite
una retta morale naturale oggettiva. Che Dio ci aiuti in questa lotta impari e
che spieghi il suo braccio onnipotente, che solo può restaurare una situazione
talmente compromessa.
d. CURZIO NITOGLIA
9 novembre 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/struttur_nichil_sartrericoeurstr.htm
[1] J. P.
Sartre, La Nausea, tr. it., Torino, 1952, p. 205.
[2] Id.,
L’etre et le néant, Parigi, 1943, p. 147.
[3] Id.,
L’etre et le néant, cit., p. 530.
[4] Ibidem, p.
721.
[5] Ib., p.
321.
[6] Cfr. P.
Prini, Storia dell’esistenzialismo, Roma, 1989; M. Barale, Filosofia come
esperienza trascendentale. Sartre, Firenze, 1977; A. Manno, L’esistenzialismo di
Jean Paul Sartre, Napoli, 1958; L. Nardi, Sartre e l’esistenzialismo, Roma,
1973; G. Palumbo, La filosofia esistenziale di Jean Paul Sartre, Palermo, 1953;
S. Sportelli, Sartre e la psicanalisi, Bari, 1981.
[7] P.
Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, tr. it., Milano, 1967, p. 62.
[8] P.
Ricoeur, Finitudine e colpa, tr. it., Bologna, 1970, p. 95.
[9] Id.,
Finitudine e colpa, cit., p. 249, 419, 625, 627.
[10] Ibidem,
p. 228.
[11] Della
interpretazione. Saggio su Freud, Milano, 1967, p. 504.
[12] Id., Il
conflitto delle interpretazioni, tr. it., Milano, 1977, p. 346.
[13] Soi-meme
comme un autre, Parigi, 1990.
●Per quanto riguarda Lévinas si tenga presente che la sua filosofia è
incentrata sul problema dell'Etica: l'unica filosofia possibile è quella
dell'agire. La vera filosofia è quella che distrugge tutti i miti o dottrine
costruite dall'uomo per dare il primato alla praxis. Il compito della filosofia
è pensare eroticamente al "Totalmente Altro" dall'Essere e dal Logos, che sono
le categorie scolastiche e cristiane di una comprensione riduttiva e fallace del
reale. Lévinas vede come Freud nell' "eros uno dei simboli massimi
dell'alterità", l’eros per Lévinas è mistero divino, che implica la presenza
dell'infinito. Quindi Dio per Lévinas è “altro” o totalmente diverso dall’Essere
stesso sussistente e dal Verbo Incarnato. Il Dio di Lévinas è inconoscibile e
ineffabile, indefinito e soggetto a divenire (“cujus Deus venter est”). Inoltre
la sua filosofia nasce dallo "stupore del silenzio di Dio" verso le tragedie e
specialmente verso la shoah. Lévinas è contro l'amore romantico inteso come la
fusione di due esseri: occorre considerare sempre l'altro come un fine e mai
come un mezzo. Per Lévinas "L'essere è il non senso: ha senso solo l'esistente,
l'uomo". E l'esistente acquista significato solo in relazione all'Altro, cioè
attraverso una relazione che prescinde dai termini o dall’essenza avente
l’essere.
[14] Cfr. P.
Buzzoni, Paul Ricoeur, Roma, 1988; D. Jervolino, Il cogito e l’ermeneutica. La
questione del soggetto in Ricoeur, Napoli, 1984; P. Malvasi, L’impegno
ontologico della pedagogia. In dialogo con Paul Ricoeur, Brescia, 1998.
[15] Cfr.
Italo Boni (a cura di), Claude Lévy-Strauss, in “Novecento filosofico e
scientifico”, diretto da Antimo Negri, Milano, Marzorati, 1991, III vol., p.
178.
[16]
Ibidem, p. 180.
[17]
Ib., p. 183.
[18]
Ib., p. 184.
[19] C-
Lévvy-Strauss, Nouvel Observateur, 25 gennaio 1967.
[20] Cfr. C.
Lévy-Strauss, La pensée sauvage, Parigi, Plon, 1962; tr. it., Il pensiero
selvaggio, Milano, Il Saggiatore, 1964.
[21]
Cfr. Michel Focault, Les mot set les choses, Parigi, Gallimard,
1965
[22] Cfr. La
France Catholique, 16 ottobre 1964.
[23] Cfr. F.
Basaglia, La maggioranza deviante, Torino, Einaudi, 1970.
[24] Cfr. M.
Focault, Sorvegliare e punire, tr. it., Torino, Einaudi, 1976.
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lunedì 11 marzo 2013
L'ESISTENZIALISMO NICHILISTICO DI SARTRE, RICOEUR E STRAUSS
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